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La sacra ampolla di Baal
La sacra ampolla di Baal
La sacra ampolla di Baal
E-book527 pagine7 ore

La sacra ampolla di Baal

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Info su questo ebook

Un uomo, Toni, che, dopo l’inspiegabile scomparsa di una sua giovane amica, lotta con le follie della sua mente, ossessionato dalla gelosia verso la moglie fino a odiare a morte il suo migliore amico.

Un bambino che forse mai saprà perché fosse ancora felicemente al mondo.

Un falco di un’intelligenza superiore.

La spiccata moralità di don Cosimo, spesso in conflitto con la propria coscienza, esitante persino a confessare i propri sentimenti alla donna amata per paura di perdere la sua amicizia.

La sparizione di un uomo senza scrupoli all’inizio del ‘700.

Tutti inconsapevolmente legati a un comune filo conduttore: una misteriosa ampolla ritornata alla luce dopo tre secoli.
LinguaItaliano
Data di uscita23 lug 2020
ISBN9788831686648
La sacra ampolla di Baal

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    Anteprima del libro

    La sacra ampolla di Baal - Corrado Morale

    Gea

    LA SACRA AMPOLLA DI BAAL

    CAPITOLO I

    L’escursione sui Nebrodi

    Le mani tenevano teso il laccio; era il momento giusto per farlo, ne era certo; confidava nella propria prestanza fisica. Sospeso dietro l’amico, che gli indicava sotto di loro una murena, con un gesto deciso, smorzato dalla pressione dell’acqua, lo afferrò col laccio per la gola e cominciò a stringere così forte da tranciargli il boccaglio. L’amico cercò di reagire dimenandosi, trascinandolo con sé per qualche metro nel buio fondale. I disperati tentativi per liberarsi durarono poco: aveva inalato acqua e già la sentiva nei polmoni. Allentò la stretta solo quando lo sentì sospeso nell’acqua. Lo girò tirandolo per una spalla. Sbarrò gli occhi nel vedere lo sguardo dell’amico dietro la mascherina, con gli occhi spalancati come quelli di un folle, che rideva.

    Lanciò un urlo sobbalzando sul letto, sudato e affannato.

    Toni! si girò la moglie, spaventata, tirandosi su anche lei. Di nuovo?

    Lui rimase zitto, tanto era frastornato.

    Devi parlarne a quel tuo amico medico. Bisogna trovare una soluzione, non puoi continuare così insistette lei, preoccupata, passandogli la mano sulla fronte sudata. Dai su, distenditi e rilassati, stiamocene a letto ancora qualche minuto.

    Nel silenzio che avvolgeva la stanza si distese mentre la moglie gli asciugava il sudore con un fazzoletto preso dal comodino.

    È passato la tranquillizzò. È passato.

    Sempre lo stesso incubo? Il cacciatore che ti spara?

    Ancora scosso e imbambolato assentì a malapena col capo.

    Forse è perché tu odi i cacciatori. È la loro vendetta disse lei sorridendo per fargli stemperare la tensione.

    Lui non replicò. Le aveva mentito ancora una volta. Non voleva dirle che il sogno era solo la conseguenza delle sue ossessioni. Non aveva il coraggio di dirle che la causa di ciò era proprio lei.

    Sicuro che va meglio? domandò la moglie. Proviamo a indovinare che ora è? chiese ancora.

    Lo facevano spesso, al mattino al risveglio, scommettevano su chi indovinava l’ora e il minuto.

    Toni, ora era più rilassato. Si voltò verso la finestra da dove filtrava una tenue luce dalla persiana, che si stemperava contro la parete: doveva essere quella del sole che cominciava ad affacciarsi all’orizzonte sul mare. Eh già, il mare. Cominciò nuovamente a rigirarsi sul letto, irrequieto.

    E allora? Sei ancora nel sogno? Sveglia, pigrone!

    Lui si voltò, stropicciandosi gli occhi che faticavano a rimanere aperti. Si mise nuovamente seduto sul letto, infilò le ciabatte e restò fermo, impassibile.

    L’unico giorno che non mi sono alzata alle sei e potevamo starcene di più a letto… continuò lei, cercando di stimolarlo a parlare.

    Sento che c’è una bellissima giornata. Avranno sbagliato le previsioni del tempo, come al solito riuscì finalmente a dire lui, tutto d’un fiato, con la voce roca.

    Lei si voltò interrogandolo con lo sguardo. Non dirmi che vuoi cambiare programmi?

    Era domenica e le aveva promesso che avrebbero fatto una puntata a Marzamemi per un pranzo a base di pesce. Era il loro anniversario di matrimonio.

    Auguri amore disse lei, con la voce sensuale, ancora impastata. Lui si stese sul letto e la baciò dolcemente sulle labbra tiepide e umide.

    Amore, che ne dici se a Marzamemi ci andassimo a cena invece che a pranzo? A lume di candela è più romantico. Di giorno ci sarà un caos, e già di mattina c’è un caldo asfissiante brontolò, come se non volesse farle arrivare tutte le parole, mentre si mise seduto e cominciò a infilare la prima calza.

    Hai cambiato idea, vero? sorrise lei, muovendo la testa. Sei imperdonabile. Scommetto che preferiresti andare a immergerti lo guardò qualche istante, dal suo silenzio capì che ci aveva azzeccato. Con lui c’era d’aspettarselo; ma quel giorno proprio no, aveva escluso potesse ripensarci. Va bene, se proprio ci tieni. Non è che io avessi tanta voglia di festeggiare; c’è poco da celebrare.

    L’avevo intuito. Tu ed io ci capiamo al volo, basta uno sguardo. Però lasciami dire che non possiamo continuare a roderci le nostre vite per questa storia.

