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La passione di Jafar: Harmony Destiny
La passione di Jafar: Harmony Destiny
La passione di Jafar: Harmony Destiny
E-book152 pagine2 ore

La passione di Jafar: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Lisbet, attrice di professione, accetta di girare un promettente film nonostante ciò comporti una trasferta nell'Emirato di Barakat, dove vive lo sceicco Jafar. Con il quale ha avuto un'intensa relazione in passato...

LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2015
ISBN9788858932728
La passione di Jafar: Harmony Destiny
Autore

Alexandra Sellers

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La passione di Jafar - Alexandra Sellers

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Playboy Sheikh

    Silhouette Desire

    © 2002 Alexandra Sellers

    Traduzione di Tiziana Tursi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-272-8

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    Un paio di occhi verdi apparve sullo schermo e rivolse alla stanza un sorriso carico di sfida. Lo stomaco di lui si serrò. Trattenne il fiato.

    «Eccola!» esclamò una voce alle sue spalle.

    «Già» mormorò Jafar al Amzeh.

    Quegli occhi lo guardavano dritto nell’animo.

    Le iridi passavano da un verde prato venato di boscaglia al colore del puro smeraldo.

    Quegli occhi gli avevano riempito il mondo quando lei li aveva posati su di lui. Il torturante piacere che lo aveva consumato minacciava di annichilirlo.

    Ora che quegli occhi erano tornati vicini, una primitiva gelosia lo rodeva al pensiero che altri nella stanza li stessero contemplando. Se avesse assecondato l’istinto, sarebbe scattato in piedi e li avrebbe cacciati tutti a pedate dallo studio.

    L’inquadratura si allargò sull’ampia fronte, gli zigomi alti, il naso dritto, la bocca generosa e le bionde ciocche che incorniciavano l’ovale e ricadevano sulle spalle.

    Lui aveva affondato le dita tra quei capelli. Li aveva accarezzati. Gli pareva di sentirli ancora come seta sotto i polpastrelli. Il loro profumo gli riempiva le narici. Chiuse gli occhi in preda a un incontenibile desiderio.

    «Una bellezza insolita.»

    «Personalità prorompente...»

    Le voci si accavallavano alle sue spalle, ma lui le udiva a malapena. Sullo schermo, lei parlò brevemente e si allontanò dalla telecamera. Indossava una minigonna che le fasciava i fianchi e le scopriva le lunghe gambe snelle.

    La sua voce era un sussurro che vibrava di ilarità. Esattamente come l’ultima volta che l’aveva udita. Parlava con un sorriso che le rialzava gli angoli della bocca. Poi gettò la testa all’indietro e una cascata di miele le ricadde sulle spalle.

    La pelle gli bruciava. Come se lo avesse toccato.

    La porta si aprì e si richiuse. Se n’era andata. Proprio come era uscita dalla sua vita. Un sorriso, un movimento della testa e il tonfo della porta che si richiudeva.

    Ora come allora, lui agognava che quella porta si aprisse di nuovo e che lei tornasse dicendo che aveva cambiato idea.

    «Eccone un’altra!» esclamò una voce.

    Lei era tornata a riempire lo schermo. In bikini, questa volta. Su una spiaggia. Stava mangiando un gelato e gli uomini tutt’intorno avevano occhi soltanto per lei.

    Una barca aveva scuffiato. I passeggeri urlavano dall’acqua e agitavano le braccia, ma il bagnino era tutto preso a contemplare lei. Una partita di pallavolo era finita nel caos mentre lei incedeva sotto il sole, con i capelli al vento e il corpo caldo di curve tutte femminili. Un venditore di hot dog era precipitato giù dal pontile con il carrettino.

    Lei è mia.

    «Meravigliosa» osservò una voce.

    Seguì un mormorio di consenso. Jaf tacque. La guardò sfiorare con la lingua il cono e simulare un piacere quasi sessuale. Aveva già visto quell’espressione sul suo viso. E non era stata una simulazione. Ne era convinto.

    Il logo della marca di gelati lampeggiò sullo schermo.

    «Non credo che avremmo potuto trovare migliore complemento all’harem!» esclamò una voce maschile, come se avesse avuto scelta. Come se l’esito non fosse stato scontato dal principio. «Sarebbe un dono che farebbe felice qualsiasi sultano. Che ne dici, Jaf?»

    Lui sorrise e annuì, continuando a fingere.

    «Per me va bene» replicò, come se non gli importasse. Come se loro non sapessero.

    Lei gli aveva sorriso prima di andarsene. Fai del tuo peggio, lo aveva sfidato.

    Avrebbe presto conosciuto il suo peggio. Prima, un dono per il sultano. Poi sarebbe stata sua per sempre.

    1

    Lei si aggrappò disperatamente alla superficie scivolosa di una cassettiera di mogano mentre un’onda la sorprendeva alle spalle e la sollevava. Si riempì i polmoni d’aria prima che l’acqua la sommergesse.

    Dinanzi a lei, si stendeva la lunga lingua di sabbia bianca della costa. Dietro di lei, una distesa di acqua turchese.

    Il sole era alto. La salsedine le pizzicava gli occhi. Le ciocche bagnate le aderivano al viso come alghe. Lo strascico del vestito si allungava nell’acqua come la pinna di una sirena. Le sue gambe scalciavano in cerca di una presa.

    Non molto distante, nascosto tra le rocce affioranti, lui sedeva in sella al cavallo e la guardava. Si sentiva dilaniare dalla gelosia, quasi che l’avesse sorpresa a letto con un altro.

