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Tutta colpa di quel bacio
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E-book268 pagine3 ore

Tutta colpa di quel bacio

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Info su questo ebook

Dopo averlo letto viene voglia di innamorarsi ancora

Dall’autrice del bestseller Tutta colpa di New York

Fuggita da Londra con il cuore infranto, Emily si è trasferita a New York, dove ha deciso di buttarsi a capofitto nel lavoro, unico settore nel quale sembra avere successo. Con gli uomini ha chiuso, ma purtroppo San Valentino è alle porte e l’agenzia di event planner per cui lavora è sommersa di richieste a cui lei deve rispondere. A complicare le cose arriva Matthew Cohen, proprietario di una linea di navi da crociera, nonché sua vecchia conoscenza: è stato il primo due di picche della storia sentimentale di Emily. A causa di Matt, ora si ritrova invischiata nell’organizzazione di quello che è diventato l’evento più romantico del momento: “La Crociera degli innamorati”. Come se non fosse abbastanza deprimente ritrovarsi a bordo, single, in mezzo a tutte quelle coppie felici, Emily dovrà fare i conti anche con la presenza scomoda di Matt, così magnetico e sicuro di sé. L’attrazione tra loro è innegabile e la tentazione è forte, ma Emily non vuole soffrire di nuovo: quel viaggio sta risvegliando in lei desideri ai quali credeva di aver rinunciato per sempre, rendendola vulnerabile. Innamorarsi di un uomo che non crede nell’amore sarebbe davvero un terribile errore. Oppure no?

Dall’autrice di Tutta colpa di New York 
Una storia romantica e divertente

L’amore ti trova anche se ti nascondi su una nave da crociera in mezzo al mare!

Hanno scritto del suo ultimo romanzo Ho voglia di innamorarmi:

«Un libro romantico.»
Il Corriere della Sera

«Un libro che appassiona, pagina dopo pagina. Terminato il romanzo, al lettore non resterà che assecondare la ritrovata voglia di innamorarsi ancora.»
Il Messaggero
Cassandra Rocca
È di origini siciliane e vive a Genova. La Newton Compton ha pubblicato il suo romanzo d’esordio Tutta colpa di New York, che ha riscosso un inaspettato successo, rimanendo per settimane ai primi posti delle classifiche, anche in quelle degli store online e in seguito Una notte d’amore a New York, Mi sposo a New York, Ho voglia di innamorarmi e Tutta colpa di quel bacio. Solo in versione ebook sono uscite le novelle In amore tutto può succedere 1.5, Tutta colpa della gelosia 2.5 e il racconto Un amore all’improvviso.
LinguaItaliano
Data di uscita14 mar 2017
ISBN9788822706683
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    Anteprima del libro

    Tutta colpa di quel bacio - Cassandra Rocca

    1

    «Che ne dici di un week end in Europa?»

    «Sarebbe bellissimo!».

    «Potremmo visitare qualche castello… So che ti piacciono tanto».

    «E passarci la notte? Sarebbe meraviglioso!».

    «Allora facciamolo. Per la mia gattina questo e altro».

    «Oh, micio, sei così dolce…».

    Il rumore sordo del mouse che picchiava contro la scrivania interruppe il nauseante tubare della coppia, che si voltò a guardarla con aria incuriosita.

    Emily Warren mise insieme un sorriso di circostanza e indicò l’oggetto incriminato. «Perdonatemi, mi è scappato di mano. Continuate pure, vi prego».

    Nel frattempo andrò a gettarmi dal grattacielo più alto della città!, pensò, tornando a fissare lo schermo del computer con aria truce.

    Era quasi al limite. Un’altra coppietta sprizzante cuoricini dagli occhi e avrebbe gettato per aria ogni cosa presente sulla scrivania. Non ne poteva più di tutto quell’amore nell’aria, delle richieste di serate magiche e speciali per festeggiare San Valentino. Non vedeva l’ora che quel periodo terminasse per tornare a occuparsi di meeting, lanci pubblicitari, diplomi, lauree… Perfino organizzare feste di compleanno per ottantenni sordi era preferibile a tutto quel sentimentalismo ostentato.

