Savate Girl vs Wolf lo Squartatore
Di Manuel Mura
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Savate Girl vs Wolf lo Squartatore - Manuel Mura
Ombre nella notte
L'anziana coppia tremava di paura, anche se a minacciarli erano solo tre ragazzini con pochi stracci addosso. Non di meno erano tutti armati, uno di coltello gli altri di spranghe, e li avevano chiusi in un vicolo cieco.
Maledissero il momento in cui avevano deciso di passare per quei vicoli bui e sporchi a quell'ora di notte, pensando d'abbreviare la strada di casa, come il momento in cui la loro automobile si era rotta. E ora non gli rimaneva che stringersi l'uno all'altra e sperare in bene.
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Soprattutto il più giovane di nemmeno dieci anni - basso, magro, dai capelli scuri lunghi e scompigliati e gli occhi dello stesso colore che apparivano vuoti e spenti - sembrava del tutto fuori luogo in quel contesto e impugnava malamente la spranga, come fosse un oggetto alieno.
L'ultimo era alto il giusto e più robusto dei compari. Dagli occhi chiari su un viso pieno e mal fatto, con grosso naso a patata, aveva capelli rossicci tagliati molto corti e seguiva come un'ombra il ragazzo con il coltello. Proprio quest'ultimo ripeté nuovamente agli anziani di dargli subito i soldi mettendo bene in vista l'arma.
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L'omone rise. <
Anche i tre ragazzi impallidirono a quelle parole, figuriamoci i due anziani coniugi. L'uomo supplicò ancora pietà rimanendo inascoltato mentre la donna era così bianca in volto da sembrare già morta.
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Quella voce forte e inaspettata colse tutti alla sprovvista: apparteneva a una donna. Si guardarono attorno senza scorgerla.
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Sbucò come dal nulla una ragazza alta e compatta dai lunghi capelli rossi lisci, occhi verdi chiari su un viso molto ben fatto, spalle larghe, un seno proporzionato e delle splendide curve che il mantello scuro non riusciva del tutto a nascondere. Lo stesso si vedevano perfettamente le lunghe gambe sode e atletiche mentre solo una fasciatura rosso scuro era a protezione del seno e corti pantaloni dello stesso colore coprivano la vita. Guanti scuri che lasciavano scoperte le dita erano a protezione delle mani mentre comode scarpe da ginnastica dello stesso colore coprivano i piedi. L'abbigliamento sembrava quello di un pugile che sta per disputare il match e come alzò le braccia a protezione del viso, pronta alla lotta, a tutti apparve come tale, con l'unica differenza che si trattava di una donna, una splendida donna.
I tre ragazzi rimasero perplessi mentre l'uomo rise.
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L'atteggiamento provocatorio come lo sguardo di sfida mandava in bestia l'uomo, ma per una donna bastavano i suoi scagnozzi.
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A questa seconda esortazione i tre ragazzi ubbidirono.
Quello con il coltello caricò a testa bassa finendo contro un cassonetto dell'immondizia rimanendo ricoperto di rifiuti. Nemmeno si era accorto del movimento della ragazza e lo stesso gli altri due. Non ci fosse stato l'omone a intimargli d'attaccare se ne sarebbero guardati bene dal farlo. Ma lui era il loro signore e padrone e dovevano ubbidirgli se volevano sopravvivere, così si avvicinarono rimanendo cauti. Comprendendo che era inutile un attacco frontale pensarono bene di mettersi ai lati.
Dal canto suo la ragazza appariva tranquilla, erano loro ad essere agitati. Quello più robusto si fece coraggio e attaccò da un lato mentre il suo compare faceva lo stesso dall'altro.
La ragazza comprese subito che quest'ultimo era più lento, lo ignorò lanciando il mantello contro l'altro accecandolo. In quelle condizioni non poté fare altro che barcollare ritrovandosi a terra in men che non si dica. E prima che potesse rialzarsi e liberarsi aveva già disarmato l'ultimo attaccante con un rapido calcio e preso al volo la spranga. La lanciò contro il capo del terzetto che tentava di riprendere la sua arma: una botta forte alla mano lo dissuase dal farlo. E come quello robusto vide la scena si guardò bene dal fare qualsiasi mossa: era sì stupido ma non così tanto da mettersi contro qualcuno così forte. Tutti e tre guardarono il loro aguzzino che si vide costretto ad agire di persona.