    "Questa storia? La nostra migliore amica è sparita nel nulla e tu la chiami – questa storia?

    Hai ragione, scusa; ma è arrivato il momento di riprenderci la nostra quotidianità, non credi? Non possiamo andare avanti in questo modo.

    E difatti allentarono la tensione sui loro visi, anche se lei gli lanciò un’occhiataccia.

    E con chi andresti, con Dario?

    E con chi se no? Gli telefono.

    Lo sveglierai e figurati se ne avrà voglia; avrà già preso qualche impegno di sicuro.

    Lui la guardò perplesso.

    Tu dici? Con chi credi che abbia preso impegni? E figurati se lo disturbo. Piuttosto, credo che ieri si aspettasse una telefonata per invitarlo a venire con noi.

    Dai, su, non è così stupido. Sa bene che è il nostro giorno e non si sarebbe mai permesso di accettare un nostro invito. E forse non si sarebbe nemmeno aspettato che in questo momento andassimo a festeggiare il nostro anniversario di matrimonio.

    Stavolta fu lui a lanciarle un’occhiata di disappunto. Lo chiamo. Le analisi le hai ritirate?

    Lei si voltò stranita. Le analisi? Toni, me l’hai chiesto ieri. Andrò a ritirarle martedì. Finiscila di stare in ansia, vedrai che questa è la volta buona, lo sento; e se non lo fosse non dobbiamo farne un dramma. Quante volte lo abbiamo ripetuto che ci sono migliaia di bambini che aspettano di essere adottati? Dai su, rilassati.

    Toni si tirò su e appesantito andò in bagno. La voce sorda della moglie gli arrivò come una martellata: Ricordati allora di invitare Dario a venire a pranzo da noi.

    Davanti allo specchio mutò di colpo espressione. – Dario, sempre Dario − pensò, mentre si specchiava e si guardava dritto nelle sue stesse pupille, traumatizzato dai suoi stessi occhi arrossati, traboccanti di rabbia. Si abbassò sul lavabo e si sciacquò abbondantemente il viso, senza fermarsi, come un automa, come se quell’acqua dovesse portargli via i cattivi pensieri che stavano invadendogli la mente. Scrollò la testa e soffiò forte. Ancora una volta quel perfido pensiero che gli dilaniava il cervello: il suo amico d’infanzia Dario; il suo amico delle scuole medie e delle superiori e poi dell’università. Ma c’era quel precedente che ora era riesploso nella sua mente: quando conobbe Sara, durante il primo anno di università, lei aveva da poco iniziato una relazione col suo amico Dario, e sembravano cotti l’uno dell’altro. Poi, invece, successe l’inspiegabile: lui e Sara si s’innamorarono perdutamente. Fortunatamente e intelligentemente, Dario capì la situazione e la loro amicizia fu salva; anche perché il destino fu benevolo, Dario in quel frangente conobbe Stella e anche per lui fu un colpo di fulmine, si liberò la mente rasserenandosi del tutto, anzi, la loro amicizia ne uscì rafforzata.

    Sara e Toni si sposarono non appena, finita l’università, lui trovò lavoro.

    Fu così che le loro vite si riequilibrarono come meglio non ci si potesse aspettare. Quattro giovani, felici e gioiosi, continuarono a frequentarsi, condividendo appieno quanto più tempo potevano, innamorati pazzi della vita che si prospettava loro.

    E ora era cambiato tutto: Stella era sparita improvvisamente, due mesi prima, nel nulla, e le loro vite non erano più le stesse. Toni era dilaniato dalla gelosia che non lo lasciava in pace, lo rodeva dentro. Non aveva alcun indizio che la moglie lo tradisse con l’amico, ma certi loro comportamenti erano troppo intimi, troppe carezze per essere solo amici, aveva pensato. Sara si prodigava troppo per lenire il dolore di Dario e alcuni suoi atteggiamenti avevano cominciato gradualmente a cambiare il suo stato d’animo, insinuando sospetti che non riusciva più a scacciare dalla sua mente. La goccia che fece traboccare il vaso, togliendogli ogni dubbio e dando certezza ai suoi sospetti, fu un mese addietro, quando li vide, a loro insaputa, mentre si cingevano per i fianchi, teneramente abbracciati, procurandogli una ferita tuttora insanabile. Oramai ne era certo: era rinato il vecchio amore, forse mai sopito. Ricominciarono, così, quegli incubi notturni ad alimentare la gelosia e il suo rancore. Cominciò a balenargli sempre più spesso un atroce pensiero: un incidente durante le loro immersioni, in quelle buie profondità e Dario sarebbe rimasto là sotto per sempre. Inizialmente si era vergognato di se stesso per averlo solo pensato, ma quello che riteneva essere un pensiero maledettamente assurdo, stava maturando col trascorrere dei giorni, fino all’ossessione.

    Stella negli ultimi tempi non era più la stessa, diceva spesso che voleva dare una svolta alla sua vita fin troppo compassata, che sentiva la necessità di nuovi stimoli, così quando disse a Dario che le sarebbe piaciuto andare a vivere in Canada, rimase sorpreso non poco. Questo raccontò Dario ai carabinieri nel denunciare la scomparsa della sua compagna, con la quale conviveva da tre mesi. Alle domande insistenti dei funzionari di polizia, sulla loro vita sentimentale, confessò che, prima della sparizione, Stella aveva deciso di troncare con lui, così, di colpo, senza un apparente motivo scatenante. Tuttavia, anche se poteva sembrare assurdo, era convinto che la causa della sparizione, fosse sorta per i soliti motivi banali, le piccole incomprensioni, i naturali problemi di coppia. All’insistenza del funzionario dovette ammettere, con non poca ritrosia, che anche la loro vita sessuale non era più la stessa. Stella peggiorava di giorno in giorno e a nessuno dei tre suoi amici riuscì semplice leggere quale inguaribile malinconia si celasse in quel suo malessere, quanto irrimediabile senso di solitudine stesse martoriando la sua mente. Non si apriva con nessuno, nemmeno più con Sara, la sua migliore amica, con la quale non vi erano mai stati segreti.

