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Amo il Padrone
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E-book294 pagine3 ore

Amo il Padrone

Di Atra

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Info su questo ebook

ROMANZO (360 pagine). Pentamondo, Continente Lamien, anno 1765.
L'assassinio del Nobile Krudall Adeiqo, Duca di Fesden, sconvolge il Sacro Impero di Lamien.
La Chiesa della Tetrade invia sul posto Padre Osselion assieme all'Apprendista Ralion per portare avanti le indagini. I due dovranno risolvere un caso complesso e intriso di mistero.
L'ombra di un esecutore, una creatura arcana e letale proveniente dal passato, complicherà le indagini. Intanto, la giovane tecnofila Nalos, appresa la notizia della morte del Duca, si appresta ad ordire un piano per conquistare il Ducato di Fesden.
Un susseguirsi di colpi di scena vi porterà a dubitare delle vostre certezze fino all'ultima pagina... perché nulla è quello che sembra. Chi ha davvero ucciso il Duca di Fesden? E chi è ora il Padrone?

AMO IL PADRONE è un romanzo ambientato nell'universo steampunk de I CANTI DEL PENTAMONDO creato da Atra.
LinguaItaliano
EditoreAtra
Data di uscita3 mag 2020
ISBN9788835819974
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    Anteprima del libro

    Amo il Padrone - Atra

    PARTE PRIMA

    Personaggi Principali

    Chiesa della Tetrade

    Monesir, Lidon (Pardir, Continente Selon, 1731) è un Custode della Chiesa della Tetrade, Capitano della scorta del Fabbro Verde Osselion.

    Osselion (Tilomer, Continente Selon, 1712) è un Fabbro Verde della Chiesa della Tetrade. Inviato a Colle Boscoso dalla Chiesa della Tetrade per indagare sull’assassinio del Duca Krudall Adeiqo.

    Ralion (Tilomer, Continente Selon, 1747) è un Apprendista della Chiesa della Tetrade al seguito del Fabbro Verde Osselion.

    Fronte Tecnofilo

    del Clan dei Belloris, Joales (Belora, Continente Lamien, 1753) è una allieva Danzatrice di Lamien del Fronte Tecnofilo.

    del Clan dei Belloris, Kollos (Passo Ferraio, Continente Lamien, 1721) è un Libero Cittadino del Fronte Tecnofilo. È il Capo dell’Accademia di Danza da Combattimento di Nuova Belora, nonché il fratello di Nalos del Clan dei Belloris.

    del Clan dei Belloris, Nalos (Passo Ferraio, Continente Lamien, 1740) è una Libera Cittadina del Fronte Tecnofilo. È la sorella di Kollos del Clan dei Belloris.

    del Clan dei Belloris, Xantemm (Porto delle Tempeste, Continente Lamien, 1710) è un Libero Cittadino del Fronte Tecnofilo. È il Capo del Clan dei Belloris.

    Tromein, Dolan (Legred, Continente Dnaier Shilir, 1721) noto anche come Tromein del Clan dei Dogobel, è un Libero Cittadino del Fronte Tecnofilo. È l’Ammiraglio di una delle flottiglie del Clan dei Dogobel.

    Sacro Impero di Lamien

    Adeiqo, Bemm (Colle Boscoso, Continente Lamien, 1737 - Fosso Ombroso, Continente Lamien, 1745) è stato un Nobile del Sacro Impero di Lamien. Figlio del Duca Krudall Adeiqo e della Duchessa Gamme Tolalqo Adeiqo, è stato ucciso durante la Sommossa di Fosso Ombroso.

    Adeiqo, Krudall (Colle Boscoso, Continente Lamien, 1699) è un Duca del Sacro Impero di Lamien. Ha sposato in prime nozze Gamme Tolalqo nell’anno 1737, in seconde nozze Sammelle Tolalqo, nell’anno 1750.

    Decuben, Joakk (Sa Pe Lian, Continente Berazul, 1730) è un Comune del Sacro Impero di Lamien. Guardia del corpo della Dama Karelle Doralso.

    Doralso, Karelle (Città di Yossill, Continente Lamien, 1729) è una Dama del Sacro Impero di Lamien. Inviata a Colle Boscoso dall’Imperatore del Sacro Impero di Lamien per indagare sull’assassinio del Duca Krudall Adeiqo.

