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Fuga da Parigi: Harmony History
Fuga da Parigi: Harmony History
Fuga da Parigi: Harmony History
E-book228 pagine7 ore

Fuga da Parigi: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra/Francia, 1815
Accettando un delicato incarico sotto copertura per conto del governo inglese, Katherine O'Malley è pronta ad affrontare ogni sorta di disagi e pericoli... ma non a collaborare con l'affascinante maggiore Daniel Ross. E soprattutto non nei panni di sua moglie! Conosce bene la sua fama di seduttore e libertino, ed è fermamente intenzionata a non arrendersi al suo charme pur trovandolo molto, troppo attraente. Quando però la fuga di Napoleone dall'Elba costringe i presunti coniugi ad abbandonare Parigi e ad attraversare una Francia ostile, Katherine capisce di dover riporre in Daniel la più assoluta fiducia. Anche se ciò significa lasciarsi trascinare in un pericoloso gioco di spionaggio e seduzione...
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2020
ISBN9788830521254
Fuga da Parigi: Harmony History
Autore

Anne Ashley

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Fuga da Parigi - Anne Ashley

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Beloved Virago

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2003 Anne Ashley

    Traduzione di Ilaria Parini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-125-4

    1

    Gennaio 1815

    Nonostante i notevoli miglioramenti apportati alle strade, la maggior parte delle persone che poteva permettersi di attraversare il paese non era disposta a sobbarcarsi i disagi di viaggiare durante l’inverno, a meno che non fosse assolutamente necessario. Per questo motivo miss Katherine O’Malley non aveva incontrato difficoltà a trovare una camera per lei e una per la sua domestica il pomeriggio precedente, quando il forte vento e la minaccia di essere sorpresi da una nevicata l’avevano convinta a essere prudente e a cercare rifugio in un albergo di posta. Per fortuna durante la notte il vento si era calmato, e al suo risveglio Katherine aveva scoperto un paesaggio ricoperto solo da un leggerissimo strato di neve e illuminato dallo sbiadito sole invernale.

    Diede un’altra occhiata fuori della finestra e scorse con sollievo una carrozza che procedeva velocemente lungo la strada. Katherine rivolse allora l’attenzione alla sua compagna giusto in tempo per vederla mangiare con gusto una fetta di pane e marmellata, e non resistette alla tentazione di commentare con malignità.

    «Se non ti conoscessi potrei pensare che tutta quella confettura con cui sommergi il pane sia in grado di addolcire il tuo carattere, ma sei al mio fianco da troppo tempo perché possa nutrire qualche speranza in merito.»

    Appena ingoiato l’ultimo boccone, Bridie non si fece scrupoli a risponderle a tono. «A dire il vero non capisco come una persona con la lingua più tagliente della lama di un rasoio abbia la faccia tosta di criticare una bonacciona come me.»

    Katherine prese la tazza di caffè, riconoscendo in silenzio che quanto la sua domestica aveva appena detto corrispondeva a verità. Per quanto se ne vergognasse, la realtà era che non aveva mai avuto paura di esprimere ciò che pensava, neppure da bambina.

    Negli ultimi anni aveva cercato di controllare il suo temperamento, tuttavia c’erano volte in cui non riusciva a frenarsi e feriva i suoi interlocutori con delle frecciate pungenti. Eppure non era, o almeno lo sperava, così intollerante e caparbia da non ascoltare le opinioni degli altri. Comunque fosse, avrebbe sempre cercato di tener conto dei sentimenti di quella donna paffuta e affettuosa che si prendeva cura di lei con commovente devozione da più di vent’anni.

    «Dovremmo essere dai vostri zii entro il primo pomeriggio, salvo ulteriori imprevisti» dichiarò Bridie. «Però ve lo ripeto, miss Katherine, è una follia andarsene in giro per il paese in questa stagione.»

