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Catturata dallo sceicco: Harmony Collezione
Catturata dallo sceicco: Harmony Collezione
Catturata dallo sceicco: Harmony Collezione
E-book168 pagine2 ore

Catturata dallo sceicco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

L'esilio ha reso Khalil al Bakir determinato a sottrarre la corona di Kadar al suo nemico giurato. Ed Elena, la futura sposa del rivale, rappresenta il perfetto mezzo per arrivare a quel fine. Perché allora Khalil è così irritato alla sola idea che lei possa giacere tra le braccia di un altro?

Elena Karras, regina di Thallia, era pronta a un arido matrimonio combinato, conveniente per entrambi i coniugi, quando si ritrova trascinata nel deserto da un rapitore verso il quale, inaspettatamente, comincia a provare un forte desiderio. Che la spinge a volere qualcosa di più del destino che l'attende.

LinguaItaliano
Data di uscita21 dic 2015
ISBN9788858943250
Catturata dallo sceicco: Harmony Collezione
Autore

Kate Hewitt

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Catturata dallo sceicco - Kate Hewitt

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Captured by the Sheikh

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2014 Kate Hewitt

    Traduzione di Anna Vassalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-325-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «C’è qualcosa che non va...»

    Elena Karras, regina di Thallia, aveva registrato a stento la voce dell’assistente di volo dietro di sé, mentre un uomo in abito nero, l’espressione imperscrutabile, la riceveva ai piedi della scaletta del jet reale.

    «Regina Elena, benvenuta nel Kadar.»

    «Grazie.»

    S’inchinò, indicando uno dei tre SUV che attendevano sulla pista. «Vi accompagneremo alla vostra destinazione» esordì, il tono secco ma cortese. Si fece di lato in modo che lei potesse passare. Elena raddrizzò le spalle e alzò il mento avviandosi verso la macchina in attesa.

    Di certo non si era aspettata che, al suo arrivo per sposare lo sceicco Aziz al Bakir, la accogliessero con la fanfara, ma qualcosa di più di alcune guardie e alcune macchine con i vetri oscurati, sì.

    Poi ricordò che lo sceicco Aziz desiderava far passare inosservato il suo arrivo, a causa di alcune sommosse nel Kadar. Da quando era salito al trono, circa un mese prima, a suo parere la situazione era piuttosto instabile.

    Durante il loro ultimo incontro, lo sceicco le aveva assicurato di avere il pieno controllo della situazione, ma lei aveva immaginato che qualche precauzione in più non avrebbe guastato.

    Proprio come lo sceicco Aziz, anche lei aveva bisogno di quel matrimonio. Lo conosceva a stento, l’aveva incontrato solo poche volte, ma le serviva un marito, proprio come a lui serviva una moglie.

    Disperatamente.

    «Da questa parte, Vostra Altezza.»

    L’uomo che l’aveva ricevuta le camminava al fianco, dalla pista di atterraggio al SUV, il deserto senza fine intorno a loro, l’aria della notte decisamente fresca. Le aprì la portiera ed Elena alzò gli occhi al cielo color inchiostro, osservando le stelle che brillavano di una luce gelida.

    «Regina Elena.»

    S’irrigidì al panico nella voce dell’assistente reale di volo, registrando solo in quel momento le sue parole: C’è qualcosa che non va...

    Si voltò e sentì una mano premerle sulla schiena, impedendole di muoversi.

    «Salite in macchina, Vostra Altezza.»

    Un sudore gelido le corse lungo la spina dorsale. Il tono dell’uomo era deciso, non con quella nota di cortesia come in precedenza.

    E lei si rese conto, con nauseante certezza, di non voler salire su quella macchina.

    «Un attimo...» mormorò, chinandosi a sistemarsi una scarpa, tanto per guadagnare qualche secondo. Fu colta dal panico, che cercò di tenere a bada con la forza di volontà. Aveva bisogno di riflettere. Per qualche strano motivo, qualcosa non andava. Le guardie di Aziz non erano venute ad accoglierla come previsto. Si era presentato invece quello sconosciuto, chiunque fosse, e sapeva di dover fuggire da lui.

    Lei doveva organizzare un piano di fuga, e in pochi secondi.

