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I libri che ci aiutano a vivere felici
I libri che ci aiutano a vivere felici
I libri che ci aiutano a vivere felici
E-book580 pagine15 ore

I libri che ci aiutano a vivere felici

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Info su questo ebook

Cure e terapie per inguaribili lettori

Kit di pronto soccorso per lettori di ogni età, da usare al bisogno. Se il dolore persiste consultare il libraio.

Storie perfette per uscire dal mal d’amore 
Entusiasmanti rimedi alla tristezza profonda 
Letture natalizie da leggere sotto l’albero 
Libri antistress e antipanico
Bisogno di una cura intensiva? La saga giusta è quello che ci vuole!
Parole dolci per carenze affettive
E molto altro ancora…

I libri sono una potente arma di difesa, uno strumento fondamentale nella nostra perenne ricerca della felicità. Sono un vaccino omeopatico contro gli attacchi quotidiani del cinismo, della disillusione e, peggio ancora, del pessimismo; sono straordinari farmaci per curare malesseri interiori e inquietudini inspiegabili. Immergersi in una storia ci allontana dai crucci e può aiutarci a vedere le cose da un’altra angolazione. Questo sfizioso libro, una sorta di “biblioterapia”, vi suggerirà quale scegliere, a seconda del mood in cui vi trovate. Che abbiate bisogno di ridere, piangere, rattoppare il cuore a pezzi, evadere dalla realtà, superare indenni le feste natalizie, trascorrere una domenica di pioggia, ma anche guarire dalla febbre, tirarvi su di morale, procurarvi una scarica di adrenalina, sbollire un’arrabbiatura o tirare fuori la rabbia repressa, c’è sempre un libro che può aiutarvi. Basta sapere quale!
Giulia Fiore Coltellacci
È nata a Roma nel 1982. È giornalista pubblicista e ha collaborato con la RAI scrivendo e conducendo trasmissioni radiofoniche dedicate alla cultura. Ha pubblicato Rome sweet Rome. Roma è come un millefoglie e, per la Newton Compton, 365 giornate indimenticabili da vivere a Roma e I libri che ci aiutano a vivere felici.
LinguaItaliano
Data di uscita14 ott 2015
ISBN9788854186958
I libri che ci aiutano a vivere felici

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    Anteprima del libro

    I libri che ci aiutano a vivere felici - Giulia Fiore Coltellacci

    Colophon

    Prima edizione: ottobre 2015

    © 2015 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-8287-5

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di 8x8 s.r.l.

    Stampato nel mese di ottobre 2015 da Puntoweb s.r.l., Ariccia (Roma)

    su carta prodotta con cellulose senza cloro gas provenienti da foreste

    controllate e certificate, nel rispetto delle normative ecologiche vigenti

    FRONTESPIZIO

    DEDICA

    A mia madre che mi ha insegnato a leggere, anche tra le righe.

    A mia sorella che mi legge dentro e per la quale sono un libro aperto.

    A mio padre che mi ricorda che ogni tanto i libri bisogna

    chiuderli per provare a vivere qualche avventura.

    CITAZIONE

    «Non ho mai avuto un dolore tale che

    un’ora di lettura non abbia dissipato»,

    Montesquieu.

    Secondo Blaise Pascal

    (filosofo, quindi saggio di professione):

    «Tutta l’infelicità degli uomini proviene

    da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli

    in una camera» …magari leggendo un libro.

    Se il dolore persiste consultare il medico.

    AVVERTENZE

    Prima dell’uso leggete con attenzione tutte le informazioni contenute nel foglio illustrativo. Questo libro contiene medicinali di automedicazione che potete usare per curare disturbi lievi e transitori facilmente riconoscibili e risolvibili senza ricorrere all’aiuto del medico. Possono essere acquistati senza ricetta ma vanno usati correttamente per assicurare l’efficacia e ridurre eventuali effetti indesiderati.

    Foglio illustrativo

    Per le malattie del corpo si va dal medico e per quelle della mente dallo psicologo, ma per quelle dell’anima non c’è miglior cura della lettura. Se assunti con regolarità, i libri sono rimedi straordinari per curare malesseri interiori, inquietudini inspiegabili, sconforti momentanei e male di vivere cronico. Come gli analgesici, alleviano il dolore e ci permettono di stare meglio rilasciando una piacevole sensazione di sollievo. Non garantiscono la felicità, ovviamente, ma ci aiutano a vivere felici, e scusate se è poco. Una buona lettura mette sempre in circolo una sensazione di benessere unica e indescrivibile che può manifestarsi con un sorriso, un sospiro, una risata o una lacrima. In ogni caso, un’emozione. E sapersi emozionare è l’anticamera della felicità.

    Ora, se chiedessimo a mille persone cos’è la felicità?, probabilmente avremmo milleuno risposte diverse. Così, i libri che aiutano a vivere felici non saranno mai per tutti uguali e ogni lista sarà sempre parziale. Ce ne sono alcuni, però, che non possono che rendere felici, soprattutto se assunti nelle giuste dosi, secondo una posologia ben precisa, in particolari momenti della vita. Abbiamo a disposizione secoli di rimedi letterari per prenderci cura di noi stessi, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Non sapete da dove cominciare? Cominciate da qui.

    Questo libro è pensato come un manuale di pronto soccorso che gli inguaribili lettori di ogni età possono consultare al bisogno per cercare conforto e sollievo in caso di mal d’amore, malanni di stagione o acciacchi dell’età. Garantisce inoltre un’ampia copertura farmacologica anche se manifestate i sintomi di uno stato carenziale di brividi forti, se in caso di inappetenza avete bisogno di una cura ricostituente per ritrovare il gusto della vita o se attraversate un momento di particolare stanchezza fisica e mentale e necessitate di un ciclo di cure intensive. Non mancano pillole per stabilizzare la pressione emotiva, cerotti in strisce per cicatrizzare le sbucciature dell’anima e pratici consigli per terapie cinematografiche sostitutive. In caso foste scettici nei riguardi della biblioterapia e non credete che un libro possa avere il potere di farvi stare meglio, c’è un pratico kit di pronto soccorso per iniezioni di fiducia nell’efficacia terapeutica della lettura.

