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Azazel
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E-book241 pagine3 ore

Azazel

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Info su questo ebook

La ricerca di un assassino nascosto nell’ombra guida i passi di Marco lungo un cammino che diventerà una rivelazione, ed il compiersi del suo destino diventerà il destino del mondo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788835846840
Azazel

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    Anteprima del libro

    Azazel - Domenico Schipani

    1

    Il furgone portavalori procedeva ad andatura sostenuta ma costante.

    Imboccò l’uscita dell’autostrada senza decelerare a sufficienza e gli pneumatici gemettero a lungo nel percorrere il curvone che immetteva sulla B u ndesstraße 2.

    I colori dell’alba tingevano d’arancio la segnaletica ed il grigio dell’asfalto e Petter ruotò leggermente il capo e socchiuse gli occhi osservando nello specchietto retrovisore il disco rossastro del sole che si sollevava sull’orizzonte come un carbone acceso.

    Il cielo era limpido e prometteva una splendida giornata.

    Trasportavano una notevole quantità di denaro quel giorno e Petter sapeva che quel viaggio poteva essere pericoloso, molto di più di tutti quelli fatti in precedenza ma questo pareva non preoccupare Egbert, il suo compagno di viaggio, che continuava a trafficare con il suo cellulare, il fucile poggiato tra le gambe ed una attenzione prossima allo zero su tutto quello che gli accadeva intorno.

    Come poteva essere così irresponsabile?

    Conosceva Egbert da un po’ ma poche volte avevano lavorato insieme e comunque nelle occasioni precedenti non aveva mai avuto un’aria così svagata.

    Petter lo guardò ancora e quando la sua voce risuonò nell’abitacolo strappò ad Egbert un sussulto costringendolo suo malgrado ad abbandonare il mondo parallelo in cui si era trasferito che, per quanto ne sapeva Petter, aveva come porta d’accesso il suo maledetto cellulare.

    « Metti via il telefono e tieni gli occhi aperti Egbert, non stai partecipando ad una gita domenicale » .

    Avrebbe voluto ribattere in qualche modo e forse era anche pronto a farlo, ma lo sguardo duro di Petter non lasciò spazio a repliche e tutti i propositi di ribellione di Egbert si misero a cuccia ubbidienti scodinzolando.

    Mise il cellulare in tasca senza dire una sola parola, infastidito, stringendo la canna del fucile con un’energia che non lasciava dubbi sul suo stato d’animo e senza degnare Petter di uno sguardo cominciò a fissare la strada.

    Questo viaggio non poteva andare peggio, pensò fra sé Petter.

    Era partito male sin dall’inizio quando il suo superiore aveva deciso di affidare l’intera somma di denaro ad un unico trasporto e senza una scorta aggiuntiva. L’idea iniziale di dividere il denaro in due parti da affidare a due diversi blindati a cui far percorrere strade diverse che pareva essere la soluzione migliore, improvvisamente era stata messa da parte, senza un motivo apparente, giustificata da Gunter, il capopattuglia, con un’affermazione che a Petter parve senza alcun fondamento.

    Sospirò massaggiandosi delicatamente le tempie nell'inutile tentativo di tenere a bada il mal di testa che stava rapidamente guadagnando terreno, ripensando a quanto era accaduto il giorno prima quando Gunter era arrivato accompagnato dalla sua aria tronfia che non lo abbandonava mai, gonfio della sua arroganza e della sua presunzione, pronto a dettare le ultime istruzioni ovviamente senza chiedere alcun consiglio né tantomeno anche solo ipotizzare di mettere in discussione quanto aveva deciso.

    Gunter si sentiva una sorta di super soldato a metà strada tra Rambo ed un Avengers ma l’unica cosa certa che si poteva affermare era che non sempre partoriva delle idee brillanti e, quello che aveva comunicato il giorno prima, ne era la prova lampante.