    Jaroll, Dass (Fosso Ombroso, Continente Lamien, 1735) è un Comune del Sacro Impero di Lamien. Serve la Guardia Ducale del Fesden Orientale con il ruolo di Soldato Semplice.

    Konmal, Pauel (Colle Boscoso, Continente Lamien, 1733) è un Cavaliere del Sacro Impero di Lamien. È il Capo della Guardia Ducale del Fesden Orientale.

    Tannelso, Piet (Fosso Ombroso, Continente Lamien, 1695) è un Cavaliere del Sacro Impero di Lamien. È il Medico di Palazzo Adeiqo.

    Lodalso, Tisomm (Belora, Continente Lamien, 1706) è un Cavaliere del Sacro Impero di Lamien. È il Gran Cancelliere del Ducato del Fesden Orientale.

    Tolalqo Adeiqo, Gamme (Belora, Continente Lamien, 1720 - Fosso Ombroso, Continente Lamien, 1745) è stata una Nobile del Sacro Impero di Lamien. Prima moglie del Duca Krudall Adeiqo, è stata uccisa durante la Sommossa di Fosso Ombroso.

    Tolalqo Adeiqo, Sammelle (Belora, Continente Lamien, 1732) è una Nobile del Sacro Impero di Lamien. Seconda moglie del duca Krudall Adeiqo, nonché sorella minore di Gamme Tolalqo Adeiqo.

    Capitolo 1

    Petali Neri

    Qualora si verifichi un atto di sangue, o ve ne sia anche solo il sospetto, ai danni di un membro della Casta Nobiliare, i funzionari locali sono tenuti a contattare senza indugio la più vicina cattedrale della Chiesa della Tetrade.

    Relativamente al caso in oggetto, l’Autorità Ecclesiastica avrà la facoltà di ottenere la giurisdizione su tutte le conseguenti attività investigative, giudiziarie e punitive.

    Dal Nuovissimo Accordo Internazionale della Tetrade ratificato a Tilomer, Continente Selon, nell’anno del Pentamondo 1743.

    Biblioteca Centrale Seloniana.

    Anno 1765, 51o giorno d’autunno nel Continente Lamien.

    Colle Boscoso, Ducato del Fesden Orientale (Sacro Impero di Lamien).

    = Ralion =

    Il giovane Apprendista Ralion era seduto all’interno della carrozza blindata ed osservava attraverso lo spesso vetro oscurato del finestrino gli alti larici ingialliti ai lati della carreggiata correre veloci accanto a loro.

    Era ormai autunno inoltrato, nel Lamien. Le giornate si facevano sempre più corte e, sebbene non fosse neanche scoccata la quarta campana del pomeriggio, il grosso sole arancione del Mondo del Vento era già quasi all’orizzonte.

    Il grigio e tortuoso lastricato stradale saliva sempre più in alto, verso il Borgo Nobiliare di Colle Boscoso, sede del governo dell’intero Ducato. I due centauri procedevano rapidamente al trotto, nitrendo di frequente.

    La pesante carrozza a sei ruote, trascinata dal loro impeto, vibrava appena per colpa delle frequenti buche sul lastricato: gli impeccabili ammortizzatori riuscivano ad assorbire gran parte delle imperfezioni del terreno, nonostante stessero viaggiando ad alta velocità. L’Apprendista sapeva che, poco più avanti, un’altra carrozza simile trainata da altri due centauri precedeva quella in cui si trovava lui.

    Ralion immaginava quei poderosi centauri neri scuotere la grossa testa schiacciata ad ogni nitrito.

    Sapeva che i centauri erano chimere: erano il risultato di un incrocio tra i migliori cavalli da tiro della Regione di Tilomer e altri animali che Ralion non ricordava. Il corpo era molto simile a quello di un cavallo, ma le teste no: avevano musi tozzi e degli inquietanti occhi gialli su cui risaltavano le pupille nere.

    Ralion era seduto sul morbido divanetto in pelle color amaranto dalla breve sosta che avevano fatto a pranzo. Avrebbe tanto voluto sgranchirsi le gambe, ma il suo maestro non aveva per niente l’intenzione di volersi fermare.

    Ralion guardò l’uomo seduto di fronte a lui. L’uomo che era il suo maestro da ormai tre anni.