    «Sai perfettamente perché ero determinata a compiere questo viaggio» replicò Katherine. «Non pensavi davvero che avrei rinunciato al piacere di festeggiare il fidanzamento di mia cugina, e di godere per qualche giorno della compagnia dell’unica famiglia che mi è rimasta al mondo, solo perché siamo in inverno?»

    «Vi conosco abbastanza bene per sapere che quando avete qualcosa in mente non è possibile ragionare con voi, e che avevate ogni intenzione di partecipare alla festa. Ma non riesco a capire per quale motivo vostra cugina non si sia potuta fidanzare in primavera, come qualsiasi altra ragazza sensata, quando il clima è migliore e la gente si può spostare senza correre rischi!»

    «Non ha avuto molta scelta, come sai bene» le rammentò Katherine. «Il futuro marito di Caroline è un soldato. Il capitano Charlesworth non può ottenere una licenza quando lo desidera. Ha ancora degli obblighi cui adempiere, anche se la guerra con la Francia è finita.»

    «Sì, certo, è vero» convenne Bridie, prima di rivolgere lo sguardo all’orologio nell’angolo del salottino e di alzarsi in piedi. «Credo che sia meglio muoverci, se volete arrivare in tempo per riposarvi un pochino prima della festa. Il tempo ora è bello, ma non si sa mai. Vado a controllare che i nostri bagagli siano stati portati in carrozza e a dare disposizioni al postiglione perché vi attenda davanti alla porta.»

    Katherine annuì distrattamente, poi prese il suo cappellino, la borsetta e i guanti e si recò nella sala ristoro, dove trovò solo il padrone nascosto nella penombra.

    Ansiosa di riprendere il viaggio saldò il conto, poi si diresse verso l’entrata principale senza perdere altro tempo. Impegnata a riporre il portafoglio nella borsetta, non notò l’alto gentiluomo, avvolto in un voluminoso mantello grigio, che stava entrando nella locanda, e andò a sbattere contro quello che le sembrò un muro solido di ossa e muscoli. L’aria abbandonò in fretta i suoi polmoni, e fu solo grazie alle due mani dalle lunghe dita che l’afferrarono immediatamente per gli avambracci che Katherine non cadde a terra.

    «Sono davvero spiacente, signorina. Spero che non vi siate fatta male.»

    Quella voce profonda esprimeva un’evidente preoccupazione e, non appena fu in grado di respirare di nuovo, Katherine non esitò a rassicurarlo riguardo alla sua incolumità.

    «E sono responsabile quanto voi, signore» aggiunse riconoscendo la sua parte di colpa, «perché non guardavo dove stavo andando.»

    La stretta prolungata di quelle mani forti era stranamente rassicurante e pareva evocare il ricordo di un altro tocco. Katherine alzò lo sguardo ed ebbe un lieve sussulto nel vedere quei lineamenti così mascolini che la sovrastavano.

    Per un istante tutto ciò che riuscì a fare fu fissare quegli occhi scuri dalle folte ciglia, mentre cercava invano di catturare un ricordo sfuggente. Vi colse un’ombra di apprezzamento mentre esaminavano con calma il contorno del suo viso. Sebbene fosse abituata a ricevere sguardi di ammirazione dai membri del sesso opposto, fu costretta ad ammettere che c’era qualcosa di vagamente inquietante e allo stesso tempo notevolmente affascinante nell’espressione ferma di quell’alto gentiluomo.

    Sembrava riluttante a separarsi da lei, ma dopo qualche momento lasciò cadere le mani sui fianchi. «Siete sicura di stare bene, signorina? Forse dovrei chiamare la padrona della locanda. Siete un po’ pallida, se posso permettermi.»

    «Sto perfettamente» lo rassicurò in fretta, anche se non del tutto sincera. «Ma vi ringrazio per il vostro interesse, signore.»

