Piccola, sono tuo: Harmony Destiny
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Dopo aver scoperto la verità, nulla può tenere separato Vic da suo figlio e dalla donna che continua a invadere i suoi sogni. Ma la pretesa di Claire di un unione che non sia solo di facciata è una richiesta che lui non riesce ad accettare. Il suo cuore ferito è chiuso anche davanti alla bellezza e tenacia di Claire.
Catherine Mann
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Piccola, sono tuo - Catherine Mann
sentimenti.
1
Charleston, Sud Carolina: tre mesi e mezzo più tardi.
«Claire, se tratti gli uomini con la delicatezza con cui mescoli un cocktail, non c'è da stupirsi se dormi da sola.»
In un angolo della cucina del suo ristorante Claire diede la caraffa di brandy con zucchero e menta a sua sorella perché vi aggiungesse dei cubetti di ghiaccio. «Che cosa vuoi dire? Parli proprio tu che con la tua aria innocente sei capace d'insultare a sangue dei poveri ragazzi che hanno il torto di corteggiarti.»
«Mi dichiaro colpevole» rispose Starr ambigua, controllando che il cocktail fosse pronto per essere servito. Aggiunse due fogliette di menta e lo consegnò alla cameriera.
Claire spalancò la finestra che si affacciava sul giardino fiorito, soffocando il desiderio di urlare in faccia alla sorella che aveva avuto un'appassionante storia sentimentale durata circa tre mesi e mezzo. Purtroppo adesso le restava solo il ricordo di quell'ultimo fantastico fine settimana trascorso insieme al suo amante a gennaio.
«Non ho tempo per pensare all'amore. Sono troppo occupata» sbuffò, sollevando una caraffa vuota.
Quel giorno aveva lavorato senza sosta. Il Beachcombers Bar era particolarmente affollato per il pranzo di mezzogiorno, inoltre stava per iniziare una settimana impegnativa per via di tutte le ordinazioni che avrebbero ricevuto a causa dei numerosi eventi in programmazione. L'aiuto delle sue due sorellastre, socie del ristorante, era prezioso, ma sarebbe bastato? Entro breve tempo lei avrebbe dovuto occuparsi del bambino che portava in grembo. Nessuno era ancora a conoscenza del suo stato, ma non voleva lasciarsi sfuggire quella notizia proprio quando la cucina era affollata di camerieri e inservienti, indaffarati a ritirare le ordinazioni e le bevande.
Prima di tutto doveva parlarne con il padre del bambino.
Terminata quella settimana impegnativa e recuperata un po' di energia, lo avrebbe affrontato. Sapeva che stava perdendo del tempo prezioso, rimandando il momento in cui comunicare a Vic la gravidanza, ma era una donna pratica e presto avrebbe preso una decisione.
Senza volerlo, la vita le aveva giocato lo stesso scherzo che aveva fatto a sua madre. Anche lei si era ritrovata incinta senza essere sposata, ma diversamente dalla madre, Claire era una ragazza indipendente, piena di risorse, e nessuno l'avrebbe convinta ad affidare ad altri la sua creatura.
Starr aveva avvolto l'argenteria nei tovaglioli, con rapidità fulminea, al ritmo incalzante della musica che risuonava nel locale. «Chi ha parlato d'amore? Volevo solo spronarti a uscire di più, ad accettare degli appuntamenti. Metti in agenda qualche momento di svago oltre ai soliti impegni di lavoro.» Sprizzava energia da tutti i pori e perfino i suoi capelli sembravano dotati di una dirompente vitalità e minacciavano di sfuggire dalla treccia che le ricadeva, morbida, sulla schiena .
Claire si sentiva stanca morta e il solo guardarla la rendeva ancora più fiacca. «A me piace la mia vita così com'è perché amo il mio lavoro» protestò, scostando una ciocca di capelli dalla fronte. Poi si avvicinò al bancone per lasciare passare un cameriere con un piatto di pesce arrostito con erbe aromatiche, la pietanza preferita di Vic.
Sospirando, si portò una mano sul ventre, poi scoccò un'occhiata allarmata alla sorella minore a cui non sfuggiva mai niente e che come lei e l'altra sorella, Ashley, era un'acuta osservatrice, merito degli anni passati per strada prima di essere accolte in una famiglia.