    La fredda razionalità le schiarì la mente, anche se continuava a lottare contro un senso di irrealtà. Ecco che succedeva! Di nuovo stava accadendo il peggio.

    Sapeva tutto delle situazioni pericolose. Lei sapeva bene che cosa voleva dire guardare la morte in faccia... e sopravvivere.

    E sapeva anche che, se fosse salita su quella macchina, la fuga non sarebbe stata altro che una possibilità remota.

    Trafficò con la scarpa, la mente che si affannava. Se se le fosse tolte, sarebbe potuta correre fino al jet. L’assistente reale di volo, ovviamente, era fedele ad Aziz... Se solo fosse riuscito a chiudere il portellone prima che quell’uomo la agguantasse...

    Era sempre meglio che avventurarsi di corsa nel deserto. Anzi, era la sua unica possibilità.

    «Vostra Altezza.» L’impazienza inaspriva il tono dell’uomo che le premeva sempre la mano sulla schiena. Dopo aver tratto un profondo respiro, Elena scalciò via le scarpe e si mise a correre.

    Il vento le gettava la sabbia negli occhi mentre correva verso il jet. Udì un suono alle spalle e, subito dopo, una mano decisa la afferrò per la vita sollevandola da terra.

    Ma non rinunciò a lottare. Sferrò un calcio all’uomo che la tratteneva, che ora pareva un solido muro di pietra. Digrignando i denti, si piegò in avanti, alla ricerca di un lembo di pelle esposto da mordere, qualsiasi cosa pur di riacquistare la libertà.

    Riuscì a colpirgli il ginocchio con un calcio, una volta e un’altra ancora, poi avvinghiò le gambe intorno alle sue finché l’uomo vacillò e cadde, trascinandola con sé nella sabbia.

    In pochi secondi Elena riuscì a rialzarsi, ma l’uomo si gettò addosso a lei, intrappolandola. «Ammiro il vostro coraggio, Vostra Altezza...» le mormorò all’orecchio, la voce un sussurro roco, «... così come la vostra tenacia, ma temo che non serva a niente.»

    Elena lo fissò attraverso la sabbia che le annebbiava la vista, colandole sulle guance. Il jet era ancora lontano. Per quanto sarebbe riuscita a correre?

    L’uomo le stava sopra, le braccia che la tenevano ferma a terra. Elena alzò lo sguardo su di lui, il cuore che le batteva all’impazzata, il respiro ansimante. Lo sconosciuto era sopra di lei come una pantera, gli occhi color ambra come quelli di un gatto. Elena percepiva il suo calore, la sua forza. Quell’individuo irradiava potere, autorità, pericolo.

    «Non sareste mai riuscita a tornare all’aereo» le disse, la voce pericolosamente suadente. «E anche se foste riuscita, l’equipaggio è fedele a me.»

    «Le mie guardie...»

    «Comprate.»

    «L’assistente di volo...»

    «Impotente.»

    Lo fissò cercando di tenere a bada la paura. «Chi è lei?» ansimò.

    Lui esibì i denti in un sorriso spietato. «Sono il futuro sceicco del Kadar.»

    Con un movimento fluido si scostò, poi la aiutò a rialzarsi. Sempre tenendola stretta per un braccio, la condusse alla macchina dove due uomini, con abiti scuri e visi impassibili, erano in attesa. Uno di loro aprì la portiera posteriore poi, con arrogante cortesia, il suo rapitore, o chiunque fosse, s’inchinò.

    «Dopo di voi, Vostra Altezza.»

    Elena osservò la preoccupante oscurità dell’interno della macchina. Non doveva salire. Non appena l’avesse fatto, le portiere sarebbero state bloccate e lei sarebbe stata prigioniera.

    Ma era già sua prigioniera, dovette ammettere con un senso di nausea, essendosi lasciata sfuggire l’unica possibilità di fuga. Forse, se si fosse mostrata remissiva, avrebbe avuto qualche altra occasione.

    Fissò l’uomo che la guardava con espressione divertita, come se intuisse i suoi pensieri.

    «Mi dica chi è realmente lei.»

