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Un dottore per marito: Harmony Bianca
Un dottore per marito: Harmony Bianca
Un dottore per marito: Harmony Bianca
E-book148 pagine1 ora

Un dottore per marito: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Dottori a Miami 2/4

Arrivata a Miami per concentrarsi sul lavoro e lasciarsi il passato alle spalle, Saoirse Murphy sa che, per poter rimanere in America e costruirsi il futuro che merita, ha bisogno della green card e quindi di un marito. Chi meglio di Santiago Valentino, suo nuovo e sexy collega, può incarnare quel ruolo alla perfezione?

Santiago sta cercando di affrontare i fantasmi del passato ed è felice della distrazione che gli offrono le forme generose di Saoirse e soprattutto la sua scioccante proposta. Ma quando quel fidanzamento di convenienza si trasforma in una sconveniente passione, Santiago capisce che forse la sua promessa sposa per finta potrà diventare sua moglie... per sempre!
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2018
ISBN9788858977118
Un dottore per marito: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Un dottore per marito - Annie O'neil

    successivo.

    1

    Santi strinse i pugni fino a sentire dolore. Bene, non avevano perso la sensibilità. Aprì la mano, allargò le dita e le agitò. Il movimento gli evocò i ricordi che credeva di avere lasciato in Afghanistan, in Siria, in Africa... in buona parte del mondo. Be', non importava. I veterinari erano importanti e l'uomo portava un distintivo del servizio veterinario. Le compressioni potevano anche fallire ma andavano praticate fino all'ultimo. La necessità di conservare il distacco professionale era la stessa ovunque si trovasse.

    Per il momento contava una sola cosa: il torace davanti a lui necessitava di nuove compressioni. Doveva ignorare la stanchezza. Quando si tentava di salvare una vita, la stanchezza non esisteva.

    «Perché l'ambulanza non arriva?» gridò.

    Gli rispose soltanto l'eco della propria voce, riflessa dai pilastri di cemento del cavalcavia. Una voce furibonda, frustrata.

    Santi intrecciò di nuovo le dita e premette il palmo della mano sul petto dell'uomo, ignorando gli indumenti logori, il fetore della persona che vi aveva dormito dentro per molte notti e il fatto che lui stava praticando compressioni da venti minuti dopo avere chiamato un'ambulanza.

    «Datti una mossa, Miami!» brontolò, contando le compressioni prima di fermarsi e praticare due insufflazioni nella speranza di rimettere in moto il cuore del poveraccio. «Offri a quest'uomo la possibilità di sopravvivere.»

    Sbirciò di nuovo il distintivo dell'uomo. Diego Gonzalez.

    «Qual è la tua storia, amigo

    Si tolse il giubbotto da motociclista e lo gettò sul terreno prima di riprendere le compressioni. Lo avrebbe lasciato per Diego quando fosse arrivata l'ambulanza e i paramedici lo avessero rianimato. A giudicare dalle condizioni degli indumenti di Gonzales, il mondo lo aveva abbandonato. Santi aveva visto spesso quel dramma, dopo avere lasciato l'esercito. Veterani incapaci di riadattarsi alla vita civile dopo anni passati sotto le armi. Tutto sembrava estraneo e ostile, l'esistenza si disintegrava. Aveva lasciato il servizio da qualche mese ma non riusciva a scordare la vita che da militare gli aveva dato tutto mentre a casa non gli offriva niente.

    A casa.

    La parola gli parve pericolosa come la pallottola di un franco tiratore. Scosse di nuovo la testa e continuò le compressioni.

    Ventinove, trenta.

    Mentre si chinava per praticare altre due insufflazioni, sentì in lontananza il gemito di una sirena.

    «Era ora.»

    Uno. Due. Tre...

    «Stiamo arrivando, gente!» gridò Saoirse, sovrastando il gemito della sirena che apriva loro un sentiero nel denso traffico di Miami.

    «Guarda la strada, pazza irlandese! Non stai guidando la tua macchina da corsa.»

    «Mi stai chiedendo una scarrozzata per il weekend, Joe?» ribatté lei sorridendo.

    «Mi basterebbe arrivare vivo alla fine di questo turno, grazie. Poi potrai portarmi diritto alla cantina. Attenzione!» aggiunse Joe mentre Saoirse affrontava una curva praticamente su due ruote. «E che il cielo aiuti il tuo prossimo partner. Dovrà avere dei nervi d'acciaio.»