    In quel momento, il Fabbro Verde Osselion non stava indossando la maschera bianca di porcellana, uno dei simboli più noti della Chiesa della Tetrade.

    Era molto raro poter osservare il vero volto di un membro della gerarchia ecclesiastica: era sempre coperto, quando erano in pubblico. Ma in quel momento Osselion e Ralion erano soli, in uno dei due compartimenti passeggeri della carrozza.

    Ralion poteva quindi notare gli occhi scuri scavati nella faccia rugosa, la testa priva di capelli e la pelle pallida ricoperta ovunque delle striature bluastre caratteristiche di chi è abituato ad immergersi spesso nell’abisso. Non mostrare questa debolezza, tipica di tutti i fabbri della Chiesa, era uno dei motivi per i quali nascondevano sempre le proprie fattezze utilizzando la maschera e la toga bianca su cui era cucito un cappuccio di stoffa, il cui colore indicava il rango del Fabbro.

    Ralion cercò mentalmente di ricostruire l’aspetto che aveva avuto Osselion da giovane, prima di diventare un Fabbro. Probabilmente, quando era ancora un Apprendista non doveva essere stato molto dissimile da Ralion stesso: un ragazzo magro e esile con lineamenti regolari, carnagione chiara, occhi marroni e i capelli castani e ricci tipici di chi era originario di Tilomer, la gigantesca e caotica capitale della Chiesa della Tetrade.

    «Maestro, come mai non abbiamo usato uno dei nostri anfibi, per giungere fin qui dalla torre continentale? Avremmo potuto viaggiare con una velocità di gran lunga maggiore».

    «Mi stupisce da te una domanda del genere, Ralion» lo rimproverò il Fabbro. Poi, dopo un istante di silenzio, domandò: «Hai visto navi o anfibi, venendo fin qui?».

    Effettivamente, ora che ci pensava, Ralion non aveva notato nessun velivolo ultimamente. Al contrario, aveva osservato molti anfibi con la livrea bianca e oro del Sacro Impero scivolare nel cielo appena fuori dalla città proibita che ospitava la Torre Continentale del Lamien ed erano stati una presenza costante, all’inizio del viaggio. Ma era almeno da un po’ che in cielo vedeva solo, di tanto in tanto, qualche stormo di uccelli.

    «Maestro, ormai è da quando siamo entrati nel Ducato del Fesden Orientale che non vedo più né navi né anfibi in volo, mentre prima erano piuttosto frequenti. C’è un motivo?».

    «Eppure hai visto molte batterie della contraerea in questa zona, giusto?».

    «Sì, ne ho viste molte, ai lati della strada».

    «Vedi, Ralion, a meno di ventimila passi in quella direzione» disse il Fabbro, indicando con il braccio ossuto qualcosa oltre i larici «si trova il confine di questo Ducato, che è uno di quelli più occidentali, tra i territori del Sacro Impero di Lamien. E lo sai chi c’è al di là del confine?».

    «Questo sì, maestro. Ci sono i territori controllati dal Fronte Tecnofilo».

    «Esatto. Ci sono i maledetti anarchici senza dei, lì».

    L’Apprendista Ralion continuava a non capire ed osservava il Fabbro con uno sguardo interrogativo.

    «Ormai da dodici anni su questo confine vige un accordo firmato direttamente dall’Imperatore di Lamien e dal Capo del Clan dei Dogobel, il più importante dei clan anarchici presenti sul Mondo del Vento. Secondo questo accordo nessuna delle due fazioni può far avvicinare velivoli, siano essi navi o anfibi, a meno di centomila passi dal confine. Sarebbe giudicata come una dichiarazione di guerra».

    «C’è una sola eccezione» continuò il Fabbro. «Sia l’Impero che il Fronte possono mantenere in volo un unico anfibio, che staziona a una quota sufficiente da poter verificare che il nemico rispetti l’accordo. Entrambi dovrebbero essere visibili da Palazzo Adeiqo, se guardi nel cielo verso il confine. Te li mostrerò, una volta giunti lì».

    «Ora capisco, Maestro» rispose Ralion, mentre la carrozza ebbe un sussulto.