    Le avevano consigliato di parlarne al suo medico di fiducia, della sua sofferenza, che conoscendola bene avrebbe potuto indirizzarla presso qualche bravo specialista. Si offese reagendo in malo modo – Non sono malata né tanto meno pazza! Ho solo bisogno di starmene per un po’ da sola, lo capite o no?

    Chi conosceva bene Stella, sapeva che questi colpi di testa albergavano nella sua indole fin da giovinetta, ma questa volta la faccenda era molto più seria.

    Il culmine fu appunto la sua sparizione che colse tutti di sorpresa, assolutamente inaspettata. Avvenne durante il weekend del primo maggio, una vacanza di due giorni organizzata al Parco dei Nebrodi da un’associazione ambientalista alla quale di tanto in tanto si aggregavano anche loro. Lo facevano spesso, era il loro modo di ossigenarsi, oltre ai muscoli, anche la mente. I due amici oltre alla passione delle immersioni trovavano soddisfazione nelle lunghe escursioni in mezzo alla natura, una passione che si portavano dentro fin da ragazzi e che accomunava anche le loro donne.

    La vigilia della festività del primo maggio si era presentata meravigliosa, assolata e tersa. I primi caldi annunciavano l’arrivo dell’estate e alimentava positivamente l’umore dell’intera comitiva a dir poco frizzante.

    Il pullman arrancava per la salita e a fatica aggrediva le curve. Dario e Toni si erano seduti nella fila di destra; in quella di sinistra, nei sedili di fianco, Stella e Sara. Le loro risate coinvolgevano l’intero gruppo, trentadue persone in tutto.

    Dario l’aveva guardata più volte, la sua Stella, la vedeva felice e sorridente. Non gli sembrava vero che quel momento della loro vita potesse essere diventato così turbolento. Qualche giorno prima aveva confidato a Sara il loro momentaccio ed era certo che lei ne aveva già parlato a Stella. Più la guardava e la vedeva sorridente e più si convinceva che non poteva essere altrimenti: questo week-end era arrivato nel momento giusto.

    Vedrai che tutto tornerà come prima. È solo un momento passeggero; a chi non capita? gli sussurrò Toni all’orecchio facendolo meravigliare.

    Dario lo guardò con la coda dell’occhio. Pure tu sai tutto? si rivolse all’amico, massaggiandosi la fronte. Mi rincresce non avertene parlato. Avevo deciso di confidarlo solo a Sara, sperando che trovasse il modo di parlarle, almeno per capire che cosa la tormentasse.

    Hai fatto la scelta giusta. Tra di loro si sono sempre confidate di tutto, qualcosa si saranno detti.

    A cena l’umore di Stella era mutato nuovamente: poco sorridente, fin troppo seria.

    Quando la sera il responsabile dell’albergo cominciò ad assegnare le camere, Sara si avvicinò al bancone. Ci scusi ma dovremmo cambiare l’ordine dei nomi per le nostre due stanze. Nella camera sedici andiamo io e la mia amica, nella undici vanno gli uomini e glieli indicò con un cenno, sforzandosi di nascondere l’imbarazzo. La mia amica non sta tanto bene e… dato che il mio amico Dario russa… si lasciò scappare non sapendo cos’altro dire, e ostentò un sorriso.

    Certo, certo, non si preoccupi, non c’è nessun problema, per noi non cambia nulla.

    Dal tavolino laterale, Dario e Toni seguivano la scena e il parlottare. Fu subito chiaro a entrambi quel che stava succedendo e quando videro avvicinarsi solo Sara ne ebbero la conferma. Io e Stella dormiamo nella sedici. Non sta troppo bene, le curve della salita l’hanno un po’ scombussolata.

    Non occorre dare spiegazioni la apostrofò Dario, contrariato e nervoso. Non ce n’è bisogno e si alzò di scatto, afferrò lo zaino e si avviò all’uscita.

    Toni avvicinò la moglie e le sussurrò all’orecchio: Quella è matta. Ciao, buonanotte e seguì l’amico.

    L’indomani, tutta la comitiva si ritrovò ai tavoli per la colazione. Loro quattro presero un tavolo defilato vicino al finestrone. Non volava una mosca. Stella non faceva altro che voltarsi a fissare il giardino. Stava imperversando un fortissimo vento. Le cime delle due palme si piegavano fin sopra il maestoso albero di alloro. Vi era un imbarazzante silenzio. Fu Stella a interrompere il disagio. In questo momento noi due siamo come quelle palme disse, attirando l’attenzione degli altri, mentre ammutoliti, imbrattavano di marmellata le fette biscottate. "Proprio così, sballottati e piegati da sferzate di vento; ma in genere dopo un tempo burrascoso ritorna la calma e il sereno… – si zittì per un attimo, lasciando perplessi gli amici e Dario che si cercavano tra loro con gli occhi. Negli ultimi tempi ne avevano sentite tante di metafore, frasi per lo più sconnesse.

    Pensate che si spezzeranno? li sorprese ancora, guardandoli uno per uno, aspettando una risposta.

    Lo fece Dario: Io non ho mai visto spezzarsi una palma, mai, se non per un uragano, e non è il nostro caso replicò a tono, nervosamente, poi tacque, non sapendo cos’altro aggiungere per riportare la discussione nel giusto ordine.