Era impaziente di uscire da quella cucina sovraffollata e calda, ma avrebbe dovuto attendere almeno un'altra ora perché Vic Jansen era seduto nella sala da pranzo e non voleva correre il rischio d'imbattersi in lui.
«Lavoro» sbuffò Starr. «Il lavoro non ti scalda il cuore, non è una dolce carezza sulla pelle, o un bacio che ti fa impazzire di desiderio.»
Non pensare a Vic, s'impose Claire. Non pensare ai suoi baci , al suo corpo atletico, al suo magnetismo, al suo fascino e alla sua forza... Altrimenti la tua lucidità andrà a farsi benedire.
Afferrò alcuni spicchi d'aglio e cominciò a sminuzzarli, poi li lavò sotto il getto dell'acqua e li asciugò. «Mi rilassa cucinare. L'altra sera sono impazzita per decorare la torta destinata alla festa per il prossimo arrivo di un bebè.»
E alla fine si era addormentata mentre preparava la glassa.
Adesso lavorare la stancava molto, ma era il pensiero costante di Vic che le toglieva le forze e saperlo seduto al di là della porta della cucina l'agitava più di quanto avesse voluto. Aveva bisogno di tranquillità soprattutto in quel delicato momento della propria vita.
Nonostante faticasse a chiudere il bilancio a fine mese, poteva contare su quell'entrata e mantenersi in modo dignitoso senza illudersi che un uomo dalle spalle larghe e dal fascino da vendere potesse renderle la vita più stabile.
Un rumore improvviso, proveniente dall'ingresso, risuonò in tutto il locale, facendola sobbalzare. Probabilmente una pila di piatti di porcellana era caduta per terra, andando in mille pezzi.
Superstiziosa com'era, Starr si lanciò dietro le spalle qualche pizzico di sale.
Ecco un altro motivo per mantenere segreta la gravidanza. Claire non voleva sentir parlare del suo stato interessante come di un ennesimo colpo di sfortuna, oltre al tetto che perdeva, alla tubatura che si era rotta, o al tavolato del portico che bisognava rifare. Perché il ristorante potesse continuare la sua attività, l'edificio richiedeva una lunga serie di interventi di manutenzione.
A volte le capitava di domandarsi se qualcuno l'avesse presa di mira con l'intento di rovinarle la vita e... di farle perdere la casa.
Quel vecchio rudere d'interesse storico era l'unica casa che avesse mai posseduto. La madre naturale aveva cambiato un appartamento dopo l'altro a seconda delle sue disponibilità economiche. Tina McDermott aveva fatto del suo meglio per crescere la figlia, ma era rimasta incinta a soli diciassette anni e i suoi genitori l'avevano cacciata di casa senza nemmeno farle terminare la scuola.
Un bel giorno, quando lei aveva otto anni, un'assistente sociale aveva scoperto che Tina lavorava di notte e lasciava sola la bambina, così l'aveva prelevata e affidata a una deliziosa vecchietta che non aveva un soldo e viveva in una grande villa cadente con una dozzina di bambini in attesa di una sistemazione definitiva. Molti di loro venivano adottati, salvo lei, Ashley e Starr che erano rimaste sempre in quella casa.
L'anno precedente zia Libby era morta e aveva lasciato a loro tre la sua vecchia dimora. Aprirvi un ristorante era stata una sfida difficile, ma le tre sorellastre non si erano lasciate scoraggiare.
Starr consegnò un cestino di panini caldi a un cameriere, poi si rivolse a Claire. «Forse oggi sono un po' elettrica perché mi preoccupa l'idea che tu debba preparare tutti quei rinfreschi. Se devo essere sincera, hai una faccia che fa paura.»
«Non angosciarti. È normale sentirsi stanchi quando si lavora con questo ritmo» rispose Claire, ricominciando a tritare gli odori.
Non poteva di certo eliminare la stanchezza dovuta alla gravidanza, ma poteva far ricorso alle sue capacità organizzative che le erano state di grande aiuto quando era vissuta con Tina.
Dalla sala giungeva il vocio dei commensali e le grida di quelli che chiedevano dell'altro tè dolce.
Vic ingoiava litri e litri del suo tè.
