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La lama del boia
La lama del boia
La lama del boia
E-book68 pagine50 minuti

La lama del boia

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Info su questo ebook

Contiene il primo capitolo di Il vangelo del boia

Roma, 4 marzo 1859. Mastro Titta è conosciuto da tutti come il boia del papa. Temuto e al tempo stesso ammirato dal popolo, a ottant’anni non ha smesso di servire fedelmente la Chiesa. Anche un boia però ha una sua morale, e Mastro Titta ha sempre eseguito condanne secondo “giustizia”, dopo la sentenza di un tribunale. Una sera viene prelevato da tre uomini della polizia pontificia che lo invitano a compiere una missione molto particolare. Amelia Corvaro, fantesca presso la casa di un ufficiale francese, deve essere uccisa. La ragione? È una donna troppo chiacchierata, dagli incontri facili, anche con uomini molto potenti. La sicurezza dello Stato è in pericolo. Mastro Titta si rifiuta di compiere quell’atto, la sua coscienza non glielo permette. Eppure qualche giorno più tardi viene ritrovata la testa tagliata di una donna sopra un antico mosaico. Che Mastro Titta ci abbia ripensato? Che sia stato un altro omicida? Quel che è certo è che a Roma si vive una situazione di grande agitazione alla viglia dell’unità d’Italia...
Nicola Verde
È nato a Succivo (CE) nel 1951 e vive a Roma. Ha scritto Sa morte secada, semifinalista al premio Scerbanenco; Un’altra verità, vincitore del premio Qualità editori indipendenti; Le segrete vie del maestrale, finalista al Festival Mediterraneo del giallo e del noir, e La sconosciuta del lago, vincitore della sezione romanzi storici dello stesso premio. Il vangelo del boia è stato finalista nel 2016 al premio Alberto Tedeschi.
LinguaItaliano
Data di uscita23 gen 2017
ISBN9788822705112
La lama del boia

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    La lama del boia - Nicola Verde

    en

    1513

    Precedentemente pubblicato con il titolo L'esecuzione numero 517

    Prima edizione ebook: febbraio 2017

    © 2017 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-0511-2

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Corpotre, Roma

    Nicola Verde

    La lama del boia

    omino

    Newton Compton editori

    Nel ricordo dell’amico Giovanni Battista Bugatti,

    detto Mastro Titta, boja di Roma,

    che mi ha concesso di scrivere queste sue memorie.

    Con affetto fraterno.

    Giuseppe Marocco d’Imola

    Roma, 1870

    La lama del boia

    Caro amico mio, ti ricordi di quando ci siamo conosciuti? Io sì. Avevo ventuno anni e tu, caro Titta, venticinque. Era il 1804, l’anno in cui Sua Santità Pio VII incoronò imperatore Napoleone, accendendo il faro dell’illuminismo nel mondo. Oggi, sessantasei anni dopo, un altro Pio assiste all’accensione di quello di Roma capitale d’Italia.

    Lo so, non erano questi i tuoi sogni, ma i miei sì. In disaccordo anche su questo.

    Ci incontrammo in fondo a via della Longarina, proprio davanti a Ponte Rotto. Te ne stavi seduto in faccia al Tevere e lo guardavi con una strana intensità. Quando ti riconobbi mi avvicinai. Volevo scrivere di te e della tua carriera di giustiziere, così come tu stesso l’hai sempre definita.

    Tu sollevasti la testa guardandomi diffidente; non eri abituato alla vicinanza umana e questo ti faceva sospettoso.

    «A sor coso», mi dicesti con la voce ruvida di chi invita a starsene alla larga, «io non vi conosco e sicuramente neppure va bene che noi si faccia conoscenza!».

    Mi sedetti a fianco a te e tu, di nuovo, mi guardasti, preoccupato che le tue mani e il tuo corpone quadrato spandessero odore di beccaio. Ti desti persino un’odorata veloce e furtiva sotto le ascelle.

    Poi mi dicesti:

    «Potete pure andare a sedervi più in là!».

    «E perché?», ti chiesi. «Vi do così tanto fastidio?»

    «A me? Se è per me, state pure comodo che di posto ce n’è per tutti. Basta che non facciate smorfie».

    «Le ho fatte?».

    Ti rimettesti a fissare il Tevere. Quel giorno era più giallo del solito, un vomito di fiele, certo per via delle piogge abbondanti di quel primo autunno, che se fossero continuate le acque sarebbero presto risalite lungo le sue sponde a invadere la Roma bassa, i suoi tuguri, le sue viuzze che assomigliano a catacombe. Scendeva rapido avvolgendo i fianchi dell’Isola Tiberina; alcuni battelli ne risalivano la corrente e tu li guardavi così intensamente che io, a un certo punto, ti chiesi se avevi intenzione di salirci sopra e di partire.

    «No», mi rispondesti meravigliato. «Perché mai».

    «E già», ripresi io. «Perché mai? D’altra parte andrebbero in senso contrario!». E ti feci un sorriso leggero.

    Erano battelli che, passata Ripa Grande, avrebbero trovato ormeggio al porto di Ripetta; le funi legate a piloni di travertino ricavati da pezzi di Colosseo.

    Chissà a cosa pensavi. Te ne stavi con le gambe raccolte e le braccia a cingerle. Una nebbiolina vaporosa gravava sul fiume, pareva comprimerlo. L’aria era immobile e un tanfo di marciume, mischiato a degli odori acri, vi rimaneva come imprigionato; le ombre di quelle barche scivolavano sull’acqua smuovendola appena.

    «Non mi pare sia consigliabile respirare troppo forte», dissi.

    «Siete un medico?»

    «No», risposi. «Ne ho forse l’aspetto?».

    Longilineo e privo di muscolatura com’ero, di uno non abituato alle fatiche delle braccia, potevo pure trarre in inganno.

    Ignorasti quella mia domanda e mi chiaristi, invece, l’origine di quel lezzo.

    «Sono le concerie del ghetto», dicesti. «La brezza di stamattina ne ha sparso i cattivi odori e, adesso, questa nebbia le trattiene».

    Era vero. Un rancido che prendeva alla gola. Aria malsana che si aggiungeva ad aria malsana. Ci sarebbero voluti fazzoletti imbevuti di aceto, come per il mal di mare che a volte prende quando si viaggia in carrozza. In seguito mi confessasti che in quel posto, in quelle giornate, ci andavi proprio per quell’aria pesante, intrisa d’umidità (Pare un cielo che sgocciola, dicevi) perché assomigliava ai tuoi umori quand’erano grevi e penosi.

    Provai a presentarmi, ma tu ignorasti la mano che ti tendevo. Pensavi forse mi fossi avvicinato con intenzioni depravate.

    «Meglio

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