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Senza paura: Harmony Destiny
Senza paura: Harmony Destiny
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E-book151 pagine2 ore

Senza paura: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

E' la notte di Capodanno ma c'è poco da festeggiare a Los Angeles. un terremoto infatti sconvolge la città e migliaia di persone rimangono senza cibo e acqua. Viene sguinzagliato l'esercito per garantire i rifornimenti e Rhona McGregor, ex pilota di elicotteri della Marina, si offre volontaria per aiutare i militari. Dovrà volare con l'affascinante Nolan Galway, che si mostra scettico verso un copilota in gonnella. Però...

LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2015
ISBN9788858941218
Senza paura: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Senza paura - Lindsay Mckenna

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Ride The Thunder

    Silhouette Desire

    © 2002 Lindsay Mckenna

    Traduzione di Paola Ingenito

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-121-8

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    7 gennaio, ore 16.00

    La giornata era cominciata male, decise il tenente Nolan Galway dirigendosi verso il Centro Operativo di Camp Reed. E chissà, forse sarebbe finita anche peggio. Il frastuono degli elicotteri e dei jet che atterravano e decollavano senza sosta gli rimbombava nelle orecchie, mentre cercava febbrilmente una soluzione al suo problema: trovare un copilota.

    Avvicinandosi alla costruzione grigia simile a una scatola rettangolare con una torretta su un lato, notò sul piazzale antistante un frenetico andirivieni di persone. Era così dalla notte di Capodanno, quando un terremoto di inaudita violenza, denominato Big One, aveva seminato morte e distruzione nella California meridionale. Da quel giorno, la vita di Nolan, come quella di tutti gli altri abitanti di Los Angeles, era piombata nel caos.

    Poteva sentire l’adrenalina scorrergli nelle vene al pensiero della popolazione che lottava per la sopravvivenza. Doveva assolutamente trovare un partner, si ripeté per l’ennesima volta, altrimenti il comandante di giornata lo avrebbe trattenuto a terra. Senza un compagno, Nolan non poteva compiere voli e salvare vite umane. Non aveva alternative: la sua priorità, in quel momento, era la ricerca di un sostituto per il suo copilota abituale, che quella mattina era stato ricoverato in ospedale per avvelenamento da cibo.

    La situazione degli abitanti della disastrata conca di Los Angeles era diventata insostenibile. Il presidente degli Stati Uniti aveva già dichiarato lo stato di calamità naturale mentre l’agenzia federale per la gestione delle emergenze aveva attivato le procedure d’urgenza. In tutto il paese si stavano allestendo centri di deposito dai quali attingere cibo, farmaci e coperte. Il problema era che il sisma aveva distrutto anche le strade, e finché non si fosse trovato il modo di ripristinare la viabilità, era impossibile provvedere a distribuire gli approvvigionamenti. Il solo modo per farlo era impiegare gli elicotteri, ma nonostante tutti i velivoli disponibili fossero utilizzati a quello scopo, purtroppo ancora troppa gente continuava a patire la fame e la sete.

    «Maledizione...» borbottò. Il Centro Operativo era in piena attività. Stava svoltando l’angolo in direzione dell’ingresso principale, presidiato dal comandante di giornata, quando qualcosa attirò improvvisamente la sua attenzione.

    Una donna stava incedendo verso l’edificio con la sua stessa determinazione. Era impossibile non notarla: tra le centinaia di persone che affollavano l’area, era l’unica in abiti civili. Tutti gli altri indossavano l’uniforme della Marina Militare o la mimetica dei Marines.

    Strofinandosi gli occhi nel tentativo di reprimere la stanchezza, la osservò attentamente. Era alta, i lunghi capelli neri che le ondeggiavano intorno al viso a ogni passo. La giacca e i pantaloni che indossava non erano sufficienti a nascondere le sue curve, decisamente femminili. Non era certo il momento più adatto per lasciarsi andare a pensieri simili, si ammonì Nolan, eppure non poteva fare a meno di sentirsi attratto da quella visione.

