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L'azzardo: La seconda avventura di Beatrix Ives-Pope
L'azzardo: La seconda avventura di Beatrix Ives-Pope
L'azzardo: La seconda avventura di Beatrix Ives-Pope
E-book315 pagine4 ore

L'azzardo: La seconda avventura di Beatrix Ives-Pope

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Info su questo ebook

A distanza di due mesi dagli eventi raccontati ne La trappola, Beatrix ed i suoi compagni d’avventura hanno un lavoro da portare a termine. O forse sono due? O addirittura tre? Difficile tenere il conto.
Tra viaggi oltre oceano, un candidato sindaco, un video di cui tutti parlano, un processo e una scatola misteriosa, il secondo capitolo della saga di Beatrix Ives-Pope è un sempre più intimo incedere verso la resa dei conti.
Un romanzo dall’atmosfera più tesa, in cui si alternano azione ed introspezione, ma che non dimentica il lato più goliardico della trilogia.
LinguaItaliano
Data di uscita15 mag 2020
ISBN9788835825517
L'azzardo: La seconda avventura di Beatrix Ives-Pope

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    Anteprima del libro

    L'azzardo - G. B. Thistle

    http://write.streetlib.com

    1

    Non accadeva tanto spesso di vedere Beatrix sorpresa da circostanze inaspettate.

    Come truffatrice professionista, ottima calcolatrice e conduttrice delle danze era solita vivere tali avvenimenti nel ruolo di spettatrice, mentre ben di rado le capitava di ritrovarsi nei panni della protagonista.

    Nel corso della carriera le era successo forse quattro o cinque volte in tutto e si era trattato sempre e solo di questioni di dettagli, niente di più.

    Quella volta, invece, si trovava a dover affrontare la dura realtà di essere stata fregata da chi proprio non si aspettava.

    A pochi passi da lei, infatti, a qualcosa come un metro e rotti più in basso del mazzo di fiori che teneva in mano, sotto forma di lapide in granito, sorgeva la conferma definitiva ai più recenti sospetti circa l'infausta sorte toccata a suo padre.

    Era inequivocabile. La pietra riportava inciso il nome. Non quello vero, ovviamente, ma quello stupido alias dietro al quale era stato nascosto dai solerti agenti governativi che s'erano occupati del suo caso. Fra gli altri, il caro Capitano Seymour, che solo ora si rivelava per quel che in realtà era: ossia uno sporco doppiogiochista. Più di quanto Beatrix avrebbe mai potuto immaginare. Più di quanto lei stessa non fosse mai stata.

    Era chiaro che Seymour non potesse non sapere che il fu Terence J. Nugent era sotterrato nel cimitero di quello sperduto paesino già da qualche tempo. Per dare a Beatrix l'informazione che lei gli aveva chiesto come compenso del lavoretto svolto con Jensen, aveva dovuto indagare su vecchi file recuperati in qualche modo da qualche archivio, e un fatto importante come il decesso del soggetto in questione non era certo cosa da poter passare inosservata. Si trattava di un'omissione in piena regola, che Seymour aveva compiuto di proposito.

    Fu il realizzare la verità dei fatti a far mutare la scoperta in rabbia.

    Con Seymour c'era un accordo, un accordo che Beatrix aveva seguito alla lettera e che, al contrario, era stato considerato dal capitano come un semplice pro forma, un piccolo tassello parte di un gioco di promesse non necessariamente da rispettare.

    Non che tutto fosse perduto, questo era sottinteso. In fin dei conti, a Beatrix bastava avere il nome dietro cui era stato nascosto suo padre, fosse morto o no. Probabilmente la situazione avrebbe significato un po' di lavoro extra, ma niente più di quello. Il modo in cui Seymour si era preso gioco di loro, invece, il modo in cui aveva volutamente omesso un dato tanto importante, ecco, quello era grave.

    Era come se l'unica ad aver mantenuto un atteggiamento etico fosse stata lei stessa, la truffatrice di professione, la ladra, la mente criminale, mentre il rappresentante dell'ordine, per definizione paladino della giustizia, ligio al dovere ed alla correttezza sancita dalla legge, s'era infischiato bellamente di ogni regola non scritta circa l'onestà intellettuale e morale vigente tra le parti firmatarie di un contratto.