    Era entrato senza salutare e, dopo aver poggiato le natiche sulla scrivania, aveva iniziato immediatamente a parlare col suo solito tono di voce, quello di cui ormai tutti i presenti nella stanza conoscevano il significato.

    Come un abile prestigiatore aveva fatto scomparire nella manica la carta che aveva mostrato inizialmente e che prevedeva l’uso di due blindati sostituendola con una di poco valore che avrebbe affidato l’incarico a due soli uomini a bordo di un unico mezzo.

    « Saremo invisibili » aveva detto, e continuando a citare improbabili frasi del suo personale manuale new age aveva concluso con la citazione che preferiva. « Il miglior modo di nascondersi e restare in piena vista » .

    Peccato che quelli in piena vista saremo noi e non lui pensò Petter, lasciando che la sua voce desse vita al pensiero che gli aveva attraversato la mente risvegliando per qualche secondo l’attenzione intorpidita del suo compagno di viaggio che lo osservò perplesso prima di ripiombare nel vuoto da cui era emerso.

    Il viaggio continuò nel più assoluto silenzio mentre il sole inondava di luce il giorno.

    I potenti motori elettrici del fuoristrada in scala che Aaron teneva in mano ronzarono come enormi calabroni e, tutte le volte che Conrad spostava la leva del radiocomando per azionare i movimenti delle ruote, Aaron lo sentiva scalciare e strattonare come una bestia che volesse liberarsi dalla presa che gli impediva di muoversi e, tenendolo stretto perché non gli sfuggisse di mano, si sorprese a pensare di come quell'ammasso di ferro e plastica sembrasse dotato di vita propria, una sorta di animale e, sorridendo, lo vide per quello che sarebbe stato, un animale feroce pronto a divorare ed uccidere.

    « Usciamo » disse asciutto Conrad, « voglio provare la portata del radiocomando » .

    Aaron fece scorrere non senza difficoltà la pesante porta in ferro del vecchio magazzino ormai in disuso da anni che terminò la sua corsa contro i respingenti malconci incapaci di contenerne l’urto. Il rumore di metallo esplose nel deposito vuoto come un tuono rimbalzando in ogni angolo come fosse alla ricerca di una via di fuga per poi spegnersi nel silenzio.

    L’enorme cortile era deserto e l’aria tiepida della primavera era certo un piacevole baratto rispetto all'aria fredda ed umida che regnava all'interno del magazzino e che sapeva di ferro e di ruggine come i ricordi di un vecchio che racconta una storia che ormai non interessa più nessuno che il tempo si stava affrettando a cancellare.

    « È molto meglio qui fuori » disse Aaron mentre si massaggiava il braccio con cui reggeva il grosso modellino come a voler scacciare il freddo che aveva accumulato rimanendo all'interno del magazzino.

    « Forse » gli rispose Conrad, « ora però posa a terra il modellino ed allontanati di qualche passo » .

    Aaron si affrettò ad ubbidire osservando il piccolo fuoristrada che schizzava in avanti ad una velocità inaspettata, scartando e zigzagando, mentre attraversava il piazzale col suo ronzio da calabrone guidato dalla sapiente mano di Conrad che gli faceva cambiare direzione con maestria, evitando gli ammassi d’erba più folti che avevano vinto la loro battaglia contro il cemento ed adesso infestavano il cortile.

    Il rumore secco dello sportello che si chiudeva li fece girare di scatto verso i nuovi arrivati mentre, contemporaneamente, Conrad poneva fine alla corsa del piccolo fuoristrada che rimase immobile in mezzo al cortile e che visto da lontano appariva falsamente innocuo. Un giocattolo abbandonato da un bimbo che era corso a casa in tutta fretta spinto dall’urgenza del richiamo di sua madre. Un leone travestito da agnello.

    In silenzio osservarono l’uomo e la donna che si avvicinavano costretti a percorrere a piedi qualche decina di metri dai dissuasori ormai arrugginiti posti a difesa dell’ingresso che, come caparbie sentinelle, impedivano l’accesso alle macchine.