    Lei aveva finalmente toccato il fondo e si era tirata su. L’acqua le lambiva la vita. La cassettiera aveva guadagnato la spiaggia, sospinta dalle onde.

    Barcollò mentre il mare tentava di risucchiarla nel suo umido abbraccio. Incespicò, ma riuscì a reggersi.

    Lui continuava a fissarla. Immobile. Come in attesa di un segno.

    Il mare si faceva schiuma a ogni passo che lei accennava nell’acqua, trascinandosi dietro lo strascico dell’abito che si allargava in un profondo spacco a scoprirle le gambe.

    Mentre emergeva, il vestito le danzava intorno alle gambe, coprendole e svelandole alternatamente.

    Era uno spogliarello eroticamente evocativo. Il corpo di lui fremeva, immaginando di strusciarvisi contro come stavano facendo quelle onde, fino a ridurlo all’ansimante sfinimento che le faceva palpitare i seni.

    Con quella sua gestualità che grondava erotismo, lei sollevò sinuosamente un braccio per scostarsi i capelli dal collo e il lamé del vestito le modellò i seni alti e sodi.

    Il cavallo scalpitò. Lui allungò una mano ad accarezzargli il collo. Non era ancora il momento.

    Esausta, lei chiuse le labbra in segno di trionfo e piegò le ginocchia per lasciarsi cadere, sollevata, sulla sabbia. Poi si accasciò sulla schiena con le braccia spalancate a inebriarsi di sole.

    Un’onda si srotolò a riva. Le scostò i lembi del vestito e le scoprì ancora una volta le gambe con un ginocchio leggermente flesso.

    Lui fremeva dal desiderio di toccarla dove l’acqua la stava accarezzando.

    Il cavallo reagì prontamente alla stretta delle gambe del cavaliere e partì al galoppo. La sabbia si sollevava sotto gli zoccoli. La kefiah si allungava nel vento e le gambe avvolte nel tessuto bianco si confondevano con il manto dell’animale, quasi fossero una creatura sola.

    Cavallo e cavaliere sfrecciarono in spiaggia insieme, sollevando schizzi d’acqua che si dissolvevano in schegge di diamanti sotto i raggi del sole.

    Lei doveva aver sentito la sabbia vibrare sotto di sé, ma giaceva immobile, come se fosse troppo esausta per reagire. Poi lui fu su di lei. Arrestò il cavallo mentre lei girava la testa per guardarlo.

    Quando i suoi occhi incontrarono il volto di lui, la bocca le si spalancò: era scioccata. Si tirò su a sedere, disorientata.

    «Che ci fai tu qui?»

    Lui inarcò le sopracciglia e le scoccò un sorriso malandrino.

    «Questa è la mia terra.»

    «La tua terra?» gli fece eco lei, trasecolata.

    «Ti avevo detto che saresti venuta da me.»

    «Che accidenti sta succedendo?» sbraitò Masoud al Badi. «Da dove salta fuori quel cavallo bianco? Dov’è finito quello nero? Che sta facendo Adnan?»

    L’assistente sollevò gli occhi dal copione e scrollò le spalle.

    «Ho ripassato la scena con lui. Montava un cavallo nero.»

    Il regista riportò nuovamente lo sguardo sulla coppia in spiaggia.

    «Non è Adnan quello laggiù con lei? Chi diavolo è? Che fine ha fatto Adnan?»

    «Sono qui» mormorò un uomo con indosso la stessa tenuta bianca da deserto del cavaliere, emergendo da una delle roulotte vicine. «È Jafar al Amzeh. Mi dispiace, signor al Badi. Ha detto che...»

    «Jaf?» esplose incredulo il regista. «È impazzito?»

    Mentre guardava, la figura femminile in lontananza si era alzata e aveva preso a correre forsennatamente lungo la spiaggia. I suoi piedi nudi lasciavano orme perfette sulla sabbia bagnata.

    «L’ha spaventata. Le farà fratturare la caviglia!»

    Un vocio si era levato dalla troupe all’udire quel nome. Costumiste e truccatrici erano apparse, come d’incanto, sulle soglie delle varie roulotte. Jafar al Amzeh, Compagno di Coppa del principe Karim, non era soltanto ricco e bellissimo, era anche il playboy più gettonato del momento.

    Le cose si facevano sempre più interessanti quando Jafar al Amzeh era in giro. Se aveva messo gli occhi su una delle attrici, le riprese avrebbero preso una piega piccante.

    Giù in spiaggia, il cavaliere sedeva immobile in groppa al cavallo, con le redini strette in pugno, in una posa di pura arroganza fisica. Stava facendo correre la preda per rendere la battuta di caccia più divertente.

    Il regista fissò la sagoma inguainata nel lamé che correva disperatamente sul bagnasciuga. Sollevò il megafono e vi urlò dentro con quanto fiato aveva in corpo, ma loro erano troppo distanti per udirlo e lo sciabordio delle onde copriva ogni altro suono.

    Si girò e si guardò intorno in cerca di ispirazione. Alla vista dell’attore in abito bianco da deserto, gli puntò contro l’indice con cipiglio.

    «Adnan, monta sul tuo cavallo e...»

    «Oh, mio Dio!» mormorò qualcuno e Masoud al Badi si voltò anche lui.

    Il cavaliere era partito all’inseguimento.

    «Jaf! Dannazione, Jaf!» gridò invano il regista.

    Gli astanti trattennero il fiato mentre il cavaliere si sporgeva lateralmente in un

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