    «Dunque, signorina Warren, lei crede che potremmo passare un week end in Europa e alloggiare in un vero castello?», chiese la fresca sposina, gli occhi brillanti quasi come il diamante da tre carati che aveva al dito.

    «Non vi nego che in questo periodo l’Europa è presa di mira e che i prezzi sono alle stelle. Posso fare una ricerca, ma temo che il budget che avete stanziato per organizzare questo San Valentino non sia sufficiente per ciò che avete in mente. Forse potreste considerare l’idea di passare la notte in un semplice Bed & Breakfast e visitare i castelli durante il giorno, come tutti gli altri turisti».

    «Ma non sarebbe la stessa cosa. Mia moglie ci tiene molto a dormire in un vero castello».

    E allora sgancia più soldi, razza di taccagno, così la mia percentuale aumenterà e forse potrò permettermi una costosissima bottiglia di Dom Pérignon Rosé dell’82 con cui ubriacarmi il quattordici febbraio!.

    I suoi pensieri irosi erano ormai fuori controllo; sperava vivamente che il suo viso non li riflettesse. Il lavoro le piaceva, ma non a ridosso di una festa del genere. E, adesso lo sapeva, non a New York.

    La città sembrava impazzita. Mancavano ancora tre settimane a San Valentino ma la Joyful&Happy – l’agenzia di organizzazione di eventi per cui lavorava – era già subissata di richieste. E, naturalmente, niente di semplice o scontato: a San Valentino gli innamorati volevano strafare e in America le cose si facevano davvero in grande stile.

    Preferiresti tornare a Londra e alla tua vita ordinaria e tranquilla?, chiese la voce della sua coscienza. Emily fece quasi una smorfia di terrore al solo pensiero.

    No, non voleva tornare a Londra. Non ancora, almeno. Trasferirsi in America le aveva concesso proprio ciò di cui aveva sentito il bisogno negli ultimi mesi: aria nuova, facce nuove, tanto lavoro e, soprattutto, una tregua. Dall’apatia, dallo sconforto e dalla tristezza.

    Non esisteva niente di meglio, per riprendersi da un periodo negativo, che cambiare radicalmente ritmi di vita e mettere un oceano di distanza tra sé e il fulcro del problema.

    Certo, tutto quel romanticismo nell’aria rischiava di essere controproducente e ricondurla in un lampo ai motivi per cui era stata ben felice di scappare dall’Inghilterra: un uomo, naturalmente. La seccatura numero uno nella vita di una donna.

    I bisbigli sdolcinati della coppietta davanti a lei le fecero contrarre le dita sul mouse.

    «Mi rendi tanto felice».

    «Tu di più».

    Ora vomito, pensò, nauseata.

    Forse qualcun altro, al posto suo, si sarebbe commosso nel vedere tanto amore tra un uomo e una donna, ma non lei, non dopo le tante relazioni fallimentari, le delusioni, i tradimenti subiti. Da tempo aveva capito che gli uomini erano tutti uguali: bugiardi, perennemente arrapati, troppo cacciatori nell’animo per dedicarsi a una sola donna per sempre. Erano capaci di abbindolarti e farti sentire il centro dell’universo e nel mentre passare ai raggi X la prima donna sotto tiro, soppesarne pregi e difetti, valutarne il grado di scopabilità e immaginare almeno un paio di amplessi animaleschi… il tutto tenendoti per mano e sussurrandoti parole d’amore all’orecchio.

    Luridi maiali.

    Il tizio che aveva di fronte non faceva eccezione, dal momento che le aveva sbirciato nella camicetta ogni volta che aveva potuto.

    Interruppe il loro sbaciucchiarsi schiarendosi rumorosamente la gola, e li fissò con astio. «Volete che vi lasci soli?».

    L’uomo si irrigidì, pronto a ribattere, ma la donna ebbe il buon gusto di arrossire. «Ci scusi, è che ci siamo appena sposati. È il periodo più bello in assoluto, per una coppia; non ne hai mai abbastanza. Sa com’è».

    Era un tono irrisorio, quello?

    La sposina sapeva, oh sì! Probabilmente si era accorta della scritta lampeggiante a caratteri cubitali che Emily aveva sulla fronte e che recitava: Sfigata single, incapace di intraprendere relazioni durature e soddisfacenti, e si divertiva a rigirare il coltello nella piaga.

