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La vendetta del marchese
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E-book246 pagine5 ore

La vendetta del marchese

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1818 - Lucian Avery, Marchese di Cannock, ha intrapreso un lungo viaggio in compagnia della sorella Marguerite nel tentativo di aiutarla a riprendersi dopo essere stata abbandonata dal suo promesso sposo. Arrivati nel Dorset, conoscono Lady Sara Harcourt, una giovane vedova che subito si affeziona a Marguerite e viene attratta dal suo enigmatico fratello. Sara capisce che il loro viaggio è mosso unicamente dalla sete di vendetta di Lucian nei confronti di Gregory, l'ex fidanzato della sorella. Ma si rende anche conto che quest'ultima, invece, crede ciecamente nella sua innocenza ed è convinta che gli sia accaduto qualcosa. Decisa a indagare, Sara si avvicina sempre di più a Lucian, scoprendo un uomo passionale e pronto a tutto pur di salvaguardare l'onore della famiglia. Anche a infrangere le regole.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ago 2017
ISBN9788858969212
La vendetta del marchese
Autore

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La vendetta del marchese - Louise Allen

    successivo.

    1

    Settembre 1818, Sandbay, Dorset

    La vetrina era elegante, nelle tonalità del verde mare con tocchi d'oro e il vetro lucidato a specchio. La conchiglia di Afrodite. Un nome audace, pensò Lucian, considerando che Afrodite era la dea greca dell'amore, nata dalla schiuma del mare quando Crono tagliò gli attributi maschili a Urano e li gettò nell'oceano. Per il resto il negozio aveva un'aria femminile e leggermente frivola, come si addiceva alla sua funzione e alla posizione. Un posto nel quale non avrebbe mai messo piede, se non fosse stato ridotto alla disperazione.

    Solo che Mr. L. J. Dunton, conosciuto nel ton come Lucian John Dunton Avery, Marchese di Cannock, era disperato. Altrimenti non si sarebbe seppellito in un'oscura località di mare nella stagione morta di un settembre inoltrato. La disperazione l'aveva spinto a chiedere consiglio, e il proprietario del rispettabilissimo Royal Promenade Hotel aveva consigliato quel posto, così Lucian aprì la porta con un tintinnio di campanelle ed entrò.

    Sara diede gli ultimi ritocchi ai drappeggi e si fece indietro per ammirare l'esposizione di articoli per pittori che aveva allestito accanto al banco: cavalletto, tavolozza, una scatola di acquerelli, uno schizzo della baia abbozzato sulla tela. Il tutto formava una composizione di buongusto, con l'aggiunta di un parasole sistemato tra un mucchio di grandi conchiglie e ciottoli colorati.

    Ecco, si disse, annuendo in segno di approvazione. Questo dovrebbe invogliare le clienti ad acquistare l'attrezzatura e a correre a cercare un punto panoramico per creare un capolavoro.

    Ripose sul loro scaffale i barattoli di conchiglie che aveva usato, accanto ad altri vasi pieni di sabbia colorata e a un assortimento di scatole e barattoli misteriosi, destinati a suscitare la curiosità dei clienti. Uno sguardo alla sua sinistra le assicurò che gli scaffali, l'esposizione di cornici e il tavolo disseminato di volantini e riviste creavano un'atmosfera invitante e informale, anziché dare un'impressione di disordine.

    Alle sue spalle le campanelle dell'ingresso annunciarono l'arrivo di un cliente. Sara si voltò, poi modificò il sorriso di benvenuto in un'espressione più contenuta. Non si trattava di una delle clienti abituali. Non solo non era un volto familiare, ma non era nemmeno una signora. Era un uomo a tutti gli effetti, nonché un magnifico esemplare del suo sesso. Sara gli rivolse un sorriso professionale. Era una donna abbastanza giovane da apprezzarlo, ma era troppo orgogliosa per farlo vedere.

    «Buongiorno, signore» lo salutò. «Temo abbiate sbagliato negozio. La biblioteca è a due isolati di distanza, sullo stesso lato della strada.»