    Se usati come complessi vitaminici, i libri favoriscono il recupero del tono psicofisico; se somministrati come integratori, stimolano le funzionalità digestive (garantendo una maggiore facilità a mandar giù bocconi amari e a smaltire delusioni), depurano il fegato da scorie tossiche e proteggono le funzionalità cerebrali; se sono utilizzati come ricostituenti, aiutano a mantenere viva e attiva la memoria; se vengono assunti come un collirio, migliorano la vista e incoraggiano il cambiamento del punto di vista; se presi come stabilizzatori del tono dell’umore, garantiscono un maggiore equilibrio emotivo; se spalmati come un balsamo, calmano le irritazioni e curano le scottature sentimentali; se mandati giù come un antinfiammatorio, riducono dolori di varia natura; se presi come un antipiretico, abbassano ogni tipo di febbre (d’amore, di invidia, di rabbia, d’ambizione); se prescritti come un anticoagulante stimolano la circolazione delle idee; se assunti come un antibiotico combattono il virus della solitudine, incrementando la capacità di stare soli e prevengono le infezioni causate dall’odio e dalla paura; mentre se sono usati come un vaccino, immunizzano contro cinismo, disillusione e pessimismo favorendo la naturale produzione di risorse empatiche e strategie pratiche per la gestione del disagio.

    Come tutti i medicinali, anche i libri possono causare effetti indesiderati, sebbene non tutte le persone li manifestino e sebbene non tutti possano essere considerati come una controindicazione. I sintomi di sovradosaggio più comunemente riportati comprendono potenziamento morale, maggiore flessibilità della mente e iperattività cardiaca, che nei soggetti predisposti potrebbe portare a un eccesso di gentilezza e umana comprensione. L’impiego, specie se prolungato, può dare origine a fenomeni di sensibilizzazione che si manifestano principalmente in una più profonda conoscenza di se stessi e in una maggiore apertura verso gli altri. Tali sintomi non dovrebbero regredire con l’interruzione del trattamento perché il morbo dell’inguaribile lettore tende a cronicizzarsi nel tempo.

    Ciascuna lettura è da somministrarsi scegliendo l’ora più idonea in cui si desidera ottenere il beneficio. Qualora l’effetto non fosse sufficiente, si consiglia di aumentare le dosi finché non si raggiunge l’effetto desiderato.

    I maggiori benefici si ottengono applicandosi alla cura con costanza e animo ben disposto, tenendo presente che i libri danno assuefazione e creano dipendenza (fenomeno che non è da intendersi come controindicazione, ma beneficio).

    I libri non vanno intesi come sostituto di una quotidianità variata ed equilibrata e di un corretto stile di vita, ma sono da intendersi come parte integrante di un corretto e salutare stile di vita.

    Avvertenza: i libri che non si usano più non devono mai essere gettati nei rifiuti domestici, tutt’al più si possono riciclare. Ciò che non serve più a noi, può essere utile a qualcun altro. In questo modo si contribuisce a proteggere la salute dell’ambiente e del prossimo.

    ACCIACCHI

    DEL CUORE

    cure per il mal d’amore

    Terapie d’amore

    Siete reduci da una storia finita (male) e vi sentite le ossa rotte?

    Avete il cuore spezzato o lacerato dalla troppa usura?

    Troppe batoste amorose vi hanno riempito di bernoccoli in testa, sbucciature sul cuore e lividi sulle speranze?

    Presentate i tipici sintomi della febbre d’amore?

    L’affannosa rincorsa dell’anima gemella vi ha fatto venire i crampi, il fiatone e la tachicardia?

    In mancanza di un partner, il barattolo di Nutella è diventato il vostro migliore amico e avete bisogno di smaltire la delusione amorosa (e qualche chilo di troppo, visto che rincorrere l’anima gemella, per quanto crei affanno, non vale come sport)?

    Avete la sindrome da cuore solitario?

    Sentite la necessità di un pianto liberatorio che vi consenta di struggervi per pene d’amor perdute che non siano le vostre?

    Vorreste qualche rimedio pratico per non commettere sempre gli stessi amorosi e amorevoli errori?

    Desiderate essere trascinati in avvincenti storie passionali senza essere stravolti ma solo coinvolti?

    Questa è la sezione per voi.

    Qui troverete alcuni rimedi pratici per contrastare (o assecondare) il mal d’amore.

    Avvertenza: l’amore è una malattia dalla quale tutti, prima o poi e in forma più o meno lieve, veniamo contagiati durante la vita. A dire il vero si tratta di una malattia congenita essendo il concepimento stesso un atto d’amore. Di conseguenza, nessuno ne è immune, non esiste una cura preventiva e, soprattutto, non si guarisce mai definitivamente. Ma è possibile alleviare le pene. Tenete anche presente che per curare gli acciacchi del cuore ci vuole tempo. Usatelo per leggere.

    ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

    Jane Austen

    1813

    Pillole di trama

    Elizabeth Bennet è la figlia sagace, indomabile e indipendente (di cuore e di testa) di un ironico e distratto gentiluomo di campagna. Il problema è che Mr Bennet di figlie ne ha cinque e, privo di eredi maschi, ha l’impellente necessità di maritarle altrimenti alla sua morte si ritroverebbero in mezzo a una strada. Maritarle bene, presto e a ogni costo è soprattutto l’obiettivo primario dell’ambiziosa e ottusa Mrs Bennet, per la quale un matrimonio non basta, ce ne vogliono cinque e pure prestigiosi. L’occasione ghiotta si presenta con l’arrivo del facoltoso Mr Bingley che la volitiva donna cerca subito di assicurarsi per la figlia maggiore, la dolce Jane. A dissuaderlo, ci pensa il suo amico Mr Darcy, nobile, ricco e bello ma orgoglioso, presuntuoso e terribilmente snob. Tra lui ed Elizabeth è odio a prima vista, ovvero amore al primo sguardo, attrazione taciuta, negata e contraffatta da continui litigi ed effervescenti schermaglie che tengono tesa e vivace la trama di questo romanzo d’amore dalla forte caratterizzazione sociale.

