Magnetismo greco: Harmony Destiny
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Katherine Garbera
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Anteprima del libro
Magnetismo greco - Katherine Garbera
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Greek Tycoon’s Secret Heir
Silhouette Desire
© 2008 Katherine Garbera
Traduzione di Alda Barbi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-861-8
1
«C’è un uomo che ti sta aspettando nell’ufficio della direttrice» annunciò Laurette Jones entrando nella classe di Ava Monroe. «Mi prendo cura io dei ragazzi finché non sarai di ritorno.»
«Si tratta di Theo? È tutto a posto?» chiese Ava. Suo figlio era iscritto all’asilo nido interno del College esclusivo della Florida dove lei insegnava agli studenti più grandi. Era raro che venissero a cercarla in classe a metà giornata. La relativa quiete del caldo pomeriggio di febbraio parve a un tratto minacciosa.
«Non so, Karin mi ha detto di venire a cercarti.» Laurette lavorava per la direttrice Karin Andrews negli uffici amministrativi.
«Grazie, Laurette» disse Ava, affrettandosi lungo il corridoio e combattendo l’impulso di correre. Era un po’ paranoica, ma Theo soffriva d’asma e non avevano ancora trovato la medicina in grado di tenerla sotto controllo. Al solo pensiero che avesse avuto un attacco, si sentì morire.
Lungo il percorso fece una sosta in infermeria e seppe che Theo non era là. Che sollievo! Sperava che il bimbo non si fosse messo nei guai in classe. Non era una peste, ma era vivace e faceva arrabbiare, a volte.
Girò l’angolo che portava agli uffici amministrativi e udì una voce profonda con un forte accento. Si bloccò, raggelata. Non aveva mai scordato quella voce perché la sentiva ancora in sogno. Christos Theakis. Il cuore prese a batterle più forte mentre cercava di dirsi che stava immaginando tutto. Ma sapeva che non era così. Bussò sulla cornice della porta aperta che portava nell’ufficio di Karin Andrews.
«Si accomodi, Ava, la stavamo aspettando.»
Ava entrò e lo vide. Christos era appoggiato alla scrivania di Karin, ma si raddrizzò subito. Era più di un metro e ottanta e vestiva in quello stile europeo modaiolo, a metà tra il casual e il sofisticato.
Ava si sistemò la camicia a fantasia floreale e rammentò a se stessa che non era più la ragazza provinciale che lui un tempo aveva sedotto. Eppure si sentiva ancora così.
«Ciao, Christos. Sono molto spiacente per la tua recente perdita.»
Lui annuì solenne alle condoglianze. Ava lesse dolore nei suoi occhi, tenuto però sotto controllo.
Aveva pensato a Christos e a tutta la famiglia Theakis il mese scorso, quando erano apparsi in televisione. Suo fratello maggiore, Stavros, la cognata Nikki e le due nipotine erano rimasti uccisi in un incidente aereo col loro jet privato dopo il decollo da Atene.
Ava, che un tempo era stata la babysitter delle ragazzine, era scoppiata in lacrime sentendo i loro nomi. Il suo lavoro per i Theakis non era finito per il meglio, ma lei adorava le bambine.
Suo figlio era rimasto stupito vedendola piangere e l’aveva consolata come solo un bimbo di quattro anni può fare, con il suo peluche preferito, Monkeyman, e un sacco di abbracci.
Ma il dolore di sapere che le piccole con cui aveva giocato erano morte era ancora dentro di lei.
«Dobbiamo parlare.»
Le parole decise di Christos la riportarono al presente. Che arroganza. Un tempo la trovava attraente. Ehi, chi voleva prendere in giro? Lo pensava ancora. C’era qualcosa di affascinante in un uomo che sapeva ciò che voleva e non ci girava intorno. Così diverso dagli uomini insipidi di sua conoscenza, che esitavano persino di fronte alla scelta di dove cenare il venerdì sera.
«Sì» replicò, cercando di esibire pure lei un briciolo di arroganza.
Christos inarcò un sopracciglio. «Possiamo usare il suo ufficio, signora Andrews?»
Karin arrossì allo sguardo di Christos, cosa che Ava non aveva mai visto fare alla sua dirigente super professionale. Sorrise a Christos, si alzò e si avviò alla porta. «Certo. E la prego, mi chiami Karin.»
La porta in noce si chiuse alle spalle della dirigente con un tonfo. Christos non disse nulla e il silenzio si fece pesante. Ava cercò di pensare a cosa dire, ma le sembravano solo parole banali e vuote.
Infine alzò lo sguardo e notò che lui non si era mosso. «Dunque... perché sei qui?»
«Per reclamare l’erede dei Theakis.»
Ava era esattamente come la ricordava. I capelli biondo ramati, i tratti delicati e i grandi occhi blu più misteriosi degli abissi profondi dell’oceano. Era stata unica per lui. Un’anomalia tra persone che volevano stargli vicino per i suoi soldi, le sue conoscenze o il lignaggio. Lei aveva voluto stare con lui infischiandosene di tutto, o almeno così aveva creduto. Gli era sembrata fresca e innocente e sapeva che era quello il motivo per cui lo aveva attratto tanto.
Avrebbe scommesso tutti i suoi soldi sul fatto che Ava fosse incapace di mentire. E ora sapeva che li avrebbe persi. Lasciò che il silenzio crescesse tra di loro; la guardò, sapendo di metterla a disagio. La voleva ancora. Maledizione. Anche ora che sapeva che aveva dato un figlio a suo fratello...
Ava meritava quel disagio, pensò. Era andata a letto con suo fratello, e ora a lui serviva il bambino. Suo nipote.
