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Love 3.5. Come cuori lontani
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Love 3.5. Come cuori lontani
E-book161 pagine2 ore

Love 3.5. Come cuori lontani

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Info su questo ebook

Bestseller mondiale

La serie più amata dalle lettrici americane è finalmente arrivata!

Aideen venera Kane, e quando Aideen venera qualcuno, lo difende

Aideen Collins è stufa. Non sopporta più la sua interminabile gravidanza, la sua paranoia nuova di zecca, e soprattutto è stufa di avere sempre intorno il suo asfissiante fidanzato. Kane Slater è più felice che mai. Sta per diventare padre per la prima volta, e con la donna che ama. Non si aspettava però che Aideen diventasse, in ogni senso, una bomba a orologeria. Ora deve solo sopravvivere alcune settimane alle sue esplosioni ormonali omicide, e andrà tutto bene… o almeno così spera. Sono entrambi presi dall’attesa del loro piccolo, ma nei loro pensieri c’è un’ombra che non sembra svanire. Nessuno di loro ne parla, ma la presenza incombente di quell’ombra mette a rischio il loro intero rapporto. Big Phil si è insinuato nei loro pensieri molte settimane prima e ha messo radici. Li guarda da lontano, sperando di distruggere la loro felicità. L’istinto di Aideen di proteggere la sua famiglia è più forte che mai. Se Big Phil vuole ferire i suoi cari, dovrà vedersela con lei.
L.A. Casey
È nata a Dublino, dove vive tuttora. Vive con la madre e il suo cane, un pastore tedesco, di nome Storm. Con la serie LOVE ha scalato le classifiche di «New York Times» e «USA Today».
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2016
ISBN9788854194427
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    Anteprima del libro

    Love 3.5. Come cuori lontani - L.A. Casey

    1251

    Titolo originale: Aideen

    Copyright © 2015 L.A. Casey

    All Rights Reserved.

    Traduzione dall’inglese di Carla De Pascale

    Prima edizione ebook: luglio 2016

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-9442-7

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    L.A. Casey

    Love 3.5

    Come cuori lontani

    Mary e Yessi,

    siete le mie migliori amiche, le più matte che una ragazza possa mai avere, ma non vi cambierei per niente al mondo. Grazie per le chiacchiere quotidiane che mi fanno tanto ridere. Porterò alcune delle nostre bizzarre conversazioni nella tomba.

    Ve lo prometto ;).

    Vi voglio tanto bene,

    Lee <3

    Capitolo uno

    Dolore.

    Mal di pancia.

    Un terribile mal di pancia.

    Era ciò che stavo provando in quel momento… e tutto per colpa di un maledetto biscotto. Se non avessi messo nel mio stomaco brontolante quella bontà croccante e piena di zucchero, avrei iniziato a dare in escandescenze fino a far vergognare Nico Slater.

    «Keela, per favore», dissi piagnucolando, quasi con le lacrime agli occhi. «Dammi soltanto un pezzetto di quel biscotto, non dirò nulla a…».

    «Aideen!».

    Trasalii quando la sua voce rimbombò in salotto.

    «Ah, stronzate», mormorai a bassa voce, evitando di guardare verso la porta d’ingresso, contro la quale sapevo che lui stava appoggiato.

    Piuttosto mi concentrai sull’albero di Natale decorato in maniera meravigliosa, proprio dietro Keela.

    Keela Daley – che, per qualche strano motivo, era ancora la mia migliore amica – era seduta sul mio divano e faceva da poggiapiedi per le mie gambe gonfie. Due giorni prima, il gesso che avevo portato per otto settimane mi era stato tolto. Il ginocchio e lo stinco si erano calcificati, ma erano ancora alquanto fragili, quindi dovevo fare ogni cosa con molta attenzione, e questo significava che stavo seduta per gran parte del giorno.

    Non ero molto felice all’idea di rimanere con il culo su una sedia ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette, ma se il sacrificio fosse servito a rafforzare la mia gamba, avrei dovuto farlo e basta.

    Poi mi guardai l’avambraccio e sospirai appena vidi la cicatrice che si era formata di recente. La ferita si era rimarginata qualche settimana prima, e Kane mi aveva assicurato che il colore rosso fuoco era dovuto al fatto che fosse fresca, e che sarebbe sbiadito per assumere una sfumatura più tenue.

    Lo speravo, perché altrimenti avrei dovuto indossare soltanto magliette a maniche lunghe in futuro.

    Keela attirò di nuovo la mia attenzione quando mi rivolse un sorriso malefico mentre metteva in bocca il biscotto digestive al cioccolato che era rimasto – che infame – per poi guardare alla sua sinistra e sollevare le mani. «Non gliel’avrei mai dato, Kane. Lo giuro».