    Era come se, nel tentare di fare la cosa giusta, fosse tragicamente incappata in una trappola tesa ad arte. Roba inaccettabile, per una che ama fregare la gente di un certo tipo, ma proprio non sopporta di essere lei ad essere fregata.

    In un baleno, della fredda e razionale lucidità della criminale di professione non rimase traccia. La mente si ritrovò in balia di una tempesta emotiva che sarebbe sembrata inappropriata per una come Beatrix, sempre in grado di gestire sentimenti e simili, almeno quando c'era di mezzo il lavoro.

    Anche se cercò di calmarsi e di concentrarsi sull'obiettivo per il quale si trovava in quel posto, non le riuscì di non continuare a pensare a Seymour. E la rabbia, anziché inficiare le capacità di calcolo e pianificazione, se possibile, le acuì.

    Nei pochi istanti che passarono tra la lettura del nome sulla lapide e i tentativi di non perdere il controllo, riuscì, infatti, a pensare al come e al quando gliela avrebbe fatta pagare. Si trattò di una specie di visione che Beatrix tentò di far sparire, ma che invece finì per farsi strada tra l'immaginario ed il realizzabile, come un tarlo nel legno.

    Cercò ancora di accantonare il pensiero. Era necessario rinviare, anzi, evitare cose del genere. Cose come la vendetta. Cose pericolose.

    Doveva riuscire a soffocare la fastidiosa sensazione di disgusto che stava pian piano sovrastando la rabbia e la razionalità.

    Tentò a più riprese, ma non vi riuscì.

    Era come se quello sgarro fosse un cassetto leggermente aperto nell'enorme cassettiera perfettamente tenuta che era l'essere una donna tutta d'un pezzo. Una di quelle cose da sistemare alla svelta, per togliersi il fastidio di dosso.

    E poi era una questione di principio, una di quelle che riguardano l'onestà ed il rispetto. Non sentiva la voglia di vendicarsi, ma di dare una lezione. E, si sa, la vendetta andrà anche consumata fredda, ma le lezioni si danno quando lo sgarro è ancora caldo.

    Fu così che un pensiero apparso dal nulla e ancora in fase embrionale non si lasciò portare via dalla ragione. Ma s'insediò e crebbe, in quel cervello così acuto che Beatrix era costretta a portarsi appresso, fino a diventare un piano vero e proprio.

    Le illazioni diventarono certezze. Il futuro sembrò improvvisamente segnato. E, solo una volta ormai concepita l'idea, riuscì, grazie a uno sforzo ulteriore, a confinarla in un cantuccio della mente.

    Doveva sforzarsi di rimanere concentrata sulla missione in corso, che andava portata a termine al più presto. La faccenda di suo padre non poteva certo essere rimandata. Da quella lapide di scuro granito andava carpita ogni informazione che potesse risultare utile.

    Beatrix la scrutò in ogni sua parte.

    Non vi erano fotografie sulla tomba, solo il nome e due date, chiaramente inventate di sana pianta. Quantomeno la prima. E, comunque, era tutta roba che sarebbe servita a poco.

    Ma ci fu un dettaglio che attirò l'attenzione di Beatrix. Un qualcosa che le parve subito strano. Nonostante la morte fosse sopravvenuta da quasi due anni, nel vaso di ottone attaccato alla lapide un mazzo di iris gialli splendeva alla fioca luce del sole. Fiori che non potevano aver più di qualche giorno. Strano per la tomba di un testimone protetto. Le autorità sono solite far tagliare i ponti con il passato, con il presente e con il futuro. Si diventa fantocci, fantasmi, individui che in realtà non esistono, non sono mai esistiti e non esisteranno mai. Era strano, era vero, ma forse era soltanto che quei fiori erano previsti dal contratto di locazione funeraria. O forse no. Forse quei fiori erano una pista da seguire. Bisognava tentare.

    Beatrix non perse tempo. Fatto un respiro profondo e riacquistato il totale controllo di sé, si avviò verso l'entrata del cimitero, dove aveva visto due o tre uomini al lavoro. Li trovò ancora lì. Li osservò per qualche istante, nelle loro tute da lavoro, poi, con in testa ben chiaro il da farsi, si mise in azione.

    «Buongiorno!» disse al gruppetto, con una certa dose di aggressività.

    I tre si voltarono con dipinta in volto un'espressione a metà tra la curiosità e il fastidio, ma tutto sommato con una certa calma.