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La provocazione ebbe effetto sull'uomo che caricò a testa bassa ritrovandosi a terra a seguito di uno sgambetto. Ma malgrado la mole fu lesto a tirarsi su e sferrare un pugno dietro l'altro, tutti colpi che vennero evitati con grande abilità.
La giovane sembrava sempre un passo avanti a lui, riuscendo anche a piazzare diversi pugni allo stomaco e uno in faccia che non rischiava di peggiorarne l'aspetto.
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Gridando di rabbia attaccò con rinnovato vigore scagliando pugni a ripetizione: alla ragazza sembrava di essere nel bel mezzo di una tempesta. Ma mai per un istante perse la calma e il sorriso, nemmeno quando alcuni colpi andarono a segno, di cui uno violento al viso che le fece uscire un rivolo di sangue dal naso.
Sicuro d'averla in pugno il bruto continuò l'attacco venendo sorpreso da un calcio alla bocca dello stomaco che lo lasciò senza fiato e piegato in due. La faccia bene esposta venne centrata alla perfezione da un calcio saltato e ruotato a cui ne seguì immediato un secondo. La sequenza di colpi ben piazzati mandò al tappeto il bestione che si ritrovò a baciare il pavimento con mandibola e denti rotti.
Soddisfatta, la giovane guerriera si rivolse ai ragazzi con uno sguardo duro e penetrante che li lasciò impietriti sul posto.
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Indicò il loro aguzzino che non sembrava in condizioni di fare niente ma una volta ripreso di sicuro avrebbe sfogato la rabbia su di loro. Questo la giovane lo comprese bene, così pensò d'aumentare la dose.
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Un calcio ben piazzato al ginocchio gli spezzò la gamba: l'uomo urlò per poi perdere nuovamente i sensi.
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I tre si guardarono e annuirono. <
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I tre sparirono alla sua vista, al loro posto comparve la coppia d'anziani che si fece coraggio sperando il pericolo fosse passato.
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Un urlo di donna riecheggiò tutt'intorno, ed era così forte e straziante da gelare il sangue nelle vene: i due coniugi si strinsero l'uno all'altra.
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All'ordine perentorio corsero via non fermandosi un istante, desiderosi solo che quella notte maledetta finisse. Marianne invece recuperò svelta il mantello e corse in direzione dell'urlo. Percorse più rapidamente che poté vicoli bui e sporchi e saltò con agilità muri divisori ritrovandosi in uno stretto passaggio la cui illuminazione era pressoché nulla. Ma anche se non vedeva niente riconobbe distintamente l'odore del sangue. Si mosse rapida in quella direzione, fermandosi come il suo piede poggiò su qualcosa di scivoloso che era certa fosse il liquido rosso.
Prese dal mantello una minuscola torcia che emetteva una piccola luce, sufficiente a vedere la ragazza orrendamente strappata alla vita: era stata squartata all'altezza dell'addome. Forse anche mutilata come nei casi precedenti ma non poté appurarlo che un rumore di passi e di voci la costrinse ad allontanarsi in fretta.
La polizia giunse solo a conti fatti mentre lei era già lontana, in cerca di risposte e soprattutto del colpevole. Era certa fosse lo stesso che aveva ucciso la sua amica Annette due settimane fa e l'altra ragazza una settimana prima: il modus operandi era il medesimo. Ma chi fosse rimaneva un mistero.
Lui stesso mandava un messaggio ai giornali il giorno dopo i delitti in cui si firmava Wolf, a cui aggiungeva un macabro trofeo delle sue battute di caccia. E da lì, vista l'efferatezza con cui uccideva e il tipo di vittime, era stato ribattezzato Wolf lo Squartatore, in riferimento al famigerato Jack che quarant'anni prima aveva insanguinato le strade di Londra.
E ora, in quell'angolo sperduto dell'Inghilterra, era tornato l'incubo del killer seriale che uccideva e squartava le prostitute, anche se la sua amica non faceva più quella vita.
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Le venne quasi da ridere a pensare a quel nomignolo con cui quel ragazzino l'aveva apostrofata, ma dovette ammettere che le piaceva. Quella sfida sarebbe stata tra Savate Girl e Wolf lo Squartatore e la città intera il loro campo di battaglia.