    Avanzarono con passo deciso fermandosi ad un paio di metri da Aaron e Conrad.

    Lucrezia si tolse gli occhiali scuri e con un sorriso soddisfatto aprì la grossa sacca che portava a tracolla estraendone un pacchetto accuratamente incartato con della carta da pacchi marrone ed assicurato con dello spago.

    Darius, l’uomo che stava con lei, rimase in silenzio senza che l’espressione del suo viso tradisse alcuna emozione.

    « È quello che penso » ? chiese Conrad.

    « È esattamente quello che pensi » gli rispose con tono sornione Lucrezia porgendogli il pacchetto.

    « Come puoi sentire dal peso è in quantità sufficiente per avere la certezza che tutto funzionerà secondo i piani » .

    « È stato difficile procurarselo » ? aggiunse Aaron.

    « Non è stato semplice ma nemmeno eccessivamente difficile averlo, quello che più conta » puntualizzò Lucrezia, « è che la persona che me lo ha procurato è uno di cui fidarsi e che nel momento in cui mi ha consegnato il pacco ha dimenticato di avermi incontrata » .

    «Bene» esclamò Conrad, «questo è fondamentale affinché la nostra operazione abbia successo».

    «Quando tutto sarà finito non ci dovrà essere alcun indizio né pista da seguire che possa ricondurre a noi, quando tutto sarà finito noi dovremo essere dei fantasmi».

    «Spero non in senso letterale» disse con tono scherzoso Aaron.

    Conrad non rispose limitandosi a guardare Aaron ed i suoi occhi erano come lame.

    Soppesò ancora una volta il pacchetto che aveva in mano poi, consegnato il radiocomando a Aaron con l’implicito invito a recuperare il fuoristrada che era rimasto in paziente attesa al centro del cortile, girò le spalle al piccolo gruppo e rientrò nel capannone.

    Aaron si mosse lentamente verso il centro del cortile mentre anche Lucrezia e Darius rientravano nel capannone ora illuminato dalla luce polverosa di alcune lampade al neon.

    Sollevò il fuoristrada poggiandoselo al petto e con la mano sinistra afferrò una delle grosse ruote e la fece girare lentamente forzando la resistenza degli ingranaggi del motore.

    Un vrrrrr sommesso accompagnò il movimento ed Aaron continuò a girare la ruota quasi senza rendersi conto di farlo con lo sguardo fisso verso un punto imprecisato del cielo in cui le luci del giorno si andavano spegnendo lentamente.

    Due giorni, ancora due giorni e sarebbe stato il momento dell’azione e lui, decisamente, non si sentiva pronto.

    Aveva accettato perché aveva dannatamente bisogno di quattrini ma adesso che il momento era arrivato si sarebbe tirato indietro volentieri. Sorrise di un sorriso amaro. Se anche avesse voluto non glielo avrebbero permesso e se avesse insistito non era escluso che Conrad o Darius lo facessero fuori.

    Chiuse gli occhi e si riempì i polmoni d’aria inspirando forte e quando li riaprì gli parve di poter udire distintamente i battiti del suo cuore che scandivano il tempo come un orologio mentre l’azzurro del cielo diventava sempre più cupo.

    Si girò e vide che Conrad era fermo sulla soglia del capannone e lo osservava, meglio non fargli venire in mente strane idee pensò tra sé, se nei suoi comportamenti avessero colto una qualche indecisione non aveva alcuna idea di cosa sarebbe potuto accadere e di certo non era sua intenzione scoprirlo.

    Sollevò il braccio in segno di saluto ma il movimento gli sembrò goffo.

    Abbozzò un sorriso pensando di aver visto compiere quel gesto tante volte in una serie televisiva che seguiva volentieri, c’era solo una differenza, il tenente Colombo era una volpe che fingeva di essere uno sprovveduto mentre lui era solo uno stupido che aveva pensato di essere furbo imbarcandosi in una impresa che adesso lo terrorizzava.