    «Chi di vuoi è il capo?» li punzecchiò Beatrix, con l'intenzione di mettere subito in chiaro come quella conversazione si sarebbe svolta.

    Il più alto dei tre, uno spilungone di quasi due metri di altezza, avrà avuto trent'anni e con un viso buono e delicato, fece un paio di passi in avanti prima di rispondere con un intimorito: «Sarei io…»

    «Senta un po', giovanotto, le sembra normale che io venga a trovare il mio povero defunto marito con un bel mazzo di fiori da posare sulla sua tomba e che, anziché un vaso vuoto, trovi degli sfolgoranti iris gialli?»

    «Mi scusi, Signora, ma non capisco di cosa sta parlando» replicò l'uomo.

    «Ora le spiego per filo e per segno qual'è il problema tra me e quegli iris gialli, e veda di starmi a sentire per bene, non vorrei veder nascere un problema tra di noi!»

    «Si spieghi… Signora… o dovrei dire Signorina?»

    A Beatrix venne da sorridere, ma si trattenne dal farlo.

    «Signorina?…» disse stranita.

    «Beh, sa, non avendo più marito… non torna signorina?» chiese l'uomo, abbozzando un tenero sorriso.

    «No!» continuò lei. «Si diventa vedova, ma sempre signora!»

    Il giovane si fece serio.

    «Ok…» acconsentì, un po' intimorito.

    «Possiamo venire al dunque, ora?» lo incalzò Beatrix.

    «Ma certo, Signora… mi stava parlando di una questione di iris gialli, se non sbaglio…»

    «Esatto! E voglio sapere come diavolo ci sono arrivati, sulla tomba del mio povero Terence!»

    «Ha già parlato con Hercule?» s'informò l'addetto, abbozzando nuovamente un sorriso.

    Beatrix non capì.

    «Hercule? Chi sarebbe questo Hercule?» chiese, aggrottando la fronte.

    «Ma Poirot! Hercule Poirot! Sa, il personaggio dei romanzi di Agatha Christie…»

    «Cosa?»

    Il ragazzo, così come aveva fatto pochi istanti prima, tornò serio.

    «Questa volta stavo effettivamente scherzando…» tentò di giustificarsi.

    «Lei è uno che prende la vita con molta allegria, non è vero?»

    «Beh, sa… chi lavora in posti come questo tende a sdrammatizzare molto i fatti della vita… scherzare sulle cose aiuta a rimanere distaccati dal dolore che abbiamo attorno ogni giorno. A lei non piace ridere?»

    «In altre situazioni, forse, ma non in questo momento. E sa perché? Perché mi sento rabbiosa e violenta, ecco perché. Quel porco del mio defunto marito – che riposi in pace – era un buono a nulla in tutto quel che faceva, tranne che in una cosa: e cioè nel rimorchiare qualunque essere vivente che avesse due gambe attaccate al resto del corpo. E, capisce bene, che arrivare al cimitero con un mazzo di fiori e trovare il vaso già occupato fa venire dei dubbi! Se a portare dei fiori è stata quella poco di buono di Susan Cunningham io lo voglio sapere!»

    «Capisco il suo disagio, Signora. Vedrò di aiutarla. Mi dica come si chiama suo marito. Scusi… come si chiamava…»

    «Terence. Terence J. Nugent.»

    «Nugent… aspetti! È quella tomba giù nell'angolo, vero?»

    «Esatto, quella.»

    «Credo di poterla rassicurare, allora… li ho messi io!»

    «Lei? E perché mai? Aveva un qualche tipo di relazione con Terence? Lo conosceva, forse?»

    «Oh… no, no, no, niente del genere. È un servizio standard che offriamo. Sa, in giro ci sono tanti pensionati. Si trasferiscono a vivere qui per via delle condizioni climatiche. Come può ben vedere gli inverni sono miti. Così finisce che in tanti qua ci muoiono e, con le famiglie lontane, capita spesso che le salme vengano tumulate in questo cimitero. I parenti ci pagano regolarmente per mantenere pulite le lapidi, mettere fiori freschi…»

    «Ma questo è davvero strano! Mio marito non aveva altri familiari. Eravamo solo io e lui. E le assicuro di non aver mai pagato neanche un centesimo per questo tipo di servizio!»

    «Ne è sicura, Signora?»