    Esitò un istante, poi decise di rallentare l’andatura in modo da poterla intercettare. Devi essere impazzito, Galway, si disse senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso. Lo spiazzo brulicava di gente che andava e veniva, tutti con le facce cupe. Il compito primario di quella base era tentare di salvare le vite di milioni di persone innocenti, e cosa faceva lui? Se ne stava lì, incantato, a fissare una donna...

    Forse era tutta colpa della mancanza di sonno, cercò di convincersi mentre si fermava. Dopotutto, durante l’ultima settimana lui e il suo copilota avevano volato dall’alba al tramonto, senza dormire per più di cinque ore di fila. La gente gli passava accanto come fosse stato una roccia in mezzo a un fiume in piena; un torrente di esseri umani che si affrettavano ai loro posti di lavoro per caricare rifornimenti di cibo, acqua e medicine sugli elicotteri in attesa.

    Il suo sguardo si appuntò di nuovo su di lei. Era impossibile non rimanere affascinati dal movimento armonioso dei suoi capelli che le danzavano sulle spalle... La osservò con grande attenzione. Dal modo di camminare, avrebbe giurato che fosse un militare. Aveva le spalle orgogliosamente erette e la postura sicura. Gli occhi, scoprì mentre si avvicinava, erano puntati sull’ingresso dell’edificio.

    «Posso aiutarla?» le chiese affiancandola. «Ha l’aria di essere in cerca di qualcuno... o di qualcosa.»

    Lei si girò a guardarlo.

    Nolan indossava la sua vecchia e logora giacca di pelle da bombardiere e una sciarpa bianca intorno al collo per evitare l’irritazione che la tuta verde da combattimento gli provocava. Le sorrise.

    Un paio di occhi di un caldo colore grigio si strinsero leggermente mentre lui osservava i jeans impolverati che fasciavano un paio di gambe lunghe e magre. La donna calzava delle scarpe da ginnastica e aveva uno zaino blu in spalla.

    «Be’... sì, sto cercando la Logistica. So che qui c’è il Centro Operativo. Speravo che...»

    «Da quella parte» la interruppe Nolan voltandosi a indicare un edificio verde a tre piani alle loro spalle. «Lì c’è la Logistica.»

    La donna stava cercando di recuperare il fiato, come se avesse fatto una corsa, notò Nolan. I suoi jeans erano piuttosto sporchi dal ginocchio in giù e aveva gocce di sudore sulle tempie, dove qualche sottile ciocca di capelli sembrava essersi incollata. Da dove veniva?, si chiese. Perché aveva corso, e come aveva fatto a sporcarsi a tal punto i pantaloni?

    Quando lei si voltò verso il punto che lui aveva indicato, di nuovo i capelli le ondeggiarono intorno, fluenti. Forse non era una bellezza spettacolare, rifletté lui continuando a guardarla, ma aveva qualcosa che la rendeva particolarmente attraente. Non era solo il viso, si disse, ma ciò che trapelava dal suo sguardo, una sorta di ingenuità venata di diffidenza.

    «Bene, grazie» pronunciò lei girando sui tacchi e incamminandosi verso la Logistica.

    Ehi, che accoglienza calorosa..., borbottò Nolan tra sé, incerto se sentirsi offeso o meno da quel rude commiato. Avrebbe almeno potuto dirgli come si chiamava, pensò, o almeno lasciare che fosse lui a presentarsi... Si grattò la testa. Suppongo che abbia fretta. Andiamo, figliolo, hai cose più urgenti cui pensare... come rimediare un nuovo copilota, si disse puntando verso gli scalini del Centro Operativo per intraprendere la sua battaglia con il comandante.

    Eppure, mentre un soffio della fresca aria pomeridiana lo faceva rabbrividire, era sorridente mentre entrava nell’edificio. La vista di quella donna gli aveva risollevato il morale. Chissà chi era?, si chiese. Non che la cosa lo interessasse, beninteso. Anche se non poteva fare a meno di sentirsi attratto da quel suo viso particolare...

