Intervista con l'amante (eLit): eLit
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Solo che la mattina dopo, al giornale per cui lavoro, ho scoperto che avrei dovuto intervistare lo stesso uomo che avevo sedotto, Sam Long. Imbarazzante, vero?
E non è tutto. Lui è un veterinario e vive in un paesino sperduto tra i monti. E per una di New York partire per un villaggio di montagna equivale a un'avventura estrema. Parola di Kenzie Mansfield!
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Anteprima del libro
Intervista con l'amante (eLit) - Stephanie Bond
1
«Sono allergica agli uomini» annunciai alle mie tre amiche tra un boccone di insalata e l’altro.
Abituate alle mie uscite bizzarre, non si scomposero affatto. Le fissai attentamente a una a una per capire chi avrebbe commentato per prima. Il mio sguardo si posò su Denise, che rispose alzando gli occhi al cielo con aria di compatimento.
«E va bene, Kenzie. Intendi dire letteralmente allergica o in senso figurato?»
«In senso letterale» risposi. «Sono fisicamente allergica al genere maschile.»
Cindy mi guardò in tralice. «Così come sei allergica alle graminacee?»
«Esatto.»
Jacki scosse la testa. «Sei un caso disperato. Sei allergica alle piume, alla polvere, al polline, ai latticini, al lattice e ora anche agli uomini?»
«Hai dimenticato il pelo di animale» precisai.
Jacki mi puntò contro la forchetta. «Kenzie Mansfield, sei un’ipocondriaca.»
Dovetti ammettere che aveva ragione. Avevo letto l’enciclopedia medica decine di volte da cima a fondo. Mi ero convinta di avere la milza ingrossata e un tumore al cervello. Sebbene i medici avessero escluso categoricamente quelle patologie, la mia lunga lista di allergie purtroppo era vera.
«Se io sono ipocondriaca, allora tu deliri, Jacki» la rimbeccai, offesa. «Tu e la tua teoria di scegliere gli uomini in base alle scarpe che indossano.»
Jacki scrollò le spalle. «Guarda che funziona davvero. Io e Ted stiamo insieme da due mesi, ormai. E anche Cindy e Denise hanno trovato un fidanzato seguendo il metodo delle scarpe.»
Le ragazze annuirono vigorosamente e io mi morsi il labbro. Era da tanto che non uscivo a divertirmi con le mie amiche, da quando ero costretta a fare straordinari su straordinari alla redazione del settimanale Personality. Ero l’unica a non avere un compagno e per di più ero tormentata da un prurito inarrestabile, scatenato probabilmente dal cameriere che ci aveva servite.
«La mia allergia è più che giustificata» continuai. «Invece di essere attratto dai ferormoni maschili, il mio corpo va in tilt. Mi si tappa il naso e mi riempio di bolle.»
Jacki non sembrava convinta. «Questa allergia si è manifestata prima o dopo che James ti piantasse?»
Mi irrigidii. «Sono stata io a piantare James. Ma ora credo che la mia insofferenza nei suoi confronti fosse il primo sintomo di questa allergia agli uomini.»
«E gli uomini con cui lavori? Anche loro ti scatenano questa reazione?» domandò Denise in tono divertito.
Ci avevo fatto caso anch’io. «No, ma la maggior parte sono gay, non credo che emettano ferormoni diretti a me.» Tirai fuori dalla borsa un bloc-notes e cominciai a sfogliarlo. «Nelle ultime settimane ho annotato le mie reazioni ogni volta che entravo in contatto con qualche uomo - tassisti, portieri, sconosciuti in ascensore - e, a quanto pare, più sono virili e sexy, più intensa è la mia reazione allergica.»
Il cameriere ci portò altro pane. Mi fece l’occhiolino e immediatamente mi sentii prudere il gomito.
«Che vi avevo detto?» dissi, allungando le braccia arrossate a prova inconfutabile del mio disturbo.
Ma le mie amiche non sembravano convinte.
«Allora, se ho capito bene» aggiunse Jacki, «sei allergica agli uomini attraenti e muscolosi?»
«Esatto.» Mi abbandonai contro lo schienale.