    Supposta-saggezza

    «È cosa nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie». Questo è il famosissimo incipit di Orgoglio e pregiudizio, uno dei più celebri della letteratura.

    È cosa nota e universalmente riconosciuta che ogni donna anche solo vagamente romantica che abbia letto e amato il capolavoro di Jane Austen finisca con il desiderare, consciamente o inconsciamente, di incontrare il suo Mr Darcy. Questo, che è l’effetto collaterale più comune riscontrato tra le lettrici del romanzo, consente di comprendere alcuni bizzarri meccanismi della psiche femminile oltre all’intramontabile modernità di Orgoglio e pregiudizio. Darcy è bello e dannatamente ricco (un binomio appetibile da sempre e in ogni epoca) ma è anche spocchioso, presuntuoso e arrogante. In una parola è antipatico. E allora perché una ragazza arguta e intelligente come Elizabeth, e con lei quasi tutte le lettrici, finisce con il sognare un uomo come lui? I più cinici penseranno che sia per via dei suoi soldi, mentre i più disincantati spiegheranno il fenomeno facendo riferimento all’arcinoto masochismo femminile in fatto d’amore: per quanto una donna desideri essere amata, corteggiata e adorata, spesso finisce per incapricciarsi di uomini stitici che dicono ti amo solo dopo ripetute purghe a base di suppliche, che se la tirano oltre ogni misura e che fanno immancabilmente soffrire. Alle donne non piace la perfezione (troppo sveglie per credere che esista), ma adorano la complicazione (con tutto il suo bagaglio di sofferenza) e così finiscono, quasi sempre, con l’innamorarsi di uno come Mr Darcy (e non è detto che sia bello o ricco ma magari solo spocchioso). Proprio in questa bizzarra regola dell’attrazione si nasconde anche parte della modernità del romanzo nonché la sua utilità a fini terapeutici. Per quanto straordinariamente affascinante, carismatico e facoltoso, Darcy è un uomo che si può incontrare nella vita. Non è un eroe da dramma amoroso o un cavaliere oscuro dal carattere irruento che porta sulle spalle il peso di chissà quale drammatico segreto. Allo stesso modo Elizabeth non è la tipica eroina romantica che deve affrontare tutte le avversità più tragiche che la sorte si diverte a sbriciolare sulla sua strada. Sono personaggi comuni, pieni di difetti, che per coronare la loro storia d’amore devono vedersela con il primo, più complesso e universale ostacolo che possa frapporsi tra due futuri amanti: il carattere. Elizabeth è eccessivamente orgogliosa, fiera della sua indipendenza, incline alla ribellione e sicura di sé, mentre Darcy è pieno di pregiudizi, arrogante e decisamente presuntuoso. Se nel corso della storia non lavorassero sui propri difetti riuscendo a far combaciare le spigolosità dei rispettivi caratteri, non avremmo il lieto fine in cui tutti speriamo. All’autrice non interessano personaggi tormentati e cupi, cuori sconquassati da furori passionali né da amori distruttivi. Non è attratta dalle storie che fanno palpitare il cuore perché lontane dalla dimensione della quotidianità. Anche la distinzione di classe tra media borghesia e alta aristocrazia che separa le famiglie non è un ostacolo insormontabile che porta a scandali o a finali tragici ma l’occasione per prendere di mira con eleganza ridicoli meccanismi sociali.

    Elizabeth e Darcy dominano inequivocabilmente la scena ma anche tutti gli altri hanno il giusto spazio all’interno di questa formidabile commedia degli equivoci dal meccanismo perfetto. I dialoghi svelti, ironici e scintillanti ai quali l’autrice affida il compito di riferire non solo quello che i personaggi dicono ma anche quello che pensano, conferiscono al romanzo quel ritmo incalzante che ne determina gran parte del fascino. L’eleganza tutta femminile che non fa sconti né risparmia critiche e l’ironia distaccata ma partecipe con cui Jane Austen mette in ridicolo la società del suo tempo, sono le armi vincenti che le consentono di incastrare una vicenda d’amore nelle più sincere dinamiche del vivere quotidiano. Nonostante il tema centrale sia il matrimonio, Orgoglio e pregiudizio è tutt’altro che un polpettone sentimentale, ma è un ricostituente pirotecnico e spumeggiante. La girandola di balli, ricevimenti, incontri, viaggi, visite, corteggiamenti, schermaglie amorose e litigi arguti rivelano che Jane Austen possiede una delle doti più rare per un narratore: la capacità di rendere affascinante la quotidianità con le sue piccole sfide, i crucci banali, le misere vittorie e le altrettanto misere sconfitte, a cui si aggiunge l’abilità di trasformare la critica morale e sociale in qualcosa di divertente.

    Posologia

    Assumete Orgoglio e pregiudizio a intervalli regolari ogni volta che sentite il bisogno di fantasticare sull’amore a lieto fine ma tenendo a bada la glicemia. Evitando di essere ricoperti da un mare di melassa, alternerete sonore risate e romantici sospiri. È anche un rimedio perfetto per contrastare i sintomi di quella patologia che coinvolge il cuore e il sistema nervoso e colpisce la stragrande maggioranza delle donne e dalla quale derivano gran parte degli acciacchi del cuore: l’illusione che l’uomo ideale esista davvero. Regolando la trasmissione degli impulsi nervosi, elimina dalla testa l’idea che Darcy sia perfetto. L’uomo ideale non esiste, neanche nella migliore letteratura, ma potrebbe esistere un uomo che si avvicina al nostro ideale e bisogna accontentarsi perché è già tanto se ci si avvicina.