    Il visitatore stava studiando l'interno del negozio, ma si voltò alle sue parole e si tolse il cappello, che era anch'esso un magnifico esemplare. «Stavo cercando La conchiglia di Afrodite, non la biblioteca.»

    «In questo caso, l'avete trovata. Benvenuto. Posso esservi di aiuto, signore?»

    Afrodite, presumo? Lucian aveva la domanda sulla punta della lingua, ma si trattenne e rispose, invece: «Lo spero». Guardando la mano della donna, vide l'anello nuziale. «Mrs...?» Aveva una voce educata, distaccata e sicura di sé.

    Sara conosceva il tipo. Suo padre era uno di loro, come pure suo fratello, anche se in un certo senso loro erano unici. Aristocratici e libertini, con quell'innata sicurezza di sé che proveniva da generazioni di privilegi. Tuttavia erano anche uomini duri, che lavoravano sodo per mantenersi al picco della forma fisica ed eccellere nei passatempi della loro classe: equitazione, sport, lotta, guerra.

    Se quei gentiluomini erano ricchi o meno era quasi impossibile da dire, a prima vista, perché sarebbero morti di fame piuttosto che apparire meno che impeccabili. Modi squisiti e un atteggiamento indulgente e protettivo nei confronti delle donne. Le loro donne. Per loro niente era più importante dell'onore, e l'onore di quegli uomini si incarnava nelle loro donne, nel cui nome avrebbero sfidato la morte in duello pur di vendicare il benché minimo insulto.

    Non era un atteggiamento che Sara approvasse, così non apprezzava il loro modo di fare nei confronti delle altre donne con cui venivano a contatto. Le donne rispettabili, di qualunque classe sociale, dovevano essere trattate con cortesia e rispetto. L'unica eccezione, in termini di rispetto, ma non di cortesia, erano le vedove attraenti. E Sara era consapevole di essere una vedova attraente.

    Evocò l'immagine mentale di un marito imponente e molto possessivo. «Mrs. Harcourt.»

    Il calore del suo sguardo, la lieve compressione delle rughe ai lati degli occhi, innegabilmente affascinante, furono l'unico indizio di quelli che sospettava fossero i suoi pensieri.

    Era un esemplare molto attraente, ammise con uno sforzo per non lasciar trapelare il pensiero dal suo volto. Alto e ben proporzionato, aveva folti capelli castani e occhi color nocciola. Il naso era leggermente aquilino, il mento deciso, la bocca... tentatrice. Sara non sapeva cosa la rendesse tale, ma intuiva che non era saggio fissarla. «Signore?» lo sollecitò.

    «Ho una sorella di diciotto anni, dalla salute delicata. È un po' giù di spirito e non è affatto felice di trovarsi a Sandbay.»

    «Si annoia, forse?»

    «Molto» ammise lui. Poi, vedendo che Sara non aggiungeva altro, si degnò di spiegare. «La sua salute non le consente di fare i bagni in mare e, in ogni caso, non è abituata all'oceano, si innervosisce anche solo a camminare sulla spiaggia. Non ha amici, qui, e da quanto posso vedere non ci sono molte donne della sua età. A casa, se stesse bene, potrebbe partecipare alle feste e ai picnic, andare a teatro, ai balli o a far compere. Almeno avrebbe vicine le sue amiche. Qui, invece, non si sente adeguata agli intrattenimenti serali.»

    «Forse dovreste trovarle un'occupazione, qualcosa che l'aiuti a trascorrere il tempo» replicò Sara. «Credo che potrebbe aiutarla. Disegna o dipinge?»

    «La sua istitutrice le ha insegnato, ma non credo si sia mai esercitata per perfezionare la sua arte. Marguerite è sempre stata troppo irrequieta.»

    Se la giovane donna era di natura vivace, la convalescenza e le relative restrizioni dovevano essere ancora più irritanti. «È in grado di camminare?»

    «Riesce a fare brevi passeggiate, ma poi accusa la stanchezza e chiede di rientrare. Non so dire se la sua riluttanza sia dovuta alla debolezza o all'abbattimento dello spirito.»