Jacki annuì, pensierosa. «In effetti, c’è una diagnosi per questo disturbo.»
«E sarebbe?»
«Sei lesbica.»
Denise e Cindy scoppiarono a ridere, ma io non ero affatto divertita. «Ma non capite? Sono sempre stata attratta dallo stesso genere di uomini alti e atletici, e tutte le mie storie sono state dei disastri. Evidentemente il mio corpo ha sviluppato questa allergia per proteggermi e suggerirmi che devo trovare un tipo tranquillo e poco attraente.»
Le ragazze mi fissarono, incredule.
Jacki affondò la forchetta nella lattuga. «Io credo che tu stia perdendo la testa perché tra qualche giorno è il tuo compleanno e non hai un compagno.»
Sentii lo stomaco contrarsi. «Ma che sciocchezza. E poi mi ero completamente dimenticata del mio compleanno» mentii.
In realtà, compiere trentun anni mi angosciava non poco. Mi sembrava che quell’ultimo anno fosse passato talmente in fretta. Da quando ero diventata l’assistente personale di Helena Birch, caporedattore del settimanale Personality, mi sembrava di non avere più tempo per fare altro se non lavorare. Di solito, uscivo di casa quando era ancora buio e vi facevo ritorno quando era ormai sera inoltrata. Dopo secoli, finalmente quel giorno ero riuscita a pranzare con le mie amiche.
«Be’, noi invece non ci siamo scordate del tuo compleanno» disse Denise. «Se giovedì riesci a uscire dall’ufficio intorno alle cinque, ti portiamo a festeggiare da Fitzgerald.»
Mi sforzai di sorridere, rabbrividendo al pensiero di doverlo chiedere a Helena.
Ma avevo davvero bisogno di uscire e movimentare un po’ la mia vita sociale. «Non mancherò» promisi.
Jacki mi rivolse un sorrisetto compiaciuto. «Bene. Ma non dimenticare gli antistaminici, Kenzie, in caso incontrassi qualche uomo.»
Ora che tornai in ufficio mi ero persuasa che l’allergia non mi avrebbe impedito di conoscere l’uomo giusto, e che Helena non mi avrebbe licenziata se le avessi chiesto di uscire prima per festeggiare il mio compleanno con le amiche. Lavoravo come un robot e andavo persino a dormire con il cercapersone. Erano secoli che non mi concedevo una pausa pranzo o un finesettimana libero.
Imboccai le scale e mi accorsi con apprensione che la batteria del cercapersone si era scaricata. Mi affrettai a salire le ultime due rampe, ripetendomi che non poteva essere accaduto nulla di importante, ero stata fuori soltanto un’ora, dopotutto. Appena fui nell’atrio della redazione, vidi Helena che torchiava la receptionist, che non sapeva come scusarsi.
Helena Birch era la tipica donna in carriera: alta e magra, con penetranti occhi azzurri e una lingua estremamente tagliente. Era una redattrice geniale e anche un’ottima PR, sicura di sé e single. Quando l’avevo vista per il primo colloquio, mi aveva terrorizzato, ma stranamente le ero andata a genio e ora il nostro rapporto era molto simile a quello che probabilmente avrei avuto con la mia ambiziosa madre, se fosse stata ancora viva: io facevo di tutto per far piacere a Helena, mentre lei non se ne accorgeva nemmeno.
Helena si voltò verso di me. «Dove sei stata?»
Inspirai profondamente. «Helena, ti avevo detto che avrei pranzato con delle amiche.»
Aggrottò le sopracciglia. «Be’...» Parve ricordarsene, e incrociò le braccia sul petto. «Non hai risposto alle mie chiamate al cercapersone.»
«Si è scaricata la batteria. Di che cosa avevi bisogno?»
Mi avviai verso il suo ufficio e lei mi seguì gesticolando. «C’è stato un contrattempo e non riesco ad andare a un appuntamento. Ho bisogno che tu ci vada al posto mio.»
Mi sentii subito lusingata. Prendere il posto di Helena? Ero confusa da quella dimostrazione di fiducia. «Certo, Helena, lo farò con piacere» risposi.
