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Fotografia con il morto: eLit
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E-book228 pagine3 ore

Fotografia con il morto: eLit

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Info su questo ebook

Wendy Walters è una fotografa di moda, costretta a cambiare settore per una sordida storia di sesso e droga in cui è stata ingiustamente coinvolta. Ora ha trovato un incarico in Alaska per una rivista naturalistica ed è proprio mentre sta cercando di immortalare un caribù che si imbatte nell'aitante guardiacaccia Joe Peterson. Lui la invita a lasciare la riserva, data la sua inesperienza con l'ambiente, ma Wendy non lo ascolta e si avventura di nuovo per i monti, ignorando che un sicario le è alle calcagna, perché lei è in possesso di qualcosa che scotta.

LinguaItaliano
Data di uscita29 mag 2015
ISBN9788858935156
Fotografia con il morto: eLit

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    Anteprima del libro

    Fotografia con il morto - Debralee Brown

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Northern Exposure

    Silhouette Intimate Moments

    © 2003 Debra Lee Brown

    Traduzione di Laura Cinque

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-515-6

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Un movimento furtivo attraverso un boschetto di abeti. Il bagliore metallico di un’arma che rifletteva il sole del pomeriggio.

    Era questo che aveva attirato la sua attenzione. Ed era questa la ragione per cui adesso si ritrovava a risalire senza fiato gli ultimi cento metri dell’impervio pendio che lo separavano da un crinale alto circa tremila metri.

    Non era così che aveva progettato di trascorrere la domenica.

    Calcolò la misura dell’orma impressa nel fango e considerò che seguire le tracce di un essere umano era più facile che seguire quelle di un animale, soprattutto su un terreno accidentato. Decisamente più facile, se le orme erano fresche come quella che stava osservando.

    Un’aquila prese a volare in cerchio sopra la sua testa per controllarlo. Nella zona c’erano dei nidi e, anche se non era quello che lo interessava al momento, rimase a osservare il suo volo maestoso finché non sparì al di sotto della linea degli alberi che correva lungo il fianco della montagna.

    La tempesta che era andata formandosi durante tutta la mattinata era pronta a scatenarsi. Nuvole scure si erano addensate sempre più nel cielo sopra di lui, nell’aria si sentiva un odore sempre più forte di zolfo, cosa per nulla insolita a fine agosto.

    Riprese la salita affrettando il passo e, quando raggiunse il crinale e il cielo si aprì lasciando cadere un torrente di pioggia, il suo sforzo fu premiato.

    A una ventina di metri sotto di lui, la sua preda si era accucciata su un lastrone di basalto che sporgeva nel vuoto sopra un burrone di circa trecento metri. Era un uomo piccolo, come gli aveva fatto supporre l’impronta del suo piede. Con quegli indumenti color cachi e un berretto da baseball rovesciato, era decisamente diverso da come se lo era immaginato, ma a quella distanza era difficile classificarlo.

    Estrasse la pistola dal fodero che portava al fianco e affrontò con prudenza la discesa ricoperta di pietrisco.

    Risalendo dal canyon sottostante, il vento ululava, portando con sé delle raffiche di pioggia orizzontali che cambiavano direzione all’improvviso e mettevano in pericolo il suo equilibrio. Oltretutto, in pochi secondi era già diventato fradicio.

    La sua preda non se la passava meglio di lui. Usando le mani per bilanciarsi, si stava sporgendo il più possibile verso il precipizio e, quando la distanza fra loro si fu ridotta, le sue intenzioni apparvero chiare e i suoi sospetti furono confermati.

    Fu una custodia nera, del tipo usato per contenere un fucile ad alta precisione, che attirò per prima cosa la sua attenzione quando poco dopo raggiunse il lastrone inondato dall’acqua, oltre il cui bordo l’uomo si stava in quel momento allungando pericolosamente. Da quel punto al fondo del canyon sporgevano, lungo la parete sottostante, degli spuntoni di roccia che servivano da scala agli animali, dei quali nessun uomo, a quanto ricordava, aveva mai osato servirsi per scendere o salire.

    Il basalto era scivoloso. La pioggia, un torrente di acqua gelata che colpiva da ogni lato sia lui sia la sua preda. Erano entrambi fradici fino alle ossa e un attimo dopo lui vide l’uomo portarsi una mano alla testa per scostarsi dal viso una ciocca di capelli bagnati.

