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Le nebbie dell'oblio
Le nebbie dell'oblio
Le nebbie dell'oblio
E-book192 pagine2 ore

Le nebbie dell'oblio

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Info su questo ebook

Quando Charles Clevedon soccorre una bellissima fanciulla che vaga per i boschi priva di memoria, teme che sia l'ennesima trappola per incastrarlo e indurlo a sposarsi. La ragazza, inoltre, sembra nascondere dei segreti, di cu conserva solo vaghi ricordi: qualche parola in francese, l'immagine di una casa, un legame importante. Charles decide di svolgere alcune indagini per risolvere il mistero, ma quando un uomo si dichiara il marito della giovane...
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2016
ISBN9788858955659
Le nebbie dell'oblio

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    Anteprima del libro

    Le nebbie dell'oblio - Elizabeth Bailey

    successivo.

    1

    Quell'ambiente le era completamente estraneo. Gli alberi che stendevano i loro rami sopra di lei come una cupola scura non le erano affatto familiari, le sembravano dei giganti che la coprivano, protendendo le loro frondose braccia sopra il suo capo. Si alzò in piedi a fatica, guardandosi intorno. Dove mi trovo?, pensò, smarrita.

    La luce filtrava tra le foglie, disegnando un chiaroscuro sul suo abito di mussolina bianca. Rabbrividì e si strofinò le braccia, sentendo che l'umidità penetrava nelle sue ossa, sotto la corta giacchina di velluto nero. Aveva i piedi gelidi, perché gli scarponcini alla caviglia, di morbido capretto nero, le fornivano una scarsa protezione contro l'aria fresca del primo mattino.

    Si chiese come avesse fatto a finire in quel posto. Quando aveva ripreso i sensi, si era ritrovata sdraiata nel sottobosco, sulle foglie bagnate di rugiada. Ora, tenendosi in piedi sulle gambe malferme, si guardò intorno con stupore. Era stata una follia avventurarsi nel bosco con addosso abiti tanto leggeri.

    Sollevò una mano tremante per tastarsi il lato della testa che le doleva. Si rese conto di non portare alcun copricapo e sentì le dita appiccicaticce, poi trasalì per un'improvvisa fitta di dolore. Ritrasse la mano e la vide insanguinata. Esterrefatta, rimase a lungo a fissarsi le dita impiastricciate.

    Cosa le era successo?, si chiese mentre il panico la invadeva, costringendola a distogliere lo sguardo. Sentendo che la vista le si appannava, soffocò un singhiozzo di terrore. Fece un passo in avanti, inciampando, poi si riprese e continuò a camminare barcollando tra i rami e le foglie che la ostacolavano, quasi fossero diventate creature vive e volessero impedirle la fuga.

    Superata la volta ombrosa degli alberi, sentì sul viso il calore del sole. Si fermò e aguzzò la vista, scrutando il paesaggio: il terreno saliva in un dolce pendio verde e si innalzava poco lontano fino a un'altra macchia boschiva. La foresta si estendeva a perdita d'occhio da entrambi i lati.

    Il cuore prese a martellarle furiosamente in petto. Non riusciva a capire dove fosse, la sua mente era completamente annebbiata, e sforzandosi di pensare non faceva altro che intensificare il dolore sordo che s'irradiava dalla ferita in testa in tutto il corpo.

    Invece di riflettere senza risultato, s'impose di agire per cercare aiuto. Non aveva idea della direzione da prendere in quell'ambiente estraneo, ma poco importava dove andasse, visto che la natura che la circondava non le dava alcuna indicazione della presenza di essere umani.

    Si piegò leggermente per tirare su l'orlo della gonna e si fermò di colpo, stupefatta. L'abito era macchiato di verde e marrone: quelli che aveva scambiato per riflessi delle ombre delle foglie in realtà erano chiazze di terra, muschio ed erba. Il vestito aveva il bordo lurido, le scarpe erano infangate, la giacchina era strappata e anche la gonna era lacerata in più punti, oltre che umida. Non c'era da meravigliarsi che si sentisse infreddolita! Si domandò per quanto tempo fosse rimasta distesa a terra e quale potesse essere il motivo di quelle condizioni pietose.