    «Certo che ne sono sicura! E voglio andare a fondo di questa faccenda! Si sbrighi! In ufficio! Vada a cercare tra le sue carte! Voglio un nome!»

    Il giovane s'infilò nel gabbiotto che fungeva da centrale amministrativa del piccolo cimitero. Scartabellò tra i dossier allineati sotto alla mensola che veniva usata come scrivania, finendo per tirar fuori un quadernetto consunto, che iniziò a scorrere alla ricerca delle informazioni che Beatrix voleva.

    Gli ci volle qualche istante, ma le trovò.

    «Ecco, questa è una cosa strana» disse, infine.

    «Cosa?» s'interessò Beatrix.

    «Non è un parente che paga il servizio. È uno del posto, un amico, credo…»

    «Un amico… beh… almeno non è un'amica! È già qualcosa! Come si chiama?»

    «Si tratta di un certo Roger Abercrombie.»

    «Roger Abercrombie, eh? Non mi dice niente. Non mi pare di averlo mai sentito. E lei? Lo conosce, per caso?»

    «Beh… no… in realtà no… come potrei…»

    «Beh… non mi biasimi per averci provato… ma se lo ricorderà! Immagino che possa dirmi qualcosa di questo Abercrombie, no?»

    Il giovane ci pensò su qualche istante.

    «Spiacente, Signora. No, proprio no… ma le posso lasciare il numero di telefono… è l'unico dato che ho… è da quello che ho capito che si tratta di uno di qua.»

    Beatrix lo guardò allibita.

    «Lei ha il numero di telefono e me lo dice soltanto ora?»

    «Sì…» rispose il giovane spaesato.

    Beatrix lo guardò scuotendo la testa e abbozzando un ghigno di biasimo moderato, tendente ad un sorriso, tipico di quelle persone le cui commessure labiali, anche sotto sforzo, non riescono a non puntare verso il basso.

    «Me lo scriva…» si limitò a commentare, alzando gli occhi al cielo.

    L'uomo eseguì e allungò il pezzetto di carta.

    Beatrix glielo strappò di mano, fissandolo in malo modo. Poi si girò e si allontanò, ostentando una dose inaspettata di austerità che riuscì a spargere in giro con la sola andatura ritmata e precisa. L'uomo la guardò allontanarsi e altrettanto fecero i suoi colleghi, prima di tornare a lavorare.

    2

    «Pronto, Beatrix?» gridò Harry all'apparecchio.

    «Harry, mi senti?» rispose lei con altrettanta intensità.

    «Strano a dirsi, ma oggi ti sento bene!»

    «Ho dovuto fare una gitarella e sembra che il telefono qui prenda meglio che in paese.»

    Sembrava che per una volta avrebbero potuto avere una conversazione normale, cosa che non era ancora mai successa da quando Beatrix era partita per quella trasferta investigativa. Harry lo sottolineò.

    «Almeno non dovremmo urlare come dei poveri sordi per capirci l'un l'altra.»

    «Una volta tanto le cose girano bene anche a noi!» commentò compiaciuta Beatrix.

    «Già!» confermò lui, prima di passare al motivo della telefonata. «Novità?» chiese.

    «Un paio… diciamo una buona e una cattiva. Ma dimmi di Harriett, prima.»

    «Harriett sta bene, è a scuola, tra poco andiamo a prenderla.»

    «Ha fatto colazione stamattina?»

    «Pat mi ha detto che ha spazzolato la tavola!»

    «Chissà che schifezze sarà riuscita a farsi dare!»

    Harry rise.

    «Posso solo immaginarlo!» commentò.

    «Cerca di essere presente il più possibile, Harry. Sei l'unico di cui mi possa fidare per questo genere di cose…»

    «Stai tranquilla, Pat è un angelo. Dovresti vederlo, si diverte come un bambino. Potrebbe anche finire per aver voglia di diventare papà, prima o poi!»

    «Che Dio ce ne scampi!» scongiurò Beatrix.

    Harry rise di nuovo e questa volta Beatrix gli fece eco dall'altra parte della cornetta.

    «Tu cosa mi dici, invece? Queste novità a cui hai accennato?»

    «Sì… ce n'è una buona e una cattiva…»

    «Spara. Ma prima la buona, per carità!»

    «Ho trovato mio padre.»

    Harry esultò trepidante.

    «Ottimo! Questa è una buona notizia. Scommetto che allora l'altra non è poi così brutta!»

