Cacciatori di sogni
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Una storia d’amore delicata e speciale.
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Anteprima del libro
Cacciatori di sogni - Domenico Schipani
Domenico Schipani
Cacciatori di sogni
UUID: 37669674-336a-4b59-9efd-44924d6550dd
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I fatti ed i personaggi della storia
sono frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone
o avvenimenti reali
è puramente casuale.
L’amore non dà nulla fuorché se stesso
e non coglie nulla se non da se stesso.
L’amore non possiede,
né vorrebbe essere posseduto
poiché l’amore basta all’amore.
Khalil Gibran
Breve è il viaggio degli uomini, incapaci di vedere e resi ciechi dall’illusione di poter imbrigliare il fato, sentendosi depositari di una menzogna di immortalità che stringono al petto come una certezza. Provano a governare il vascello della loro esistenza sballottato dal mare in tempesta della vita attraversando il frammento di tempo che hanno avuto in dono, sorgendo dall’oscurità alla luce come l’alba di un nuovo giorno e portando sulle spalle un sacco pieno di speranze e di sogni destinato a diventare sempre più pesante, quando a riempirlo saranno il dolore e la fatica del viaggio. Finché tutto, alla fine, si ridurrà alla ricerca di uno scopo per il loro esistere o di una ragione per le loro pene.
Eppure se ti trovassi, se riuscissi a dare un senso a questo mio vivere perdendomi nel suono cristallino delle tue risate o inabissandomi nel colore dei tuoi occhi e se solo potessi stringerti forte le mani e legare il tuo cuore al mio, forse l’oscurità passerebbe oltre e lascerebbe che questa mia vita, che è solo un istante nell’eternità del tempo, si spegnesse nella luce del tuo amore
.
1
Si era messo in viaggio nel tardo pomeriggio e quando le nuvole che gravavano sull’orizzonte avevano cominciato a gonfiarsi di luce il giorno stava ormai battendo in ritirata. Le ombre cancellavano il paesaggio come nere macchie di inchiostro e quando un lampo squarciò il cielo puntando verso terra, illuminò di una luce fredda il mondo ridando i contorni alle cose. La potente scarica elettrica sfrigolò nell’aria come un crepitio ed il lampo aveva la forma del forcone di un demone e nell’attimo stesso in cui toccò terra, poco oltre una macchia di alberi, il tuono esplose in tutta la sua potenza lacerando il silenzio con un rumore assordante. Pestò il pedale del freno d’istinto inchiodando la macchina che terminò la sua corsa sbandando leggermente di lato. La strada era deserta ma accostò comunque al margine della carreggiata e prima che l’eco dell’esplosione si spegnesse, la pioggia iniziò a cadere copiosa tamburellando frenetica sulla carrozzeria dell’auto. Attese una manciata di minuti fino a che non reputò che la visibilità per rimettersi a guidare fosse accettabile e riprese il cammino mentre i lampi continuavano a balenare nel ventre delle nuvole come gigantesche zucche di halloween posate sull’orizzonte. Duncan Sommers, pittore a tempo perso, come amava definirsi era di ritorno da uno degli eventi a cui saltuariamente partecipava e dove aveva proposto al pubblico alcuni dei suoi lavori anche se, in cuor suo, sapeva bene che non erano vere e proprie mostre ma si riducevano per lo più a delle fiere disertate dal grande pubblico e dalla critica. Artisti mai divenuti noti, nonostante alcuni fossero davvero bravi, che si erano ridotti a partecipare a quelli che Duncan chiamava i raduni delle ombre ed il cui unico scopo era quello di portare a casa una manciata di quattrini per poter continuare a coltivare la speranza che, prima o poi, il mondo si sarebbe accorto della loro esistenza. Quel giorno aveva ceduto un paio di paesaggi rubati alle colline umbre e lo scorcio di un vecchio castello con uno dei torrioni mezzo diroccato che si stagliava solenne su un promontorio illuminato dalla luna piena ma, alla fine, si era rifiutato di vendere il ritratto del viso di una donna mai venuta al mondo che aveva portato con sé e che viveva in un angolo segreto della sua mente e del suo cuore. In verità il quadro era rimasto al sicuro nel portabagagli della sua auto e di certo l’idea di poterlo realmente vendere non era mai stata presa seriamente in considerazione, per cui era ormai certo di averlo portato con sé solo per mettere alla prova se stesso. Prova fallita