    Ora smettila!, si ammonì con decisione. Non aveva tempo da perdere in simili fantasticherie. Era un pilota in cerca di un partner. Nient’altro.

    7 gennaio, ore 16.15

    «Avete bisogno di me!»

    Morgan Trayhern si bloccò mentre una stridula voce femminile lo raggiungeva attraverso il corridoio che stava percorrendo. Si voltò, con un fascio di fogli in mano. In fondo, dove erano di guardia due sentinelle dei Marines, c’era una donna. Alta, snella, con una massa di capelli neri che le scendeva oltre le spalle. Aveva un’aria aristocratica, considerò mentre le si avvicinava. Era molto alta, i capelli che le avvolgevano le spalle come un manto. Se ne stava lì, in piedi, con le mani piantate sui fianchi, come se volesse sfidare le due sentinelle. Di fronte a lei c’era il comandante di giornata, il tenente Ted Monroe. Di fresca nomina, sosteneva lo sguardo della donna, ma dal suo viso contratto, di un colore molto simile a quello di una prugna matura, e dalle braccia incrociate arrogantemente sul torace, Morgan capì che era sul punto di esplodere. Le guardie avevano imbracciato i fucili tenendoli contro il petto, come ad ammonire la donna a non tentare neanche di avvicinarsi.

    L’aria era satura di tensione. Tutta la base era impegnata nelle operazioni di soccorso, dopo il terremoto che aveva colpito Los Angeles appena una settimana prima. Tutti avevano i nervi a fior di pelle, inclusi i tre Marines.

    Morgan guardò meglio la donna; occhi grigi, zigomi alti, ovale affilato... era un volto familiare. Decise di dirigersi verso il luogo dello scontro e quando si fu avvicinato abbastanza da poterla riconoscere, non poté trattenere un sorriso.

    «Rhona McGregor!» esclamò, fermandosi di fianco al giovane comandante. «Ted, rilassati, è una mia vecchia amica. Lasciala passare, è una di noi.»

    Sconcertato, l’ufficiale abbaiò alle due sentinelle: «A riposo!».

    Rhona sospirò e guardò Morgan. «Non mi sarei mai aspettata di trovarti qui.» Allungò la mano affusolata verso di lui, poi sorrise affabile all’ufficiale imbarazzato e alle due guardie, che si fecero da parte.

    Morgan le strinse la mano. «Come stai, Rhona? E che diavolo ci fai tu qui? L’ultima volta che ci siamo visti eravamo in Arizona, al matrimonio di tua cugina Paige con Thane Hamilton.»

    Il calore di quella stretta di mano valeva le tribolazioni degli ultimi due giorni, decise lei. «Proprio così. È stata una vera fortuna essere riuscita a ottenere una licenza per partecipare alle loro nozze. A proposito di famiglia, come sta Laura?»

    «È qui con me. Vieni, il mio ufficio è vicino, andiamo a fare due chiacchiere.» Fece una smorfia, poi precisò: «È mio solo temporaneamente, per la durata di questa prima e convulsa fase dei soccorsi».

    Rhona lo seguì in una stanzetta. Appena entrata, notò una caraffa di acqua gelata e dei bicchieri su una mensola. «Ti dispiace se mi servo? Ho una sete terribile.»

    «Fai pure.» Morgan chiuse la porta. La studiò dalla testa ai piedi e fu stupito di quanto fosse alta e snella. Nonostante sua madre fosse una Navaho, Rhona pareva più un’angloamericana che una pellerossa, a dispetto dei capelli neri e degli zigomi pronunciati. Forse aveva preso dal padre, rifletté, un medico che esercitava nella riserva in Arizona. Con un cognome come McGregor, doveva essere di origine scozzese. Pensieroso, le osservò i jeans impolverati, le scarpe consumate e il lacero zaino con la scritta Marina degli Stati Uniti in lettere dorate.

    Una volta che ebbe placato la sete, Rhona posò il

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