    Mentre tentava di trovare una spiegazione, cominciò a camminare verso la radura, però il mal di testa aumentò con lo sforzo, costringendola a fermarsi e a premere le mani sulla fronte, chiudendo le palpebre. Le sembrava di essere stata catapultata in un incubo: più frugava nella memoria in cerca di ricordi e più vedeva davanti a sé il vuoto assoluto.

    Per un istante temette di svenire, poi il dolore diminuì e il senso di vertigine s'interruppe. Fu allora che si rese conto di un suono, che si stava avvicinando. Le occorse qualche attimo per capire che si trattava di voci.

    Aprì gli occhi di scatto e guardò dritto davanti a sé. Delle persone erano apparse tra gli alberi in cima al colle. L'istinto le impose di essere cauta e la spinse a tornare in fretta sui suoi passi; ogni fastidio fisico fu dimenticato, inghiottito dalla paura. Si nascose dietro un grosso tronco cavo, ansante e tremante per l'agitazione.

    Passarono diversi secondi prima che potesse udire qualcosa che non fosse il proprio respiro. Man mano che il terrore si calmava, riuscì a distinguere le voci e il rumore dei passi, poi fece capolino da dietro il tronco dell'albero e vide tre persone che scendevano lungo il fianco della collina: due donne e, qualche passo più avanti, un uomo alto dall'aria autoritaria.

    A giudicare dagli abiti e dal timbro delle voci, non sembravano dei contadini o dei vagabondi, ma piuttosto dei nobili che passeggiavano e conversavano.

    La ragazza trattenne il respiro, provando un misto di sollievo e ansia. Era sicura che loro l'avrebbero tratta in salvo, però si sentiva a disagio perché non avrebbe saputo rispondere alle domande che sicuramente le avrebbero posto.

    Man mano che si avvicinavano, la ragazza poté distinguere anche le parole e capì che stavano discutendo, seppure senza alcun astio. Benché involontariamente, lei li ascoltò mentre cercava di trovare il coraggio per farsi notare.

    «Non tentate di ingannarmi, Meg» stava dicendo l'uomo. «So perfettamente cosa porta qui te e Harriet.»

    «Cosa ti aspettavi, Charles?» replicò una delle due donne in tono critico, guardando in basso per controllare scrupolosamente dove metteva i piedi e, al contempo, tenendo sollevato l'orlo dell'abito. «Ogni anno attendiamo con ansia la fine della stagione mondana con la speranza di sentirti annunciare il tuo fidanzamento.»

    «E ogni anno restiamo deluse» aggiunse l'altra, che aveva una voce più dolce. «Devi ammettere, Charles, che la tua riluttanza è davvero indecorosa.»

    «Non ammetto niente» brontolò lui. «Anzi, dovreste congratularvi con me perché riesco sempre a eludere le trappole che mi vengono tese.»

    «Se soltanto ti decidessi a sposare Belinda, potresti porre fine facilmente a tutte queste sciocchezze.»

    L'uomo si fermò di colpo e le donne fecero altrettanto.

    «Che idea ti è venuta? Sposare Belinda? Ho mai mostrato la minima inclinazione in tal senso?»

    «No, è vero» ammise la seconda donna, rivolgendosi a quella che aveva fatto il commento. «Charles ha avuto cinque anni di tempo per chiedere la sua mano, Harriet. Visto che non l'ha mai fatto, è improbabile che si decida adesso.»

    «È un vero peccato, secondo me» borbottò la prima. «Comunque, non m'importerebbe se mostrasse un briciolo d'interesse verso qualche altra donna.»

    «Trovatemi una donna che non faccia la vezzosa per sedurmi, che non mi faccia sbadigliare di noia o non m'istupidisca con le sue chiacchiere insulse e io la sposerò ben volentieri.»

    L'uomo riprese a camminare, dirigendosi a passo svelto proprio verso l'albero dietro cui era nascosta la giovane, che si ritrasse in fretta.