    Finalmente, a poco a poco, il bosco lasciò il posto a un centro abitato. Gli anonimi edifici bassi e diroccati, perlopiù costruiti con dei grossi mattoni grigi, erano sempre più frequenti, intervallati da sempre più rari alberi rinsecchiti. Per le strade fangose camminavano persone, principalmente donne e bambini. Indossavano lunghi cappotti dai colori spenti, tutti tonalità di grigio o marrone.

    Notò che i passanti, ai lati della strada, osservavano le due carrozze, rimanendo spesso impietriti. Probabilmente non vedevano spesso carrozze blindate con lo stemma della Chiesa della Tetrade e, soprattutto, non vedevano spesso dei centauri. Notò qualche stanco cavallo che, a volte, trainava dietro di sé un carretto di legno, ma la maggioranza delle persone procedeva a piedi verso la propria meta. Chiunque trovavano sulla loro strada, si faceva rapidamente da parte per cedere il passo.

    Sulla sinistra, Ralion notò un edificio poco più alto di quelli vicini, colorato di rosso e con alcuni cavalli legati in stalli ubicati ai lati dell’ingresso. Una stazione di posta, senza dubbio.

    «Non ci fermiamo, maestro, per far riposare i centauri? Siamo partiti questa mattina: ormai saranno stanchi» disse, sporgendosi leggermente in avanti e cercando di mascherare che quello stanco era lui. Ma ebbe la sensazione che il Fabbro, guardandolo, avesse intuito il vero motivo della sua domanda.

    «Manca poco. E non voglio impiegare per questo viaggio neanche un istante in più di quanto strettamente necessario: dobbiamo iniziare la nostra indagine e visionare la scena del delitto il prima possibile, minimizzando il rischio che qualcuno possa alterarla, nella nostra attesa. I cadaveri non aspettano, mio caro Ralion».

    Ralion fece cenno di aver capito e ritornò a sedersi contro lo schienale, anche se non era sicuro di aver compreso appieno il senso dell’ultima frase di Osselion.

    Dannazione, i cadaveri non vanno da nessuna parte!

    Pensò d’un tratto agli strani strumenti che aveva intravisto quella mattina nella camera di colloquio allestita nello scompartimento passeggeri posteriore della loro carrozza. Pensò al fatto che probabilmente per la prima volta nella sua vita avrebbe assistito ad un interrogatorio diretto da un Fabbro. Avrebbe visto con i suoi occhi le terribili torture che un Fabbro era disposto ad infliggere pur di giungere alla verità. Questo pensiero creava in Ralion un misto di angoscia ed eccitazione.

    Ralion si ricordò anche di aver notato, poco prima di partire, degli strani rumori sommessi provenire dallo scompartimento posteriore dell’altra carrozza, quella che li avrebbe preceduti per tutto il viaggio. A parte i due soldati che facevano da cocchieri dei due veicoli, gli altri sei uomini della loro scorta erano saliti nel compartimento anteriore dell’altra carrozza, lasciando apparentemente vuoto l’altro. Il giovane Apprendista non aveva idea di cosa si celasse lì dentro, ma aveva la sensazione che ben presto l’avrebbe scoperto.

    Passarono sotto un arco marmoreo e il cocchiere, nella cabina di pilotaggio sopra le loro teste, comandò ai centauri di rallentare la loro corsa.

    Ora la strada era più larga e pulita, i cavalli erano più frequenti e incrociavano a volte anche carri a mulino o carrozze intarsiate: questi si fermavano sempre a lato della strada per non essere loro d’intralcio.

    «È quello Palazzo Adeiqo?» disse Ralion dopo qualche isolato, indicando uno sfarzoso edificio in pietra bianca sulla loro destra, con un ampio giardino affollato di splendide statue di marmo.

    Osselion sorrise: «No, non siamo ancora neanche entrati nel Borgo Nobiliare»

    Poi indossò la toga e sollevò il cappuccio, quindi aggiunse: «Quello è solo uno dei nostri collegi per Cavalieri e dame». Infilò la maschera. «La residenza del Duca la vedrai tra poco: guarda di fronte a noi, dopo la curva».

    Quando lo vide, in fondo alla lunga strada che proseguiva su verso la cima di Colle Boscoso, Ralion aprì il finestrino e si sporse per guardare meglio, incredulo, facendo entrare una folata di vento gelido nell’abitacolo.

