I dettagli del male: 2022. La nuova indagine del commissario Cataldo
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I dettagli del male - Luigi Guicciardi
Luigi Guicciardi
I DETTAGLI DEL MALE
La nuova indagine del commissario Cataldo
Prima Edizione Ebook 2022 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868104795
Immagine di copertina su licenza
Adobestock.com
Damster Edizioni è un marchio editoriale
Edizioni del Loggione S.r.l.
Via Piave 60 - 41121 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
catalogo su
www.librisumisura.com
img1.pngLuigi Guicciardi
I DETTAGLI DEL MALE
La nuova indagine del commissario Cataldo
Romanzo
img2.pngINDICE
PRIMA PARTE
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
SECONDA PARTE
14
15
16
17
18
19
20
21
22
TERZA PARTE
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
NOTA DELL’AUTORE
L’AUTORE
CATALOGO
PRIMA PARTE
Morte per infarto
1
Il getto tiepido scorre lungo il corpo dell’uomo, accarezzandogli le spalle prima di scendere a pioggia sulla griglia della doccia. Nel bagno s’è deposta una coltre di vapore.
Poi gira il miscelatore e l’acqua smette di scorrere. Si asciuga in fretta e indossa l’accappatoio. Ne ha voglia, sì. Tanta. E sta avendo un’erezione.
Lei lo aspetta in camera da letto. Cominciano un bacio lungo e calmo, di lingue che si intrecciano, salive che si scambiano, denti che si toccano, e labbra che si schiacciano, quasi a far male. Poi l’adagia sulle lenzuola, si stende sopra di lei. La gonna corta risale sulle cosce. La preme contro di sé. Lei mormora qualcosa e allunga una mano a slacciargli la cintura. L’uomo allora solleva le anche a darle spazio, e lei ci riesce, apre l’accappatoio e continuano a baciarsi, e la donna spinge la punta della lingua dentro e fuori la sua bocca, e intanto lo cerca con la mano, lo trova.
Vuole il suo corpo.
Anche lui la vuole. Nuda. La spoglia.
Vuole la sua lingua e lei gli succhia la bocca. Vuole la sua pelle e lei si abbandona ai suoi palmi, alle sue dita, che le intrappolano il polso e la caviglia, la mettono a faccia in giù, le aprono le gambe, mentre le morde la spalla e le sussurra parole strane. E sente il suo membro che le divarica le cosce e spinge contro la sua piccola resistenza istintiva. Si ritrae, con delicatezza, poi preme di nuovo, aspetta, si ritrae. Lei lo sente mormorare qualcosa. Allora alza i fianchi e lui entra, e la donna avverte il peso della sua virilità che la avvolge, la inchioda, le riempie il sesso, la gola, la faccia, con un ritmo liquido che la soffoca.
L’amplesso finisce troppo presto, anche se lui lotta per farlo durare. Quando lei raggiunge l’orgasmo, ha una serie di spasimi che le scuotono tutto il corpo. E serra la bocca contro la sua gola per smorzare i gemiti, che sembrano quasi grida di dolore.
Più tardi, la testa nell’incavo del suo braccio, gli accarezza il torace, lo guarda respirare quietamente. Fuori, il vento fa sbattere qualcosa. Un cane abbaia in lontananza, poi tace. L’uomo cambia posizione.
— Mi piace il tuo pelo pubico — dice, all’improvviso.
Lei fa uno sbadiglio e si stira. — Che razza di complimento è?
— Sincero. — Si gira, la accarezza. — È folto, ma non troppo — sorride. — Ha qualcosa di amichevole.
— Scommetto che l’hai detto a qualcun’altra.
— Ti giuro di no.
Ora le prende in mano uno dei seni.
— Ti piace? — Non aspetta una risposta. — Mi piacerebbe ritornare a quando avevo diciott’anni. Erano così sode che non rimbalzavano nemmeno quando camminavo nuda. — Lui annuisce, torna a sorridere. — E avevo una pelle soffice come la seta.