    Il modo in cui Elizabeth mantiene la sua dignità nonostante sia respinta dalla persona di cui è evidentemente e inconsciamente attratta fin dal principio, è da usare come coadiuvante per contrastare la tendenza malata a umiliarsi per amore supplicando senza ritegno per un po’ d’attenzione. Ci vuole orgoglio, che non è presunzione o senso di superiorità, ma il rifiuto categorico di svilirsi per chiunque, soprattutto per un uomo. L’amore non si elemosina, tutt’al più si guadagna (chi può negare, infatti, che l’amore sia un duro lavoro?). Per curare eventuali disturbi da umiliazione amorosa, consiglio anche Jane Eyre che trovate in questa stessa sezione.

    Jane Austen, la pacata e nubile figlia di un ecclesiastico, conosceva bene le dinamiche amorose e nel romanzo dispensa una serie di pillole di saggezza che una donna dovrebbe assumere con regolarità per fissare nella testa un paio di concetti sull’universo maschile. Tra queste, c’è la verità «universalmente riconosciuta» che molto spesso quello che gli uomini dicono non corrisponde a quello che pensano o credono di pensare. Inizialmente Darcy liquida Elizabeth dicendo, in poche parole, che non è «abbastanza» per lui. Noi sappiamo che ne è innamorato e alla fine non ne avrà mai «abbastanza», solo che non ha il coraggio di ammetterlo neanche a se stesso perché affetto dalla tipica forma di vigliaccheria maschile congenita. L’altra considerazione sugli uomini è la sacrosanta verità che «sono ben pochi quelli che hanno tanta forza d’animo da amare veramente senza bisogno di incoraggiamenti». Questo per ribadire che l’amore è un lavoro duro e prevalentemente femminile. Molti uomini, senza una spintarella o un incoraggiamento, non prendono iniziativa.

    Con la sua formula brevettata, Orgoglio e pregiudizio è un balsamo che penetra in profondità nell’epidermide e con la sua elevata capacità di lenire i disagi causati dalle alterazioni dell’autostima, tonifica la consapevolezza del proprio valore. Elizabeth, infatti, è bella anche se non bellissima ma grazie alla sua intelligenza vivace e tenace, al carattere fermo ma non rigido, all’integrità morale e all’indomita dignità riesce a conquistare il miglior partito su piazza (e tutto questo nonostante una madre che metterebbe in fuga anche il pretendente più innamorato). La bellezza non è tutto, ma il carattere sì. Massaggiare il concetto sulle tempie fino al suo completo assorbimento.

    Avvertenza: in caso vostra madre fosse affetta dalla sindrome del «buon partito», somministratele il romanzo sperando che, riconoscendo qualche elemento della sua nevrosi in Mrs Bennet, riesca a gestirne i sintomi.

    Effetti collaterali

    È più che dimostrato che Orgoglio e pregiudizio è un farmaco che dà dipendenza e stimola il desiderio di rilettura. Dal momento che è quasi tutto basato sui dialoghi e la maggior parte delle battute sono geniali, potrebbe venire il forte impulso di impararlo a memoria. La memoria va sempre tenuta in allenamento e le frasi del romanzo sono perle di sagacia dai risvolti pratici, pertanto si consiglia di non contrastare questo possibile effetto collaterale. L’innegabile smalto che contraddistingue lo stile dell’autrice, andrebbe spennellato ogni giorno sulle unghie per affrontare con eleganza, ma senza arroganza, ogni conversazione, riuscendo magari e finalmente a dire la frase giusta al momento giusto.

    Tra le possibili controindicazioni mi corre l’obbligo di segnalare la disperata e compulsiva ricerca di un Mr Darcy. In caso i sintomi siano troppo ossessivi, consiglio di smitizzare questa probabile reazione con la lettura de Il diario di Bridget Jones (lo trovate in questa stessa sezione) per ribadire il concetto che non esiste l’uomo ideale né la donna perfetta (in caso l’arguzia di Elizabeth vi avesse provocato un abbassamento dell’autostima).

    Un paio di consigli: per le inguaribili romantiche a cui piace condire i romanzi da batticuore con una buona manciata di pepe e battute pungenti, si raccomanda la lettura degli altri romanzi di Jane Austen. In particolare Emma è utile per gestire le controindicazioni sentimentali del ruolo di «principessa di papà» e la tendenza a manipolare le vite degli altri con eccessiva sicurezza, mentre Ragione e sentimento si rivela efficace per districarsi nel dubbio amletico che tormenta ogni donna: bisogna ascoltare il cuore o la testa?

    Terapia cinematografica sostitutiva

    Tante le versioni cinematografiche del romanzo, ma si consiglia soprattutto quella d’annata diretta da Robert Z. Leonard nel 1940. Con uno strepitoso Laurence Olivier nei panni di Mr Darcy e Greer Garson in quelli di Elizabeth, è un film classico e divertente. In origine era in bianco e nero, quasi sicuramente troverete la versione a colori. Decisamente colorata e altrettanto scoppiettante.

    Se preferite qualcosa di più recente, potete provare con il film del 2005 diretto dal regista inglese Joe Wright. Keira Knightley è una troppo giovane e ombrosa Elizabeth, Matthew MacFadyen è uno scialbo Darcy, la trasposizione dei dialoghi è pedissequa mentre l’ambientazione, un po’ cupa, ricorda più Charles Dickens che Jane Austen, ma il film piacerà quasi sicuramente al pubblico più giovane. Brenda Blethyn come Mrs Bennet e Judy Dench come Lady Catherine de Bourgh regalano i momenti migliori del film.

    IL DIARIO DI BRIDGET JONES

    Helen Fielding

    1996

    Pillole di trama

    È il diario schietto e sincero di un anno vissuto comicamente da una trentenne pasticciona e inguaribilmente romantica, tra buoni propositi mai mantenuti (mettersi a dieta, smettere di bere, di fumare e di spendere più di quello che guadagna…), un lavoro insoddisfacente, amici insostituibili, una madre oppressiva con l’ansia di sistemarla e, soprattutto, la ricerca incessante dell’uomo dei sogni. Anzi di un uomo e basta, una persona «normale» con cui avere una relazione «adulta». Quando finalmente non uno, ma ben due uomini irrompono nella goffa vita di Bridget, nessuno dei due assomiglia neanche lontanamente all’immagine del principe azzurro. Uno è il suo capo, un donnaiolo impenitente e poco raccomandabile dal fascino irresistibile, l’altro è un noioso, rigido, borioso e presuntuoso avvocato che indossa improbabili golf regalati da mammà che da soli basterebbero a tenerlo alla larga. Quale sarà quello giusto? Ovviamente il più sbagliato. Vi dico, però che l’avvocato si chiama Mark Darcy (in caso non coglieste il richiamo, rimando a Orgoglio e pregiudizio. Se non lo avete mai letto, rimediate al più presto).

