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Una bugia di troppo: Harmony Collezione
Una bugia di troppo: Harmony Collezione
Una bugia di troppo: Harmony Collezione
E-book154 pagine2 ore

Una bugia di troppo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Che cosa poteva fare, se non mentire dicendo al pescatore greco Draco Viannis che la loro era solo una storiella effimera? Suo padre era in fin di vita, e lei doveva precipitarsi a Londra. Ora Creessy Fielding ha appena scoperto, però, che intanto la situazione finanziaria della famiglia è sul lastrico, e solo vendendo tutto a un misterioso magnate potrà salvarla. Decide di incontrarlo, ma se ne pente subito. Lui è...Draco, ansioso di vendicarsi e di ricattarla!
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2016
ISBN9788858954461
Una bugia di troppo: Harmony Collezione
Autore

Sara Craven

E' nata nel Devon ed è cresciuta in mezzo ai libri, in una casa nei pressi del mare. Ora vive nel Somerset.

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    Anteprima del libro

    Una bugia di troppo - Sara Craven

    successivo.

    1

    Cressida Fielding svoltò tra i piloni di cemento e percorse il lungo viale fino alla casa.

    Si fermò sul piazzale ricoperto di ghiaia antistante l'ingresso principale e rimase per un attimo seduta al volante, le mani contratte, a fissare l'edificio.

    Il tragitto dall'ospedale le era sembrato interminabile. Aveva percorso un dedalo di stradine, con il sole sempre negli occhi. Ma in confronto a ciò che avrebbe dovuto affrontare ora, quello le sembrava il male minore.

    Aveva ancora nella mente suo padre, disteso sul letto in terapia intensiva, la carnagione grigiastra sotto la luce intensa delle lampade al neon. Lui, che era un uomo corpulento, le era sembrato improvvisamente rimpicciolito.

    Cressida cercò di scuotersi da quei pensieri angosciosi. Non avrebbe permesso al dolore di sopraffarla. Suo padre aveva subito un grave attacco di cuore, ma le sue condizioni stavano migliorando progressivamente. Non appena si fosse stabilizzato del tutto, lo avrebbero sottoposto a un intervento chirurgico. Sarebbe guarito, alla fine.

    Dunque toccava a lei assicurargli i mezzi di sussistenza, nel momento in cui suo padre fosse stato in grado di riprendere appieno la sua vita normale.

    Con sollievo, Cressida notò l'auto di suo zio parcheggiata accanto ai rododendri. Almeno non avrebbe dovuto affrontare tutto da sola.

    Mentre saliva la breve scalinata che portava all'ingresso, la porta si aprì e sulla soglia apparve la governante. Aveva un'espressione ansiosa dipinta in volto.

    «Oh, signorina Cressy! È arrivata, finalmente!»

    «Sì, mia cara Berry. Sono tornata. Sir Robert è nello studio?»

    «Sì. Lady Kenny è con lui. È stato davvero molto forte, in questa circostanza. Non so come ce la saremmo cavata, senza di lui. Le porto qualcosa?»

    «Del caffè, magari, e un paio di panini. Non ho mangiato, sull'aeroplano.»

    Rimase a guardare la governante che si allontanava poi, con un sospiro, attraversò l'atrio. Si soffermò un attimo davanti allo specchio.

    Aveva un aspetto freddo ed elegante, come le ripeteva spesso il suo capo con ammirazione.

    In realtà si trattava solo di una maschera, ma lei interpretava il personaggio con convinzione.

    Quella sera, però, le incrinature erano ben visibili. Sotto i grandi occhi verdi spiccavano le occhiaie scure, e la linea della bocca era tesa. Il pallore metteva in risalto gli zigomi pronunciati.

    Era la prima volta che aveva il tempo di specchiarsi, e si rese conto che il turbinio di emozioni della settimana precedente aveva lasciato il segno sul suo viso.

    I suoi vestiti erano spiegazzati per il lungo viaggio, e i capelli chiarissimi erano appiccicati alla testa.

    Cercò di farsi forza ed entrò nello studio.

    Rimase per un attimo senza fiato quando vide per la prima volta i mobili nuovi, costosi e impersonali.

    I bei tappeti persiani erano stati sostituiti da tappeti bianchi, e al posto delle lampade antiche c'erano faretti dappertutto.