— Ce l’hai ancora.
Sorride anche lei, adesso, ma in modo diverso. Perché ha percepito un sottile cambiamento nella sua voce.
— Questi discorsi ti hanno fatto tornare la voglia?
— Sì.
— Non mi stupisce. Gli uomini sono facili.
— Non siamo costretti a rifarlo, se non vuoi.
— Ho detto che non voglio? — Si volta di fianco, lo cerca e gli si stringe contro. Ma in un modo nuovo. Con malizia.
— Perché non proviamo qualcosa di diverso?
2
Martedì 10 ottobre Modena è sempre quella che ha lasciato. Anche l’aria fredda del mattino ha il solito odore, di foglie marce e gas di scarico.
Nell’atrio della questura, la prima persona che incontra è una poliziotta giovane, Lina, che è lì da quasi un anno.
— Commissario Cataldo...!
Il barometro per capire se stai simpatico a qualcuno consiste nel comparirgli davanti all’improvviso dopo un’assenza e vedere che faccia fa. È allora che leggi sul suo viso se gli fai salire o abbassare la pressione. Gli occhi di lei si illuminano, si alza in piedi ed esclama, con una voce che le diventa un po’ stridula dalla gioia:
— Bentornato!
Poi lo abbraccia e gli schiocca un bacio per guancia, ché se no una delle due ci rimarrebbe male.
— Ehi, che accoglienza... Mica sono stato via un secolo!
È vero, infatti. Sette giorni di ferie, non uno di più, per aiutare la sua ex moglie, Alice, a traslocare da Reggio Calabria in città con i loro due figli, Eleonora e Francesco. Il suo convivente, un avvocato di là, è morto un mese prima in un incidente stradale.
— Tutto a posto, commissario?
— Sì, sì... grazie. Tutto a posto. Ma tu... — la guarda. — Com’è che sei così...?
— Così, come?
— Così... vivace, ecco. — Dopo intuisce: — Un uomo?
Annuisce, ridendo. — E credo che sia quello giusto.
— Un poliziotto?
— No, stavolta no. — Ride ancora. — Non distingue il codice penale dal suo sedere.
Cataldo si avvia su per le scale. — Questa definizione si applica anche a parecchi poliziotti.
Al piano di sopra, gli va incontro l’ispettore De Pasquale.
— Tutto bene, commissario? Il viaggio, il trasloco...
— Sì, grazie. C’è voluta una settimana piena, ma adesso... Tutto bene — ripete. — L’appartamento è adatto, i figli vanno a scuola, lei ha trovato lavoro... In un ambulatorio privato. Faceva l’infermiera, una volta — aggiunge.
— Passa il tempo...
— Eh, sì... E qui, novità?
— Una, ieri. È stato rinvenuto un grosso quantitativo d’armi.
— In città?
— Sì, un vero e proprio arsenale... Pensi, dieci mitra, dodici fucili a canne corte e una trentina di rivoltelle, di diverso calibro e marca, oliati e avvolti in pezze di panno...
— Chi se ne sta occupando?
— Il commissario Loiacono.
— E che ne pensa? — chiede, perplesso.
— Ha idea che si tratti di un grosso rifornimento di armi per la mala — risponde. — Le farà esaminare dalla Scientifica. Qualcuna potrebbe anche essere già stata usata.
Cataldo ne dubita. In genere le armi vengono affittate o vendute. Ma se un’arma ha già sparato, è un’arma sporca che non vale un cazzo. Nessuno ne vuole una che può essere identificata, col rischio di vedersi affibbiato un colpo commesso da altri.
— Ho capito.
— Ah, aspetti. — Abbassa la voce. — C’è una persona davanti al suo ufficio, da dieci minuti. Ha detto che vi conoscete, si chiama Massimo Corsini.
— È un assicuratore. — Cataldo annuisce. — Ti ha detto altro?