    "Be’, goditi il momento finché puoi, perché potresti ritrovarti sola come un cane mentre il tuo micio corre dietro a una gattina nuova di zecca!", fu tentata di rispondere. Invece si trattenne, sfoggiando un sorriso di cortesia.

    «No, non lo so. E spero di non scoprirlo mai».

    «Lei non vuole sposarsi?»

    «Non se posso evitarlo».

    «Quando si innamorerà, cambierà idea», predisse il neo sposo, con un sorrisetto di sufficienza. «E a quel punto nulla avrà importanza, tranne la felicità del suo compagno».

    Ignorandolo, Emily ruotò il monitor del computer verso di loro e indicò una pagina web. «Guardate qui: con soli mille dollari in più rispetto al budget che avete stanziato, potrei farvi soggiornare in un castello della Loira per due notti. Che ve ne pare?».

    Lo sposo sgranò gli occhi. «Mille dollari?!».

    Emily represse uno sbuffo derisorio in favore di un sorriso angelico. «Per la felicità della sua compagna questo e altro, giusto?».

    Punto sul vivo, l’uomo si alzò. «Non abbiamo ancora le idee ben chiare su ciò che desideriamo fare a San Valentino. Forse è meglio se ci pensiamo un altro po’», disse, palesemente seccato.

    Sottotitolo: Non ci vedrai mai più qui, brutta stronza.

    Emily sorrise, accondiscendente. «Ottima idea. Arrivederci».

    Non appena la coppia fu fuori portata, raccolse la loro scheda tra le mani, la appallottolò con foga e la lanciò nella loro direzione, immaginando fosse una sfera di fuoco capace di incenerirli all’istante.

    «Il capo pensa che tu sia la più rapida a ultimare gli incarichi che ti vengono assegnati e ho appena carpito il segreto del tuo successo: cacci i clienti che non ti piacciono! Devo segnarmelo».

    A quella voce, Emily si volse a guardare Timothy Darrish, ventenne alto e allampanato e suo assistente personale alla Joyful&Happy.

    «Avevo solo due possibilità: ucciderli o spingerli ad andarsene. Ho scelto la seconda perché ho ancora una certa etica professionale», gli rispose soffiando via, con stizza, un ciuffo di capelli dal viso.

    «È per questo che ti hanno cacciata dalla sede londinese? Per il tuo caratteraccio?»

    «Non mi hanno mandata via, anzi, mi hanno trasferita qui per salvarvi le chiappe». Emily gli lanciò una finta occhiataccia. «Ma se non ti piaccio, puoi anche rilassarti: sono qui solo in prestito, Lisa non può fare a meno di me per molto tempo».

    Uno sguardo preoccupato passò sul viso del ragazzo, che le si avvicinò. «Nemmeno il signor Ross può fare a meno di te. Da quando sei qui le cose vanno meglio, sei l’unica che sa risolvergli i casini a tempo di record».

    «Forse mi impegno anche troppo». Emily scorse con lo sguardo la lista degli appuntamenti di quel pomeriggio e sospirò. «Non uscirò viva da questo San Valentino, me lo sento. Ho così tanto lavoro e così tante cose da organizzare che perfino nel sonno continuo a pensarci».

    «E non è ancora finita: Ross potrebbe decidere di premiare il tuo ottimo lavoro accordandoti l’onore di organizzare anche la sua serata romantica».

    «Non può pensarci da solo? È il proprietario di un’agenzia che organizza eventi speciali, dovrebbe avere fantasia da vendere», borbottò Emily.

    Tim si strinse nelle spalle. «Ha solo ereditato questo posto, non il talento per portarlo avanti».

    Emily imprecò tra sé e si rimise al lavoro, ma Tim sembrava non volersi allontanare dalla sua scrivania.

    «E tu, invece? Hai organizzato qualcosa di speciale per il tuo San Valentino, o ti sei limitata a rendere indimenticabile quello degli altri?», le chiese, in tono apparentemente casuale.

    Emily si lasciò andare contro lo schienale imbottito della poltrona. «Ho già una mezza idea».