    «Ve l’ho già detto, Vostra Altezza, e vi confesso che state mettendo a dura prova la mia pazienza. Adesso salite in macchina.» Parlava con una certa cortesia, ma Elena percepì la minaccia. Il pericolo. Notò quel lieve divertimento negli occhi d’ambra dell’uomo, ma nessuna traccia di compassione.

    Deglutendo a fatica, salì in macchina.

    L’uomo si sistemò accanto a lei, e le portiere si chiusero con un minaccioso clic che spezzò il silenzio. Poi le gettò le scarpe in grembo.

    «Potreste averne bisogno.» La voce era priva di accento, ma lui era chiaramente arabo. Come gli abitanti del Kadar, la pelle era del colore del bronzo, i capelli neri come l’inchiostro, le mascelle affilate come lame.

    Deglutendo di nuovo, con il sapore metallico della paura in bocca, Elena mise le scarpe. Aveva i capelli in disordine, un ginocchio graffiato e la gonna dell’abito blu strappata.

    Traendo un profondo respiro, sistemò i capelli dietro le orecchie e tolse le tracce di sabbia dal viso. Guardò dal finestrino, cercando di capire dove stessero andando, ma poteva vedere ben poco dai vetri oscurati. Scorgeva a malapena la sagoma nera di rocce nell’oscurità dell’arido territorio del Kadar. Si trattava di un piccolo paese appollaiato sulla penisola arabica, con coste fantastiche e terrificanti deserti rocciosi.

    Lanciò un’occhiata di sfuggita al proprio rapitore. Sedeva tranquillo con le mani sulle gambe, apparentemente rilassato, ma di certo all’erta. Ma chi era in realtà? Perché l’aveva rapita? E come sarebbe riuscita a fuggire?

    Rifletti, si disse. I pensieri razionali erano l’antidoto al panico. Quell’uomo doveva essere uno dei ribelli cui Aziz aveva accennato. Aveva sostenuto di essere il futuro sceicco del Kadar, il che significava che voleva il trono di Aziz. Doveva averla rapita per impedire il matrimonio... a meno che non fosse al corrente delle clausole nel testamento del padre di Aziz.

    Elena aveva saputo di quelle clausole poche settimane prima, quando aveva conosciuto Aziz a una riunione di diplomatici. Suo padre, lo sceicco Hashem, era appena morto, e Aziz aveva fatto una battuta sarcastica sul fatto di avere bisogno di una moglie. Elena non aveva capito se prenderlo seriamente o meno, ma poi aveva scorto nei suoi occhi una certa desolazione. La stessa che provava lei.

    Il capo del suo Consiglio, Andreas Markos, era deciso a deporla. Sosteneva che una giovane donna inesperta come lei non sarebbe stata in grado di governare, e aveva proposto di chiedere, alla prossima riunione del Consiglio di Thallia, il voto per l’abolizione della monarchia. Ma se lei si fosse sposata... se avesse avuto un principe consorte... allora Markos non avrebbe più potuto sostenere che fosse inadatta a governare.

    E al popolo sarebbe piaciuto un matrimonio reale. Era molto amata dai sudditi; per questo Markos non aveva ancora cercato di farla deporre, nei quattro anni del suo regno. Aggiungere alla popolarità un matrimonio reale avrebbe rafforzato la sua posizione.

    Si trattava di una soluzione disperata, ma Elena era disperata. Amava il proprio paese, la propria gente, e voleva continuare a essere la loro regina... per il loro bene, e per amore di suo padre, che aveva dato la vita perché lei potesse governare.

    Il mattino successivo aveva fatto recapitare una lettera ad Aziz, suggerendo un incontro. Lui aveva acconsentito e con un candore dettato dall’urgenza entrambi avevano esposto le loro rispettive posizioni. Elena aveva bisogno di un marito per tacitare il Consiglio. Aziz aveva bisogno di sposarsi entro sei settimane dalla morte del padre. In caso contrario, avrebbe perso il titolo. Così avevano deciso di sposarsi. Avevano accettato un’unione di comodo e senza amore, che avrebbe dato loro dei consorti indispensabili e dei figli come eredi, uno per il Kadar e uno per Thallia.

    Era uno squallido approccio al matrimonio e se lei fosse stata una donna comune, o anche una regina senza problemi, avrebbe voluto qualcosa di totalmente diverso per la propria vita. Ma era una regina in bilico, e il

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