Lo zaffiro scomparso di Zangrabar: I gialli di Patricia Fisher, #1
Di steven higgs
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Info su questo ebook
Chi ha detto che cinquantadue anni non sono l’età perfetta per una nuova avventura?
Quando Patricia Fisher, una casalinga un po’ sovrappeso, trova suo marito a letto con la sua migliore amica, la sua vita viene improvvisamente stravolta. Invece di piangersi addosso, svuota in tutta calma il conto in banca del marito e si imbarca sulla prima nave da crociera disponibile – che si dà il caso sia la più grande e lussuosa al mondo, l’Aurelia.
In meno di ventiquattr’ore, la fortuna le gira nuovamente le spalle e Patricia si ritrova accusata di un omicidio. Ha inizio una corsa contro il tempo per provare al mondo che non è un’assassina.
Fortunatamente, troverà qualcuno disposto ad aiutarla:
Il suo fedele maggiordomo – il suo accento da perfetto lord inglese e un talento naturale nel piegare le lenzuola saranno senz’altro di grande aiuto!
La bella istruttrice della palestra – Una vita sana e un’alimentazione bilanciata saranno sufficienti a evitarle la galera?
La sua situazione sembra essere disperata, ma è proprio nei momenti più difficili che si è spinti a dare il meglio di sé. Fra intrighi, azione e un segreto riguardante un gioiello di inestimabile valore, Patricia rinascerà dalle ceneri del suo matrimonio e riscoprirà la fenice troppo a lungo sopita dentro di lei.
Parola dell’autore: “I gialli di Patricia Fisher” è una serie avvincente e divertente, priva di violenza o inutili volgarità.
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Anteprima del libro
Lo zaffiro scomparso di Zangrabar - steven higgs
Dedica
A Teresa Daw, per l’ispirazione.
Questo libro è stato concepito quando la signora che lavora alla reception del mio ufficio mi ha chiesto come facessi a trovare nuove idee per le mie storie. Mi sono fermato a pensare cinque minuti e le ho tirato fuori dal nulla una protagonista, un evento che le sconvolgesse la vita e un possibile sviluppo narrativo. Quest’idea è rimasta a lievitare per sei mesi, finché il suo potenziale non mi ha convinto a mettermi a scrivere l’intera storia. Le avventure che state per leggere non sarebbero mai venute alla luce se la gentile Teresa non mi avesse fatto quella domanda.
Sommario
Sorpresa
Southampton
L’Aurelia
Invito a cena
Anelli mancanti
Jack Langley
Pedinamento
Vita sana
Arresti domiciliari
Travestimento
L’uomo misterioso
Finalmente sera
Madera
Uomo a terra
Nessun alibi
Unire i puntini
L’assassino
Il ladro di gioielli
Comunicazione urgente
Resa dei conti
Ricompensa
Nuovo inizio
Sorpresa
Ero allibita. Da me stessa, soprattutto. Sul serio non mi ero accorta di nulla? Come avevo fatto a non cogliere i segnali? Avevano provato a negare, ma era tutto fin troppo ovvio.
Mio marito andava a letto con la mia migliore amica.
Il solo pensiero di questa frase mi provocava un malessere indescrivibile. Stavo guidando sovrappensiero e andavo decisamente troppo veloce. Un colpo di clacson, dopo che avevo svoltato ad un incrocio e per poco non avevo portato via il parafango a un furgoncino che arrivava tranquillo dall’altra parte, mi risvegliò dal mio stato confusionale.
Tirai su con il naso e inghiottii il dolore che sentivo in gola. Avrei avuto voglia di piangere, urlare, gemere, ma le lacrime non volevano uscire. Ero ancora sotto shock. Rimessami al volante a una velocità che mi permettesse di arrivare a destinazione tutta intera, visualizzai un’altra volta l’intera sequenza nella mia testa.
La rivelazione di oggi era stata causata da una svista sulla mia agenda. Per quanto ancora sarebbe andata avanti se il caso non fosse intervenuto? Credevo che io e Maggie avessimo appuntamento per andare insieme dal parrucchiere. Non so chi di noi due avesse capito male, ma di certo lei aveva ben altri programmi per la giornata; uno dei quali comprendeva fare sesso con mio marito.
Molto tempo fa, io e Maggie eravamo compagne di classe. Ci eravamo conosciute il primo giorno di scuola e da allora eravamo diventate grandi amiche. Da adulte, le nostre vite avevano preso strade diverse: a diciannove anni io avevo conosciuto Charlie, il che avrebbe in seguito limitato le mie possibilità di fare carriera, mentre Maggie si era trasferita in città e aveva cominciato a lavorare nel campo dell’editoria, ottenendo grande successo, per poi avviare un’attività propria all’età di trentanove anni. Adesso lavorava principalmente da casa e andava in ufficio non più di una volta a settimana, giusto per controllare che tutto procedesse bene.