    Ancora silenzio e occhiate che s’incrociavano, nervosi. Poi rispose Stella: Scusa. Sai bene che ancora non mi sento pronta. Ieri sera mi sono sentita a disagio e sai che non è una bella cosa tra noi due esserlo. Credevo che stesse passando, poi di colpo mi sono ritornati i soliti dubbi. Avrei dovuto fare l’ipocrita? lo guardò intensamente, rivolgendosi anche agli altri.

    Dario le accarezzò la mano d’istinto. Sono io che mi devo scusare accennò un sorriso. Ti sei accorta che stai mangiando per la prima volta la marmellata di susine che hai sempre disdegnato?

    È vero, che sbadata sorrise, facendo rilassare gli altri. La tensione si stemperò in un attimo. Un timido, ostentato sorriso fece brillare gli occhi di tutti. I movimenti delle mani nello spalmare burro presero vigore.

    La giornata si presentò eccezionalmente soleggiata, cielo terso, aria frizzantina, che influenzò da subito l’umore dell’intera comitiva, anche perché nel frattempo era di colpo calato il vento.

    Tra sorrisi e accenni di canti, anche i quattro amici procedevano in fila indiana lungo lo stretto sentiero, tra la folta vegetazione. Non si sarebbero aspettati che quella mattina i malumori nati la sera precedente sparissero così, come d’incanto, senza strascichi. Gli zaini sulle spalle erano meno pesanti del solito. La curiosità era concentrata sul luogo che andavano a visitare, erano mesi che ne discutevano.

    Camminavano già da un’ora circa. Mentre scendevano per il sentiero, Dario si voltò indietro più volte a cercare Stella. Loro quattro erano tra gli ultimi della fila e Stella procedeva attardata di qualche decina di metri insieme all’amica. Quando giunsero in fondo al sentiero, i due amici si fermarono ad aspettarle. Videro arrivare Sara da sola. Non si preoccuparono più di tanto, era normale che succedesse, non era la prima volta che ci si soffermasse a chiacchierare più del dovuto perdendo il passo degli altri.

    E Stella dove si è cacciata? chiese Toni, andando incontro alla moglie.

    Sara guardò entrambi scuotendo la testa. Voi siete maschi e fate presto a fare i vostri bisogni. Era dietro di me; si sarà fermata là in fondo, dove c’è quella fitta vegetazione.

    Nemmeno lei credeva alla sua stessa spiegazione: Stella le avrebbe chiesto di fermarsi a farle da palo, come d’abitudine.

    Toni, ti conviene raggiungere gli altri e dire loro di aspettare, io e Dario torniamo indietro, le andiamo incontro.

    Il marito assentì con la testa e si avviò a passo svelto mentre loro due tornarono fino in cima alla salita, affannati. Dal dosso scrutarono il sentiero e la vegetazione sottostante. Si preoccuparono non poco nel non vederla ancora. Dario si concentrò col binocolo alla faggeta alla loro sinistra, appena fuori dal sentiero, mise a fuoco il casolare semi abbandonato che avevano intravisto prima, al loro passaggio. Tre persone chiacchieravano. È lei! esclamò, facendo rilassare Sara. Si è messa a chiacchierare con quei due del casolare, là in fondo, dove abbiamo intravisto i maiali. È matta, e noi qui a preoccuparci mise le mani ai lati della bocca: Stella! urlò a squarciagola da farlo echeggiare nella vallata. All’urlo la vide girarsi. Ci ha sentito, è già qualcosa. Si stanno salutando. Si vede che non c’è con la testa strinse le mandibole per il disappunto. Ti sembra normale che si metta a chiacchierare mentre noi siamo qui ad ammattire per lei?

    Sta arrivando. Dai su, per fortuna non è successo niente di grave. Avrà trovato qualcosa di interessante da discutere continuò a seguirla senza perderla di vista mentre Dario, sconsolato, la seguiva a occhio nudo, scuotendo il capo.

    Guarda con quanta solerzia sta venendo ironizzò vedendola arrivare senza alcuna fretta.

    Dario si sedette nervosamente su un masso. La guida, stavolta, ci prenderà a male parole. E magari deciderà di non aspettarci.

    Non lo farà, stai tranquillo; almeno per questa volta; non preoccuparti lo tranquillizzò Sara.

    Sei sempre convincente tu, e sai tranquillizzare le persone come nessun altro rispose Dario, rilassandosi in viso.

    Lei lo guardò e volle fargli comunque la domanda, pur conoscendone la risposta. Non è un momento facile per voi due.

    Capita, così come capitò a noi due la vide reagire sfuggendone lo sguardo. Eppure abbiamo trovato comunque ognuno la nostra felicità, in modi diversi, ma l’abbiamo trovata. Anche se ora con Stella stiamo attraversando questo bruttissimo momento. Non capisco che cosa le stia succedendo.

    Io sono più perplessa di te. Devo confessarti che sono delusa del perché non si sia confidata con me, neanche un minimo accenno ammise. Dice solo che è un momento passeggero e che tutto tornerà come prima, ed effettivamente non vedo e non trovo altre spiegazioni. Conoscendola è sempre stata un tipetto estroso, ma questo lo sai anche tu scosse la testa. Eccola che arriva, la nostra Stellina. Anzi no aggiunse sconsolata.

    Dario aguzzò lo sguardo a valle. La vide di nuovo ferma al ruscello con i piedi immersi nell’acqua, il viso rivolto al cielo. È matta. E chi la capisce più. Aspettala tu, io proseguo, rilasso i nervi, non vorrei reagire in malo modo e si allontanò.

    Sara stava per urlare di nuovo. Si fermò nel vederla indaffarata a calzare le scarpe e subito dopo inerpicarsi per la salita, svelta e straripante di energia. Arrivò in cima affannata e sorridente.