    Sconcertata per le particolari sensazioni che quell’enigmatico straniero aveva evocato in lei, Katherine passò oltre e uscì nella frizzante aria mattutina. L’uomo non tentò di trattenerla, ma lei riusciva quasi a sentire quei seducenti occhi a mandorla che le trafiggevano la schiena mentre attraversava il cortile diretta alla carrozza.

    «Avete l’aria di aver visto un fantasma» commentò Bridie appena la sua giovane padrona si sistemò sul sedile di fronte al suo.

    «Infatti mi sento come se ne avessi visto uno» non esitò ad ammettere lei. «Per caso hai notato l’alto gentiluomo che è entrato nella locanda pochi minuti fa?»

    «A dire il vero non ho visto nessuno. Perché, era qualcuno di vostra conoscenza?»

    Katherine aggrottò le sopracciglia cercando di ricordare, perché c’era qualcosa di nascosto nei recessi della sua memoria che non riusciva a cogliere. «Sì, sembrava stranamente familiare. Ma non capisco dove possa averlo visto prima d’ora. Di sicuro non a Bath, di questo sono certa.»

    «Ed era bello?» Bridie non riuscì a trattenersi.

    «Io non lo descriverei in questi termini. Era attraente, questo sì, ma non lo definirei bello. Non che avrebbe fatto molta differenza se fosse stato un adone.»

    «No, certo che no» commentò pronta Bridie. «Ed entrambe ne conosciamo il motivo, vero?»

    Katherine evitò di risponderle e voltò il capo per guardare fuori del finestrino, un chiaro indizio che considerava finita quella conversazione. Sfortunatamente, quello non le impedì di rimuginare a lungo sulla risposta della sua domestica.

    Non immaginò neppure per un istante che fosse voluta essere intenzionalmente crudele, non era nella sua natura, anzi, semmai era vero il contrario.

    Bridie, affettuosa e leale, era sempre stata pronta a offrirle consolazione e incoraggiamento. E per fortuna, rifletté Katherine, perché a volte aveva creduto che non sarebbe mai sopravvissuta a tutte le sofferenze che l’avevano bersagliata negli ultimi anni senza il sostegno di quella donna irlandese.

    Era stata Bridie a raccontare a Katherine che era nata durante una delle peggiori tempeste che avessero mai colpito l’Irlanda. Mentre il vento imperversava sul paese, lasciandosi dietro una scia di devastazione, Charlotte O’Malley aveva partorito sua figlia, dopo un travaglio protratto e penoso che l’aveva quasi portata alla morte e le aveva tolto la gioia di avere altri bambini.

    Katherine considerò tristemente che era stata un flagello per tutti quelli che le stavano vicino fin dal giorno della sua nascita. Sebbene non ne fosse stata consapevole durante la sua idilliaca infanzia, negli ultimi anni, dopo la serie di tragici eventi che avevano afflitto la sua vita, era stata costretta ad accettare il fatto che lei portava sfortuna a quelli che le stavano più a cuore.

    Solo una persona sembrava immune alla maledizione letale di Katherine O’Malley.

    Non riuscì a trattenere un sospiro mentre istintivamente rivolgeva un’occhiata alla donna paffuta di mezza età che sedeva nell’angolo opposto della carrozza. Sarebbe stato folle sperare che potesse esserlo anche un potenziale marito, e lei di sicuro non aveva intenzione di caricare ulteriormente la sua coscienza incoraggiando gli approcci di qualche povero uomo inconsapevole. Era stata quindi una fortuna che la sua tacita decisione di non sposarsi non fosse mai stata messa alla prova fino ad allora.

    Durante i sei anni che aveva vissuto a Bath era stata presentata a diversi gentiluomini di bella presenza, eppure nessuno era mai riuscito a suscitare in lei più di un vago interesse. Non aveva mai provato la forza dell’attrazione reciproca... Perlomeno, si corresse silenziosamente, mai prima di quel giorno.

