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Principessa per una notte: Harmony Collezione
Principessa per una notte: Harmony Collezione
Principessa per una notte: Harmony Collezione
E-book160 pagine3 ore

Principessa per una notte: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Quando il principe del deserto Ashraf ibn Khalid al Ra-shid viene rapito insieme alla geologa Tori Nilsson, l'incertezza del loro destino li porta a perdersi uno tra le braccia dell'altra per una sola, indimenticabile notte. Liberati il giorno seguente, il principe non saprà più nulla della sua compagna di prigionia, ma, incapace di dimenticarla, non si rassegnerà e continuerà a cercarla utilizzando tutti gli strumenti e il potere a sua disposizione.

Quando finalmente riesce a ritrovarla, Ashraf è pronto a fare di Tori la sua regina, ma sarà in grado di offrirle qualcosa in più della corona?
LinguaItaliano
Data di uscita21 set 2020
ISBN9788830518933
Principessa per una notte: Harmony Collezione
Autore

Annie West

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Principessa per una notte - Annie West

    successivo.

    1

    Ashraf si svegliò al suono di una porta sbattuta, con il sapore del sangue in bocca. Sangue e polvere.

    Giacque a faccia in giù, la testa e le costole che gli bruciavano per il dolore. Cercò di aprire le palpebre. Si trovava in una stanza scura, dove solo una tenue lama di luna filtrava attraverso una finestrella in alto.

    Poi udì le voci che parlavano un oscuro dialetto locale. Tre uomini, contò, che si allontanavano. Si sforzò di ascoltare sopra il dolore martellante al capo.

    Immaginava che lo avrebbero ucciso l'indomani. Quando Qadri sarebbe giunto per godersi lo spettacolo e per pagarli per il rapimento.

    Ashraf strinse la mascella, ignorando la fitta di dolore al viso. Ovviamente c'era Qadri dietro a ogni cosa. Chi altri avrebbe osato? Il capo dei banditi aveva cominciato a proclamarsi leader della provincia già negli ultimi anni di regno del padre di Ashraf.

    Il vecchio sceicco non era stato in grado di occuparsi dei problemi di quell'area, la più povera e remota dell'emirato, e aveva lasciato che Qadri spadroneggiasse su quella gente. Ashraf però non era fatto della stessa pasta del padre. Alla morte del vecchio sceicco aveva introdotto dei cambiamenti che avrebbero portato a rimuovere Qadri dal suo ruolo.

    Quindi ora non poteva aspettarsi alcuna pietà dai suoi rapitori. Non era ingenuo al punto da pensare di poter negoziare il suo rilascio con Qadri, che avrebbe lottato per mantenere il suo status con l'unico mezzo che conosceva: la violenza. E quale modo migliore per intimidire i villaggi più poveri se non uccidere il nuovo sceicco, dimostrando così che la modernizzazione e le nuove leggi non avevano alcun significato tra quelle montagne che avevano conosciuto solo l'autorità di Qadri per decenni?

    Ashraf maledisse la facilità con cui aveva accettato l'invito di andare a visitare il nuovo progetto di irrigazione, portando con sé solo una guardia del corpo e una guida locale, in un'area che supponeva sicura.

    Gli si contrassero le viscere al pensiero della sua guardia, Basim, disarcionato da cavallo da un cavo teso tra due massi. Anche lui era stato sbalzato di sella, ed era stato catturato da due banditi. L'unica piccola soddisfazione era sapere che non l'avevano sopraffatto con facilità. Basim era vivo? Rabbrividì al pensiero del suo fedele compagno abbandonato.

    Una furia cieca imperversò dentro di lui, ma non lo avrebbe aiutato in quel momento. Solo il freddo calcolo poteva servire. Doveva trovare una via di fuga, o un modo per far pervenire la sua posizione ai suoi uomini, che di certo lo stavano cercando.

    Suo padre aveva sempre detto che lui aveva la fortuna del diavolo. Si trattava di un insulto, non di un apprezzamento, ma per la prima volta Ashraf si ritrovò a sperare che il vecchio avesse ragione. Aveva bisogno di fortuna, e di energia per muoversi.

    Un leggero suono interruppe i suoi pensieri.

    Non era da solo.

    Si rifiutava di restare disteso inerme in attesa di un altro attacco. Ignorando il dolore che lo trapassava a ogni movimento, rotolò sul fianco e riuscì ad alzarsi, solo per essere arrestato di colpo, con il braccio destro teso all'indietro. Girando il capo, vide che era incatenato al muro. Il movimento gli costò una vampata di dolore alla testa e alle costole, ma posizionandosi con la schiena contro il muro riuscì a restare in piedi, pronto ad accogliere l'assalitore.

    «Avanti, fatti vedere.»

    Niente, nessun movimento, nessun suono.