    Ho perso tempo, vero? E gli altri? Dario?

    Gli altri sono avanti anni luce scherzò, ma non troppo. Toni è andato ad avvisarli e Dario si è scocciato d’aspettarti. Come vedi hai piantato un bel casino. Ti rendi conto che è da più di venti minuti che ti aspettiamo? Spero almeno che tu sia soddisfatta della chiacchierata che hai fatto con quei signori laggiù. Ne è valsa almeno la pena? le chiese, senza che si attendesse una risposta. Dai muoviamoci la sollecitò.

    Ne è valsa la pena e come rispose invece Stella, euforica. Quei due del casolare, coi quali prima ci eravamo soffermati per approcciare due chiacchiere e che sembrava li scocciassimo, non sono per niente due contadinotti ignoranti e burberi come sembravano. L’uomo, che credevamo fosse il marito, è invece il fratello della donna, ed è uno piuttosto colto. E anche… carino, se curasse di più l’aspetto trasandato.

    Ah! esclamò Sara, sorpresa. L’ennesima riprova che non bisogna mai fidarsi delle apparenze le mise la mano sulla spalla e la incitò a muoversi: Dai andiamo, la guida ce ne dirà di tutti i colori. Ci toccherà sorbirci il solito sermone e ne avrà tutte le ragioni. Gliele darai tu le spiegazioni, io me ne lavo le mani.

    Non appena raggiunsero la comitiva, che a ridosso di una maestosa quercia si stava rinfrescando, la guida andò loro incontro infuriato, aggredendole a male parole, senza preoccuparsi minimamente che gli altri ascoltassero. Dopo la sfuriata ritornò sui suoi passi, lasciandole di sasso per qualche momento.

    Te l’avevo detto sorrise Sara, mentre Stella si era nuovamente rabbuiata.

    Da distante, fece un cenno a Toni e a Dario, tranquillizzandoli, poi sbirciò verso l’amica che invece la preoccupava non poco. In alcuni atteggiamenti, negli ultimi tempi, era completamente cambiata, persino irriconoscibile anche agli occhi della sua amica che prima sapeva leggerle dentro come un libro aperto.

    Non credevo d’aver creato tutto questo parapiglia disse Stella, distraendo l’amica dai suoi pensieri.

    E invece lo sapevi benissimo la rimproverò Dario, che intanto si era avvicinato a loro. Hai fatto una cretinata, una delle tante di questi ultimi tempi. Ma cosa combini? si stizzì non poco, teso come una corda di violino. Non possiamo fartele passare tutte, dai!

    Stella afferrò lo zainetto che era per terra, a ridosso del muro a secco e, senza proferire parola scappò via correndo, per lo stesso sentiero dal quale erano arrivati.

    Ma dove vai? Aspetta, vengo con te! gridò Sara che preoccupata si avvicinò al marito. Voi due continuate l’escursione. Probabilmente ha bisogno di rimanersene sola. Sto io con lei. Male che vada ci si vede all’albergo. Ciao amore, divertiti.

    Mise lo zaino in spalla e si avviò a passo celere sulle orme dell’amica.

    La sera, al tramonto, non appena il gruppo di escursionisti rientrò in albergo, i primi a entrare furono i due amici, impazienti di avere notizie. Notarono subito un’atmosfera cupa, un capannello di persone chiacchierava a gesti convulsi, chi seduto e chi in piedi, tutti rivolti al televisore all’angolo. Sara si alzò dal tavolino in fondo al salone e andò loro incontro. Dal viso rabbuiato intuirono che era successo qualcosa e dall’espressione doveva essere poco piacevole. I due non chiesero nulla, la interrogarono con gli sguardi mentre lanciavano occhiate al gruppo di persone che a turno si mettevano le mani sui capelli. Dario, ansioso, fu il primo a chiedere a Sara, col cuore palpitante. Cosa è successo?

    Se n’è ritornata a casa disse secca. Si è fatta accompagnare da un inserviente alla stazione ferroviaria del paese qui vicino. Voleva prendere la prima coincidenza possibile per Siracusa e ve n’era una circa quattro ore fa. Ha pagato l’albergo ed è scappata via come un fulmine.

    Entrambi si guardarono sconsolati mentre Toni era sempre più incuriosito all’assembramento davanti alla tivù. Sara lo accarezzò sul braccio, sapeva che ciò che stava per dirgli lo avrebbe turbato, lui che era patito di gare di formula uno. C’è stato un incidente durante la gara… e stanno facendo rivedere le immagini… Pare che sia morto… Senna.

    Cosa? Ma… non può essere! Sei sicura? lo sguardo della moglie fu la risposta inequivocabile alla domanda banale. Pazzesco!

    Si sedettero a un tavolo, attoniti. Non fiatarono per minuti. Toni, rimasto piuttosto toccato dalla notizia, preferì rimanere con loro nonostante la curiosità di andare a vedere e ascoltare dell’incidente.

    È diventata imprevedibile e incorreggibile commentò Dario, deluso e amareggiato. E noi che facciamo?

    C’è poco da fare rispose l’amico. Non ti ha detto null’altro delle sue intenzioni, quella testa di cavolo? chiese alla moglie, ribaltando il suo stato d’animo.

    Sara lo redarguì con un’occhiata. Ha detto di non preoccuparci e di non chiamarla al cellulare perché tanto non risponderebbe. Domani ci rivedremo al nostro rientro.

    Questo lo ha detto lei, la matta, o lo stai dicendo tu?

    Ce lo siamo dette entrambe. E smettetela voi due li fulminò con uno sguardo tagliente. Era stanca di tutta questa storia.