    Ignorai il mio ragazzo e mi concentrai sulla stronza davanti a me.

    «Sei un’amica di merda».

    Lei ricambiò il mio sguardo e fece spallucce senza mostrare rimorso. «Meglio un’amica di merda che un’amica morta».

    La sbeffeggiai. «Non ti avrebbe uccisa se mi avessi dato un pezzetto di biscotto…».

    «L’avrebbe uccisa per averti dato un biscotto», mi interruppe una voce roca.

    Sbuffai in preda alla frustrazione e guardai l’amore della mia vita determinato a farmi soffrire. Lo fissai e lo implorai in silenzio. Poi gli dissi: «Sono uscita dall’ospedale da otto settimane, Kane. Otto settimane. La gamba e il braccio sono perfettamente guariti e non mi fa più male la gola. Sono arcistufa di zuppe e pappette. Sono incinta, questo vuol dire che ho sempre fame, e quel cibo di merda non mi sazia più. Per favore, lasciami soltanto mangiare un pacchetto di biscotti».

    «Un intero pacchetto?». Keela rise allegramente. «Brutta grassona. Come hai fatto a passare da un solo biscotto a un dannato pacchetto?».

    Le affondai un tallone nella coscia. «Chiudi il becco, bastarda traditrice!».

    Si lamentò e spostò il mio piede, ma fece come le avevo detto e non parlò più.

    «Aideen», sospirò Kane mentre si massaggiava le tempie.

    Aveva fatto quel gesto già molte volte nelle ultime settimane.

    «Non voglio essere troppo severo con te, bambolina, ma hai sentito anche tu cosa ha detto il dottore. Niente cibi solidi finché la tua gola non sarà guarita del tutto. Devi aspettare soltanto qualche altro giorno, poi starai bene. Perché rischiare? La prima volta che hai mangiato qualcosa di più duro dopo l’incendio ti sei tagliata la gola e hai avuto bisogno dei punti. Davvero vuoi ripetere quell’esperienza?».

    Kane parlava con un tono risoluto, ma leggevo l’emozione nei suoi occhi.

    «Vuoi tornare sotto i ferri, perdere la possibilità di parlare e iniziare di nuovo a mangiare attraverso un sondino? Personalmente non ti ci vedo ad affrontare una cosa del genere. L’ultima volta che ti ho vista così mi ha quasi ucciso».

    Ripensai a quel momento rivoltante di sette settimane prima, quando avevo ingoiato un boccone di panino al prosciutto e la gola aveva iniziato a bruciarmi dal dolore. Una crosta di pane era riuscita a lacerarmi la carne sensibile. Uno squarcio doloroso mi aveva fatto sputare una quantità spaventosa di sangue che aveva terrorizzato le persone che mi amavano. Avevo fatto piangere Gavin e le ragazze, e provocato quasi un infarto a Kane e a mio padre.

    A dire il vero, mi ero spaventata a morte anch’io.

    Era stata un’esperienza disgustosa a causa del dolore dopo l’intervento, dei punti per chiudere la ferita, e della necessità di essere alimentata attraverso un tubo. Ero stata malissimo per settimane. Non avrei mai voluto rivivere niente di simile.

    Mai più.

    Guardai Kane, poi Keela, poi le mie dita che giocherellavano con la morbida coperta che avvolgeva me e la mia amica.

    «No, non voglio», gli risposi, ma cercai di tenere la testa e lo sguardo bassi, affinché non potesse vedere i miei occhi gonfi di lacrime.

    Odiavo la facilità con cui scoppiavo a piangere per qualunque cosa.

    La gravidanza mi aveva fatta diventare una smidollata.

    «Piccola?», mi chiamò Kane.

    Tirai su col naso.

    Merda.

    «Sto bene», risposi strofinandomi il naso con il dorso della mano.

    «Usa un fazzoletto, incivile», commentò Keela con un tono di voce che rivelava repulsione.

    Scoppiai a ridere e a piangere allo stesso tempo.

    «Lasciala stare, Keela», disse Kane facendo schioccare la lingua.

    Lei non gli prestò attenzione.

    «Se sporcherai la coperta con il tuo moccio, che Dio mi aiuti, ti ucciderò, Ado».

    Continuavo a ridere, fermandomi soltanto quando sentii tirare un punto a un lato della gola.

    «Perché la fai ridere così?», brontolò Kane. «Finirà per farsi male».

    Sentii letteralmente Keela alzare lo sguardo al soffitto.