    Si rese conto che avrebbe dovuto rivelare la propria presenza, oppure il terzetto le sarebbe passato accanto senza notarla e lei avrebbe perso l'occasione di farsi trarre in salvo. Si costrinse a emergere dal nascondiglio, ma non ebbe la forza di farsi avanti. L'uomo si stava avvicinando rapidamente: non l'aveva visto bene, però le sembrava un gentiluomo e questo le diede il coraggio di farsi avanti e spuntare fuori proprio di fronte a lui.

    L'uomo si fermò di colpo e fece istintivamente un passo indietro; un'esclamazione di sorpresa gli sfuggì dalle labbra. Le sorelle, alle sue spalle, fissavano con altrettanto stupore l'improvvisa apparizione.

    La ragazza era giovane e bella. Il taglio dei suoi abiti indicava indiscutibilmente che era di nobili origini, anche se aveva la gonna lacera e macchiata e il viso sporco. Tremava visibilmente ma, nonostante fosse in condizioni pietose, niente avrebbe potuto celare l'eccezionale avvenenza del suo volto.

    «Vi prego, aiutatemi» mormorò con un filo di voce. «Non so dove mi trovo.»

    Charles Clevedon, conte di Wytham, la fissò con sguardo vacuo e rimase in silenzio, perplesso, quasi ipnotizzato dai suoi occhi azzurri. Dopo qualche secondo si riscosse e il suo istinto di gentiluomo prese il sopravvento. «Vi aiuteremo certamente. Cosa vi è successo?»

    «Santo cielo!» esclamò Harriet dietro di lui.

    «Siete ferita?» domandò Meg, avvicinandosi in fretta alla ragazza.

    «La testa...» mormorò lei con una smorfia, toccandosi i capelli ricci e biondi. «Sto sanguinando e mi fa molto male.»

    «Cos'è accaduto?»

    La ragazza guardò Meg con un'espressione angosciata. «N... non lo so» balbettò.

    «Non lo sapete? Ma...»

    «Non ricordo nulla.»

    «Appoggiatevi a me» disse in fretta Charles, avvicinandosi e sorreggendola.

    «Merci

    Lei si appoggiò e Charles era troppo impegnato a sostenerla per registrare mentalmente la parola in francese. Notando che la misteriosa fanciulla aveva gli abiti freddi e umidi, si chiese da dove potesse venire e se avesse passato la notte nel bosco, magari priva di sensi.

    «Come? Non ricordate niente?» Una nota sospettosa nel tono di voce di Harriet indusse Charles a girarsi velocemente verso la sorella. «Come siete arrivata fin qui?»

    Lui sentì tremare la ragazza e, guardandola, la vide impallidire.

    «Non ricordo neppure questo» sussurrò lei, sempre più sconvolta.

    «Ma siete sola?» Ora il tono di Harriet rivelava una chiara disapprovazione.

    Lei annuì.

    «Santo cielo, non sapete neppure se vi hanno accompagnato?» sbottò Harriet con impazienza.

    «Harriet, smettila!» la redarguì Meg. «Non vedi che la poverina non è in grado di rispondere ad alcuna domanda? Charles, trova un posto decente per farla sedere.»

    Guardandosi intorno, Charles notò un grosso tronco caduto. Senza preavviso, sollevò la ragazza tra le braccia e vi si diresse con piglio deciso.

    Lei fu colta da un attacco di vertigini e chiuse gli occhi, aggrappandosi alle sue spalle. L'ansia era aumentata a causa delle incalzanti domande; non erano state inaspettate, ma il suo disagio era causato principalmente dalla consapevolezza di non avere risposte.

    Riaprì gli occhi quando si sentì deporre con delicatezza sul tronco. Vide che lui la stava fissando e non poté fare a meno di esaminare il viso del suo salvatore.

    L'uomo aveva gli occhi nocciola, i lineamenti marcati, il naso dritto e le mascelle forti, che gli conferivano una perenne espressione di sfida. Le ciocche che s'intravedevano sotto il cappello erano castane e la fronte era solcata da una ruga causata dalla perplessità.

    «Va meglio?» s'informò lui.

    «Sì, grazie.»

    La ragazza appoggiò le mani sul tronco e sospirò.

    «Allora...» cominciò una delle donne.

    «Non assillarla, Meg!» la pregò Charles.