— No.
— Va bene, Luca. Vado a vedere.
È seduto in fondo al corridoio, sulla panca lunga e stretta che non hanno mai sostituito. Appena lo scorge, si alza e gli va incontro. E gli tende una mano morbida e umidiccia.
— Commissario...
— Ciao, Massimo. Come stai?
— Io, bene. Qualcun altro no.
— C’è di mezzo un morto?
È un uomo grande e grosso, con la voce da basso, che parla sempre in tono pacato e tiene le spalle leggermente curve, come a volersi scusare per la propria statura.
— Indovinato.
— Ma siediti... siediti, dai. Dimmi tutto.
Cataldo lo guarda sedersi di nuovo sulla panca, con una cartella di fianco e la finestra dietro, che lascia entrare quella luce grigio acquerello da mattino d’inizio autunno. Poi si guarda al polso.
— Una brutta faccenda? — lo incalza.
Lui si permette qualcosa che dev’essere un sorriso, ma che induce Cataldo a domandarsi se non abbia mal di denti.
— Be’, non si tratta di una faccenda da quattro soldi.
— Ah, no?
— Un milione di euro. — Dalla faccia di Corsini va via il sorriso. — Per questa cifra era assicurato l’ingegner Previdi.
— Il morto?
— Esatto. E se devo essere sincero, mi auguro che sia stato ucciso. Perché così noi non dovremmo sborsare il milione. Nella polizza non è compreso né l’omicidio né il suicidio.
— Come mai?
— Perché in un primo tempo l’assicurazione era stata fatta per trecentomila euro. Dopo che la cifra è stata aumentata, come puoi ben capire, era logica l’aggiunta di questa clausola.
— Ed è stato certo un aumento considerevole — ammette Cataldo. — Era sposato?
— Sì. —
— E l’aumento... lo hanno fatto tutti e due?
— Sì, anche lei, contestualmente al marito, è salita da trecentomila a un milione.
— E quand’è successo tutto questo?
— Lo scorso febbraio.
— Visite mediche?
L’altro sorride. — Fatte, con il nostro dottore. E... niente. — Allarga le braccia. — Nessun problema. Sani, tutti e due. E ancora piuttosto giovani.
— Lui era un ingegnere, hai detto?
— Sì, geotecnico.
— E la moglie?
— Un’insegnante. Di quarant’anni.
— Quindi, riassumendo... Morte naturale: l’assicurazione paga il milione. Omicidio: non pagate niente. — Una pausa. — Il suicidio non è in discussione.
— È così. Se è stato assassinato, noi risparmiamo un bel milioncino. Se invece s’è trattato d’infarto, ci toccherà sborsare e abbozzare.
— Quand’è morto?
— Ieri sera, in casa sua.
— È la personalità di lui che m’interessa. — Cataldo riflette un momento. — Che tipo era, l’ingegnere?
L’uomo sfila un foglio dalla cartella e legge.
— Qui dicono che aveva quarantatré anni, era sposato da tempo e non soffriva di alcuna infermità di natura organica. Nessun accenno alle sue doti fisiche, perciò non so se fosse bello o brutto.
— E com’erano i rapporti con la moglie?
— Questo non lo so. La notizia della sua morte ci è giunta all’improvviso. Però era nudo.
— Quand’è morto?
— Sì.
— Quindi, mi chiedi di dare un’occhiata. E magari di aprire un’inchiesta, sperando in un verdetto di omicidio...
Corsini congiunge le dita. Poi, con voce piatta:
— Noi vogliamo soltanto la verità, Giovanni. Se la polizza risulta regolare, la pagheremo senza obiezioni.
— D’accordo. — Cataldo gli dà la mano. — Vedrò quel che posso fare. — L’altro accenna a ringraziare. — Non ti prometto niente, però.