Mi chiedevo di che cosa avrebbe potuto trattarsi. Una riunione alla Camera di Commercio? Una conferenza? Fortunatamente indossavo un tailleur decente.
«Dimmi di che si tratta.»
Helena mi rivolse un sorriso stranamente complice e amichevole. «Sapevo di poter contare su di te, Kenzie. È tutto pronto nel mio ufficio.»
Stentai a trattenere il sorriso che mi si stava allargando sul viso. Helena aveva finalmente deciso di mantenere la promessa e affidarmi qualche incarico importante.
Aprì la porta dell’ufficio e io la seguii a ruota, ma mi bloccai di colpo quando vidi un ospite accomodato sulla poltrona di Helena. Un cagnolino dal pelo lungo si voltò a guardarmi e sbadigliò. Ebbi un presentimento poco rassicurante.
«Ti presento Angel» cinguettò Helena, prendendo in braccio il cucciolo. «E questa è Kenzie» disse rivolta al cane. «Non è adorabile?»
«Assolutamente» convenni con lei.
«È uno Yorkshire, un soggetto da esposizione» si entusiasmò Helena.
«Ah.» Allungai una mano per accarezzare la cagnolina, che per tutta risposta ringhiò.
Helena rise. «Oh, non avere paura, Angel è dolcissima. Deve solo conoscerti meglio. Quando avrete finito da Tatum, sarete amiche per la pelle.»
Fissai il piccolo animaletto peloso e deglutii, incredula. «Sarebbe questo l’appuntamento a cui non puoi andare?»
«Proprio così» rispose Helena, addolorata. «Il sindaco ha chiesto di incontrarmi e non potevo dire di no. Ma Angel ha un appuntamento al più esclusivo salone di toelettatura della città, e se mancasse farebbe una pessima figura.»
«Helena, avevi detto che mi avresti assegnato un incarico che avrebbe finalmente fatto decollare la mia carriera.»
Helena annuì. «Hai ragione. Prometto che la prossima volta sarà così. Fai solo questa piccola cosa per me.»
Lanciai un’occhiata alla cagnolina. «Ma sono allergica al pelo di cane.»
«Allora ti devo un favore» disse Helena in tono mieloso.
Sospirai e sparai la mia richiesta, prima che Helena cambiasse idea: «Vorrei uscire prima, giovedì prossimo».
Arricciò le labbra perfettamente truccate. «Affare fatto.» Mi rivolse un sorriso magnanimo e mi consegnò il cane.
2
«Allora, che cosa hai dovuto fare per uscire in anticipo dal lavoro?» mi chiese Jacki mentre sorseggiavamo i nostri drink.
Non volevo ammettere davanti alle ragazze che ero stata costretta a fare da dog-sitter - rabbrividii al solo pensiero del pomeriggio passato al salone di toelettatura - e mi strinsi nelle spalle. «Helena non è poi così cattiva come tutti credono. Dopotutto ha il cuore tenero.» Con la sua cagnolina, pensai.
Mi ripromisi che sarebbe stata la prima e ultima volta che prendevo le difese del mio capo, finché non mi avrebbe davvero assegnato un incarico importante.
Mi guardai attorno. Dopo un anno passato con il mio ex fidanzato James e il nuovo lavoro, mi accorsi che non ero più abituata a fare vita di società. Un sorriso impertinente colpì la mia attenzione. Un tipo dai capelli castano chiaro stava chiacchierando con il barista. Non sembrava di queste parti, piuttosto un forestiero. Indossava una maglietta semplice e aveva il viso abbronzato. Pareva si trovasse a proprio agio anche se era da solo.
«Ehi, come va la tua allergia agli uomini?» chiese Cindy, strappandomi ai miei pensieri.
Accidenti, me ne ero quasi dimenticata. «Sempre all’erta» mormorai, rendendomi conto che il ragazzo del bar era proprio il tipo di uomo da cui normalmente mi sentivo attratta e molto probabilmente avrebbe fatto scattare la mia reazione allergica.
«Non dirmi che usi ancora questa scusa patetica per evitare di conoscere qualche