    «Vorrei solo scoprire cos'è successo» si difese la donna.

    «È perfettamente inutile, visto che non ricorda nulla.»

    «Deve aver battuto la testa.»

    La ragazza notò che la donna era una matrona robusta, dal viso vagamente somigliante a quello dell'uomo. Aveva i capelli ricci raccolti sotto un cappellino piumato in tinta con l'abito da amazzone. Il suo sorriso emanava calore e cordialità.

    «Poverina!» esclamò la dama in tono materno. «Immagino che siate confusa, ragazza mia. Sicuramente vi tornerà tutto in mente quando vi sarete ripresa.»

    La giovane era troppo stordita per poter rispondere. Tra i suoi pensieri non c'era posto per alcuna sensazione oltre al sollievo per essere stata soccorsa.

    Il conte continuava a fissarla accigliato; non aveva mai visto una persona tanto pallida e spaventata.

    Harriet spezzò il silenzio. «Come vi chiamate?»

    Charles vide che la ragazza tentava di concentrarsi e che i suoi occhi azzurri si erano improvvisamente velati.

    «Il mio nome...»

    «Qual è?» la interruppe Harriet, impaziente.

    «Harriet, ti prego!» protestò Meg.

    «Volete stare zitte tutt'e due?» sbottò l'uomo. «Non vedete che è turbata dalla vostra insistenza?»

    La ragazza sollevò lentamente una mano tremante e se la passò sulla fronte. «Non so come mi chiamo» confessò infine con voce rotta dalla disperazione.

    Charles continuava a guardarla intensamente, impietosito. Lei soffocò un singhiozzo e trattenne le lacrime che lui si aspettava di vederle scendere sulle guance. Serrò i pugni e s'impose di restare relativamente calma. Lui apprezzò il suo disperato e coraggioso tentativo di controllarsi. Guardò le sorelle e vide che persino la dura Harriet era rimasta colpita dall'angoscia della ragazza. Meg era prevedibilmente commossa.

    «Perdonatemi, ma non ricordo proprio nulla» disse lei in tono sommesso. «Mi sono svegliata poco fa, per terra, tra i cespugli. Non ho idea di come sia arrivata qui né da quanto sia nel bosco. Ho un gran mal di testa e so che mi sono persa. Però soltanto quando me l'avete chiesto mi sono resa conto che...» La voce le si spezzò. «... non so neppure chi sono!» terminò con orrore.

    Era così sconvolta che tutti e tre provarono un'immensa compassione. Charles fu invaso dall'incomprensibile desiderio di abbracciarla per consolarla. Ignorò quell'impulso assurdo e concentrò l'attenzione su un problema ineludibile. Cos'avrebbero dovuto fare della ragazza?

    «Vi porteremo con noi» dichiarò Meg, come se avesse percepito la domanda inespressa del fratello.

    La ragazza sembrò sollevata. «Non vorrei disturbare» protestò debolmente, per una pura formalità dettata dall'educazione.

    «Non potete restare qui» obiettò Harriet con evidente riluttanza.

    «Avete anche bisogno di un medico» considerò Meg. «Charles, smettila di stare lì imbambolato e fa' qualcosa!»

    Lui trasalì e annuì, rendendosi conto di essere stato distratto dal bellissimo viso della giovane. Un nuovo pensiero gli balenò nella mente: era ovvio che dovessero portarla a casa con loro, quindi... era possibile che quello fosse stato l'obiettivo della ragazza sin dall'inizio? «Non ricordate proprio niente?» le domandò allora a bruciapelo.

    Lei lo fissò inebetita, poi scosse la testa. «Niente.»

    «Forse vi tornerà in mente qualcosa dopo che avrete riposato.»

    «Lo spero.» Le sue labbra tremavano per il pianto a stento trattenuto.

    «Allora andiamo» disse lui seccamente. «Credete di riuscire a camminare? La mia carrozza è a circa un quarto di miglio.»

    Lei ragazza annuì. Si appoggiò al braccio che Charles le offriva, si alzò e si avviò lentamente. Era sempre più confusa. All'inizio era stata contenta di affidarsi a quelle persone, ma a ogni passo le

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