I suoi mariti, tutti e tre, l’avevano lasciata, ma lei non ne era mai sembrata troppo sconvolta. Un’alzata di spalle, una bottiglia di vino, e si rimetteva subito in marcia; problema risolto. Era sempre stata un po’ una divoratrice di uomini, ma non avrei mai immaginato che sarebbe stata capace di questo.
Dunque. Charlie era uscito per andare al lavoro come ogni mattina, o almeno questo era lo stratagemma che mi sono bevuta.
Dopo aver ricevuto il consueto bacetto distratto sulla guancia, mi metto seduta davanti alla TV a guardare la replica della finale di ‘Ballando con le stelle’ della sera prima. L’appuntamento con Maggie è segnato sulla mia agenda per le 11, e così verso le 10 e 30 mi do una passata di trucco per coprire le occhiaie – con le quali convivo letteralmente dalla mattina del mio quindicesimo compleanno –, prendo le chiavi dall’uncino accanto alla porta ed esco di casa.
Maggie viveva nel paesino dopo il mio, distante un paio di chilometri. Eravamo cresciute entrambe a East Mailing, e io vivevo ancora qui, mentre Maggie era andata ad abitare dai suoi mariti, trasferendosi di volta in volta in case sempre più grandi e sciccose. Quella dove stava ora era una villa rustica con sei camere da letto, poco fuori West Mailing. Dio solo sa a cosa le servisse tutto quello spazio – davvero troppo per una persona sola –, ma di sicuro non era lei a doversi occupare dei lavori sporchi: aveva a servizio una donna delle pulizie, un giardiniere e un altro tuttofare.
Imboccato il vialetto elegante che conduce all’abitazione, il mio primo pensiero vedendo l’auto parcheggiata davanti casa sua è: Lo stesso modello di quella del mio Charlie
. La trovo addirittura una cosa divertente. Una volta scesa dalla mia auto, e solo allora, i miei neuroni riprendono a funzionare correttamente: è proprio l’auto di Charlie.
Anche di fronte a questo dato di fatto incontestabile, il mio cervello ingenuo mi suggerisce che quei due forse stanno organizzando qualcosa per il mio compleanno tra due settimane.
Stupida Patricia.
Non voglio rovinarmi la sorpresa, ma sono davvero curiosa di scoprire cosa possano aver progettato. Suono il citofono e aspetto fuori dalla porta. Devo suonare una seconda volta prima di ottenere una risposta, ma ad aprirmi non si presentano né Maggie né mio marito Charlie, bensì la ragazza delle pulizie, di cui non mi ricordo il nome. Ha tutta l’aria di essere una giovane mamma con bambini piccoli che ha bisogno di arrotondare svolgendo un lavoretto durante le ore scolastiche. Tiene in mano uno spolverino e uno straccio e indossa dei guanti gialli che cozzano brutalmente con i suoi leggings neri, la maglietta larga e le scarpe da ginnastica.
Io stessa ero stata una donna delle pulizie, un lavoro che avevo cominciato vent’anni fa quando i miei sogni di avere bambini erano stati irreparabilmente spazzati via. Non era un impiego entusiasmante, ma aveva i suoi pregi: mi lasciava parecchio tempo libero, ero il capo di me stessa e, in un certo senso, mi piaceva sbirciare nelle vite degli altri.
La ragazza mi fissa senza dire nulla. «Buongiorno,» le dico, «sono Patricia, un’amica di Maggie. Abbiamo un appuntamento.»
La ragazza fa un cenno con la testa e mi lascia entrare. Ha delle cuffie intorno alle orecchie, di quelle grandi che sono tornate di moda ora, e posso sentire la musica uscire da esse, pur non riconoscendo la canzone. È chiaro che parlarle non serve a nulla, a meno che non metta a urlare.
Una volta allontanatasi, poso la mia borsa e grido ad alta voce: «Maggie. Sbrigati o faremo tardi.»
Sebbene la casa sia enorme, non lo è abbastanza perché la mia voce non arrivi fino a Maggie, dovunque si trovi. Evito di fare il nome di Charlie. Se stanno organizzando una sorpresa per me, non voglio rovinarla, e così sto al gioco facendo finta di non aver notato la sua macchina.