    C’era decisamente qualcosa di strano in quella persona.

    Cachi, pensò soffermandosi sulle sue spalle. Era stranamente vestito color cachi dalle testa ai piedi. I bracconieri cercavano di mimetizzarsi, si mettevano degli indumenti a chiazze verdi e marroni in sintonia coi colori dell’ambiente, rimuginò mentre gli si avvicinava sempre più.

    Quando la sua preda allungò una mano piccola e bianca verso la custodia nera, lui sollevò la pistola e gridò: «Fermo!».

    L’uomo sussultò, si voltò...

    E lui si ritrovò a fissare due occhi azzurri sbarrati per lo spavento.

    Due occhi azzurri di donna.

    Un tuono scoppiò alle loro spalle con una detonazione così violenta che lui inciampò e barcollò in avanti. La donna sobbalzò all’indietro e, con un urlo, si aggrappò alla sua camicia per non finire nel vuoto oltre il bordo del lastrone.

    Lui finì in ginocchio e lasciò andare la pistola giusto in tempo per afferrarle il polso. Con la coda dell’occhio colse un movimento sotto di loro. Come aveva previsto, su un lastrone sottostante un animale molto raro, un prezioso caribù dell’Alaska, sparì con un balzo alla sua vista.

    Il berretto della donna volò via. Una massa di capelli biondi frustò con violenza il suo viso per via del vento. Lei lo guardò con due occhi pieni di terrore, lui la tirò velocemente verso di sé e insieme rotolarono sulla roccia lontano dal bordo.

    Quando si fermarono, la donna era sopra di lui. Erano fradici. Lampi saettavano nel cielo intorno a loro, l’acqua cadeva a catinelle. Quella donna per poco non aveva causato la morte di entrambi, ma tutto quello che lui registrò fu che era calda. Calda e morbida.

    «Chi... chi è lei?» gli chiese con un filo di voce, spaventata, il viso a pochi centimetri dal suo.

    Lui la fissò per qualche attimo in silenzio, le labbra di quella donna che gocciolavano acqua nella sua bocca. Dopo una breve fantasia in cui la teneva fra le braccia in un luogo caldo e asciutto, tornò in sé e rispose: «Il guardiacaccia». Poi rotolò fino ad averla sotto di sé e aggiunse: «È in arresto».

    La paura svanì dagli occhi della donna, lasciando il posto alla confusione. E poi alla rabbia. «Si tolga! Mi lasci!» gli gridò.

    «No.»

    La donna cercò inutilmente di liberarsi. Lui le afferrò i polsi con una mano, le allungò le braccia al di sopra della testa, premendole contro il terreno, e riprese con l’altra la pistola.

    «Co... cosa sta facendo?» domandò lei, di nuovo spaventata. «Mi lasci!»

    «I caribù dell’Alaska appartengono a una specie protetta e i bracconieri sono perseguiti dalla legge.»

    La pioggia cadeva furiosa su di loro. Un altro tuono rimbombò nell’aria. Lui amava le tempeste. Rendevano tutto più pulito, assolvevano la natura dai suoi peccati. Sarebbe stato bello se fosse potuto succedere anche con gli uomini...

    La donna batté ripetutamente le ciglia attraverso una ciocca di capelli fradici che le nascondeva metà del viso. «Bracconieri? Vuol dire che mi ha presa per un cacciatore

    «Non faccia la furba con me. Non sono dell’umore giusto.»

    «Dov’è andato?» gli chiese a quel punto lei cercando di alzarsi, ma lui la tenne inchiodata al suolo.

    Per un attimo pensò che si riferisse all’uomo che aveva visto prima tra gli alberi ma, quando lei voltò il viso verso il bordo del lastrone sotto il quale poco prima aveva visto il caribù, capì. «Se n’è andato» le rispose.

    Con sua grande sorpresa la donna imprecò. «È tutta colpa sua! Se lei non avesse... Ehi, aspetti un momento!»

    Ignorando le sue proteste lui, con una sola mano, la trascinò un po’ più lontano dal bordo, la fece appoggiare con la schiena a una roccia e con la pistola indicò la custodia nera. «Immagino che adesso mi dirà che là dentro non c’è un fucile.»