    «Wow, un altro talento da aggiungere alla lunga lista. Sei chiusa qui dentro tutto il giorno, da tre mesi, eppure hai comunque trovato il tempo per conoscere qualcuno. I miei complimenti».

    «L’ho conosciuto durante il mio primo mese di permanenza a New York. E da quel momento passo tutte le mie notti con lui», disse Emily, con un sorrisetto.

    «Lo conosco?»

    «No, ma posso sempre presentartelo, una sera di queste. Unisciti a noi, sarà divertente».

    Tim arrossì, pur cercando di darsi un contegno. «Sei una di quelle a cui piace farlo in tre o cose simili?».

    Emily rise di gusto. «Sto parlando del mio gatto! Un batuffolo peloso che ho trovato in una scatola vicino all’immondizia. È simpatico, caparbio ma coccolone, sono certa che mi farà passare il San Valentino più romantico tra quelli che ho festeggiato. E credimi, ci vuole davvero poco».

    «Oh!». Tim sembrò sollevato. «Ok».

    Emily scosse la testa, divertita, e si rimise al lavoro, ma Tim si schiarì la gola ancora una volta.

    «Comunque… ehm… Potrei anche accettare di venire a casa tua. A conoscere il gatto, ecco», balbettò.

    Lei si strinse nelle spalle. «D’accordo, una sera di queste ordiniamo qualcosa da mangiare e ce la spassiamo insieme».

    Tim sembrò in procinto di aggiungere qualcosa, ma l’improvviso aprirsi della porta principale lo frenò.

    Emily alzò lo sguardo: era Brian Ross, il suo capo. Alto, con un fisico imponente che lo faceva somigliare più a un ex militare che al proprietario di un’agenzia di organizzazione di eventi, aveva un certo fascino… anche se non ai suoi occhi. Emily lo considerava solo una spina nel fianco: da quando era arrivata, Ross non faceva altro che scaricare sulle sue spalle il grosso del lavoro.

    Con una smorfia, lo ignorò. Quel tale aveva ereditato l’agenzia dalla madre, un’attività che si tramandava da generazioni e che a capo di tutto aveva sempre avuto una donna, ed ecco che l’arrivo del primo erede maschio rischiava di mandare tutto all’aria. Ross non era in grado di occuparsi della maggioranza dei servizi offerti dall’agenzia, per questo si avvaleva di decine di collaboratori. Se poi erano di sesso femminile e dalle forme generose, il lavoro era assicurato.

    La sua reputazione di amministratore inetto era giunta fino alla sede di Londra, ed era appunto il motivo per cui Emily era lì: Lisa Wellington, nipote di una delle socie dell’agenzia, l’aveva spedita ad affiancare Ross prima che facesse affondare la sede centrale della Joyful&Happy.

    Quando la centralinista si lasciò sfuggire un piccolo sospiro, Emily tornò con lo sguardo verso la reception, aggrottando la fronte.

    Ok, forse Ross era un tipo interessante, ma aveva quasi cinquant’anni e la centralinista appena venti. Che diavolo ci trovava, in lui, da farla sospirare in modo estatico?

    Con la coda dell’occhio colse un movimento alle spalle del capo e si accorse che Ross non era solo. Un tizio alto, in un completo blu dal taglio italiano lo seguiva a poca distanza, l’andatura rilassata.

    Ok, fermi tutti: tizio carino a ore dodici!.

    Emily aguzzò la vista. Dalla sua postazione un po’ defilata riusciva a cogliere solo il profilo del nuovo arrivato: naso dritto, labbra sufficientemente carnose, mascella ombreggiata da un velo di barba, capelli scuri, un po’ troppo lunghi ma ben pettinati, anche se una ciocca ribelle gli ricadeva sulla fronte.

    Visione interessante. E considerando che la mascella di Ashley – la centralinista – stava quasi per toccare terra, la vista frontale doveva regalare soddisfazioni ancora maggiori.

    Quando Ross, poi, si fermò per scambiare alcune parole con una dipendente, anche il misterioso accompagnatore fu costretto a fermarsi. Nell’attesa, si guardò intorno, esplorando l’intero locale con lo sguardo.

    Diavolo, se era carino! Una bellezza dal fascino magnetico. Trasudava sicurezza e mascolinità e aveva un’aria familiare – che fosse un attore? A New York le capitava di incontrarli ovunque, perfino da Walmart! –, virile, elegante e inaccessibile. Davvero intrigante.