    «Credete che sarebbe in grado di venire qui e di vedere ciò che ha da offrire il negozio?» domandò Sara.

    «Non saprei» rispose lui. «Non se glielo consiglio io.» Le labbra serrate tradivano la collera per essersi lasciato sfuggire quel lampo di irritazione.

    Così, la giovane donna era ai ferri corti con il fratello. Probabilmente voleva essere a Londra con i suoi amici, per quanto malsana potesse essere per lei la città. «Allora potrei venire io da lei?» gli suggerì. «Potrei portare qualche idea di attività, per invogliarla a provare, del materiale da disegno, forse.» Mentre parlava, indicò con un gesto della mano l'assortimento di articoli esposti. «Qualcosa potrebbe tentarla.»

    «Tentarla?» La parola, pronunciata da quella voce calda, era come un contatto fisico. La sua calma aveva un che di irritante, anche se Sara riconosceva l'atteggiamento, così simile a quello dei suoi parenti maschi. Veniva dal loro potere e dalla loro prestanza, dalla consapevolezza che non dovevano far niente per manifestare la loro presenza. L'uomo che le stava di fronte, però, non era suo padre o suo fratello. «Sarebbe molto gentile da parte vostra, Mrs. Harcourt. Ma chi baderebbe al negozio? Vostro marito, forse?»

    Era il suo primo passo falso, e la piega mesta di quelle labbra cesellate mostrava che se ne rendeva conto.

    «Sono vedova, Mr...?» Sara non si aspettava qualcosa di meno di un titolo, o perlomeno un nome noto. Non l'aveva riconosciuto, ma aveva frequentato la società solo per una Stagione prima di sposarsi e trasferirsi a Cambridge con Michael, quindi era possibile che non l'avesse incontrato.

    «Dunton» rispose lui prendendo un biglietto da visita e posandolo sul banco. «Alloggiamo al Royal Promenade

    «Dove, se no?» mormorò Sara. Nemmeno l'albergo migliore di Sandbay era all'altezza di quegli abiti di sartoria e dei modi raffinati. Prese il biglietto da visita, sentendo sotto il pollice il rilievo della costosa incisione, e rimase sorpresa, leggendolo. Un semplice mister, senza nemmeno un onorevole davanti al nome? Non era convinta che fosse la verità, ma non poteva certo sfidarlo senza averne le prove. Inoltre, purché non fosse impegnato in qualche attività criminale, era libero di farsi chiamare come voleva.

    Un lieve rumore di pentole venne da dietro la tenda che schermava la porta sul retro. «Scusate, signore. Mrs. Farwell, potete concedermi un momento?»

    Mr. Dunton non batté ciglio quando Dot emerse da dietro la tenda con un mattarello in mano. Era una donna imponente, come la maggior parte di quelle che spingevano in mare le cabine su ruote per immergersi. Fissò il visitatore con sguardo torvo, come faceva con tutti gli uomini che si avvicinavano a Sara, e lui ricambiò lo sguardo con indifferenza. Dot fece un piccolo grugnito, come se lui avesse superato una prova.

    «Accompagno questo signore a trovare sua sorella in albergo. Puoi restare da sola per un'ora? Ci saranno le solite clienti, per il tè del pomeriggio, ed è già tutto pronto.» Sara le tese il biglietto da visita. Dot sapeva leggere a malapena, ma era meglio far sapere a Mr. Dunton che qualcun altro sapeva con chi era uscita. Anche se suo fratello l'accusava di essere troppo indipendente, non era così sprovveduta da uscire con un gentiluomo sconosciuto senza prendere le precauzioni più elementari. Specie con uno che, ne era certa, non era chi sosteneva di essere.