    Supposta-saggezza

    Bridget Jones è l’eroina di tutte le donne che si sentono piene di difetti. Bridget è l’Indiana Jones delle single irrequiete e inquiete, alla perenne e instancabile ricerca dell’Arca dell’Alleanza tra i sessi (includendo anche il sesso, se possibile) e del Tempio Maledetto delle relazioni stabili. È il cavaliere in gonnella (corta, cortissima) in missione per l’Ultima Crociata del Terzo Millennio: trovare un fidanzato, ovvero il Sacro Graal.

    Impossibile che una qualsiasi donna dotata di senso dell’umorismo e di una forte dose di autoironia non s’innamori di Bridget all’istante, immedesimandosi anche solo in minima parte in questo disastroso e disastrato personaggio che è la summa di quasi tutte le insicurezze e debolezze femminili. In perenne lotta con la bilancia, in guerra costante con i bilanci (di vita e di soldi), alla continua ricerca della realizzazione personale, che quasi mai coincide con quella professionale ma sempre con quella sentimentale (e in tempi precari come questi non si sa quale sia più difficile da raggiungere), è piena di nevrosi, vizi e difetti in eccesso: mangia, beve e fuma troppo, parla anche di più e ha una fantasia straordinariamente fervida… in una parola è smisuratamente umana e quindi irresistibilmente simpatica. Lontana dallo stereotipo della single sfigata ma anche dall’immagine della virago emancipata e aggressiva con tutti i difetti degli uomini ma in equilibrio sui tacchi a spillo, Bridget segna la rivincita della donna insicura di sé e sicura delle proprie insicurezze che, con le ciccette barocche, i capelli spettinati, i mutandoni della nonna e l’unica abilità sportiva di accumulare figuracce, riesce a tranquillizzare la stragrande maggioranza delle sue consimili (quelle che sui tacchi traballano e per le quali il tanga è un retaggio degli strumenti di tortura dell’Inquisizione). Bridget è l’Indiana Jones della vita imperfetta e dell’amore perfettibile, un’eroina così improbabile da essere diventata un’icona di stile. Di free style, ovviamente.

    Nella scrittura del suo best seller, Helen Fielding si è dichiaratamente ispirata a quel cult della letteratura inglese che è Orgoglio e pregiudizio. Nonostante alcune dinamiche emozionali non cambino mai (la ricerca di un uomo è sempre al centro della vita di una donna, sia essa una figlia che sogna il principe azzurro o una madre che mira al buon partito ), Il diario di Bridget Jones ha messo in luce alcuni cambiamenti epocali. Se la mamma è sempre la mamma e il suo unico scopo continua a essere la sistemazione della progenie (la signora Jones ha la stessa mania ossessivo compulsiva di Mrs Bennet con in più timidi slanci adulteri da Madame Bovary), la povera Bridget è costretta dalla società a impegnarsi in nuovi calcoli, ancor più frustranti e complicati. Non si trova tanto a dover soppesare la rendita dell’ipotetico spasimante, ma le calorie che minacciano la sua linea, una linea di condotta imposta dai media che è una forma addolcita (con l’edulcorante perché lo zucchero ingrassa) di repressione sociale. Ma Bridget Jones si ribella alle convenzioni rivendicando il diritto al piacere dissociato dal senso di colpa. Bridget sceglie di essere emancipata e non emaciata. Altro cambiamento sociale è il passaggio dalla famiglia tradizionale a quella allargata. Se Elizabeth ha quattro sorelle, Bridget, figlia unica e single incallita, può contare su quella che definisce una famiglia metropolitana, composta da amici sgangherati che, rispetto ai familiari, non toccano in sorte ma presentano il vantaggio di poter essere scelti. E per questo non sarà mai zitella ma sempre in allegra compagnia, desiderosa di un uomo come dell’ossigeno ma autosufficiente con le bombole dell’amicizia (fino a esaurimento scorte).

    Posologia

    Grazie alla sua composizione che lo rende uno dei più efficaci esempi di chick lit (letteratura post femminista e post Liala per ragazze spigliate, ironiche ed emancipate), il romanzo di Helen Fielding è un antibiotico ad ampio spettro per contrastare un vasto assortimento di dolori femminili. Risulta fondamentale, per esempio, quando si ha il morale a terra per travagli sentimentali e/o professionali e/o familiari e/o legati ai chili di troppo. Utile anche come antidepressivo, la lettura di qualche pagina riporta immediatamente il buonumore. Scritto come un diario, è perfetto se si ha poco tempo per leggere: non è necessario divorare il romanzo d’un fiato, può essere tranquillamente assunto a piccole dosi senza perdere il filo della trama né diminuirne i benefici.

    Il diario di Bridget Jones è un’efficace cardioaspirina per contrastare gli stati infiammatori e dolorosi del cuore malconcio delle single quasi arrese alla speranza di trovare l’uomo giusto, terrorizzate all’idea di restare sole (e divorate dai cani alsaziani) e nelle quali si è insinuato questo malefico, ossessivo e comune pensiero: «Ma sarò io a essere sbagliata? Sono troppo grassa, non abbastanza bella, poco brillante, insipida, oppure, Dio ce ne scampi, sono un tipo?». Consiglio, in questi casi, di massaggiare dolcemente sul petto fino al graduale assorbimento la sincera dichiarazione d’amore che Mark Darcy fa a Bridget: «Mi piaci così come sei», un balsamo più efficace del tradizionale ti amo. Si dice che l’amore è cieco, ma è sempre augurabile trovare qualcuno che veda i nostri difetti e ci apprezzi comunque.