    Il palazzo del Duca Adeiqo era stato costruito quasi sul punto più alto della collina, da dove dominava su tutte le altre residenze del Borgo Nobiliare. Circondato da un ampio giardino e da un alto recinto, l’edificio svettava in tutta la sua imponenza al termine della strada che stavano percorrendo.

    Probabilmente era alto cinque o sei piani e largo forse duecento passi. Decisamente troppo spazio per ospitare una sola famiglia e la sua servitù. Ralion di residenze nobiliari ne aveva già viste alcune, durante il suo breve percorso da Apprendista.

    Superato un tempio su cui campeggiava uno stendardo con l’emblema della Chiesa della Tetrade, la losanga orizzontale bianca con il bordo cremisi su sfondo bianco, entrarono nel Borgo Nobiliare. Ralion richiuse il finestrino.

    I passanti ora erano più rari di prima: indossavano cappotti molto vistosi e dai colori sgargianti, ed erano sempre circondati da schiere di servitori con gli anonimi mantelli neri che contraddistinguevano gli umili. Inoltre, non degnavano le due carrozze neanche di uno sguardo, come se non fossero in grado di suscitare in loro il benché minimo interesse. Le case erano spesso intervallate da alberi e giardini con siepi modellate secondo elaborate forme geometriche.

    Giunti alla piazza antistante Palazzo Adeiqo, al centro della quale campeggiavano un obelisco e una fontana zampillante, le due carrozze si fermarono.

    Ralion udì qualcuno urlare qualcosa di indistinto: probabilmente era il Capitano Monesir, il comandante del loro drappello di scorta che, dal primo dei due veicoli, annunciava il loro arrivo e chiedeva di entrare nel giardino di Palazzo Adeiqo. A Ralion piaceva il Capitano Monesir: la sua voce ferma ma tranquilla e il suo sorriso, sempre calmo e rassicurante. Quando c’era il Capitano Monesir si sentiva sempre al sicuro, anche nella pericolosa e criminale periferia di Tilomer.

    Pochi istanti furono sufficienti perché il cancello di ferro battuto smaltato di bianco e cosparso di fregi di oro massiccio si aprisse, lasciandoli entrare.

    La strada continuava con una pendenza maggiore, tanto che sentiva i due centauri sbuffare mentre li trainavano su fino quasi alla cima dell’altura da cui prendeva il nome la cittadina di Colle Boscoso.

    Al termine della salita, si fermarono: da lì, appena a pochi passi dalla scalinata di ingresso, Palazzo Adeiqo sembrava ancora più immenso ed imponente. Due grossi stendardi ai margini dell’ingresso rappresentavano i simboli della famiglia imperiale di Lamien, la torcia dorata con la fiamma gialla su sfondo bianco, e di quella degli Adeiqo, tre rose nere senza gambo in un campo verde scuro. Entrambi erano listati di viola, in segno di lutto per la recente scomparsa.

    Gli uomini del drappello che li aveva scortati durante l’intero viaggio, con i giubbotti candidi recanti il simbolo della Chiesa sul petto e i cappelli rossi piumati caratteristici dell’Esercito Seloniano, vennero ad aprire la portiera della carrozza, lasciando scendere Ralion.

    Di fronte all’ingresso, alla base della vistosa scalinata di marmo, li attendeva un gruppo di persone, probabilmente alcuni funzionari e cortigiani di Casta Cavalleresca o Nobiliare attorniati dai servitori di palazzo.

    Ralion fece qualche passo in avanti, rimanendo tra i soldati della scorta, disposti su due file di quattro uomini ciascuna. Alla sua sinistra, oltre una balaustra, si poteva scorgere un panorama magnifico e suggestivo: la valle si estendeva per migliaia di passi in quella direzione. Era difficile valutare le distanze, da quell’altezza, ma Ralion sapeva che il Fiume Fangoso di Fesden, sul quale passava il confine con il Fronte Tecnofilo, era a poco più di diecimila passi da lì. Vedeva le sue acque marroni scorrere lente e tagliare la valle in due parti: da questo lato, i territori sotto il controllo dell’Impero di Lamien erano contraddistinti da ampi campi coltivati in modo omogeneo, intervallati da rari grappoli di casette. Oltre il confine, una densa foresta verde scuro oltre la quale si intravedeva, fino all’orizzonte, una vasta distesa grigia e marrone di edifici indistinti: quella doveva essere Nuova Belora, una delle città più popolose dell’intero continente. Il grosso sole del Mondo del Vento era appena tramontato oltre la metropoli tecnofila, in fondo alla valle.