    «È morto, Harry!»

    «Morto? Ma come…»

    «Sai quando ti si ferma il cuore? E smetti di respirare? Ecco! Morto, stecchito, chiuso in una bara e sotterrato per bene.»

    «Ok… beh… questa non è una gran notizia… le mie condoglianze, a proposito…»

    «Non fare lo stupido! E comunque non è tutto! È defunto da quasi due anni!»

    «Due anni…» ripeté Harry, pensieroso. «Sul serio?»

    «Certo che dico sul serio! Pensi che mi metta a scherzare su di una faccenda come questa? Sono appena uscita dal cimitero. Ma stai tranquillo, ho già una piccola traccia da seguire.»

    «Ma se è morto da così tanto tempo, come mai Seymour non ci ha informati?» buttò lì il ragionamento Harry.

    Beatrix fu contenta di sentir saltar fuori l'argomento.

    «Harry, hai centrato in pieno il punto della questione! Non ce lo ha detto. Forse perché pensava che non ci servisse il nome di un morto. Che così non avremmo fatto il lavoro. Che avrebbe rischiato di perdere Jensen! In questo momento riesco solo a provare una tremenda frustrazione per come Seymour ci ha usati. E pensa a cosa sapeva lui del perché avevamo bisogno di trovare mio padre! Cioè, voglio dire, si tratta della vita di una bambina! Che tipo di persona può essere così cinica da sfruttare una situazione come quella per raggiungere il suo sordido scopo?!»

    «Situazione non vera, però, non dimenticarlo. Per fortuna tua e di tutti noi Harriett sta benissimo. E quell'uomo dev'essere più furbo e navigato di quanto pensassimo. Potremmo averlo sottovalutato.»

    «Credi che sapesse? Può darsi, Harry… ma te lo dico già da ora: intendo fargliela pagare! Non la passerà liscia!»

    «So che non ti piace affatto ritrovarti con il cerino acceso in mano, ma non puoi lasciarti prendere dalle emozioni in questo momento: dobbiamo andare fino in fondo con la faccenda di tuo padre e ti ricordo che abbiamo già un altro lavoro in cantiere. Quindi mettiti in testa che non sarà oggi, né domani, che avrai la tua vendetta nei confronti di Seymour.»

    «Non dimentico nulla, né i progetti già avviati, né lo smacco ricevuto. Non avremo la nostra vendetta oggi e non ce l'avremo neanche domani, ma domenica prossima Seymour dovrà sperare di non averci mai incontrati. Ho avuto un'illuminazione. Ero lì che guardavo la tomba di mio padre e tutto è diventato chiaro. Ho provato a non pensarci, ma è stato più forte di me. Sai quando all'improvviso vedi la luce? E ogni cosa diventa cristallina?»

    Dopo quelle parole, a Beatrix venne in mente che forse non avrebbe dovuto dirle. Harry avrebbe capito che non aveva intenzione di tornare indietro su dei passi che solo in quel momento si stava accorgendo di aver già compiuto, anche se solo mentalmente.

    Harry tentò di farla ragionare.

    «Beatrix…» disse, senza aggiungere nulla più.

    «No, Harry, so cosa vuoi dire, ma gliela farò pagare a quel verme. Tutto il lavoro fatto con Jensen potrà forse anche valere il nome di un morto, visto ciò che c'è in ballo, ma il fatto che Seymour non ce lo abbia riferito è un tradimento. Lo ha fatto di proposito e dovrà pagare per questo.»

    «Anche se fosse possibile, come faremo ad occuparci contemporaneamente di tre diverse faccende? Da queste parti il gran giorno è mercoledì – dopodomani, per inciso – il che vuol dire che io e Pat abbiamo solo un paio di mezze giornate per predisporre ogni cosa. E tu hai già il tuo bel da fare per seguire le tracce di tuo padre.»

    «Andrà tutto bene. Voi fate quel che dovete. Io mi dedicherò a seguire la pista che ho per le mani. Proprio come previsto. Credo di poter fare tutto entro domani.»

    «Puoi metterci quanti giorni vuoi! Non c'è fretta che tu torni. Qua siamo a posto anche senza di te.»

    «No, Harry, domani devo avere tutte le informazioni, perché qua c'è la novità. Quando Culpepper atterrerà a destinazione io e Daniel saremo lì ad aspettarlo. Ho in mente un piccolo stratagemma per far sì che ci sia di aiuto per lo scherzetto che tireremo a Seymour.»