    La sera, sul pullman, durante il rientro, i commenti furono i più disparati; non si parlò della magnifica escursione, ma fu il resto a tenere banco: lo stupore e la tristezza per la notizia di Senna; la curiosità per il rientro anticipato di Stella, azzardando le più variopinte supposizioni. La stanchezza fisica fece crollare dal sonno quasi tutti, tranne loro tre che se ne stavano in silenzio, ognuno a rimuginare i propri pensieri.

    Sara stava sulle spine, non vedeva l’ora di poterla chiamare. Lo fece da casa non appena Toni entrò sotto la doccia. Il telefono non riusciva ad agganciare la linea. Il solito messaggio –… non è al momento raggiungibile – si ripeté per i successivi quattro tentativi. La voce del marito la fece ritornare in sé. Scattò in piedi come una molla andando verso l’appendiabiti all’ingresso.

    Ma dove vai? Non la fai la doccia? le chiese, immaginando la risposta.

    Invece prese tempo, tanto era affannata. Non sono tranquilla, Stella non risponde alle chiamate. Vado a casa sua gli vide torcere il muso, perplesso. Fammi un favore, ti prego, non preoccuparti, preferisco andarci da sola, è meglio volle tranquillizzarlo.

    D’accordo. Chiamami e dammi notizie non appena puoi.

    Sara uscì spedita. Non era per niente serena. Aveva il cuore in gola come se presagisse brutte notizie. In cuor suo era già certa di non trovarla. A casa non la trovò, e nemmeno dai genitori. Telefonò al pronto soccorso, tremante: nessuna novità. Riprese il controllo di sé e decise di non esagerare con questa frenesia che stava diventando un’ossessione. Quanto sono stupida disse tra sé. Magari è andata a mangiare una pizza da qualche parte, vorrà starsene da sola; non sarebbe una novità. La sentirò domani.

    Il giorno dopo ogni ricerca risultò infruttuosa, nemmeno un segnale del suo rientro a casa, e così anche nei giorni successivi. Stella sembrava essere sparita nel nulla, volatilizzata.

    I carabinieri, alle sue insistenti disperate domande e sollecitazioni, ammiccavano sorrisini. Ancor più quando ascoltarono il racconto e le impressioni di Sara sui comportamenti di Stella negli ultimi tempi e dei suoi rapporti sentimentali con Dario.

    Stia tranquilla, vedrà che la sua amica avrà deciso di starsene da sola da qualche parte, a rilassarsi per qualche giorno. Sapesse quante ce ne capitano di queste scenate. Lasciamo passare qualche giorno…

    Nel frattempo fecero ricerche dappertutto, rintracciarono persino i cugini di Stella in Canada: anch’essi confermarono che non la sentivano da due mesi e mezzo circa. Niente di niente, non saltò fuori la benché minima traccia; e non ci si poteva certo comportare come se non fosse successo nulla di strano e ostentare rilassatezza. Oramai, disperati, si rivolsero persino a una veggente sensitiva, ma fu un buco nell’acqua. Se avete ancora intenzione di portarmi in giro a sentire altre majare⁷², ci andrete da soli s’infervorò, Toni.

    CAPITOLO II

    L’immersione

    Toni scollegò il Motorola, nuovo di zecca, dal caricabatteria e compose un numero. Conoscendo le abitudini dell’amico, lo fece squillare fino a sei sette volte. Finalmente il clic e dopo qualche secondo di silenzio: Pronto

    Sempre comodo tu. Hai visto che giornata c’è fuori? Stavi ancora dormendo, vero? Oggi il mare sarà una meraviglia… Pronto? Ci sei o no?

    Ci sono. Ciao. Ma… non dovevate andare a Marzamemi?

    No. Abbiamo cambiato programma.

    Tu sei scemo. Sara aspettava questo giorno da un anno. Non rovinarglielo. Lo hai già detto a lei?

    Certo. E vuoi che lei non sia d’accordo? Comunque ne parliamo dopo, ora muoviti, vestiti, prepara l’attrezzatura che tra un’ora al massimo sono da te.

    Le previsioni del tempo parlavano di una turbolenza nel primo pomeriggio. E comunque non sono in vena di fare alcunché.

    E invece verrai. Ti farà bene uscire. La turbolenza è prevista nel tardo pomeriggio, noi saremo a casa per le due e tu ti fermerai a pranzo da noi. Muoviti chiuse la chiamata senza dargli il tempo di replicare, lo conosceva fin troppo bene. Andò verso lo sgabuzzino e tirò fuori il borsone. Lo mise sul tavolo, aprì la cerniera e con gesti che sapevano di rituale ne verificò il contenuto. Imprecò almeno due volte nel richiudere il borsone.

    Che cos’hai, sembri piuttosto nervoso. Eri così euforico dieci minuti fa! chiese la moglie scrutandolo con la coda dell’occhio e muovendo il capo più volte senza farsi notare. L’hai presa la pillola?

    L’ho presa, appena sveglio, come al solito, stai tranquilla.

    Invece non sono tranquilla per niente. Il dottore ti aveva avvertito che durante la cura sarebbe stato opportuno evitare di andare in immersione. Sarà l’effetto delle medicine che ti fa venire quegli incubi e quel tremore alla mano? Non è la prima volta che lo noto chiese preoccupata. Ultimamente sei sempre più taciturno e assorto, non è da te esserlo. La prossima volta che vai dal dottore, verrò anch’io. Sarò senza dubbio più obiettiva nell’esporgli il tuo stato attuale di salute. Tu invece vuoi fare il superuomo e gli nascondi i veri sintomi.

    Ma dai! Non c’entrano niente le medicine, è tutto a posto. È questa maledetta cerniera difettosa che mi sta innervosendo e con un colpo secco la sbloccò imprecando ancora. E che caspita! Vado in garage a caricare il resto. Ciao a dopo.