aveva pensato mentre risaliva in macchina sorridendo di sé e del suo piccolo segreto. Per tornare a casa aveva scelto di percorrere delle strade provinciali allungando notevolmente il tempo necessario per il viaggio e le sue continue soste per fissare nella mente particolari del paesaggio che avrebbe potuto usare in uno dei suoi prossimi lavori, avevano inevitabilmente peggiorato le cose. Si era ritrovato all’ora di cena ancora lontano da casa e con una pioggia che cadeva insistente che lo aveva costretto a diminuire in modo drastico la velocità. Raggiunse un paesino di un pugno di case arrampicate sui fianchi della collina che erano quasi le sette e quando vide le luci di un’osteria ancora aperta nonostante il diluvio che si riversava sul mondo, ringraziò la sua buona stella. La padrona del locale era un donnone corpulento con due gote rosse come carboni accesi ed in quella sera di fine ottobre faceva sia da cameriera che da cuoca muovendosi agile fra i pochi clienti che occupavano i tavoli. Gli servì la cena senza farlo attendere troppo ed egli consumò il suo pasto completamente immerso nel corso dei suoi pensieri interrotto, di tanto in tanto, dalle risate fragorose della padrona del locale che si era seduta ad uno dei tavoli in compagnia di due giovani donne raccontando qualcosa di cui Duncan non riuscì a cogliere il significato ma che aveva trascinato le ragazze in una spirale di risate da cui non riuscivano ad uscire. Poggiò la forchetta nel piatto continuando a tenerla fra le dita e si sentì invidioso della facilità e dell’apparente serenità con cui le donne parevano passare attraverso questa vita ed il desiderio di poter essere come loro e di poter ridere scordandosi dei tormenti della propria anima si levò prepotente al di sopra di ogni altro pensiero. Abbassò gli occhi e sperò per loro che fosse davvero così e che le loro risate non fossero solo una delle tante maschere indossate per partecipare al carnevale della vita e che potessero davvero tenere lontano da loro il fardello del dolore che, inevitabilmente, prima o poi si sarebbero caricate sulle spalle. Quando uscì dal locale aveva quasi smesso di piovere e l’odore della campagna bagnata gli riempì le narici, l’orizzonte era ancora illuminato dai lampi del temporale che pareva aver deciso di spostarsi altrove e Duncan pensò che forse non erano i lampi ma le luci di una gigantesca officina dove qualcuno stava tentando di risaldare insieme i pezzi del mondo. Viveva in Italia da quasi tre anni, da quando aveva lasciato la Scozia dove era nato e cresciuto senza mai riuscire a trovare la sua strada da percorrere e da cui si era allontanato spinto dalla speranza che un nuovo inizio potesse segnare per lui un punto di svolta. Aveva scelto l’Italia e l’Umbria solo perché alcuni anni prima erano state la meta di alcuni giorni di vacanza che ricordava piacevolmente ed in cui era riuscito ad essere sereno ma adesso, a posteriori, si rendeva conto che non esiste modo per poter sfuggire a se stessi. Dipingeva da sempre ma fino a che era rimasto in Scozia non aveva mai creato le condizioni che permettessero alla notorietà di poterlo anche solo avvicinare. Non aveva mai partecipato a mostre o concorsi o qualsiasi altra manifestazione dove dovesse mettersi in gioco restando lontano da attenzioni che non desiderava e rifugiandosi nell’ombra. Si era sempre sostenuto con i guadagni del suo negozio di libri che curava in modo quasi maniacale e che aveva lasciato solo quando suo cugino gli aveva giurato che ne avrebbe avuto la stessa cura fino a che lui fosse stato lontano e nonostante desiderasse che la sua vita trovasse compimento nell’amore per un’altra persona non aveva mai avuto una relazione stabile. Chi lo conosceva definiva il suo carattere cupo, scostante ed il suo modo di fare gelido e privo di emozioni ma se avessero potuto guardare oltre la superficie di roccia sotto cui si era rifugiato, avrebbero visto la sua anima ardere come la lava di un vulcano che aspetta solo di trovare la via per esplodere in una pioggia di lapilli. Non era mai successo ed i suoi giorni si erano ingrigiti sotto il cielo di un mondo che ogni giorno pareva essere in grado di dispensare solo cattiveria e crudeltà e nell’incapacità di vedere il buono che si celava ai suoi occhi continuava a covare il suo desiderio in segreto nell’angolo più nascosto del suo cuore, sentendosi pellegrino su questa terra e viandante senza una meta. Il temporale, che pareva aver deciso di trasferirsi altrove, lo stava aspettando al suo rientro a casa e quando scese dalla macchina il vento gli sputò prontamente in faccia gocce di pioggia gelida. Raggiunse rapidamente l’ingresso sentendo le tempie che pulsavano forte sotto la stretta del mal di testa che era cresciuto di intensità nell’ultima ora e quando il tuono esplose rotolando attraverso le nubi come sassi su un pavimento di legno ebbe l’impressione che il rumore si generasse direttamente all’interno della