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Brescia 1945
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E-book187 pagine2 ore

Brescia 1945

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Info su questo ebook

Il terrore per i bombardamenti su case e fabbriche. I giorni drammatici della liberazione e l’arrivo delle truppe alleate. La povertà, le macerie, la fame, ma anche i primi segni di una ripresa fortemente alimentata da amministratori e cittadini. Il recupero dell’identità di una città ricostruita dallo sforzo e dall’eroismo quotidiano di tanti uomini e donne. L’impegno per salvare dalla distruzione i beni artistici che formano l’anima di una comunità. Maria Paola Pasini propone la cronaca intensa e vitale di un anno che ha segnato profondamente la città di Brescia e la sua provincia, in un libro di storia che è anche un appassionato reportage giornalistico dal passato.
LinguaItaliano
Data di uscita21 apr 2020
ISBN9788835812487
Brescia 1945

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    Anteprima del libro

    Brescia 1945 - Maria Paola Pasini

    basso.

    Prefazione all'ebook

    Brescia, settantacinque anni fa, doveva fare i conti con la tragedia della guerra. E sperava nella rinascita. Era il 1945. Oggi, primavera 2020, deve combattere contro un nemico invisibile ma letale che si chiama coronavirus, e prova a guardare a una nuova ricostruzione. Rileggere gli avvenimenti di allora può aiutare a vedere un nuovo orizzonte. Se guardiamo alla Brescia di oggi, non mancano le analogie con la città e la provincia di settantacinque anni fa: lutti, difficoltà economiche, scoramento, disperazione. Eppure Brescia reagì alla catastrofe bellica con una forza straordinaria. Le istituzioni – Comune, Provincia, Prefettura, Diocesi, ma anche industriali, lavoratori, uomini, donne, semplici cittadini – seppero riorganizzarsi rapidamente. Anche i partiti politici fecero la loro parte dispiegando una tensione positiva verso la ripresa. Tre sostanzialmente furono le fasi che anche Brescia si trovò ad attraversare: l’emergenza del primissimo periodo, la ricostruzione almeno fino al 1951-1952, l’avvio dello sviluppo che apriva le porte al miracolo economico. La portata dei danni fu tale che Brescia venne definita città gravemente sinistrata. I locali distrutti o danneggiati nel centro risultavano 35.198, un terzo dei circa centomila presenti nel cosiddetto aggregato urbano. In città 120 mila persone risiedevano nella zona centrale oggetto dei bombardamenti. Erano circa settemila le famiglie da assistere, per un totale di 28 mila persone. La situazione occupazionale dopo la fine del conflitto peggiorò drammaticamente. Nel 1949 la disoccupazione era quasi raddoppiata dalla fine della guerra: 63.390 circa i bresciani iscritti agli uffici di collocamento; erano 35.100 nel 1945. Ci vollero anni per risollevarsi. Una situazione, nel complesso, catastrofica. In un primo tempo, dopo la guerra, venne messa in campo un’intensa azione per far fronte ai bisogni urgenti della popolazione (alimentazione, casa, lavoro) e per riorganizzare i servizi. Si passò quindi alla ricostruzione vera e propria: edifici, scuole, ponti, strade, ferrovie. Forte della sua consolidata tradizione manifatturiera, l’industria bresciana diede vita a un energico sforzo di ricostruzione e riconversione, agevolata da un atteggiamento collaborativo da parte delle istituzioni locali. Brescia promosse la sua rinascita dalle macerie della guerra, attuando politiche per la ricostruzione e lo sviluppo che riservassero attenzione alle fasce di popolazione meno abbienti in una fase cruciale della storia del Paese. Questo poté avvenire grazie a un formidabile sforzo collettivo e individuale, ma anche a una non formale sintonia tra le varie forze politiche, che affondava le radici nella Resistenza e nell’esperienza ciellenistica. In seguito, a partire dal 1948, quando iniziarono i primi conflitti interni al Consiglio comunale (la Dc governava e Pci e Psi passarono all’opposizione), i diversi partiti, pur non estranei agli scontri ideologici dell’epoca, continuarono a trovare un’unità di intenti attorno ai bisogni della comunità locale, come dimostrarono le decine di delibere di Consiglio su interventi strategici (nuovo ospedale, piano di ricostruzione, alienazione di aree per edilizia popolare, metano, ecc.) che vennero votate all’unanimità. Questo approccio si tradusse in una vera e propria stagione della consonanza, basata sull’identità di alcune visioni strategiche tra la Democrazia cristiana (che si ispirava ai valori del cattolicesimo sociale e si inseriva in uno scenario di iniziative di assistenza e beneficenza di matrice cattolica) e i partiti di sinistra. Al di là delle enunciazioni ideologiche, questa intesa si tradusse in concrete scelte amministrative tra cui la costruzione di uno specifico modello di welfare articolato in un ampio ventaglio di opportunità (case popolari, educazione scolastica, iniziative per lo sport e il tempo libero). Brescia e la sua politica misero al centro le categorie economicamente più deboli e dedicarono la massima attenzione alle fasce medio-basse della popolazione: lavoratori, operai, impiegati, garantendo un modello di sviluppo equilibrato e solidale. Non fu facile, ma il modello ebbe successo. Oggi questa lezione forse potrà tornare utile. Per questo mettiamo a disposizione dei lettori il libro Brescia 1945, pubblicato esattamente cinque anni fa in occasione del 25 aprile e per ricordare lo sforzo straordinario compiuto dai bresciani in quell’anno orribile e meraviglioso, fatto di guerra e di pace, di luci e ombre, di tragedia e desiderio di rinascita, di paura e speranza. Perché l’esempio di allora possa esserci utile oggi. Per guardare avanti.