In ufficio, lo nota subito, sulla sua scrivania. L’incartamento. Un minuto, il tempo di sfogliarlo: si tratta del rapporto di polizia, a cura del commissario Blandino, e del referto medico.
Sospira. In sintesi, l’ingegner Previdi si è assicurato sulla vita per un milione di euro ed è morto tutt’a un tratto.
Si mette a leggere con attenzione.
Il referto circostanziato della dottoressa, tale Marianna Lucarelli, delimita l’ora della morte a un periodo compreso tra le 21 e le 22 di lunedì 9 ottobre; comunque, non prima delle 21. Per arresto cardiaco. Andrea Previdi era un uomo di quarantatré anni, di salute normale, leggermente sovrappeso. Aveva avuto un rapporto sessuale ante mortem.
La moglie, Carla Bassoli, era a scuola di ballo; era uscita alle 20.20 per essere a scuola alle 21. La lezione era durata due ore, fino alle 23. L’aveva trovato lei, morto e nudo, nel letto matrimoniale, quand’era rientrata prima di mezzanotte.
Cataldo pensa subito a una prostituta. Che poi è fuggita, è ovvio. Il morto sapeva, evidentemente, che la moglie sarebbe stata via la sera, e aveva tutto il tempo di portare a casa una donna prima che lei tornasse.
Però... arresto cardiaco? A quarantatré anni?
Rilegge il referto un’altra volta.
Un testo cristallino ma per nulla chiaro. Come un vetro appannato dal fiato del morire.
Riflette a lungo, poi prende in mano il telefono. Il referto è firmato da una persona che non ha mai sentito nominare, probabilmente un sostituto.
— Medicina legale? Commissario Cataldo... Vorrei parlare con la dottoressa Lucarelli.
— Sono io.
Cataldo è poliziotto da abbastanza tempo per sapere che se in un rapporto qualcosa appare incomprensibile, il novantanove per cento delle volte dipende dal fatto che qualcuno è stato negligente, ha sbagliato, ha scritto male, ha dimenticato il nocciolo della questione o non è stato in grado di farsi capire.
— È lei che ha redatto il certificato di morte dell’ingegner Previdi?
— Esatto.
— Non c’era il dottor Scarso?
— No, è in licenza.
— E quando torna?
— Nel pomeriggio, credo. Perché?
— E così il referto...
La dottoressa sembra sorpresa.
— L’ho inviato io, da qui. C’è qualcosa che non è chiaro?
— Solo un paio di cose che non capisco bene.
— Non capisce? Perché?
Dal tono pare si sia leggermente offesa.
— Secondo il suo referto la persona in questione sarebbe morta per arresto cardiaco.
— Certamente.
— Ma è sicura? Era un uomo ancora giovane, c’è scritto qui... Quarantatré anni.
— Eppure è così.
— E poi era nudo, a letto... Può essere, per lei, infarto dovuto a stress da coito?
— Non lo so. Ma può essere.
La voce è chiara e nitida. Di sicuro è piuttosto giovane.
— Ed è morto alle...?
— Dopo le nove di sera. Io sono entrata nell’appartamento con quelli della Scientifica dopo mezzanotte, e il rigor mortis era appena cominciato.
Il rigor, già. Lui fa un calcolo mentale. Finché la dottoressa interrompe i suoi pensieri.
— Pronto, è in linea?
— Sì, ci sono.
— C’è qualcos’altro che voleva chiedermi?
— È stato un referto complicato?
— In realtà no.
— Quanti referti ha redatto, mi scusi?
— Non è stato affatto il mio primo caso — risponde, con un pizzico di acidità.
— Capisco. Grazie per il suo aiuto.
— Oh, di nulla. Se avesse bisogno di altre spiegazioni, mi richiami pure.
Riaggancia.
Fuori, in via Divisione Acqui, qualcuno prova il motore di un’auto. E da qualche parte in un ufficio un telefono squilla a vuoto, senza che nessuno vada a rispondere.