    Ecco di nuovo Seymour. Harry si allarmò.

    «Non puoi prendere certe decisioni per un momento di iperattività cerebrale. Dobbiamo pensarci con calma. E comunque ti rendi conto che stai proponendo di far volare Daniel, il nostro Daniel, da solo, fino dall'altra parte del mondo? Lo sai che questo non è possibile, vero? A meno che tu non voglia vedere la sua foto sulle prime pagine dei quotidiani, s'intende!»

    «Capisco che il mio modo di reagire alle fregature possa crearti qualche preoccupazione, ma, credimi, so di cosa parlo. Anche se ammetto di dover ancora limare qualche particolare. Questo è vero. Ma non voglio perdere un'occasione come questa. Domattina, prima di occuparvi delle vostre cose, imbottirete Daniel con un po' di pasticche e lo piazzerete su di un aereo diretto qua. Sono meno di due ore di volo. Dovrebbe riuscire ad arrivare senza troppe complicazioni. Da lì in poi me ne occuperò io, e non sarà più un vostro problema.»

    Harry ci volle pensare su un attimo, prima di rispondere. Era preoccupato, ma Beatrix non gli pareva essere totalmente fuori controllo. Parlava con una lucidità tale da fargli quasi credere che si potesse fare tutto con semplicità. Sapeva che era quasi impossibile, ma cedette.

    «Va bene, e sia!» acconsentì. «Io e Pat te lo mettiamo su quel volo, ma solo se mi convinci del fatto che non stai agendo impulsivamente, che quanto stai macchinando sia fattibile e che tu abbia considerato tutte, ma proprio tutte, le varianti del caso.»

    «Non l'ho ancora fatto, ma lo farò entro domattina. Se non sarò certa di tutto vi dirò di lasciar perdere. Ma se i miei calcoli sono esatti, senza troppo sforzo aggiungeremo una piccola vittoria ai nostri appuntamenti dei prossimi giorni.»

    Harry non volle replicare a quelle ultime parole, che gli sembrarono un po' troppo azzardate e figlie di una condizione emotiva non ideale a ponderare con precisione parole e concetti. Continuò per la strada che aveva intrapreso, assecondando Beatrix nel suo piano di vendetta. Per mettere un freno alla sua esuberanza ci sarebbe stato tempo nel futuro prossimo. E poi, a dirla tutta, cercare di farla ragionare in quel momento non avrebbe sortito alcun effetto positivo, anzi, avrebbe potuto farla inalberare ancora di più.

    «Se non riceviamo un cenno di stop da parte tua, domani mattina lo mettiamo sull'aereo, va bene… ma vorrei che parlassimo, prima o poi, di quello che stai tramando in quella tua testa.»

    «D'accordo, lo faremo. Non appena avrò le idee più chiare. Ora però pensiamo alle cose importanti. Devi far controllare a Daniel il numero di telefono che ti ho mandato poco fa.»

    Harry accettò molto volentieri il cambio di argomento.

    «Ne sarà felice!» disse. «Sono un paio di giorni che si annoia da morire!»

    «Fatemi sapere non appena avete qualche informazione a riguardo. Dovrebbe essere in qualche modo collegato ad un certo Roger Abercrombie.»

    «Ricevuto, Roger Abercrombie. Metto subito Daniel al lavoro. Tu vedi di stare attenta a non finire in qualche guaio…»

    «Ricordati dove sono, Harry! A quanti guai pensi potrei andare incontro?»

    «Se ti annoi, puoi sempre provare a cercarti un fidanzato!»

    «Sì, certo!» sghignazzò Beatrix. «Un ottantenne decrepito e sfondato di quattrini, magari! Non essere stupido!» concluse, prima di riattaccare.

    Harry allontanò il telefono dall'orecchio con Pat che lo fissava dritto negli occhi, impaziente di avere i dettagli della chiamata appena conclusasi.

    «Allora?» chiese Pat.

    «Problemi in vista, Pat! Problemi in vista!»

    Inaspettatamente e contrariamente a quanto Harry si sarebbe aspettato, la comunicazione della notizia ebbe un effetto positivo su Pat.

    «Finalmente!» esultò. «Ottima notizia!»

    «Come ottima

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