«Maggie!» insisto, non ricevendo alcuna risposta, ma poi sento dei rumori provenire dal piano di sopra; rumori di passi svelti e agitati. Nella mia testa cominciano a farsi strada le prime tracce di sospetto.
Cosa ci fanno al piano di sopra?
Presa dalla curiosità, mi avvio verso la scala a chiocciola. È sul retro della casa, in corrispondenza della torretta dove una volta veniva fatto essiccare il luppolo. Da lì sotto, posso sentire chiaramente la voce di Maggie oltre il soffitto.
«Maggie? Cosa sta succedendo?»
Guardando in alto, la vedo fare capolino in cima alle scale. Ha i capelli disordinati e indossa una vestaglia. I suoi occhi sembrano iniettati di panico.
«Maggie?» ribadisco, visto che non mi risponde.
«Patricia, cosa ci fai qui?» mi chiede. Mentre scende le scale si sta ancora legando la vestaglia intorno alla vita.
Senza pensarci troppo, le dico: «Abbiamo un appuntamento.»
Si ferma per riflettere. «No, è lunedì prossimo, l’11, alle 4. Non ti ricordi? Abbiamo dimenticato di prenotare e quella era la prima data disponibile.»
Mi ero sbagliata e avevo segnato sull’agenda lunedì 4 alle 11. Scuoto la testa per farglielo capire. «Dov’è Charlie?» domando, ricordandomi che mio marito si trova senz’altro qui e non al lavoro, ed essendoci un sacco di indizi che conducono in una direzione che non mi piace affatto.
«Charlie?» risponde titubante – col senno di poi credo stesse cercando di inventarsi una bugia vagamente credibile, ma ormai avevo fiutato la situazione. Le salgo incontro sulle scale per incalzarla. «Ah, sì, Charlie... Ha fatto un salto qui per...»
Non fa in tempo a finire la frase, perché la spingo da un lato e mi incammino spedita verso il piano di sopra.
«Charlie!» strillo, sopraffatta da un senso di rabbia che non provavo da diverso tempo.
In quel momento sento subentrare il terrore, e la speranza, di stare commettendo un errore colossale, perché in fondo è impensabile che mio marito vada a letto con la mia migliore amica. Poteva benissimo esserci una spiegazione sensata che giustificasse il tutto, e a quel punto avrei fatto la figura dell’idiota. Tuttavia, la mia prima ipotesi era quella corretta.
Spalanco con un calcio la porta della camera da letto e lo vedo, mentre cerca in tutta fretta di infilarsi la cintura nei passanti dei pantaloni. La sua giacca è appesa con una gruccia alla maniglia del guardaroba e le sue scarpe sono posizionate ordinatamente fianco a fianco sotto di esso. Non solo aveva appena fatto sesso con la mia migliore amica, ma la cosa doveva andare avanti da parecchio tempo, visto che il fuoco della passione si era ormai esaurito al punto di ritenere opportuno mettere in ordine i propri vestiti dopo essersi spogliati e prima di mettersi a fare le loro cose.
Rimango senza parole.
Charlie mi fissa con lo sguardo di un coniglietto in mezzo alla strada illuminato dai fari, lucido abbastanza da comprendere il pericolo ma incapace di evitarlo. Sembra congelato, con la cintura ancora penzolante. Forse si aspetta che io dica qualcosa, oppure si sta spremendo le meningi per uscirsene con una scusa improbabile. Prima che possa pronunciare la fatidica frase Non è come sembra
, mi giro me ne vado. Mi sento persa, sconcertata, confusa, e anche se i miei piedi si stanno muovendo, non ho idea di quale sia la mia destinazione. Incrocio Maggie nel corridoio e non la degno neanche di uno sguardo. Alla fine, mi ritrovo sulla mia macchina senza sapere come ci sono arrivata.
E questo è quanto. Ero rimasta in questo stato di semi-incoscienza finché quel colpo di clacson non mi aveva restituito alla realtà. Adesso ero quasi arrivata a casa, ma non sapevo cosa sarebbe successo una volta lì. Avrei aperto una bottiglia di gin? Forse. Avrei fatto a pezzi tutti i suoi vestiti e l’avrei cacciato di casa? Idea allettante.
A ciò va aggiunto che, durante tutta la mia vita, l’unica persona a cui mi ero rivolta quando avevo un problema era proprio Maggie. Avevo subito diversi aborti spontanei, il peggiore a cinque mesi di gravidanza. Adesso erano ricordi distanti quasi vent’anni, ma era stata sempre Maggie a consolarmi. Anche ai tempi della scuola, Maggie era la spalla su cui piangevo per gli amori non corrisposti. E invece adesso, nel giorno più brutto della mia vita, non avevo nessuno su cui poter contare.