    L’uomo continuava a guardarsi attorno con aria distratta, senza osservare davvero qualcosa o… qualcuno – con sommo rammarico di tutte le donne presenti, che nel frattempo se lo stavano mangiando con gli occhi. Emily dovette ammettere che anche lei avrebbe avuto voglia di guardarlo più da vicino.

    «Prego, mi segua, signor Cohen», disse Ross, indicandogli il suo ufficio.

    Emily sgranò gli occhi, tutti i sensi all’erta.

    Cohen…

    Quel Cohen?!

    Provando un’improvvisa inquietudine, afferrò velocemente – e alla cieca – il primo oggetto utile a nasconderla alla vista. Solo quando una pioggia di fogli si sparse clamorosamente a terra, in un fruscio che parve risuonare per tutto l’ufficio, si accorse di aver scelto l’oggetto sbagliato, ossia la cartellina che conteneva gli eventi a cui stava lavorando.

    Gli occhi dei presenti la fissarono all’unisono. Anche quelli azzurro ghiaccio che aveva sperato di schivare.

    «Merda», borbottò, infilandosi velocemente sotto la scrivania con il pretesto di rimediare al danno.

    «Emily, che stai facendo?», chiese Timothy, perplesso.

    «Shhh! Non dire il mio nome!», gemette tra i denti. Muovendosi a carponi, sporse la testa tra le gambe del tavolo per assicurarsi che i due uomini fossero passati oltre. Quando vide la porta dell’ufficio di Ross chiudersi, lasciò andare il fiato che le era rimasto bloccato nei polmoni e si sedette sui talloni con un sospiro.

    «Da chi ti nascondi?»

    «Dalla più grossa figura di merda della mia vita», rispose, alzandosi.

    «Sembra una storia interessante».

    «Magari un giorno te la racconterò, Tim, ma ora ho troppo lavoro da sbrigare», disse Emily, cercando di concentrarsi nel riordinare i fogli che aveva stupidamente sparpagliato sul pavimento.

    Cavolo, sentiva le mani tremare e il cuore in gola. Perché, poi? Lui l’aveva vista sì e no per un secondo e con tutta probabilità non l’aveva nemmeno riconosciuta. Non si vedevano da quattordici anni! Lei stessa, se non avesse sentito il suo cognome, non avrebbe mai associato l’immagine del ragazzino con cui passava l’estate da adolescente a quella dell’adone vestito Armani che era appena entrato in agenzia. Eppure, ora che sapeva che lui era lì, a pochi passi di distanza, non riusciva a fare a meno di sentirsi maldestra e imbarazzata.

    Chiuse gli occhi, contò fino a dieci e provò a pensare ad altro.

    Aveva un sacco di cose da fare, non aveva tempo da perdere in ricordi. Il suo telefono squillava ininterrottamente, tutto l’ufficio era in uno stato febbrile da due settimane, e avrebbe dovuto darsi da fare seriamente se voleva smaltire più lavoro possibile e accontentare tutti. Di lì a dieci minuti, poi, sarebbero arrivati i prossimi clienti della giornata.

    Quell’ultimo pensiero le strappò finalmente un sorriso sincero.

    Arthur e Rose erano l’unica coppia di innamorati che vedeva volentieri e per cui sperava di organizzare qualcosa di davvero speciale per San Valentino. Il loro matrimonio, ad esempio.

    La loro era una di quelle storie capaci di spingere anche i cuori più gelidi e disincantati a credere ancora nei veri sentimenti, nell’amore che vince su ogni cosa e che, prima o poi, arriva per tutti.

    Arthur aveva ottantadue anni e Rose settantanove. E si erano ritrovati da poco, dopo essere stati separati per quasi sessant’anni.

    Solo a guardarli le veniva voglia di piangere di commozione, abbracciarli e chiedergli di adottarla come nipote. Sarebbe rimasta ad ascoltarli per ore.