    Avvertenza: l’allegria di Bridget è contagiosa. Il suo diario garantisce abbondanti dosi di risate terapeutiche e liberatorie, utili sempre per affrontare la vita con lo spirito giusto e non solo per curare gli acciacchi del cuore.

    Effetti collaterali

    Rivedere alcuni dei propri difetti in un personaggio innegabilmente simpatico come Bridget potrebbe causare un’eccessiva indulgenza nei confronti delle proprie debolezze, portando a usarle come una scusa per adagiarsi e crogiolarsi con compiacimento in quelle imperfezioni che rischiano di diventare vizi insopportabili. Nell’attesa di trovare qualcuno che ci apprezzi per come siamo, conviene lavorare un po’ sul carattere per evitare di mettere in fuga tutti i possibili pretendenti, anche i più volenterosi.

    Potreste essere contagiati dall’idea di scrivere un diario. In questo caso, raccomando di fare attenzione perché annotare i propri pensieri può essere una pratica terapeutica liberatoria che consente di far esplodere sulla carta le emozioni ma può rivelarsi anche devastante qualora si scrivessero solo sciocchezze con il pericolo di vergognarsi rileggendole a distanza di tempo. A volte è meglio non lasciare traccia dei propri pasticci.

    Consigli

    Suggerisco di rendere la cura ancora più efficace leggendo il secondo capitolo delle vicende della nostra eroina, Che pasticcio Bridget Jones!, in cui la protagonista è alle prese con la vita di coppia, difficile e insidiosa quanto quella da single.

    Se avete superato da un pezzo i trent’anni, potreste trovare beneficio nel terzo capitolo della saga: Bridget Jones. Un amore di ragazzo. Immancabilmente pasticciona, sempre in lotta con i chili di troppo, ma anche con le rughe, Bridget è una madre single ancora alla ricerca dell’amore. E Mark Darcy? Vi avviso: pena la vanificazione della terapia del buonumore, è meglio che le più romantiche non leggano il libro.

    Terapia cinematografica sostitutiva

    Nel 2001 l’irruenza spumeggiante di Bridget è arrivata al cinema. Il Diario di Bridget Jones, diretto da Sharon Maguire, è un successo di pubblico a cui segue nel 2004 Che pasticcio, Bridget Jones! di Beeban Kidron. Nonostante alcune differenze, i film non deludono le aspettative (soprattutto il primo) ma aggiungono ulteriore divertimento e spensieratezza alla terapia. Se ne raccomanda pertanto la visione. Renée Zellweger nei panni larghi di Bridget, Colin Firth in quelli ingessati di Mark Darcy e Hugh Grant in quelli del bastardo Daniel sono irresistibili.

    CIME TEMPESTOSE

    Emily Brontë

    1847

    Pillole di trama

    Quando il signor Earnshaw torna a Wuthering Heights portando con sé il trovatello Heathcliff, scontroso e imbronciato già da bambino, non sa di aver portato la tempesta nella vita della sua famiglia (poi vai a fare buone azioni!). Se con Catherine scatta subito l’amicizia, che si trasforma crescendo in amore e poi in tormentata passione, lo stesso non si può dire per l’altro figlio di Earnshaw, Hindley, che da subito prova un senso di odio molto mal celato per quello che vede, e vedrà sempre, come un intruso indegno di far parte della sua famiglia. Le cose non migliorano per il torvo protagonista quando, alla morte del padre, il geloso e livoroso Hindley eredita la tenuta. Dato che al peggio non c’è mai fine, la situazione precipita irreversibilmente quando, colpo di scena, Cathy non sposa Heathcliff, l’uomo cha dice di amare più di se stessa, ma il raffinato, educato e nobile Linton. Accecato dal risentimento, dall’odio e dall’amore (un mix più letale dell’arsenico), Heathcliff giura vendetta e mantiene la promessa. Tornato a Wuthering Heights ricco e spietato, punisce tutti scatenando una serie di disgrazie che, con un tragico effetto domino, non risparmia nessuno.

    Supposta-saggezza

    Versione dark dell’"odi et amo catulliano, declinazione violenta de l’amore non è bello se non è litigarello", la storia tra la ribelle e capricciosa Catherine e l’orgoglioso e vendicativo Heathcliff è il racconto drammatico di una travolgente passione dalle tinte gotiche. Più che d’amore si parla d’odio, vendetta e sentimenti repressi o espressi con violenza. Dimenticate il classico romanzo strappalacrime e sentimentale sull’amore impossibile, perché Cime tempestose è un libro originalissimo nei temi e nello stile, al cui fascino, a tratti spaventoso, è impossibile resistere. È come il suo protagonista: cupo, pieno di rabbia, bruciante di desiderio e vendetta, e incontestabilmente seducente.