    Si incamminò verso Conrad che continuava a fissarlo, girando la ruota del fuoristrada che lo accompagnava con il suo vrrrrr sommesso.

    Quando raggiunse l’ingresso del capannone Conrad era rientrato.

    Varcò la soglia e, senza dire una sola parola, poggiò il grosso fuoristrada su un tavolo di ferro dalle gambe arrugginite che un neon malfunzionante illuminava con dei flash della sua luce lattiginosa, accompagnata dalla scarica che gli elettrodi producevano nel disperato tentativo di generare un contatto stabile.

    Si girò verso gli altri che parevano essersi accorti a malapena del suo ingresso e li guardò con aria triste.

    Pensò che in quel momento avrebbe voluto essere altrove, avrebbe voluto essere qualcun altro, ed il desiderio disperato di una vita normale che non gli sarebbe mai più potuta appartenere gli passò accanto per un attimo per poi perdersi nelle ombre senza forma accucciate negli angoli poco illuminati che amplificavano il senso di desolazione che regnava nell’enorme stanzone.

    «Porta qui il fuoristrada» disse Conrad rivolgendosi a lui senza guardarlo.

    Aaron ubbidì senza fiatare rassegnato all’idea di essere solo un sottoposto, manovalanza assoldata per agire senza pensare e soprattutto senza mai mettere in discussione quanto gli veniva chiesto di fare.

    «Adesso proveremo come gli sta il vestito nuovo» disse Conrad, e quando Lucrezia gli porse il pacchetto che lei stessa aveva portato egli prese a scartarlo con aria soddisfatta.

    Gettò via l’involucro e mostrò agli altri il contenuto, una forma rettangolare che ricordava un piccolo mattone di plastilina. Ciò che Conrad aveva in mano era però tutt’altro che innocuo, avevano una quantità di esplosivo al plastico sufficiente a radere al suolo una casa.

    «Pensi di usarlo tutto»? chiese Darius.

    «Pensi sia eccessivo»?

    «Forse» rispose pensieroso, «non vorrei rischiare di rovinare tutto per un errore di valutazione».

    Conrad chiuse gli occhi e rimase in silenzio esplorando la superficie della forma di esplosivo che aveva in mano con le movenze di un cieco che stia esaminando un oggetto sconosciuto.

    «E sia» aggiunse infine, «ne useremo solo due terzi, nemmeno io voglio rischiare di mandare in fumo tutto il nostro lavoro».

    Senza aggiungere altro separò la quantità di plastico che aveva intenzione di utilizzare affidando quanto era rimasto nelle mani di Lucrezia.

    Sollevò il fuoristrada e fissò l’esplosivo sotto la pancia del modellino assicurandolo con del nastro adesivo grigio, vi infilò dentro il detonatore e con altro nastro vi fissò vicino il congegno che avrebbe innescato l’esplosione.

    A lavoro finito si girò verso gli altri che avevano osservato la scena in silenzio.

    «Ancora due giorni e questo delizioso giocattolo ci riempirà le tasche di quattrini» disse, concludendo la frase con una risata fragorosa a cui tutti si accodarono, tutti tranne Aaron che sentiva il cuore pesante schiacciato dall’oscuro presentimento che per lui le cose sarebbero finite male.

    Martedì 17 aprile 2018

    «Useremo due macchine» disse Conrad, «Darius e Lucrezia a bordo del pick-up aspetteranno il furgone portavalori in una delle diramazioni laterali della B u ndesstraße 2, ed al momento opportuno si immetteranno sulla strada principale in modo da rallentare la corsa del blindato».

    «Ho già scelto il punto più favorevole in modo che possiate vedere con largo anticipo l’arrivo del veicolo» disse rivolgendosi a Lucrezia che assentì con un gesto del capo.

    «Io ed Aaron, invece, seguiremo il furgone a distanza in modo da non insospettirli e, quando li avrete costretti a rallentare, metteremo sulla strada il nostro simpatico giocattolo. Penserò io a farlo arrivare sotto il furgone e quando vi darò il segnale voi accelerate in modo da allontanarvi in fretta e non restare coinvolti nell'esplosione».