    Le diede un fugace bacio sulla guancia.

    Sarete di ritorno alla solita ora?

    Sì, penso proprio di sì. Ciao.

    Ciao. E stai attento, rimanete sempre vicini.

    Un’ora dopo erano sulla scogliera, davanti a quella magica immensa distesa d’acqua, entrambi con lo sguardo rivolto all’orizzonte a respirare a pieni polmoni.

    Mi hai fatto una bella sorpresa stamattina. E chi se lo sarebbe aspettato proprio oggi. Immagino quante te ne avrà dette Sara.

    Caricarono il necessario e scesero sull’arenile. Noleggiarono la solita barca.

    Solito posto? chiese Dario.

    Hai altre destinazioni?

    Sbaglio o sei più taciturno del solito? Sei sovrappensiero, che hai? Al telefono eri su di giri…

    Pensavo a quel misterioso galeone che cerchiamo da cinque anni almeno e che non riusciamo proprio a localizzare.

    Quindi per solito posto non intendevi che andiamo a pescare e intanto lo guardava. Lo vedeva strano, non era il solito Toni. – Avrà litigato con Sara – pensò – le ha fatto un bello scherzo. Se non sbaglio si era deciso che finché fai quella terapia non saremmo andati?

    Ho cambiato idea. Oggi sento odore di sorprese lo stupì Toni. E smettila pure tu con questa storia delle medicine! Che sarà mai un po’ di depressione! stavolta s’irritò ma riprese subito a controllarsi. L’unica depressione alla quale dobbiamo fare attenzione è quella sott’acqua ironizzò.

    Va bene scusa ma era giusto ricordartelo rispose Dario, pentitosi d’averlo innervosito.

    Tutta quanta l’attrezzatura era già in barca. Un colpo secco avviò il motore.

    Che ne dici se ci spostassimo di almeno un miglio verso levante. Io insisterei sul solito posto disse Toni, indicandogli la direzione.

    L’avevamo scandagliata metro per metro quella zona. Perderemo molto tempo, non le solite quattro ore. Andiamo alla scarpata, vero? e scrutò l’amico con un’occhiata. Lì i fondali, sai bene che sono scoscesi e frastagliati. Sei testardo come un mulo. Sara lo sa che rientreremo tardi?

    Dario pensò che non avesse sentito a causa del motore e dello sciacquio dell’acqua. A sentire le previsioni meteo non è nemmeno la giornata adatta! insistette, alzando la voce.

    Rientreremo prima! lo tranquillizzò l’amico, gridando anch’egli.

    Il motore rullava senza intoppi e la barca solcava il pelo dell’acqua senza sbalzi. Dal viso di Dario traspariva un’evidente perplessità per quella decisione dell’amico ma, conoscendo la sua affidabilità, non poté non assecondarlo.

    Sono convinto che quello sia il punto giusto. Se rifletti bene, le altre volte non abbiamo insistito proprio per paura dell’eccessiva profondità.

    Stamattina faccio fatica a capirti lo interruppe. Un attimo fa hai detto che rientreremo presto. Se invece avevi di queste intenzioni avresti dovuto dirmelo prima. Hai dimenticato che in questo periodo non ho più il GAV?⁰¹ Dovrò ricomprarlo quanto prima.

    Io ne ho uno di scorta. E non ci crederai ma ce l’ho appresso lo sorprese Toni. Mi ero ricordato che eri rimasto senza. Vediamo ora quali altre scuse tiri fuori e ostentò un sorriso, mentre Dario lo guardò di sbieco muovendo la testa, contrariato.

    Mai ti avevo visto così insistente. E comunque se sono qui è perché avevo deciso d’immergermi anch’io, ma pensando che si andasse a pesca, e lo sai che è tutt’altra cosa. Alla scarpata ci sono venti metri…

    Hai ragione lo interruppe Toni. Sono un cretino. Si va a pesca. Il galeone può aspettare. Sono secoli che è là sotto e chissà perché mi sono fissato a quest’idea proprio oggi. Allora? Che facciamo?

    Dario lo guardò poco convinto. Conoscendolo lo stava sfidando. Lo faceva spesso per gioco, lasciare a lui la responsabilità della decisione ultima, ben sapendo che lo avrebbe assecondato. Lo guardò con la coda dell’occhio, mentre Toni continuava a navigare verso la scarpata.

    Va bene, andiamo a rintracciare il nostro misterioso galeone. Tanto lo troverò io ironizzò guardando l’amico.

    Quando Toni spense il motore, un leggero scarroccio sottovento fece ballare entrambi. Dario guardò lato montagna, preoccupato dalle nuvole sparse in cielo a pecorelle, mentre Toni, senza esitazione alcuna, lanciò in acqua l’ancora. Controllarono il tutto come un rito: le torce, il profondimetro, i manometri, la bussola... Una volta in acqua Toni tastò ancora il coltello sul gambaletto. Si diedero un cenno d’intesa col capo…

    Toni s’immerse per primo seguito da Dario.

    Erano diventati tra i più esperti sommozzatori dell’intera zona sud-est dell’isola, avevano preso il brevetto e quindi spesso li cercavano per immersioni particolari, lavori sottomarini di alta professionalità. Avevano lavorato per tre anni sulle piattaforme petrolifere, entrambi saldatori. Da due anni si erano ritirati, decisione unanime: quel lavoro era diventato troppo pericoloso, oltretutto li costringeva a restare per mesi lontani da casa e Toni aveva fissato la data del suo matrimonio.