    Poi, dall'oscurità, apparve qualcosa. Qualcosa di pallido che balenò nella luce della luna.

    Il carceriere era biondo? Ashraf sbatté le palpebre. Non si trattava di un'allucinazione. Chiunque fosse, non era del luogo. «Chi sei?» domandò. Provò con il francese, poi l'inglese, e udì una sorta di respiro in risposta. Inglese allora.

    Il silenzio crebbe, facendo innalzare la tensione.

    «Non lo sai?» Era solo un sussurro impaurito.

    Ashraf si accigliò. I colpi gli avevano danneggiato l'udito? Non poteva essere, eppure sembrava...

    «Sei una donna

    «Non sei uno di loro, allora.» La voce era bassa, eppure spessa, roca, tesa.

    «Con uno di loro intendi dire...?»

    «Gli uomini che mi hanno portata qui. Che mi hanno... rapita.»

    «Non sono uno di loro. Hanno rapito anche me.»

    E avrebbero pagato per questo. Ashraf non aveva nessuna intenzione di morire in quello che sembrava essere il capanno di un pecoraro, a giudicare dalla puzza, anche se l'anello fissato al muro e la catena lasciavano intuire che il luogo era usato per altri scopi. Aveva sentito dire che Qadri era coinvolto in traffici di essere umani, in particolare di donne che sparivano senza lasciare tracce, per poi essere vendute a compratori senza scrupoli oltre confine.

    Il bagliore biondo sembrò avvicinarsi. Adesso Ashraf poté vederla. Aveva i capelli color argento, la pelle chiara e gli occhi che sembravano buchi nell'oscurità. La donna deglutì e lui notò il movimento della gola, come se cercasse di mantenere il controllo.

    «Sei ferita?»

    Un suono sorpreso accolse la sua domanda. «Sei tu quello che sanguina.»

    Lui guardò in basso. Aprendo la camicia, scoprì un lungo taglio, ma il sangue era raggrumato. Doveva essere stato un coltello, ma non era profondo.

    «Sopravvivrò.» A dispetto della sua reputazione di playboy, Ashraf aveva servito sotto le armi. E il suo addestramento era stato più duro e pericoloso dell'usuale, grazie a suo padre. Sapeva abbastanza di ferite da essere sicuro che sarebbe stato ancora vivo l'indomani, all'arrivo del suo giustiziere. «E tu?»

    «Solo graffi ed escoriazioni.» Tori era stata fortunata e lo sapeva. Le faceva male la mandibola, che aveva battuto cadendo a terra, ma quello era il peggio. A dispetto degli sguardi famelici dei rapitori, non l'avevano toccata, se non per buttarla lì dentro. In confronto a quell'uomo se l'era cavata anche bene.

    L'avevano gettato sul pavimento privo di conoscenza, e sembrava che lui si fosse difeso con forza. La camicia era strappata e insanguinata, e anche un lato del viso era pieno di sangue. Tuttavia stava in piedi dritto, le spalle erette e le gambe forti. Sotto la polvere doveva avere lineamenti decisi, che Tori immaginò potessero essere affascinanti, o comunque piacevoli. Si chiese se l'avrebbe visto alla luce del giorno, o se sarebbero venuti a prenderla prima. Il terrore la invase e il panico la artigliò al pensiero di quello che la aspettava.

    «Dove siamo?» Come lei, lo sconosciuto teneva la voce bassa, eppure qualcosa in quel tono morbido e profondo la toccò stranamente.

    «Da qualche parte ai piedi delle colline. Non ho potuto vedere bene dal retro del furgone.» Si strinse le mani al petto al ricordo del viaggio con un uomo armato di coltello che la sorvegliava.

    «C'è una strada?»

    «Per una parte del tragitto. Per l'ultima parte ho camminato bendata.» Ed era caduta più volte sul terreno sconnesso.

    «C'è una guardia alla porta?»

    «Non penso.» Aveva udito gli uomini che si allontanavano. In ogni caso, si avvicinò all'uscio per sbirciare dalla fessura tra il battente e il muro. Nessuno. Tastò la parete, ma era inaspettatamente solida e senza appigli, come se fosse usata abitualmente come prigione. «C'è una luce in lontananza. Un fuoco da campo, penso. Ma non vedo nessuno qui nei paraggi.»

    Perché mai avrebbero dovuto esserci? La porta era solida, il prigioniero incatenato e lei era inerme. Cosa non avrebbe dato per avere il suo martello da geologa, quello che usava per spaccare le rocce, con un bordo tagliente che avrebbe potuto spaccare l'anello di ferro ed essere usato come arma.

    «Che cosa stai facendo?» domandò quando sentì un rumore metallico.

    «Controllando la catena.» Lui emise un grugnito, poi un gemito.

    «Non si romperà, credimi.» Lei si avvicinò. «È ben fissata.»