    Sembrava di trovarsi su un palcoscenico, e probabilmente proprio questa era stata l'intenzione di Elise, quando aveva scelto quel mobilio. In quel modo si sentiva protagonista, almeno una volta nella vita. Solo che Eloise era scappata prima che il sipario calasse sulla fine della rappresentazione.

    Sir Robert, seduto rigidamente su una sedia in mezzo a tanta opulenza, balzò in piedi non appena vide Cressida.

    «Mia cara... Che brutta faccenda! Ancora non riesco a crederci!» esclamò, abbracciandola con affetto.

    «Nemmeno io. Ci sono notizie di Eloise?» chiese lei, chinandosi a baciare la zia.

    «No» rispose lo zio, brusco. «Non ne aspettiamo nemmeno. Praticamente ha saccheggiato la casa, prima di andarsene. La governante dice che si è portata via anche i gioielli di tua madre, mia cara.»

    «Glieli aveva regalati papà, quando si sono sposati. Aveva il diritto di prenderli. Almeno ora ci siamo liberati di lei.»

    «Sì, ma a quale prezzo! Non riuscirò mai a capire che cosa James abbia visto in quella donna.»

    «Sei davvero una ragazza straordinaria» commentò la zia, invitando Cressida ad accomodarsi.

    «Eloise è una donna bellissima e affascinante, e sfortunatamente mio fratello si è lasciato irretire. Lo ha stregato fin dal primo momento, e probabilmente non gli è ancora passata. Lo ha rovinato, lei e il suo amante!»

    «È questo il guaio dell'amore. Ti fa diventare cieco, ti fa impazzire...» mormorò Cressida, con una nuova e dolorosa consapevolezza. Ma si riprese subito e domandò allo zio: «È tutto vero? Non c'è per caso qualche errore?».

    Sir Robert scosse la testa. «L'unico che ha commesso errori è stato tuo padre, temo. A quanto pare, ha conosciuto questo tale Caravas quando lui ed Eloise erano ai Caraibi, due anni fa. Quell'uomo si è spacciato per un consigliere finanziario, ha mostrato anche delle credenziali, e ha dato loro dei consigli che sembravano validi. Credo che in gergo chiamino mettere il sale sulla coda questa fase dell'operazione» borbottò a denti stretti.

    «Quando ha parlato per la prima volta del progetto di sviluppo di Paradise Grove?»

    «Diversi mesi più tardi. Lo hanno incontrato per caso a teatro, ma non credo che si trattasse davvero di un fatto fortuito. Si sono visti ancora un paio di volte. Sono stati a cena, poi lui li ha invitati a Glyndebourne. Solo allora ha cominciato a parlare di questo meraviglioso complesso turistico, e degli investimenti che sarebbero stati possibili. Gli ha fatto credere che avrebbero riavuto il loro denaro decuplicato, se avessero rischiato una somma adeguata.»

    «E papà si è lasciato convincere a investire tutti i suoi soldi? Addirittura ha ipotecato questa casa? Non ha tenuto niente da parte?»

    Sir Robert annuì. «Se solo James me ne avesse parlato, lo avrei convinto a lasciar perdere. Ma quando ho scoperto che cosa era successo, ormai era troppo tardi.»

    «Ovviamente si trattava di una truffa. Paradise Grove non è altro che una palude limacciosa sperduta non si sa dove. Nessuno costruirà mai niente, là.»

    «Sì, ma si è trattato di una truffa ben architettata. Io stesso ho visto i progetti e la documentazione. C'erano perfino le licenze edilizie e le concessioni governative, chiaramente tutto falso. Ma io non potevo saperlo.»

    «Proprio una bella truffa. Che ne è stato del signor Caravas? Quando si sono messi insieme, lui ed Eloise?»

    «Credo che fossero d'accordo fin dalle prime battute. Non c'è dubbio che lei abbia fatto di tutto per convincere James a concludere questo affare. Ora lei e Caravas sono scomparsi insieme. Alla polizia dicono che hanno dei documenti falsi, e si sono costruiti una nuova identità. I soldi saranno già stati ripuliti in un certo numero di conti correnti. Il loro piano era ben concertato. Ovviamente, tuo padre non è stato la loro unica vittima.»

    «Ma perché diavolo papà ha accettato di correre un simile rischio?»