Avevo altre amiche, certo, ma con nessuna di esse mi sentivo abbastanza intima per affrontare una situazione del genere. Se mio marito mi avesse tradito con chiunque altra, e non proprio con Maggie, avrei fatto le valigie e sarei andata immediatamente da lei a chiederle conforto e ospitalità. Mi avrebbe accolta a braccia aperte.
Con questo pensiero in testa, mentre svoltavo sul viale di casa mia, mi resi conto che non potevo più stare qui. Dovevo cambiare aria. Era un piccolo paese e tutti mi conoscevano. Non avevo intenzione di affrontare questa umiliazione. Inoltre, questa era la nostra casa. La osservai dal finestrino della mia macchina provando nient’altro che repulsione. Ci vivevamo insieme da una vita. Charlie aveva già un buon lavoro quando ci eravamo conosciuti. Dopo aver fatto pratica come tirocinante in un ufficio assicurativo, era stato assunto da uno studio importante a Londra. Aveva ventiquattro anni quando ci siamo sposati. Portava a casa già un bello stipendio e diceva di voler acquistare subito la casa più grande che potessimo permetterci, invece di continuare a stare in affitto per chissà quanti altri anni. Sosteneva che da lì a poco i prezzi del mercato immobiliare sarebbero schizzati – e aveva ragione. Se avessimo aspettato ancora, probabilmente non ci saremmo mai potuti permettere questa casa.
Dove prima c’era la testimonianza della nostra unione, adesso vedevo solo il volto del tradimento. Strinsi gli occhi sperando che le lacrime venissero fuori.
Mi arresi dopo dieci secondi. Tutto ciò che provavo erano rabbia, risentimento e il vago abbozzo di un’idea. Tagliargli i vestiti o distruggere la sua preziosa collezione di dischi non lo avrebbe fatto soffrire abbastanza. Prosciugargli il conto in banca, invece, sì. Sul lavoro, Charlie si occupava di contabilità ogni giorno, e ci si sarebbe aspettato che facesse altrettanto anche con le finanze di famiglia, ma in realtà si rifiutava di occuparsene, sostenendo di non avere voglia di rimettersi a fare i conti anche a casa. I nostri risparmi erano sempre stati sotto la mia responsabilità. Charlie forse lo ignorava, ma anche le password per l’accesso online a tutti i nostri conti in banca, incluso il suo, erano in mano mia. Probabilmente non sapeva neanche quanti soldi ci fossero dentro.
Accennai un sorriso diabolico. Il mio piano stava prendendo forma. Mi tolsi la cintura di sicurezza ed entrai in casa. Accesi il mio portatile e misi a bollire l’acqua per il tè; poi ci ripensai, spensi il fuoco e mi riempii un bicchiere di gin.
Non saprei dire da dove mi fosse venuto questo approccio calmo e metodico. So solo che nei trenta minuti seguenti avevo fatto tre valigie – con più di metà delle mie cose e una pila di libri che ancora dovevo leggere – e avevo trasferito tutti i soldi dai vari conti sul mio conto personale: novantasettemilaquattrocentododici sterline e diciotto penny, per la precisione.
L’app della banca mi aveva chiesto più volte se fossi sicura, sottolineando che non avrei più ricevuto la quota di interessi, ma non poteva fregarmene di meno. Sapevo bene quel che stavo facendo.
Dopo aver festeggiato con un secondo bicchiere di gin e acqua tonica, decisi che il terzo sarebbe stato di troppo. Presto avrei avuto modo e tempo di bere tutto il gin che mi pareva.
Stavo per andarmene in crociera.
Southampton
Avevo provato a convincere Charlie a fare una crociera con me da tempo immemore. All’inizio mi rispondeva con una risata beffarda, come se fosse qualcosa che non potevamo permetterci, nonostante sapessimo entrambi che potevamo e come. Poi aveva cominciato con le scuse, adducendo una serie di motivi ridicoli per non andare: E se poi ci sta antipatica l’altra gente?
, E se non ci piace la nave?
, Guarda che una volta in mare non possiamo più andarcene via
. Alla fine, aveva dovuto ammettere che non gli piaceva l’idea di stare su una nave. Credo che avesse una fobia dell’oceano o qualcosa del genere.
Gli piaceva la Cornovaglia. Andavamo in Cornovaglia ogni estate, tranne una volta che avevo puntato i piedi e mi ero fatta portare in