    Anche se Cathy sposa l’elegante e pacato Linton, un tipo ben più raccomandabile di Heathcliff che invece ha tutte le caratteristiche del personaggio negativo, non lo amerà mai con la stessa intensità totalizzante che la spingono a pronunciare frasi come: «Heathcliff è più me di me stessa», «Se tutti gli altri perissero e lui restasse, anch’io continuerei ad esistere: e se tutti gli altri restassero e lui fosse annichilito, l’universo mi rimarrebbe totalmente estraneo». Allo stesso modo il lettore non può resistere al carisma brutale del protagonista e del romanzo. Perché se le buone maniere sono auspicabili, la passione irrazionale e la tirannia dei sentimenti hanno sempre un effetto magnetico a cui è difficile resistere nella vita e a cui è obbligatorio cedere almeno in letteratura. Oltre alla complessità di personaggi assoluti e distruttivi che non conoscono mezze misure, a rendere unica questa storia sono anche le cupe atmosfere della brughiera inglese spossata da pioggia e vento, caratterizzata da panorami desolati e desolanti popolati da elementi sovrannaturali e pervasa da un plumbeo destino a cui sembra di non poter sfuggire. Non c’è distinzione tra natura e uomo, la tempesta sconquassa tutti e sconvolge ogni cosa lasciando dietro di sé solo distruzione. Non a caso Heathcliff alla lettera vuol dire rupe nella brughiera, e così è il personaggio: in lui non c’è distinzione tra bene e male, è un pezzo di granito inamovibile e impossibile da scalfire che vive l’amore e l’odio con la stessa intensità. Anche se Catherine è capricciosa e fa quello che, in fondo, non vuole pur facendo solo ciò che vuole, e Heathcliff è feroce e rancoroso, non si riesce a detestarli ma si fa il tifo per loro e per la loro devastante attrazione. È un amore estremo quello raccontato con coraggio da Emily Brontë, fuori dal tempo e dal mondo, che non può essere vissuto su questa terra ma forse nell’aldilà. Heathcliff (che non ha mai sorriso in vita sua) muore sorridendo al pensiero di ricongiungersi finalmente con la sua Cathy. Se Dante condanna Paolo e Francesca a vagare nell’Inferno stretti per mano e trascinati senza sosta da una tempesta continua, Emily Brontë fa vagare gli spiriti dei suoi inquieti amanti nella brughiera battuta dal vento, finalmente per mano, finalmente insieme nel loro paradiso. Galeotto fu quel libro ed Emily che lo scrisse…

    Posologia

    L’unico romanzo scritto da Emily Brontë è particolarmente indicato per prevenire le fratture e gli ematomi che provocano le storie d’amore eccessive e distruttive: è più salutare trepidare e struggersi per l’amore tormentato e violento dei protagonisti piuttosto che soffrire in prima persona con il rischio di autodistruggersi. Al manifestarsi dei primi sintomi d’attrazione per una storia tempestosa dagli esiti prevedibilmente drammatici, assumete con costanza i travagli di Cathy e Heathcliff e fateveli bastare. L’amore è descritto in maniera così cupa, angosciosa e violenta che vi ritroverete a desiderare una love story ordinaria con il più banale e prevedibile dei partner. Se, al contrario, siete intossicati da una routine amorosa eccessivamente tranquilla, Cime Tempestose consente di reintegrare rapidamente la quota fisiologica di passione utile a garantire un trattamento efficace negli stati carenziali di storie vibranti e catartiche. La cura è raccomandata anche in caso di ipersensibilità o allergia al principio attivo dell’amore romantico, dal momento che tra gli eccipienti prevalgono un’attrazione ossessiva (e fatale) dalle tinte fosche e un’atmosfera dark che introducono, fin dalle prime pagine, in quello che sembra essere un romanzo gotico di presenze spettrali capace di far rabbrividire di paura e di passione.

    La somministrazione di Cime tempestose è efficace anche per contrastare l’insorgenza di propositi vendicativi in quei soggetti inclini a serbare rancore: quasi sempre la vendetta innesca una spirale d’odio da tragedia shakespeariana che sfugge di mano rischiando di travolgere tutti come birilli, vendicatore compreso. Se i sintomi persistono anche dopo la lettura del romanzo, consiglio di rafforzare il trattamento con Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas che trovate menzionato nella sezione dedicata ai cicli di cure intensive.

    Effetti collaterali

    Tra gli effetti indesiderati più rari è stata riscontrata la possibilità che il lettore provi l’impulso di aggirarsi per un parco gridando al vento e sotto la pioggia il nome di Heathcliff, Catherine o quello del suo amore impossibile. A quel punto, si consiglia di consultare un medico. Ma uno bravo.

    In alcuni casi, più che attutire l’attrazione per le storie distruttive, il romanzo potrebbe provocare una reazione infiammatoria con il conseguente rischio di cedere a un amore tragico.

    Consigli

    Suggerisco di leggere il libro tutto d’un fiato in una giornata piena di pioggia, cupa, fredda e ventosa. Tenete a portata di mano i fazzoletti (sia per le lacrime che per l’eventuale raffreddore, visto che la giornata è fredda, ventosa e piovosa) e una tazza di cioccolata per riscaldarvi e addolcire l’amaro destino dei protagonisti.

    Terapia cinematografica sostitutiva

    Traboccante di sentimenti forti, il romanzo si è prestato a numerosi adattamenti cinematografici. Per chi ne volesse prolungare l’effetto terapeutico è vivamente consigliata la pellicola di William Wyler, il cui titolo originale è stato inspiegabilmente cambiato in La voce nella tempesta. Nonostante la storia sia edulcorata e privata della sua parte più gotica (che, invece, ne è la forza), sfido a resistere al fascino di Laurence Olivier nei panni di Heathcliff, all’elegante bianco e nero e ai dialoghi vibranti. Tengo a precisare che Linton è interpretato da David Niven, dettaglio che rende più comprensibile la scelta di Cathy.

    JANE EYRE

    Charlotte Brontë

    1847

    Pillole di trama

    Orfana, maltrattata dalla zia che la spedisce senza remore in un istituto dove continua a essere bistrattata e dove le muore l’unica amica, una volta cresciuta Jane Eyre diventa istitutrice. E che tristezza, starete pensando, che vita grama e che trama sciapa. Non lasciatevi ingannare, perché nella vita il carattere è tutto e ci salva, sempre. E Jane di carattere ne ha da vendere, così come Charlotte Brontë ha la stoffa della grande scrittrice. Senza farsi abbattere dagli eventi, la protagonista trova lavoro come governante della figlia adottiva del ricco, cinico e misterioso (quindi inevitabilmente affascinante) Rochester. Attratto dall’intelligenza e dall’indipendenza di Jane, contro ogni previsione, convenzione e pregiudizio, l’uomo la chiede in sposa. Ma un segreto si nasconde nel suo passato e nelle stanze della sua magione. Scoperto lo scheletro nell’armadio, o meglio il fantasma in soffitta, Jane lascia l’uomo che ama per ricominciare altrove. Senza rivelare il finale, vi dico che la dignità ripaga sempre.