    Non poteva negare di essersi sentita stranamente attratta dal gentiluomo incontrato alla locanda. Le loro strade probabilmente non si sarebbero più incrociate, ed era forse un bene, perché temeva che quell’enigmatico straniero potesse essere il tipo di uomo che avrebbe potuto far vacillare la sua risoluzione di rimanere zitella.

    Nel primo pomeriggio la carrozza si fermò davanti alla bella residenza degli zii di Katherine nell’Hampshire. Fu accolta da Meldrew, l’impeccabile maggiordomo, il quale le comunicò che sua zia e sua cugina si trovavano in casa. Katherine si tolse il soprabito, lasciò a Bridie il compito di occuparsi del loro bagaglio e si recò direttamente in salotto, dove trovò le due donne felicemente impegnate nella loro occupazione preferita.

    La signora Lavinia Wentworth sollevò il capo sentendo la porta aprirsi e nello scorgere la nipote sorrise calorosamente. Mise da parte il suo ricamo, si alzò in piedi e allungò le braccia in segno di benvenuto.

    «Come sono felice di vederti, mia cara!» esclamò dopo aver dato un bacio su quel viso che tanto le ricordava quello della sua cara sorella.

    Ricambiato il suo abbraccio con altrettanto affetto, Katherine si rivolse sorridendo alla cugina. «Siete splendida, mia cara Caroline. Il capitano Charlesworth è un uomo fortunato! Immagino che sia tutto pronto per la festa di questa sera.»

    «Sì, certo» le assicurò Caroline. «Io e la mamma siamo state impegnate tutta la settimana per ultimare i preparativi. Dovrebbero esserci un centinaio di invitati, e sono davvero felice che voi siate giunta in tempo. Quando ieri non vi abbiamo vista arrivare abbiamo temuto che aveste cambiato idea, e che aveste deciso di non correre rischi viaggiando.»

    Con gli occhi divertiti, Katherine si sedette sul divano accanto alla sua graziosa cugina.

    «Dovete credermi una creatura davvero debole! Suvvia, avrò anche tre anni più di voi, ma non sono ancora rimbambita. No, la verità è che il timore di essere sorpresa da una bufera di neve ieri pomeriggio mi ha costretta a cercare rifugio in una stazione di posta, oltre al fatto che avevo un disperato bisogno di sfuggire alle chiacchiere ininterrotte della dragonessa.»

    Sapendo esattamente a chi si riferiva, la signora Wentworth non riuscì a trattenere un sorriso.

    Sebbene Katherine somigliasse molto alla sua bella mamma, aveva ereditato i meravigliosi capelli color rosso scuro e gli occhi turchesi dal padre. Aveva preso da lui anche diversi aspetti del carattere, perché possedeva un’autentica indole irlandese.

    «A Bridie sta a cuore solo il tuo bene, Katherine» osservò gentilmente. «E devo confessare che in questi ultimi anni sono stata molto sollevata nel sapere che lei era lì a prendersi cura di te.»

    Katherine decise di non commentare, anche perché negli ultimi tempi le premure della sua domestica erano diventate assillanti, e cambiò argomento informandosi riguardo al fratello maggiore di Caroline. «Peter è qui?»

    «No, è tornato all’università, anche se ha trascorso il Natale in famiglia» le spiegò la cugina. «A dire il vero, credo che fosse contento di partire. Non penso che la prospettiva di aiutare papà a intrattenere le vedove questa sera lo entusiasmasse molto.»

    Katherine rivolse uno sguardo malizioso a sua zia. «E immagino che il mio stimato zio non veda l’ora di ottemperare a un dovere così oneroso» commentò, sapendo bene che Henry Wentworth, sebbene fosse un uomo piacevole e generoso, non era granché incline a sostenere le garbate conversazioni di circostanza che si richiedevano in società.

    «Credo sarebbe meglio dire che si è rassegnato al compito che ci si aspetta da lui. Se l’intuito non m’inganna, poco fa è uscito appositamente per andare a fare visita a un nostro vicino, sir Giles Osborne, per reclutarlo in suo aiuto.»