    Maria Paola Pasini

    Aprile 2020

    Dal passato un invito a guardare avanti

    Mario Taccolini

    Direttore del Dipartimento di Scienze storiche e filologiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia

    È con vivo piacere e personale soddisfazione che saluto la pubblicazione di Brescia 1945, un libro di storia ma al tempo stesso il racconto intenso e vitale di un anno che ha segnato profondamente la storia della città di Brescia e della sua provincia. La ricerca di Maria Paola Pasini, preziosa collaboratrice dell’Archivio storico della Resistenza e dell’età contemporanea oltre che della cattedra di Storia economica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e Milano, si colloca nel filone di studi portati avanti negli ultimi anni dall’Archivio stesso, orientato a sviluppare una più ampia e approfondita visione degli anni del secondo dopoguerra. I materiali utilizzati nel lavoro di Maria Paola Pasini sono in parte tratti dalla sua tesi di dottorato in Storia economica dedicata alla ricostruzione della città di Brescia negli anni tra il 1945 e il 1956, che ho personalmente seguito.

    Nel libro sono documentati momenti vicende e personaggi che hanno caratterizzato questo anno horribilis e allo stesso tempo mirabilis, segnato da tanta sofferenza ma contemporaneamente dal desiderio di rinascere dalle macerie della guerra.

    Brescia nella storia si è sempre distinta per la sua capacità di reagire ai momenti turbolenti, alle situazioni di grave difficoltà. Nel corso dei secoli i bresciani, anche di fronte a fasi drammatiche, hanno saputo rimboccarsi le maniche e offrire esempio di sacrificio, coraggio, determinazione. Forse proprio dal passato, da esperienze come quella vissuta nel 1945 dalla nostra città, è possibile trarre degli insegnamenti. Brescia ha sempre avuto una qualità importante: la capacità intrinseca di guardare avanti, di alzare lo sguardo e trasformare le crisi in opportunità. E così sarà certamente anche per questi anni difficili che stiamo vivendo. Il libro di Maria Paola aiuta a orientarci meglio prendendo ad esempio ciò che i nostri padri fecero 70 anni fa. Per guardare al futuro senza paura.

    Cronaca di un anno da non dimenticare

    Massimo Tedeschi

    Giornalista e storico

    Formidabile quell’anno. Anno di svolta, di cesura storica, di cambiamento negli equilibri mondiali, di radicale mutamento nella condizione di milioni di persone che passavano dal terrore della guerra a un fiducioso atteggiamento verso la vita e il futuro. Accadeva nel mondo, accadeva a Brescia. E il libro che mancava per descrivere quell’anno formidabile nella storia di Brescia adesso c’è.

    Maria Paola Pasini, con questo lavoro, mette a frutto anni di paziente scavo negli archivi pubblici e privati, nei quotidiani dell’epoca e nelle testimonianze orali.

    Autentico libro di storia, dunque, ma anche libro agile e leggibile per il piglio cronachistico con cui la vita della città viene descritta, passando dagli orrori delle incursioni aeree, ai giorni della Liberazione, allo smantellamento dei rifugi antiaerei e alla rimozione delle macerie, alla riscoperta di un tempo libero fatto di cinema e teatri affollati.