    E dai ve lo dico, Jane tornerà a Thornfield Hall e si riprenderà il suo Rochester, anche se malconcio, perché l’amore è cieco (ma in questo caso la battuta è di cattivo gusto, lo scoprirete leggendo il romanzo).

    Supposta-saggezza

    Orfana, povera, sfortunata, vessata dalle avversità, non convenzionalmente bella e con un lavoro che sembrerebbe condannarla al ruolo di zitella a vita, nonostante le premesse deprimenti Jane Eyre è uno dei personaggi più forti e brillanti della letteratura. Femminista ante litteram, indipendente di testa e di tasca, intelligente e dotata di straordinaria dignità, Jane è soprattutto coraggiosa. Essere coraggiosi nella vita è sempre importante, ma esserlo in amore è fondamentale. E a volte il coraggio consiste nel rinunciare alla persona amata per difendere la propria dignità, proprio come fa Jane. Vorrei vedere quante donne, per non venir meno al rispetto di sé, sarebbero capaci di lasciare sull’altare un uomo fascinoso (anche se decisamente scontroso, dettaglio che, però, va a braccetto con il fascino), ricco e pure innamorato (considerando che riunire in un unico esemplare maschile queste tre caratteristiche equivale a fare terno secco). Non è orgoglio né puntiglio, ma consapevolezza del proprio valore e rispetto di sé. Non è un’infatuazione quella di Jane, ma un amore intenso e lucido che la porta a vedere al di là del carattere collerico, imprevedibile e altero di Rochester scoprendone l’anima dolente. E proprio la natura intensa di questa passione rende ancora più significativo il suo rifiuto. Quando gli uomini devono dare una fregatura e nascondono un segreto che implica come conseguenza il troppo bello per essere vero di ogni idillio romantico, sono generalmente tre le possibili magagne: o sono omosessuali, o sono sposati o se la fanno con la tua migliore amica. Escludendo la prima opzione, esagerata anche per l’anticonformista Charlotte Brontë che racconta l’amore tra un nobile e un’istitutrice superando le convenzioni sociali, e scartando anche l’ipotesi della migliore amica, visto che quella di Jane muore quando sono piccole dopodiché non ha più amici, resta solo la possibilità che Rochester sia già sposato. E così è: sua moglie è una pazza rinchiusa in soffitta la cui esistenza viene rivelata alla protagonista (non dal futuro marito, figuriamoci) quando ormai è sull’altare, a un passo dalla felicità. Ma a quel punto Jane fa un passo indietro e dice «no». Non accetta di essere l’altra donna e rinuncia a tutto. Scelta scomoda che è un supplizio perché il suo sentimento per Rochester non si tramuta in odio o risentimento ma resta amore, un male d’amore dal quale non guarisce neanche allontanandosi (dal mal d’amore non si guarisce mai, mettetevelo in testa. Si diventa solo più forti per sopportarlo). Saper rinunciare all’amore per amor proprio richiede molto coraggio. Una lezione, quella di Jane Eyre, di straordinaria modernità.

    Posologia

    Jane Eyre è un antipiretico da assumere nel trattamento sintomatico degli stati febbrili causati dalla tendenza a umiliarsi accettando l’amore a qualsiasi condizione e un uomo a ogni costo. Nella vita seguire il cuore è importante, ma dare retta alla testa può essere molto utile e vantaggioso per la salute. E se a dimostrarlo è l’eroina di un romanzo dell’Ottocento, possiamo noi donne emancipate del terzo millennio non mandare giù quella compressa, spesso amara ma necessaria, che consente di prevenire inutili e dannosi acciacchi del cuore: la dignità? Se temete che l’eccesivo rigore possa farvi rimanere sole, evitate di sospendere la cura abbandonando il romanzo a metà perché, nella parte finale, con un ulteriore atto di coraggio e infischiandosene della solitudine, la protagonista rifiuta un nuovo spasimante di cui non è innamorata. O l’amore vero o niente. O il meglio o meglio sola. Meglio soffrire dignitosamente che cedere a un compromesso o alle convenzioni. La scelta di Jane sarà ricompensata. Quando l’antipiretico avrà fatto il suo effetto e avrete sfebbrato, sarete abbastanza lucide per capire che incaponirsi a stare con un uomo con cui è evidente che non può funzionare o che è palesemente quello sbagliato solo per paura della solitudine è il modo più rapido per soffrire. Come dice Jane: «Più sono sola, priva di amici, abbandonata, più devo avere rispetto di me stessa».

    Visto tutto quello che capita a Jane dalla prima all’ultima pagina, il romanzo è anche un valido tonico per il recupero dell’energia necessaria a sopportare i rovesci della fortuna (o gli scrosci della sfortuna, se per indole tendete a vedere il lato negativo delle cose), e favorisce la naturale produzione di resilienza ovvero la capacità di far fronte alle avversità e reagire alle difficoltà riorganizzando la propria vita in modo positivo.

    Effetti collaterali

    Al momento non è stato riscontrato alcun effetto collaterale se non il desiderio reiterato di ripetere la cura.

    Terapia cinematografica sostitutiva

    Innumerevoli le trasposizioni cinematografiche e televisive del romanzo di Charlotte Brontë, ma una delle migliori resta quella di Franco Zeffirelli. Con la sua bellezza fuori dall’ordinario e la giusta dose di temperamento, Charlotte Gainsbourg è perfetta nei panni di Jane mentre William Hurt è un affascinante, burbero e austero Rochester. La messa in scena è estremamente curata, come tipico di Zeffirelli, e il film è un classico perfetto da vedere una domenica pomeriggio. Si consiglia di dare un’occhiata anche al più recente adattamento diretto da Cary Fukunaga nel 2011, con il solo scopo (qui lo dico e qui lo nego perché non è molto professionale) di godersi Michael Fassbender nei panni del protagonista, decisamente meno cinico e ombroso dell’originale letterario, ma molto fico (cosa che può essere utile in qualsiasi terapia il cui fine sia quello di risollevare il tono dell’umore, o dell’ormone). La brava Mia Wasikowska appare invece come una Jane un po’ troppo giovane.

    IL GRANDE

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