Accidenti, sospirò. Non riusciva a smettere di pensare a lui nemmeno per un minuto, ma era difficile riuscirci portando in grembo suo figlio e vomitando ogni santa mattina.
Per colpa del poco sonno, della fatica e degli odori che impregnavano la cucina, le nausee mattutine erano diventate nausee continue. Non si stupiva di sembrare uno zombi. Si sentiva davvero un morto che camminava!
In quel momento si udì uno tonfo e lei corse alla porta prima che un cameriere fracassasse tutti i piatti del locale. Mentre si precipitava a vedere quello che era successo, giurò a se stessa che si sarebbe tenuta alla larga da Vic.
Del resto, un mese dopo l'incidente del preservativo, aveva detto a Vic, in perfetta buona fede, che il loro rapporto non aveva avuto conseguenze e a quel punto lui aveva smesso di cercarla.
In effetti, qualche giorno dopo aveva avuto delle perdite e quando il ginecologo le aveva annunciato che era incinta, si era spaventata a morte, temendo per la salute del bambino. D'improvviso quel piccolo essere che cresceva dentro di lei era diventato prezioso e irrinunciabile.
Mentre correva, si voltò per gridare a Starr di chiamare Ashley perché c'era bisogno del suo aiuto.
Di solito la loro sorella minore preferiva evitare il pubblico, ma nel momento del bisogno non si tirava indietro.
Evitando un cameriere che si stava dirigendo in cucina con un vassoio pieno di piatti sporchi, si disse che con tutta probabilità Vic si era seduto nel solito angolo e quindi non l'avrebbe notata.
Un cameriere dall'aria attonita era in piedi davanti a un mucchietto di cocci frammisti a pezzi di pollo arrosto. Quando lei si fermò, sollevò la testa e annunciò con voce stentorea che al tavolo numero otto volevano ordinare.
La sfortuna la perseguitava, pensò Claire.
Dove diavolo era la saliera quando una disgraziata ne aveva bisogno?
«Mi passeresti il sale, per favore?» domandò Vic al cognato, pensando quante altre volte sarebbe dovuto andare al Beachcombers prima che Claire gli rivolgesse ancora la parola.
Voleva incontrarla di persona, parlarle faccia a faccia e non attraverso dei messaggi telefonici.
Non devi preoccuparti. Non sono incinta. Sei fuori pericolo.
Splendide notizie. Vivere su una barca era quanto di più diverso ci fosse dalle praterie del Nord Dakota che aveva abbandonato. Adesso era completamente libero, ma aveva due rimpianti e uno di questi stava attraversando la sala del ristorante più amato di Charleston, diretto verso di lui.
Claire. Quel nome gli attraversò la mente come un soffio di brezza primaverile. Era così graziosa e fresca nel suo abitino di jeans, stretto in vita da un grembiule. Le pale del ventilatore, appeso al soffitto, muovendosi le sollevavano i capelli color miele, facendoli sfuggire dal fermaglio.
Era Claire l'unica cosa che gli aveva permesso di dimenticare l'altro rimpianto, almeno fino a quando lui aveva rovinato tutto facendo l'amore con lei e poi cedendo alla sua vecchia fobia per ogni tipo di legame.
Claire si fermò davanti a lui e Vic sentì una fitta di desiderio.
«Buongiorno, signori e benvenuti al Beachcombers» mormorò lei, con quella voce melodiosa che lo incantava. «Che cosa desiderate?»
Perché non un piatto di perdono?
Ma l'espressione di Claire non faceva pensare che fosse disposta a dimenticare. I suoi occhi color cioccolata lo fissarono e la lista dei suoi rimpianti si arricchì di nuove voci.
«La specialità del giorno è un'ombrina arrosto alle erbe aromatiche con contorno di patate e insalata, oppure petti di pollo fritti. E per finire una torta al cioccolato. Volete cominciare con gli antipasti speciali della casa?»
Se solo fossero potuti tornare indietro, pensò Vic.
Rimpiangeva quelle ore serene dopo la chiusura del locale passate a chiacchierare con lei, bevendo del tè freddo finché non giungeva l'ora di ritirarsi nella sua barca.
Decidi quello che vuoi ordinare, amico, si disse. «Il