    Sir Robert dovette superare l'imbarazzo, prima di rispondere. «Tuo padre è sempre stato un gran giocatore d'azzardo. In parte il suo successo negli affari era dovuto alla sua propensione a correre dei rischi. Ma stavolta si sono aggiunte alcune perdite finanziarie in Borsa, e altri problemi. Ha pensato che un investimento a lungo termine gli avrebbe assicurato una rendita. Non si è mai rassegnato alla pensione. Voleva continuare a giocare, lo avrebbe fatto anche se non avesse avuto bisogno di soldi.»

    «Sì, ma adesso tocca a me tirarlo fuori dai guai! Credo che non mi rimarrà nemmeno questa casa» sbottò Cressida, con amarezza.

    «Pare di no. Non so nemmeno se a James è rimasto qualche spicciolo» intervenne Barbara Kenny.

    Cressy annuì. «Domattina mi metterò subito al lavoro, voglio valutare con attenzione tutto quanto.»

    La governante bussò alla porta prima di entrare con un vassoio. Il profumo di caffè invase la stanza, e a Cressy venne subito l'acquolina in bocca quando vide i panini preparati con cura e la fetta di torta.

    «Che meraviglia, Berry!» commentò con entusiasmo.

    «Deve averne proprio bisogno, signorina Cressy. È dimagrita» osservò la donna sorridendole con affetto.

    «Ha ragione. Sei dimagrita» concordò sua zia, quando la governante fu uscita.

    Cressy stava versando il caffè. «È solo un'impressione. Sembro più magra perché in Grecia mi sono abbronzata.»

    «È un peccato che tu sia stata costretta a interrompere la tua vacanza, mia cara. Ma mi sono sentito in dovere di avvertirti» le spiegò sir Robert.

    «Prima o poi, dovevo pur rientrare» si sforzò di sorridere lei, mentre distribuiva le tazze del caffè. «Sarei tornata anche prima, ma non c'erano posti sull'aereo. Siamo nel mezzo della stagione turistica. Mi è toccato aspettare un'intera giornata ad Atene.»

    Era stata una giornata difficile, trascorsa con i nervi a fior di pelle, con il timore costante di essere stata pedinata. Si era unita addirittura a un gruppo di turisti sull'Acropoli, nel tentativo di fare perdere le proprie tracce. Ma per tutto il tempo aveva temuto di sentirsi chiamare, di udire quella voce in particolare.

    «Cressy, io sono preoccupata per te. Sei sempre troppo impegnata, trascorri troppo tempo al computer. Dovresti cercarti un compagno, e cominciare a vivere» le disse la zia.

    «Il mio lavoro mi piace. Se per vivere intendi essere travolta da qualche insana passione, allora ti dico che in questa famiglia ce n'è stata anche troppa, di passione. Ho imparato molto, vedendo come si è ridotto mio padre per una donnicciola da niente come Eloise. So bene che cosa succede, quando il sesso diventa un interesse preponderante nella vita.»

    «Ha sopportato la solitudine per tanto tempo. Ha sofferto molto per la morte di tua madre. Eloise è stata furba. Non giudicarlo con troppa durezza, mia cara» l'ammonì la zia, a bassa voce.

    «Io non giudico nessuno, non ne ho il diritto. Dico solo che è fin troppo facile cedere a simili tentazioni.»

    Per un attimo il mare di cobalto e la sabbia candida tornarono con prepotenza alla sua mente, veri come se potesse toccarli in quel momento. E un paio di occhi profondi, pieni di allegria, in un viso che pareva scolpito nel bronzo tornarono a sorriderle. Agitata, scacciò subito quei ricordi.

    I suoi zii la guardarono sorpresi.

    «Non avrei dovuto lasciare che Eloise mi separasse da mio padre. Se io fossi stata presente, tutto questo non sarebbe successo. In qualche modo, sarei riuscita a mettere in guardia papà, e lui adesso non si troverebbe in terapia intensiva» disse tutto d'un fiato, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

    Sir Robert cercò di farle coraggio. «Tu sei l'ultima persona che potrebbe essere incolpata per quello che è successo, Cressy. I dottori hanno detto che tuo padre avrebbe potuto avere un attacco di cuore in qualunque momento. I primi sintomi hanno cominciato a manifestarsi più di un anno fa. Ma lui li ha ignorati, ha continuato a far finta di essere ancora giovane.»

    «Lo ha fatto

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