    Emily non aveva mai sperimentato quel tipo di legame. Non lo aveva nemmeno mai visto, se non nei film. Si era illusa più volte che esistesse per davvero, ma la realtà l’aveva sempre smentita. Per questo era importante che quella coppia potesse vivere un evento degno di nota: erano come una candela nel buio e lei, nel suo piccolo, si sarebbe impegnata al massimo per mantenere viva quella fiamma.

    Purtroppo, le idee raccolte per il loro romantico matrimonio non la soddisfacevano appieno. Arthur e Rose avevano un budget limitato e nessun parente disposto a dar loro una mano. Non chiedevano la luna, volevano solo coronare quello che da sempre è il sogno di ogni coppia innamorata, anche se con parecchi anni di ritardo, e poi vivere felici, come marito e moglie, per tutto il tempo che il cielo avrebbe concesso loro. Ma i rispettivi figli e nipoti credevano che fosse tutto tempo sprecato, che fosse tardi, che non ci fosse alcun bisogno di ufficializzare nulla…

    «Forse hanno ragione, non ha senso sposarsi alla nostra età. Ma la mia Rose è un tipo romantico, ha sempre desiderato un matrimonio sul mare, con il velo e l’abito bianco, e naturalmente la luna di miele. Non è quello che sognano tutte le ragazze, prima o dopo? Be’, lei non ha mai avuto nulla del genere, perciò vorrei farle vivere il sogno di una vita, anche se ormai siamo vecchi e dovremo raggiungere l’altare con l’aiuto di un bastone», le aveva detto Arthur la prima volta che erano venuti in agenzia, ed Emily per poco non era scoppiata a piangere davanti a quell’uomo così determinato e fiero.

    Diamine, se avesse potuto permettersi di farlo, avrebbe pagato di tasca sua la cifra necessaria per regalare un matrimonio da favola a quei due tenerissimi nonnini…

    «Emily, può venire un momento?».

    La voce di Ross la riportò bruscamente alla realtà. Una realtà che implicava il dover raggiungere il capo nel suo ufficio.

    Oh, no!.

    Cavolo, per circa venti secondi si era dimenticata di lui

    «Sto aspettando due clienti importanti», rispose, dunque, esitante.

    «La mia segretaria li farà accomodare o darà loro un nuovo appuntamento, questo è più urgente». Senza attendere oltre, Ross rientrò in ufficio lasciando la porta aperta, costringendola ad alzarsi e avviarsi in quella direzione, a ogni passo più agitata.

    Stai tranquilla e respira. Forse nemmeno ti riconoscerà!, si disse per calmarsi.

    Ma lei lo aveva riconosciuto e adesso non sapeva che fare: avrebbe dovuto fingere di non sapere chi fosse o sfoggiare una cortese ma fredda familiarità?

    Un istante prima di entrare, si fermò a prendere un profondo respiro, sistemarsi i vestiti e riordinare i capelli.

    Poteva farcela. Era adulta, matura e in gamba. E poi in fondo non era successo nulla di così importante da giustificare il suo batticuore.

    Varcò la soglia e immediatamente due schegge di cielo la fissarono.

    Accidenti, che sguardo! Quello non era cambiato affatto, era stato solo perfezionato. Se a diciassette anni era sufficientemente intenso da far spasimare le ragazzine, a trentuno era in grado di farle sciogliere.

    Ma non lei. Non più. Aveva chiuso con gli uomini.

    «Emily, lui è Matthew Cohen, armatore e proprietario della Sirenya Cruises», disse Ross, indicando il cliente.

    Matthew si alzò educatamente ed Emily si sentì di colpo piccola e indifesa, nonostante arrivasse a sfiorare il metro e settanta con i tacchi.

    Odiava trovarsi in una posizione di inferiorità. Non poteva concedergli nessun altro vantaggio.

    Si stampò in faccia il suo sorriso più cordiale e tese la mano. «Piacere di conoscerla, signor Cohen. Sono Emily Warren».

    Matt fagocitò le sue dita sottili in una stretta calda e decisa. Non appena si toccarono, Emily avvertì una piccola scossa e d’istinto ritirò la mano. Circospetta, studiò il palmo dell’uomo alla ricerca di uno di quei dannati marchingegni usati per fare scherzi stupidi alle povere ragazzine ingenue. Ma il palmo di Matthew era liscio, morbido e vuoto. Forse era stata solo una sua impressione, una specie

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