    «L'hai già esaminata?» Le spalle di lui si raddrizzarono mentre si girava.

    Di colpo le era così vicino, e le torreggiava sopra. Emise un respiro spesso. Solo poche ore prima uomini grandi e grossi l'avevano catturata e imprigionata, e una scarica di adrenalina la percorse a quella vicinanza. Come accorgendosene, lui si appiattì contro il muro, quasi a lasciarle spazio.

    La logica le diceva che non era il nemico. Anche lui era stato rapito. Tori inalò ossigeno e cercò di controllare il respiro. Incontrò i suoi occhi nell'oscurità. Non poteva esserne sicura, ma le parve di vedere della simpatia sul suo viso. E qualcosa d'altro. Pietà? Perché la sorte di una donna nelle mani di uomini violenti era anche più penosa? Irrigidì le ginocchia contro le immagini che le venivano alla mente. Non poteva farsi prendere dal panico.

    «Ovviamente ho controllato» rispose. «Ho pensato che, se avessi potuto scardinarla, avrei potuto usarla come un'arma contro di loro quando fossero tornati.»

    «Una contro tre?»

    Tori si sentì soddisfatta della sua sorpresa. «Non mi arrenderò senza combattere.»

    «Sarebbe più saggio se non opponessi resistenza.»

    Lei aprì la bocca per protestare.

    «Tre contro uno non è una buona condizione. Aspetta di essere sola con uno solo. Domani qualcuno ti porterà da un'altra parte.»

    «Come lo sai? Hanno detto qualcosa di me?» La voce era roca per la paura.

    Lui scosse il capo, facendo poi una smorfia. La bassa esclamazione che seguì fu pronunciata in una lingua sconosciuta, ma lei sapeva riconoscere una imprecazione. «Non li ho uditi parlare di te, ma il loro capo arriverà domani e si aspettano di essere pagati per i loro servizi. Ci lasceranno vivere fino a domani, almeno fino a quando non arriverà lui.»

    Tori oscillò sulle ginocchia molli, e si accasciò contro il muro. Per ore aveva temuto di poter essere uccisa da un momento all'altro.

    «Stai bene?» L'uomo si mosse verso di lei, poi si fermò di colpo, ricordando i suoi timori.

    Lei annuì. Quando aprì la bocca ne uscì una risata aspra, e si portò la mano alle labbra, sentendo le lacrime bruciarle gli occhi. Era ridicolo sentirsi sollevata sapendo che sarebbe stata viva fino al mattino. Era ancora in pericolo. Tuttavia il suo corpo esausto quasi si rilassò, collassando.

    Mani ferme le afferrarono le braccia, accompagnandola nella caduta verso il pavimento. Erano mani forti, ma sorprendentemente gentili. Tori sentì lo stridore del ferro della catena che si tendeva e tirava contro l'anello mentre lui si abbassava per adagiarla.

    «Scusa...» La voce le morì. «È solo che... che altro hanno detto? Che cosa hanno intenzione di fare con noi?»

    Le parve che l'espressione di lui si indurisse di colpo. Ma era impossibile dirlo nell'oscurità.

    «Non ho prove per dirlo, ma sospetto che ti porteranno al confine.»

    Tori si morse il labbro. Aveva sentito storie sul traffico di donne vendute come schiave. La nausea la invase al pensiero di cosa poteva significare. «In questo caso, forse potrebbe esserci una possibilità di scappare. Alcuni di loro dovranno restare qui.» Sapeva di arrampicarsi sugli specchi ma era meglio che abbandonare ogni speranza.

    «Questo è sicuro.» Il tono era secco.

    «Perché? Che altro hai sentito?»

    Ashraf scrollò le ampie spalle e si mise a sedere a gambe incrociate davanti a lei. A dispetto della catena pesante e delle ferite, sembrava padrone di sé e la sua forza in qualche modo la rassicurò. «Il loro capo è mio nemico. E penso che sarà più concentrato su di me che su di te.» Nella voce profonda c'era quasi una nota di ironia e le sue labbra si piegarono in un ghigno.

    Tori ricordò che quando gli uomini erano entrati per incatenarlo, uno dei due aveva chiesto qualcosa all'altro, che si era messo a ridere in un modo agghiacciante, facendo il gesto di tagliare la gola con la mano. Comprensibile in qualsiasi lingua. Era evidente che volavano ucciderlo, doveva avvertirlo.

    Ma si rese conto che lo sapeva già. Nei chiaroscuri di quel viso forte e intenso, lesse che non si sarebbe arreso al fato. Non con quella mascella pugnace.

    Istintivamente si protese verso di lui, e gli toccò la mano con le dita gelide, che a quel contatto sembrarono scaldarsi. «Che cosa possiamo fare?»

    Per un attimo

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