    Ralion notò anche due puntini scuri nel cielo crepuscolare, uno al di qua del Fiume Fangoso, l’altro oltre il confine, quasi sopra Nuova Belora: sicuramente si trattava degli unici due anfibi in volo di cui gli aveva parlato Osselion.

    Ora il cerimoniale prevedeva che l’Apprendista Ralion annunciasse ufficialmente il proprio maestro.

    «Con immensa gioia annuncio a voi l’arrivo di Sua Magnificenza Padre Osselion, Supremo Fabbro Verde della Santissima Chiesa della Sacra Tetrade e portatore di vera luce e luminosa verità» disse, in modo che tutti sentissero.

    In quel momento Osselion scese dalla carrozza, con indosso la maschera di porcellana lattea, l’abito talare bianco e il cappuccio color smeraldo.

    «Ogni onore e gloria a Vostra Magnificenza» rispose uno degli uomini del gruppo antistante il palazzo, procedendo verso di loro. Indossava la sgargiante divisa verde e nera dei membri della Guardia Ducale, la grossa pistola ad aghi nella fondina sul fianco. Ralion notò almeno cinque altri militari sull’attenti ad intervalli regolari lungo la fiancata dell’edificio.

    L’uomo aveva alcuni tratti caratteristici dei lamienesi, occhi azzurro scuro e capelli e barba biondo chiaro, ma anche i lineamenti forti, il corpo massiccio e la statura ridotta tipici degli abitanti di Raon. I capelli lunghi erano raccolti in una coda, la barba terminava in una treccia che giungeva fino al petto, dove campeggiava una vistosa medaglia dorata.

    «Sono il Cavaliere Pauel Konmal, Capo della Guardia Ducale del Fesden Orientale. Sono io ad avervi fatto inviare il messaggio, in conformità con il Nuovissimo Accordo Internazionale della Tetrade, appena ho saputo del rinvenimento del cadavere del povero e benedetto Duca Adeiqo, questa mattina».

    «Avete fatto bene, Cavaliere» disse in tono solenne Osselion.

    «Il Gran Cancelliere del Ducato, il Cavaliere Tisomm Lodalso, e la Duchessa Sammelle Adeiqo vi attendono nella Sala delle Udienze Private».

    Il Cavaliere Konmal parlava seloniano, come del resto era richiesto a qualunque uomo di Casta Nobile o Cavalleresca di Lamien. Ciononostante, quel suo forte accento infastidiva Ralion: quel rimarcare tutte le consonanti, in particolare la «m» e la «l», e quel chiudere tutte le vocali... tutte caratteristiche tipiche delle persone che avevano il lamienese come madrelingua, quando parlavano seloniano.

    «Mi dispiace, Cavaliere, ma temo dovranno aspettare. Preferiremmo prima avere il privilegio di vedere il Duca Krudall Adeiqo» disse Osselion. Quelle parole potevano sembrare quasi scherzose, ma quella impassibile maschera di porcellana non permetteva in alcun modo di intuire l’espressione del suo volto. Inoltre, il tono della sua voce era completamente neutro.

    «Come desiderate, Vostra Magnificenza» rispose Konmal, facendo un cenno a uno dei soldati di sentinella di fronte al palazzo, appena sopra la scalinata. Questi scattò e, con un gesto fulmineo, entrò nell’edificio, probabilmente per avvertire il Gran Cancelliere e la Duchessa che avrebbero dovuto attendere ancora, prima dell’incontro con Osselion.

    «Vogliate seguirmi» continuò Konmal, facendo un rapido dietrofront ed incamminandosi su per la scalinata.

    Intanto Monesir si era avvicinato silenziosamente per chiedere ordini: Ralion lo notò solo quando ormai era giunto a un paio di passi da loro. Indossava il berretto rosso con la piuma bianca molto più vistosa di quella degli altri militari della scorta, come tipico dei capitani dell’Esercito Seloniano.

    Osselion si voltò verso di lui: «Capitano, mettete al sicuro le carrozze. Mi raccomando, quella con il carico deve sempre essere sorvegliata da almeno due Custodi».

    «Hien sael, Vostra Magnificenza» fu la breve risposta dell’uomo,

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