    Lei rise, zigzagando fra le macchine. Aveva la guida nel sangue, guidare un'ambulanza fra gli scorbutici autisti della Florida era la sua specialità. Fra l'altro il calore tropicale di Miami le andava benissimo.

    Almeno, l'anno precedente, qualcosa era andato per il verso giusto.

    La vita l'aveva ferita crudelmente ma le aveva anche dato un visto per gli Stati Uniti. Doveva essere il visto per una fidanzata, ma il visto per studio era servito ugualmente. Certo, il cambiamento le bruciava ancora. La ferita era troppo recente perché lei potesse ignorarla. Scrollò la testa e si concentrò sul presente.

    «Che torta vuoi, Joe? Non quella schifezza color arcobaleno che ti hanno fatto al tuo compleanno, spero.»

    «Ehi, piccola insolente. È la mia festa di pensionamento, non quella per i tuoi dodici anni.»

    «Ho un debole per la torta di cocco» dichiarò lei, strizzando sfacciatamente l'occhio al collega senza distogliere lo sguardo dal traffico. «In Irlanda non le abbiamo. Posso chiamare la centrale e dire che vai pazzo per la torta di cocco?»

    Joe premette le mani sul cruscotto dell'ambulanza mentre Saoirse frenava inchiodando e poi premeva l'acceleratore. Una lussuosa convertibile scomparve alle loro spalle strombazzando con il clacson.

    «Si può sapere perché oggi sono tutti così imbranati?» borbottò lei.

    «Non si aspettano una Calamity Jane al volante» urlò Joe. «Per amore della mia pensione! Mi farai venire l'infarto prima che possa ritirarmi a vita privata.»

    «Che cosa ne diresti d'imparare a pronunciare correttamente il mio nome prima di finire il nostro ultimo turno? Siar-she replicò lei.

    Esagerò deliberatamente la pronuncia del nome che i suoi genitori le avevano affibbiato. Forse avrebbe dovuto cambiarlo come quando si era accorciata i capelli. Si sarebbe sentita altrettanto libera.

    Joe tentò di nuovo mentre sfrecciavano attraverso un altro incrocio. Saoirse rise.

    «Se l'ho già detto, te lo ripeto. Chiamami semplicemente Murphy. Se ti sembra troppo difficile, mi accontento di Murph.»

    «Scusami, cara.» Joe parlò a denti stretti mentre bruciavano l'ennesimo semaforo. «Ai miei tempi non stava bene chiamare una signora con il cognome.»

    «Così mi credi una signora?» domandò Saoirse, gettandogli un'occhiata obliqua.

    «Be', qualcosa di simile» borbottò il suo partner da due mesi.

    Lei gettò indietro la testa e rise. «Non preoccuparti, stasera ti porterò al party sano e salvo. Tua moglie non deve impensierirsi. Oggi dobbiamo occuparci soltanto di un infarto. Di chiunque si tratti...» Fermò bruscamente la macchina presso una moto coricata sul fianco, «si trova sotto il cavalcavia. Sei pronto per fare un po' di fuoristrada»?

    «Da questa parte!» gridò Santi più forte che poteva quando il gemito della sirena fu accompagnato da uno stridore di gomme e due tonfi di portiere.

    Aspettava l'ambulanza ma non aveva previsto che il paramedico arrivasse come un cascatore. Scivolò lungo il terrapieno come una slitta con un monitor portatile invece che come un paramedico rispettoso dei codici di sicurezza. Prima Santi vide un paio di stivali in una nuvola di polvere, poi un paio di gambe decisamente femminili e... accidenti! Quella donna portava la tuta come se fosse vestita per consegnare un telegramma vocale sexy.

    «Da quanto tempo lo fai?»

    La voce melodiosa e la figura ultrafemminile non si accordavano con l'espressione di ti sfido a fare un commento non professionale del viso. Tanto meglio. La cosa gli andava benissimo. Non era là per flirtare.

    «Ventiquattro minuti. Perché ci avete messo così tanto?»

    «E tu perché non lo hai ancora rianimato?» ribatté lei, estraendo gli elettrodi dell'ecocardiografo portatile. Non ricevendo risposta, sbuffò. «Hai avuto tutto il tempo.»