Impossibili sospetti
Quella mattina di sole tutte le personalità più illustri della città erano radunate davanti al nuovo, grande, parco dei divertimenti che avrebbe rappresentato non solo la gioia dei più piccoli ma soprattutto portato ingente proventi nelle tasche di molti di loro.
E lì c'erano tutti, dal sindaco Giorge Brol, al procuratore capo Stuart Garrison, al commissario di polizia Giordan Jackson, insieme al suo sottoposto sergente Mastin Mogg, all'eccentrico e illustre medico chirurgo e psichiatra Micheal Stone, al ricco e filantropo industriale Daddie Jhonson, finanziatore del progetto. Con loro una dozzina di rappresentanti della nobiltà locale: uomini e donne ben vestiti e ingioiellati che guardavano con disappunto le due figure che chiudevano la cerchia. E in effetti sia l'anziana suor Beatrice che la giovane Marianne erano pesci fuori d'acqua in mezzo alla noblesse oblige di quella cittadina inglese, diventata famosa a causa dei tristi avvenimenti delle ultime tre settimane.
Per quanto il commissario aveva cercato in tutti i modi di non far divulgare la notizia o minimizzare le parole dei giornalisti, con ben tre omicidi e nessun indizio sull'identità dell'assassino, il nome Wolf lo Squartatore era ormai sulla bocca di tutti. E anche se finora aveva colpito solo nei bassifondi e unicamente prostitute nessuno si sentiva più al sicuro: tutti avevano paura ad uscire soli la notte.
E tutto ciò era deleterio per gli affari della città, così il giovane Daddie aveva pensato di celebrare proprio quel giorno(in anticipo di due settimane) l'inaugurazione del parco giochi, da lui voluto e finanziato, spostando l'attenzione dei media.
Giusto in quel momento una dozzina di giornalisti presenti si prodigarono di fare foto al sindaco, immortalandolo nell'atto di tagliare il nastro. Con gioia l'ometto - basso, paffutello, dal perenne cappello scuro a cilindro per coprire la mancanza di capelli e gli occhi chiari vispi e audaci - annunciava ufficialmente l'apertura del parco, anche se di fatto ci sarebbero volute due settimane prima che la gente potesse visitarlo.
Ma questo non importava a nessuno e la trovata di Daddie nel farlo sorvolare da un dirigibile stava dando i suoi frutti, distogliendo ancora una volta l'attenzione sul maniaco e dando maggior lustro alla città.
E non bastassero le lodi del sindaco, sempre prolisso di belle parole, ci pensò il giovane filantropo a fare un discorso altrettanto avvincente, in cui sostanzialmente elogiava i benefici che la sua opera avrebbe portato alla città e allo stesso tempo pubblicizzava la sua azienda all'avanguardia.
Alla fine del discorso si prese molti applausi e le lodi di tutti i presenti, ma non ci badò più di tanto. Tutte le sue attenzioni erano rivolte alla ragazza dai capelli rossi, come dello stesso colore era l'abito dall'ampia scollatura con annessa gonna che le altre donne definivano scandalosa, in quanto spaccata nel mezzo lasciando ben vedere le lunghe gambe atletiche.
Si diresse verso di lei a passo svelto, intenzionato a conoscerla meglio.
Marianne nemmeno ci prestò attenzione, troppo intenta a puntare lo sguardo acuto e penetrante sulle personalità più illustri della città, chiedendosi se tra loro si nascondeva l'assassino che cercava.
In effetti l'anziano e grassoccio sindaco ce lo vedeva poco in quel ruolo, sicuramente più adatto al borioso procuratore che le buttava occhiate continue. Era un uomo sulla quarantina, alto e proporzionato, di bell'aspetto, con capelli neri corti, occhi infidi dello stesso colore e due baffetti ben curati. Vestiva impeccabile e appariva proprio un damerino dalla grande arroganza, nascosta dietro modi garbati che non la incantavano.
Lo vedeva come un serpente della peggior specie, pronto a mordere la preda al primo segno di debolezza, per poi abbandonarla una volta spolpata fino all'osso. Ed era così che faceva sia in aula che con le donne, non per niente aveva fama di donnaiolo e di grande avvocato.
Di tutt'altra pasta era il commissario Giordan. Alto e compatto dai capelli bianchi radi e gli occhi castani, non si poteva definire né bello né brutto. Dal viso squadrato ma non mal fatto, se non giusto con il naso schiacciato, era un tipo forte