    Lei lo guardò come se fosse pazzo. «È questo che crede davvero? Che io sia un cacciatore di frodo e che là dentro ci sia un fucile?»

    «Un fucile di precisione.»

    La donna respirò a fondo e, di colpo, lui fu consapevole dei suoi seni piccoli e sodi sotto la stoffa bagnata della camicia. Lei si accorse che li stava fissando e incrociò le braccia sul petto.

    «L’apra» gli disse con un tono deciso.

    «È ciò che intendo fare.»

    La pistola puntata contro di lei, il guardiacaccia si inginocchiò, sollevò il coperchio e fissò confuso ciò che stava dentro la custodia.

    «È un cavalletto» gli spiegò lei.

    Un cavalletto?

    L’uomo si voltò e la osservò con attenzione. I suoi indumenti erano nuovi. Nonostante fossero fradici, i suoi pantaloni color cachi non avevano una grinza. Anche i suoi stivaletti erano nuovi, mentre lo zaino che un attimo dopo notò sotto una roccia sporgente aveva un’aria vissuta.

    «Sono una fotografa» lo informò.

    «Davvero?»

    Lui detestava avere torto. Non sbagliava mai, soprattutto in questioni come quella. L’istinto gli diceva che quella donna stava mentendo. «Lo spinga verso di me» le intimò, indicando con la pistola lo zaino.

    Un altro tuono potente fece sobbalzare entrambi.

    «Senta, abbassi quell’arma. Non sono una criminale. Perché intanto non ci togliamo da qui? Piove a dirotto, maledizione!» gli disse la donna mentre spingeva lo zaino verso di lui.

    Aveva ragione. I lampi adesso si susseguivano a intervalli brevissimi. Lui afferrò lo zaino, lo aprì e ne controllò il contenuto. Pellicole, piccole custodie rotonde in pelle di varie dimensioni, una macchina fotografica dall’aria professionale...

    «È una Nikon con il motorino incorporato, nel caso le interessi. Le custodie contengono delle lenti. Come le ho detto, sono una fotografa e sono qui per fare un servizio per la mia rivista.»

    Le sue unghie avevano uno smalto trasparente, le sue sopracciglia erano molto curate e la pelle non era abbronzata.

    «Quale rivista?» le chiese.

    «Wilderness Unlimited

    La conosceva. Conosceva anche la maggior parte dei fotografi che vi lavoravano, e lei non era una di loro.

    «Mi dia un documento d’identità.»

    «Non l’ho con me. È rimasto nella macchina a noleggio, sulla deviazione che dall’autostrada va verso i boschi.»

    «Già, certo.»

    La deviazione cui la donna alludeva si trovava a circa dieci chilometri di distanza e il percorso che la separava dal punto in cui si trovavano era molto accidentato. Non riusciva a credere che lei fosse arrivata da sola fin lì. Forse era in combutta con quel tizio che aveva visto tra gli alberi. Si guardò intorno a trecentosessanta gradi. Niente.

    «Cosa ci fa qui?»

    «Mi pare ovvio, no?» replicò lei proteggendosi gli occhi dall’acqua con una mano.

    «Questa è una riserva federale e qui i caribù sono una specie protetta.»

    «È proprio per questo che sono venuta.»

    Sembrava troppo spavalda per essere una che pochi minuti prima era stata sul punto di cadere nel burrone sottostante.

    «Si alzi.»

    Lui rimise la pistola nella fondina e prese lo zaino. La donna si alzò e, per qualche attimo, si valutarono l’un l’altro. In piedi, lei sembrava ancora più piccola. Un metro e sessantacinque circa. Aveva i capelli biondi appiccicati alla testa e i vestiti altrettanto fradici. La temperatura stava calando sempre più in fretta e lui realizzò che stava tremando.

    «Avanti, andiamo» le disse.

    «Dove?»

    Lui richiuse la custodia del treppiede, prese anche quella e indicò la direzione da cui era venuto. «Da questa parte. Verso sud.»

    «Ma la mia macchina è da quella parte!» protestò lei puntando un dito verso ovest, lungo la cresta che proseguiva per più di un chilometro e mezzo prima di scendere verso una lunga valle parallela alla strada, in cui boschi di abeti si alternavano a distese d’erba.