    Lo scavo storico di Maria Paola Pasini restituisce pagine troppo presto dimenticate: il ruolo degli angloamericani negli otto, cruciali mesi del governo militare alleato in città, l’eroica dedizione di alcuni funzionari pubblici impegnati nella ricostruzione, lo slancio con cui un’intera città seppe risollevarsi da una condizione terribile. La sua scrittura rende avvincente questa scoperta, appassionante il viaggio nella Brescia di settant’anni orsono.

    L’uno e l’altro – lo scavo storico rigoroso e la scrittura vivida – plasmano al meglio la lezione contemporanea di quella stagione: la capacità cioè di una comunità di risollevarsi e di conquistare un destino comune in mezzo a prove tragiche, a drammatiche penurie di mezzi.

    Due immagini riassumono la vitalità e la dignità di Brescia in quei momenti: la notte del 9 maggio, due settimane dopo la fine delle ostilità, quando la città vive quella che l’autrice definisce «la prima Notte bianca della storia», con una folla festante che si riversa nelle piazze per ammirare i fuochi d’artificio che finalmente hanno sostituito i lugubri bengala della contraerea e i bagliori sinistri dei bombardamenti. E poi l’impegno con cui, fin dai primi giorni dopo la fine dei combattimenti, in una città ancora affamata e ferita, ci si dedicò al salvataggio, alla ricollocazione, alla restituzione dell’inestimabile patrimonio artistico, bibliotecario, archivistico.

    Comunità e cultura, coralità e senso delle proprie radici. Due valori alti del 1945 bresciano, che hanno molto da dire alla Brescia di oggi. E che a raccontarli sia un’autrice che è anche mia moglie è, per me, motivo di speciale emozione.

    Introduzione

    Archivio di Stato di Brescia. I documenti da cui prende le mosse questo libro sono raccolti in una cartella verde che porta l’intestazione Ufficio protocollo del Comune. Gli spilli che tengono unite a fascicoletti le fragili veline sono arrugginiti, lo spago secco e sfilacciato. Aprire un faldone richiuso l’ultima volta probabilmente settant’anni fa provoca una certa emozione. È come sollevare il coperchio di una vecchia cassapanca custodita in solaio, ricolma di frammenti di vita, e sentirsi un po’ disturbatori di antichi sonni e messaggeri invadenti di nuove curiosità. Però è così. Le carte chiamano e cercano e chiedono, in fondo, di fare un mestiere antico, quello di raccontare storie di ieri e di oggi e di riportare in vita il fragore di una tragedia, il sussurro di un sogno, la gioia di una conquista. «Il buon storico – diceva Marc Bloch – lui, somiglia all’orco della fiaba. Là dove fiuta la carne umana, là sa che è la sua preda».

    Se questo libro ha un elemento ispiratore, un terreno in cui affonda le radici è quell’umanesimo storiografico, quel protagonismo dell’uomo – alla Jacques Le Goff – che mi ha sempre guidato nella ricerca. Non so se le persone, la loro incontenibile passione per la vita e la loro dilaniante paura della morte siano protagonisti della storia, so però che lo sono del… racconto della storia stessa. E lo sono per me. Questo cerco di farmi raccontare dalle carte.

    Di nuovo in Archivio. Sulla busta, sotto l’intestazione, sono elencate, con scrittura chiara e ferma, le principali incursioni aeree che hanno colpito la città: numero progressivo, data, ora. In tutto 13 tra 1944 e 1945. La morte dal cielo, gli allarmi, la paura, le fughe precipitose, le lunghe ore nei rifugi, le macerie, le vittime, le case distrutte. Il Comune ha tenuto la contabilità dell’orrore, danni, morti, feriti: cifre, nomi, indirizzi battuti a macchina con inchiostro nero e azzurro. Resoconti incompleti che non contengono il fischio lacerante delle sirene, il fragore delle esplosioni, il cuore che batte forte in gola correndo verso il rifugio più vicino. Ma ci aiutano a capire che tutto questo è realmente accaduto anche se sembra impossibile, e ha lasciato un’orrenda ferita nella vita di tante persone.

    Per questo è nostro dovere riferire, ritagliarci questo ruolo di tramite tra chi c’era, tra i testimoni diretti di quel tempo che noi (proprio noi) hanno designato come eredi della loro memoria, e i nostri figli così lontani dalla quotidianità dei loro nonni.

    Sono significative le parole di uno storico milanese, professore all’Università Cattolica, Paolo Colombo, che riporta l’attenzione sul valore del racconto nella costruzione di narrazioni e miti fondanti in cui ritrovarci. Ma dobbiamo sapere raccontare: «Due

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