Passano pochi minuti e squilla un altro telefono, stavolta sulla sua scrivania. Riconosce subito la voce: Pietro Fassarini, il questore. È come se l’avesse lì davanti: basso, paffuto, gli occhi espressivi nel viso mobilissimo.
— Cataldo, hai saputo?
— Alludi all’ingegnere?
Non è preoccupato. Sono anni che si conoscono, e sa di essere stimato, di godere della sua fiducia.
— Lo sai già?
— Sì.
— Ma forse non sai che era anche in politica. Sul serio. Consigliere comunale del PD...
— Piedi di piombo, allora?
— Siamo a Modena, no? Lo sai anche tu come vanno queste cose...
Certo che lo sa. Uno che è in politica ha sempre una qualche copertura. Ma loro della giudiziaria non sono la politica, e se un commissario commette un errore son tutti più che pronti a lapidarlo. Da una parte perché è la prova che la polizia è corrotta, dall’altra per rifarsi una verginità, e dimostrare che non si guarda in faccia a nessuno. Anche nella polizia, come dappertutto, sono sempre gli stracci che vanno per aria.
— Ho parlato poco fa con Massimo Corsini. Lo conosci?
— No, ma va’ avanti.
— Avevano sottoscritto un’assicurazione sulla vita, sia lui che la moglie.
— Molto onerosa, immagino.
— Un milione di euro.
— Un... milione?
— Già. Fattore di alto rischio, premi adeguati. E lui non era affatto vecchio, e in buona salute.
— E l’assicurazione andrà alla moglie?
— Esatto.
— Quali sono le clausole della polizza?
— Morte naturale. Anche gli incidenti rientrano in questa categoria. Solo se qualcuno gli ha dato una mano ad andare all’altro mondo, la Compagnia se la caverà senza danni.
— Vediamo se ho capito. — Il questore annuisce. — L’intera somma sarà versata al beneficiario, che sarebbe la moglie, quando la Compagnia avrà appurato che la causa della morte non rientra nelle categorie di omicidio volontario, omicidio colposo o suicidio. È così?
— È così. Anche se il suicidio sembra escluso fin d’ora.
— Una bella gatta da pelare — commenta. — Per questo voglio togliere il commissario Blandino dall’inchiesta. Ha già fatto troppi marroni — borbotta. — Vabbè che tu eri in Calabria e a disposizione c’era solo lui, ma adesso che sei tornato non me la sento di approfondire il caso lasciandolo nelle sue mani. Se ci pensi, non ha avuto nessun sospetto, nessun dubbio... Un uomo giovane e sano, morto d’infarto? E nudo, per giunta? E con la moglie via da casa? Doveva essere a letto con qualcuna, Previdi, ma a lui non è neanche passato per la testa...
— E... parlargli? Dirgliele, cioè, queste cose?
— No. Non è un cattivo poliziotto e non è un idiota. È solo uno che prende una posizione e poi continua a sostenerla perché non vuole sembrare indeciso. — Sospira a fondo. — Non ammetterebbe mai di avere torto.
E poi non sa esprimersi, pensa Cataldo. In questura è leggendaria la sua incapacità, logica e stilistica, di stendere un rapporto, come quella volta che, dovendo fissare l’ora di un delitto, aveva scritto fra le altre cose che le tenebre calano quando vengono accesi i lampioni.
— Sai, Vanni? — continua Fassarini. — Non dovrei dirlo, ma capita sempre più spesso che si debba cominciare un’indagine cercando di appurare dove abbia sbagliato la polizia. E a volte questo è più complicato che risolvere il caso in sé.
— E allora, con Blandino?
— Lui è commissario, tu commissario capo. — Un sogghigno. — Ubi maior, minor cessat.
— Ma ha cominciato lui. Si sarà pur fatto qualche idea.
— Chi, Blandino? — Sogghigna ancora, nel ricevitore. — Ne sei davvero convinto?
— No. — E tra sé: Non è