    Sua moglie aveva immaginato giusto, infatti Henry Wentworth si era diretto a Osborne House, e in quel momento stava gustando un bicchiere di Borgogna in compagnia del suo amico.

    «Vi ho già assicurato che verrò» rispose sir Giles alla sua accorata richiesta. «Mia sorella non mi perdonerebbe mai,se non facessimo atto di presenza. Arriveremo puntuali alle otto, e potrete contare sul mio sostegno.»

    «Siete un vero amico, Osborne.» Il signor Wentworth si allentò la cravatta. «Devo ammettere che non sono molto allettato dall’idea di intrattenere un branco di vecchie streghe.»

    Sir Giles accennò un sorriso. «Lady Charlesworth è una donna terribile. È un mistero come lei e quell’apatico del suo defunto marito abbiano potuto generare due figli così equilibrati e attraenti. Voi e Lavinia sarete felici per questo fidanzamento. Richard è un bravo ragazzo e fa onore al suo reggimento. E sono sicuro che stasera la vostra affascinante moglie farà in modo che vada tutto per il meglio» aggiunse, cercando di rasserenare l’amico. «Mi sembra che mia sorella mi abbia detto che quasi tutti coloro che hanno ricevuto l’invito hanno accettato. E sembra che anche il clima sia stato clemente.»

    «Sì, grazie a Dio! Perlomeno non ha nevicato, però...» Il suo volto si accigliò di nuovo. «La nipote di mia moglie non è arrivata ieri come previsto, quindi mi chiedo se il resto del paese sia così fortunato, e se il cattivo tempo non si stia dirigendo verso di noi.»

    «Vostra nipote veniva da lontano?» gli domandò sir Giles sforzandosi di mostrare un educato interesse, anche se in realtà non gli importava nulla di quella sconosciuta.

    «Da Bath. Mia figlia rimarrà molto delusa se non verrà. Caroline la adora, e anche mia moglie, a dire il vero! Negli ultimi dodici mesi Lavinia ha cercato di convincere Katherine a vivere con noi, ma non ha avuto successo. Sembra che sia felice di rimanere nella casa che le ha lasciato la sua prozia. E non si tratta di una ragazzina che ha appena finito la scuola: quest’anno compirà ventitré anni. Comunque non abita da sola: ha una dama di compagnia e una domestica irlandese che le è molto affezionata.»

    «Quindi i suoi genitori sono morti» osservò sir Giles, soffocando uno sbadiglio.

    Henry Wentworth confermò con un solenne cenno della testa. «Sì, è stato molto triste. Suo padre fu incaricato dal governo di portare un carico di cavalli in Portogallo per l’esercito britannico nell’estate del milleottocentootto. Nessuno conosceva i cavalli meglio di Liam O’Malley. La nave su cui viaggiava si incontrò, come stabilito, con altre due provenienti dall’Inghilterra che trasportavano rifornimenti di prima necessità. Furono attaccate dai francesi appena fuori del Golfo di Guascogna.» La sua espressione cambiò, e d’un tratto sembrò più arrabbiato che triste. «Accidenti! Dov’era la marina britannica? Dov’era la protezione che gli avevano promesso? Ci dissero che all’Ammiragliato avevano fatto confusione e che a loro risultava che le navi sarebbero partite solo dieci giorni più tardi.»

    Per un istante un bagliore brillò negli occhi grigio acciaio del baronetto mentre digeriva quei fatti inquietanti. «Sì, sembra davvero strano.»

    «Dannatamente strano!» concordò il signor Wentworth. «La povera sorella di mia moglie non si riprese mai dal trauma di aver perso il marito. Morì qualche settimana più tardi dopo aver contratto un semplice raffreddore, e mio suocero, il colonnello Fairchild, andò in Irlanda a prendere Katherine e la portò a vivere con lui. La povera piccola si stava appena riprendendo dalla morte dei genitori quando

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