    Entrambi trovarono occupazione nella zona industriale grazie alle loro conoscenze nell’ambito petrolifero ma soprattutto perché dimostrarono in più occasioni di essere due giovani talentuosi e intelligenti oltremisura, di quelli che la vita poteva solo arridergli. Dario fece valere la sua laurea d’ingegneria, come responsabile della sicurezza in cantiere e Toni come ingegnere capo strumentista. Anche gli orari coincidevano, insperabile per entrambi una fortuna simile, poter viaggiare insieme.

    Pareva che il destino li avesse scelti per affrontare la vita dividendosi ogni opportunità ed esperienza.

    Nati e vissuti nello stesso quartiere, insieme dalle scuole elementari alle superiori, anche il militare fecero insieme. La fortuna più grande, dicevano, era di avere il mare sotto casa. Andavano spesso a immergersi, mai l’uno senza l’altro. Ora facevano i sommozzatori per diletto. Erano inseparabili. Specie in mare vi era una fiducia reciproca incondizionata che dava loro tranquillità in qualsiasi situazione si potessero trovare a certe profondità, e sotto quella massa d’acqua che li attraeva come fosse il loro comune grembo materno.

    Continuarono a pinneggiare lentamente, sempre più in profondità. Toni si manteneva dietro a Dario che si soffermò un attimo ad ammirare la scogliera laterale; in quel momento incrociò lo sguardo dell’amico attraverso la mascherina, ebbe la sensazione che Toni avesse un’espressione strana, pensò che stesse male. Gli chiese con un cenno se aveva dei problemi. Si sentì sollevato nel vedere l’indice rivolto in alto e l’accenno col capo che andava tutto bene.

    Da dieci minuti scandagliavano quel meraviglioso fondale e, pur avendolo fatto chissà quante altre volte, si presentava sempre come uno spettacolo unico. Ma l’attenzione di Toni non era distratta da quelle bellezze, era concentrata sulla sagoma di Dario. Si fecero un cenno d’intesa per continuare a scendere. Toni si mantenne dietro l’amico che ora si era soffermato sotto di lui. Non riusciva proprio a scacciare quel dannato pensiero. Non gli toglieva gli occhi di dosso. Oramai a quella profondità sarebbe bastato un gesto secco. Tastò il pugnale sul gambaletto. Un movimento improvviso e convulso dell’amico lo destò dallo stato di confusione: gli stava indicando, col braccio teso, il fondale alla sua destra. Toni non capì cosa stesse succedendo. Diede due colpi di pinne e affiancò l’amico. Dalla sabbia, tra alghe e un banco di pesci, che rapidamente saettarono via, sporgeva qualcosa, una sagoma a loro familiare. Si guardarono da dietro le maschere con gli sguardi accesi e a gesti si comunicarono la stessa cosa: è l’ogiva di un cannone.

    Vi girarono intorno due volte, in preda a euforia. Dario sembrò impazzire nel vedere qualche metro più in là un altro cannone con la bocca da fuoco ancora più in evidenza. Fece diversi segni all’amico che doveva necessariamente risalire. Toni rispose facendogli cenno d’aver inteso ma che voleva soffermarsi ancora qualche attimo. Non voleva risalire proprio ora, era certo che nemmeno Dario lo avrebbe fatto, difficilmente lo avrebbe lasciato da solo. Era in stato confusionale, si rese conto che stava perdendo di lucidità. L’assalì il dubbio che stesse respirando una miscela non pura. Gli si riaccese lo sguardo. Ebbe ancora un attimo di lucida euforia, gli balenò in testa il motivo per il quale si trovava lì sotto, del perché aveva trascinato l’ignaro amico a quella profondità. – È il momento giusto – Ora gli era a ridosso, stava armeggiando sul gambaletto, sfilò il pugnale dal fodero e allungò la mano in direzione del boccaglio. Un’altra improvvisa e inaspettata giravolta di Dario lo lasciò con la mano tesa e dubbiosa mentre le mandibole di Toni serravano nervosamente il boccaglio. Con due pinnate, Dario scese dritto verso la bocca del cannone attirato da qualcosa. Afferrò un retino che fuoriusciva dalla bocca del cannone con dentro una palla avvolta da alghe e incrostazioni. Con uno strattone lo tirò via. Fece il gesto dei polsi incrociati e il pollice alto, e cominciò a risalire. Toni rimase a guardarlo, con le pupille allargate. Sarebbe bastato ancora un solo attimo. Ancora sconvolto, lentamente seguì l’amico.

    Riaffiorarono e tolsero con fare frenetico i boccagli. Una sghignazzata di Dario esplose al cielo, mentre cercava l’amico. Cazzo, avevi ragione a insistere! urlò. Oramai non ci credevo più.

    Ma Toni era in balia dei suoi tremendi pensieri. Si voltò dall’altro lato, verso la lontana scogliera sul litorale, non voleva lasciar cogliere sul proprio viso l’espressione poco serena che immaginava avesse in quel momento. – Sto impazzendo. È terribile quello che stavo per fare. Sono uno scellerato.

    Ma non mi ascolti? lo riprese Dario, vedendolo stranamente taciturno.

    Sto cercando di coordinare il punto esatto di dove ci troviamo rispose.

    Forse non ti rendi conto che lì sotto c’è un tesoro e ci sarà pure il nostro galeone.

    Lo penso anch’io.

    A giudicare dalla forma, credo che quei cannoni siano di fattura inglese e del ‘600 o ‘700 disse Dario.

    Se così fosse, allora è proprio quello che cercavamo, uno dei relitti di quella battaglia del 1718 o almeno di quel periodo confermò con soddisfazione, Toni. Ho visto che hai tirato fuori qualcosa dalla bocca del cannone, cos’era?

    Parli di questa? e l’alzò in aria per meglio vederla anch’egli. Mi sembra… un’anfora… un’ampolla… la guardò sempre più incuriosito. Le fitte alghe la rendevano indecifrabile. La poggiò

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