    «Probabilmente il furgone si capovolgerà ma, comunque vada, dovremo agire in fretta».

    «Come pensi di costringerli ad aprire»? chiese Aaron, e prima di ricevere una risposta aggiunse «e se dovessimo incrociare qualche macchina»?

    Conrad si girò verso di lui guardandolo con aria di sufficienza.

    «Ho pensato a tutto stai tranquillo».

    «Se dovessero decidere di fare gli eroi, cosa di cui dubito, ho preparato per loro un regalino aggiuntivo che spalancherà ogni porta, e per rispondere alla tua seconda domanda spero che nessuno decida di percorrere quel tratto di strada mentre noi saremo impegnati».

    Il tono con cui pronunciò le ultime parole non lasciò dubbi su cosa sarebbe potuto accadere ai malcapitati che avessero attraversato la strada di Conrad nel momento sbagliato ed Aaron si limitò ad assentire senza avere il coraggio di dire ciò che pensava.

    Non voglio che muoiano degli innocenti continuava a ripetersi in modo ossessivo come una cantilena, ma i suoi pensieri rimasero urla silenziose.

    La radio trasmetteva una vecchia canzone dei Frankie Goes to Hollywood e la voce di Holly Johnson recitava Io ti proteggerò dagli artigli dell’incappucciato e terrò lontano i vampiri dalla tua porta, sembra come fuoco ed io sono così innamorato di te ed i sogni sono come angeli che tengono a bada il male colmando il silenzio che regnava all'interno dell’abitacolo della vettura, dove Darius e Lucrezia aspettavano pazienti l’arrivo del furgone portavalori.

    Tenevano costantemente sotto controllo la curva da cui il furgone sarebbe arrivato pronti ad entrare in azione e, mentre le ultime parole di The power of love invadevano l’abitacolo spegnendosi sulle note finali, finalmente la loro attesa giunse al termine.

    Darius ruotò la chiave d’accensione ed il motore brontolò con il suo suono sordo e mentre Lucrezia spegneva la radio il telefono prese a squillare.

    Era il segnale con cui Conrad gli ricordava che era il momento di agire.

    Lucrezia fece scivolare il dito sullo schermo e pronunciò solo due parole prima di lasciar cadere il cellulare nello spazio sotto il cruscotto.

    «Siamo pronti».

    L’auto balzo in avanti in modo brusco immettendosi sulla strada principale nell'esatto istante in cui il furgone portavalori sopraggiungeva e le ruote, slittando sul terreno, sollevarono il pietrisco che colpi il fondo del veicolo come grandine.

    Conrad aveva studiato il piano nei minimi particolari.

    L’auto avrebbe rallentato il furgone ed il tratto di strada scelto, interessato da lavori che restringevano la carreggiata per un centinaio di metri, avrebbe impedito qualsiasi tentativo di sorpasso.

    Il resto sarebbe stato facile.

    Il silenzio che regnava nel furgone a Petter dava quasi un senso di claustrofobia, non che amasse molto chiacchierare ma, in quell’occasione, scambiare qualche parola con il suo compagno di viaggio avrebbe di certo allentato la tensione.

    Si rassegnò all’idea che Egbert gli avrebbe probabilmente tenuto il muso fino alla prossima glaciazione e cercò consolazione nel pensiero che presto il viaggio sarebbe giunto al termine e lui avrebbe potuto tornarsene a casa e dimenticare quella brutta giornata.

    Vide la macchina sbucare dalla strada laterale all’improvviso, sobbalzando e con la chiara intenzione di non voler dare alcuna precedenza.

    Pestò pesantemente sul freno senza pensare e le sue imprecazioni si confusero con lo stridore delle ruote sull’asfalto. Era riuscito ad evitare l’impatto ed ora, con la mano premuta sul

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