    Aggressiva.

    «Mi sembra che un medico dovrebbe saperlo.»

    «Paramedico» lo corresse lei, deponendo la borsa sul terreno e premendo due dita inguantate sulla carotide di Diego. «Sei sicuro che sia passato tutto quel tempo? Forse sbagliamo per eccesso.»

    «Abbiamo calcolato giusto.»

    Santi la guardò negli occhi come per dirle arrenditi. Lei gli gettò un'occhiataccia mentre apriva la camicia dell'uomo... il tutto senza batter ciglio. A volte l'orizzonte si rannuvolava ma non i suoi occhi azzurri. Erano limpidi e trasparenti come il cielo. Altrettanto infiniti.

    Santi tornò a concentrarsi sulle proprie mani. «È un veterinario.»

    «Lo sei anche tu?»

    Tutte le vite erano uguali, pensò Santi, ma alcune sembravano bussare alla coscienza più delle altre.

    «Marines.» Era l'unica informazione che avesse mai dato. Accennò all'uomo privo di sensi. «Diego Gonzalez. O almeno, è il nome scritto sul distintivo. Dovrebbe avere trent'anni.»

    Praticò due insufflazioni e applicò le spatole del monitor sul petto tatuato.

    «Joe! Ti decidi a portarci il defibrillatore?» gridò lei, voltandosi verso l'ambulanza con una sventagliata di capelli biondi. Poi prese a bombardare Santi di domande. «Hai somministrato nitroglicerina? Hai iniettato epinefrina?»

    «Sì, tengo tutto nella mia borsa magica che nessuno può vedere.»

    «Ehi, non prendertela. Era solo una domanda.»

    Prima di continuare, Santi ebbe cura di controllare il proprio tono. «Mentre passavo in moto, l'ho visto barcollare sul ciglio della strada. Poi è caduto, scivolando lungo il terrapieno. Sono un medico... ehm, paramedico» si corresse lui. Era venuto a Miami per guardare al futuro, non al passato. «Ero in moto, non avevo la borsa. Ecco perché vi ho chiamati. Ha qualche contusione che dovrei esaminare e sono sicuro che abbia urgente bisogno di una perfusione salina. Guardò la pelle secca di Diego. «Disidratato. Da molto tempo.»

    «Okay, provvediamo subito.»

    La donna rovistò nella borsa mentre il suo partner scivolava a sua volta in fondo al terrapieno in una versione al rallentatore di... a proposito come si chiamava quella tizia? Santi non l'aveva vista alla stazione delle ambulanze, quando si era presentato per ottenere l'orario. Sbirciò il suo distintivo.

    Murphy.

    Sorrise soddisfatto. Irlandese. Lo aveva capito dall'accento. Sperò che avesse portato con sé un po' della proverbiale fortuna irlandese.

    «Apri la bocca, Diego.»

    Santi la guardò effettuare rapidamente l'intubazione tracheale prima di connettere simultaneamente il ventilatore manuale e la bombola di ossigeno. Era abituata a intervenire sugli arresti cardiaci, non c'era dubbio.

    «Joe! Hai preparato il defibrillatore? E che cosa ne diresti di darmi un po' di epinefrina per questo povero diavolo?»

    «Ehi, lasciami il tempo!» protestò il compagno mentre le porgeva le spatole del defibrillatore dopo avere premuto il pulsante di alimentazione dell'apparecchio. «Ti preparo un'iniezione di epinefrina.»

    «Grazie. Sei il miglior tutore che una ragazza possa desiderare» dichiarò lei. Guardò Santi mentre il defibrillatore cominciava a ronzare. «Allontanati, altrimenti resterai fulminato.»

    Lui tolse le mani dal petto di Diego e i loro occhi s'incontrarono di nuovo. Non seppe bene che cosa scorgesse la donna nei suoi, ma in quelli di lei vide un lampo trionfante.

    «Via tutti!»

    Sorrise vedendolo sussultare leggermente. Aveva gridato apposta. Era facile capire che non flirtava ma Santi faticava a comprendere che cosa volesse esattamente da lui. Faceva un caldo africano, tuttavia la donna non sudava. Vàlgame Dios, sembrava fresca come una rosa a una

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