Christos era il playboy di famiglia, l’uomo di mondo che si era sempre interessato più ai piaceri della vita che ad altro. Eppure, durante quell’estate che Ava aveva trascorso in Grecia... basta, non avrebbe rivissuto quei giorni.
L’aveva estromessa dalla propria vita, ma con la morte di Stavros tutto era cambiato. Dio, il fratello maggiore e le nipotine gli mancavano. Non gli mancava molto la cognata, invece; d’altronde Nikki non era mai stata un tipo amichevole. E poi, per lei, Christos era il secondogenito. Non l’erede.
Il suo caratteraccio era leggendario, come quello di Stavros, non per niente erano fratelli, e la lite che avevano avuto per via di Ava... be’, aveva assunto proporzioni epiche. La cosa che lo uccideva era che lui aveva creduto di avere tempo per potersi riappacificare. E invece quel tempo gli era stato crudelmente tolto. Ora non avrebbe più condiviso un istante in pace col fratello.
Christos sapeva cosa voleva suo padre da lui. Che impugnasse gli affari, si sposasse e mettesse al mondo degli eredi, in modo che la stirpe dei Theakis continuasse. Suo padre lo aveva mandato da Ava a reclamare il bimbo che aveva tenuto nascosto, pagata da Stavros per evitare scandali.
Christos sapeva anche cosa gli avrebbe detto Stavros se fosse stato in grado di leggere il futuro... gli avrebbe consigliato di sposare Ava e dare il proprio nome al bimbo, tornare in Grecia con loro dove il piccolo potesse essere cresciuto per diventare l’erede del patrimonio navale che apparteneva alla loro famiglia da generazioni. Il consiglio di suo padre era stato lo stesso, ma del resto Stavros e Ari erano fatti della stessa pasta.
«Sono sorpresa che tu sia qui, non pensavo che ti avrei mai rivisto» disse infine Ava.
Christos non aveva ancora il controllo sulle circostanze che lo avevano portato lì, non poteva parlarne con serenità. Non ora. Tristan, uno dei suoi migliori amici, gli aveva assicurato che con il tempo il dolore si sarebbe affievolito, ma lui non riusciva a immaginarlo. «Cosa sa il ragazzo di suo padre?»
«Il ragazzo? Si chiama Theo e io... gli ho detto che tu eri un uomo d’affari importante, greco, sempre occupato dai tuoi interessi all’estero.»
Che tu eri un uomo d’affari importante, greco... Dio, incredibilmente non la smetteva di mentire, proclamando che il padre era lui. Era stato attento ogni volta che erano stati insieme, solo una volta aveva rischiato, ma si era ritratto in tempo. Stavros invece... suo fratello era sempre stato chiaro su sesso e preservativi. Semplice, lui non li usava.
«Una bugia.»
«Sei un uomo d’affari e sei sempre occupato, almeno secondo il settimanale Hello!. Non vedo come la morte di Stavros cambi qualcosa, hai fatto la tua scelta molto tempo fa.»
Christos allontanò il pensiero; non si sarebbe imbarcato di nuovo nella questione della paternità. Quel ragazzo era un Theakis e sarebbe tornato alla sua famiglia. Avevano il documento legale che Ava aveva firmato quando aveva accettato il denaro di Stavros.
Cercò di non pensare a quei giorni lontani in Grecia. Non appena l’aveva vista con suo fratello se ne era andato, tornando alla sua vita di viaggi e feste interminabili, usati per offuscare i ricordi di loro due insieme. Era tornato al vecchio stile di vita per vendetta. Essere il secondogenito significava poter avere una vita piena di frivolezze e incontri. Nessuno si aspettava nulla da un secondogenito. Lui si era focalizzato sugli interessi lavorativi di giorno, ma aveva festeggiato tutte le sere. E le notti.
«Dov’è il ragazzo?» chiese.
Ava si sistemò una ciocca dietro l’orecchio e lo guardò con sospetto. Incrociò le braccia e guardò fuori dalla finestra. «Cosa intendevi con l’erede
? Mi hai detto...» Le tremò la voce.
«So cosa ti ho detto, ma i tempi sono cambiati. Ho bisogno che tu sia la donna che pensavo fossi, un tempo.»
Era la verità nuda e cruda. A Christos serviva che Ava fosse il tipo di madre che era stata la sua. Il tipo di madre capace di crescere un ragazzino che potesse gestire un mondo di privilegi e aspettative, riservato a pochi eletti, perché lui non avrebbe avuto abbastanza tempo per farlo da solo.
«Che donna ero?»
«Una donna di cui potevo fidarmi. La salute di mio padre è in declino, sente la mancanza dei nipoti.»
«Theo non è come le bambine, non le può rimpiazzare» lo avvertì lei.
«Che intendi dire?»
«È americano, Christos. Conosce un poco della vostra storia e delle radici, ma non è greco.»
«Gli insegnerò io ciò che gli serve.»
Ava scosse ancora il capo. «Ari mi odia.»
«Mio padre amerà tuo figlio.»
«Non so, non sono più la ragazza ingenua di un tempo» aggiunse lei.
«Sei sempre molto giovane.» Aveva dodici anni meno di lui, e un tempo aveva pensato che quel fatto scusasse in parte le bugie che gli aveva raccontato. Ma stavolta non l’avrebbe perdonata facilmente.
«Diventare madre mi ha maturata come niente altro avrebbe potuto fare.»
«Allora sai che io non ti posso permettere di continuare a tenere tuo figlio lontano dalla famiglia Theakis.»
Ava annuì. «Quando ho letto la notizia su Stavros e la sua famiglia ho pensato di contattarti.»
«Perché non l’hai fatto?»
«Avevo paura di dovermi confrontare con te.»