    «Piantala, ragazzone. È incinta, non è di cristallo. Dalle un colpo, ti assicuro che non si romperà».

    Lui fece un sorriso malizioso. «Darle un colpo è stata la prima cosa che mi sono premurato di fare appena l’ho incontrata».

    Gli occhi di Keela si riempirono di stupore. «Sono proprio curiosa di vedere come ti comporterai una volta che sarà nata la bambina. L’avvolgerai nella plastica con le bolle fin dal primo giorno».

    «Sarà un super bambino, il prescelto, se vuoi chiamarlo così. Non sarà affatto fragile».

    Lei rise allegramente. «Continua a crederci, amico».

    Alzai lo sguardo appena in tempo per vedere Kane che sollevava il dito medio verso Keela, la quale gli rispondeva con quelli di entrambe le mani.

    Scossi il capo con espressione benevola.

    «Ora basta, bambini. La mamma è troppo stanca e affamata per le vostre stronzate, oggi», dissi con convinzione, sbadigliando.

    Kane si avvicinò e si accovacciò a fianco a me. Appoggiò un gomito sul bracciolo del divano e iniziò a grattarmi delicatamente la schiena con le dita. «Perché non vieni a letto?».

    Aveva una voce profonda e invitante.

    «Forse perché è in compagnia, per fare un esempio ci sono io, sporco bastardo?», sbottò la mia amica. «Piantala di sedurla quando sono seduta proprio accanto al tuo brutto culo».

    Io sorrisi a Keela e Kane sorrise a me. Usò la mano libera per asciugare le lacrime sulle guance che avevo già dimenticato di aver versato. «La mia bambolina».

    Keela ridacchiò. «Adorabile, ma sempre cattivo».

    Girai lo sguardo verso di lei, facendo finta di guardarla sottecchi. «Ti dà fastidio?»

    «No, affatto», rispose accondiscendente. «Fai pure».

    Kane mi diede un colpetto con il gomito e mi fece l’occhiolino. «Non avresti dovuto darle da mangiare, adesso non andrà più via».

    Lei restò senza fiato, scioccata. «Non sono un cane. Come ti permetti!».

    «Non ho mai detto che sei un cane». Kane accennò un sorriso, poi si alzò. Si voltò e uscì dal salotto, percorse il corridoio e andò in cucina.

    Keela scostò le mie gambe e la coperta che l’avvolgeva per alzarsi in piedi.

    «Non te ne andare quando ti sto parlando, Kane Slater!», urlò, seguendolo.

    La sua risata sommessa la fece infuriare di più.

    «Altrimenti? Mi ucciderai?», le rispose facendosi beffe di lei.

    «Ci puoi scommettere. Ti ucciderei… Non ti burlare di me in quel modo, perché lo farei!».

    Ridacchiai tra me.

    Si comportavano come fratello e sorella e me ne rallegravo, perché si volevano bene. Non mi avrebbe fatto per niente piacere se il mio ragazzo e la mia migliore amica non fossero andati d’accordo.

    «Non dare la colpa a me!», urlò all’improvviso Kane.

    Keela ridacchiò. «Sono morbida come il burro, ragazzone».

    «Come il burro surgelato, quindi è come se mi stessi prendendo a mattonate in testa!».

    «Ci posso pensare, ragazzone».

    «Sei piccola e cattiva, spero che te ne renda conto».

    «Sì, lo so».

    La loro conversazione mi fece scoppiare a ridere, poi mi coricai sul divano e tirai su la coperta per avvolgermi completamente.

    «Lascialo stare, Keela».

    Sentii qualcosa cadere sul tavolo, o sul ripiano della cucina, con un tonfo. «Sei fortunato che lei ti voglia vivo e incolume».

    «E tu sei fortunata che lei ti voglia qui così spesso, altrimenti ti avrei proibito di entrare in questo palazzo».

    Keela ribollì di rabbia. «Il potere ti ha dato alla testa».

    Sorrisi.

    Kane aveva detto di recente a Keela di essere il padrone dell’edificio in cui abitavo, e di molti altri a Dublino. Lei non si era proprio arrabbiata, soltanto un po’ infastidita per il fatto che Alec non le avesse parlato delle proprietà segrete di Kane. Ma appena ebbe accettato il codice dei fratelli, le era passata la rabbia, proprio come avevo immaginato.

    Avrebbe comunque dovuto mantenere il segreto, perché Kane non voleva farlo sapere agli altri membri del gruppo. Lui amava la propria privacy, e lei lo rispettava.

    «Puoi ringraziare Dio che devo tornare a casa a dare da mangiare a

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