    Quella donna era lì, in quel posto selvaggio, sotto quel diluvio, senza una giacca a vento, senza l’attrezzatura necessaria a sopravvivere, senza cibo né acqua. E con una storia a cui lui non credeva. Non c’era da meravigliarsi se era deciso a non perderla di vista finché non avesse appurato se era collegata o no al bracconiere che aveva intravisto tra gli alberi. Proteggere gli animali della riserva da ogni genere di disturbo era il suo lavoro. Chiunque ne fosse la causa: un bracconiere, uno stupido turista, un misterioso uomo con degli indumenti mimetici, o una donna piccola, bagnata fradicia, dal comportamento strano.

    «Questa pioggia può trasformarsi facilmente in una nevicata. Non riuscirebbe ad arrivare alla sua macchina prima che cali il buio, mentre la mia postazione è abbastanza vicina. Avanti, venga» le disse in tono di comando.

    Lei si fermò, gli prese di mano lo zaino e la custodia del treppiede e ribatté: «Grazie, ma sono in grado di arrangiarmi da sola. Dopotutto siamo in estate, questa è l’Alaska e qui il sole non tramonta prima delle nove o delle dieci di sera». E si avviò decisa dalla parte opposta.

    Testarda come un mulo, pensò lui. E maledettamente attraente. Ormai lui era lì da circa un anno e le uniche donne che vedeva con regolarità erano le colleghe del dipartimento della caccia e della pesca, qualche rara volta al mese. Avrebbe dovuto lasciarla andare. Forse si era sbagliato su di lei. Forse era davvero quella che aveva detto di essere. Ma qualcosa in lei non lo convinceva. La osservò risalire tra le rocce scure e, all’improvviso, ebbe la sensazione di averla già vista.

    Scacciò quel pensiero e si guardò di nuovo intorno in cerca di un movimento. Da qualche parte c’era un altro intruso, vestito dalla testa ai piedi con degli indumenti mimetici e con in mano qualcosa di molto diverso da una treppiede. No. Finché non avesse scoperto chi fosse, non avrebbe lasciato andare la signora, decise.

    Lasciò che arrivasse in cima al crinale, poi la raggiunse, infilò un dito sotto la sua cintura, e le ribadì: «Da quella parte».

    «Ma la mia macchina è di là!» protestò lei.

    L’acqua le colava a rivoli dal viso, gli indumenti bagnati le aderivano addosso come una seconda pelle. Aveva un corpo atletico, più muscoloso e in forma di quanto non gli fosse sembrato in un primo momento, quando l’aveva sentita calda e morbida sopra di sé.

    Posò la mano sul calcio della pistola d’ordinanza. «Non me la faccia tirare fuori di nuovo.»

    «Non può costringermi a seguirla!» esclamò lei.

    «Oh, vuole scommettere?» ribatté lui facendo un paio di passi in avanti, gli occhi nei suoi occhi, il viso a pochi centimetri dal suo.

    Lei sostenne impavida il suo sguardo, per nulla intimidita. «Insomma, chi diavolo è lei? Una specie di superpoliziotto?»

    «Signora, in questa riserva sono proprio un poliziotto. L’unico poliziotto che c’è.»

    Lei esitò un attimo. «Io sono Wendy.»

    «E io sono Peter Pan» ribatté lui asciutto, poi prese la custodia del treppiede e aggiunse: «Avanti, andiamo».

    Che imbecille!

    Più camminavano, più lei diventava furiosa. Wendy si fermò un momento per aggiustarsi meglio lo zaino che stava portando sulle spalle da un paio di ore. Gli stivali nuovi le stavano facendo soffrire le pene dell’inferno, i suoi indumenti altrettanto nuovi le si erano appiccicati completamente addosso, ma per fortuna aveva smesso di piovere.

    «Avanti, non siamo lontani» le disse Rambo dandole una spintarella sulla schiena.

    «Bene» commentò lei voltandosi un attimo e, quando si girò di nuovo, andò a sbattere contro un cespuglio fradicio di pioggia. Sentendo una risatina alle sue spalle, sbottò: «Non c’è niente da ridere!», e riprese dignitosamente a camminare sentendo lo sguardo dell’uomo su di sé.

    Aveva due occhi verdi con delle pagliuzze d’oro che esprimevano una sicurezza e una forza che le si erano impresse nella mente non appena li aveva guardati, quando gli si era aggrappata alla camicia per non cadere nel vuoto sottostante e la sua vita era stata nelle mani di

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