    «Sì, è tutto a posto. Ho preparato i sandwich, la torta di frutta, e le focaccine con la marmellata di fragola stanno per uscire dal forno. Il garzone ha portato un blocco di ghiaccio, così la panna e il burro sono in fresco. Tolgo il grembiule e vengo subito.» Parlava con uno forte accento del Dorset, ma nessuno dei clienti faceva fatica a capirla. Se il destino l'avesse fatta nascere in un luogo diverso da una capanna di pescatori, Dot avrebbe fatto ancora più strada di quanta ne avesse fatta.

    «Servite anche il tè?» si informò Mr. Dunton, mentre Sara prendeva un cesto e cominciava a scegliere gli articoli per cercare di risvegliare l'interesse di sua sorella. Non era facile decidere, perché Miss Dunton poteva essere un'invalida molto fragile, o solo una giovane capricciosa e viziata.

    «Offriamo tè e rinfreschi due volte alla settimana» gli spiegò Sara. «Le clienti vengono per discutere dei loro progetti artistici, si scambiano idee e prendono il tè. È il posto ideale perché le signore possano incontrarsi senza doversi limitare a chiacchiere vane, o a star sedute come oggetti decorativi.»

    «E mentre sono qui vengono invogliate a far rifornimenti.»

    «Proprio così. È un'attività commerciale, dopotutto, Mr. Dunton. Le gentildonne si incoraggiano a vicenda, provano nuovi strumenti, dopo averli visti usare dalle altre, e trascorrono qualche ora piacevole insieme. Se siete pronto, possiamo andare.»

    Indossò un soprabito leggero, legò i nastri del cappellino nuovo e prese la borsa a rete. Mr. Dunton fece per prenderle il cesto, ma Sara lo trattenne. «C'è qualcuno fuori che lo porterà, grazie, signore. Sarò di ritorno presto, Dot.»

    Lui le tenne aperta la porta e fece di nuovo un'educata battaglia per il cesto, ma, non appena furono usciti, Tim Liddle arrivò trotterellando dal vicolo accanto al negozio della modista, all'altro lato della strada. Aveva otto anni ed era il sostegno della madre vedova, così Sara gli affidava tutti i lavoretti che riusciva a trovare, e altri li inventava. Era un ragazzino pulito, con un allegro sorriso che metteva in mostra la bocca sdentata ma, nonostante gli sforzi di Sara per nutrirlo, era magrissimo e indossava abiti logori di seconda mano.

    «Eccoti qui, Tim. Accompagnaci all'albergo con questo, se non ti dispiace.» Gli consegnò il cesto e prese il braccio che Mr. Dunton le offriva, lanciandogli un'occhiata di sbieco mentre si incamminavano. «Non avrete pensato davvero che sarei uscita con un gentiluomo che non conosco senza una scorta?»

    «Direi che quel monello non vi fornirebbe una grande protezione, se aveste a che fare con qualche individuo senza scrupoli.»

    «Credete? Se non dovessi ricomparire all'ora stabilita, Timmy scatenerebbe un pandemonio tra il personale dell'albergo, poi correrebbe da Dot e andrebbe a chiamare l'agente di polizia, che è suo cugino di secondo grado.»

    «Ah, la formidabile Dot! Lei sì che spaventerebbe un malintenzionato. Potrebbe aver aiutato Crono nel suo assalto a Urano, a giudicare dalle dimensioni di quelle braccia muscolose e dallo sguardo che mi ha lanciato. Non le piace il mio viso in particolare, o è ostile a tutto il sesso maschile per principio?»

    Sara non abboccò al riferimento alla nascita di Afrodite. «Dot lavorava alle cabine da spiaggia. Ci vogliono donne forti per trattare con i clienti nervosi che non sono mai stati al mare. Alcuni cadono, e bisogna tirarli fuori dall'acqua, altri si agitano, ed è necessario trattenerli. Dot si fece male alla schiena e non poteva più fare quel lavoro pesante, così venne a lavorare da me. Mi è grata per l'opportunità e si è assunta il compito di farmi da guardiana contro... gli importuni.»

    Il che avrebbe dovuto scoraggiare qualsiasi tentativo di civettare da parte di Mr. Dunton. Sara, che non era insensibile al piacere di trovarsi in compagnia di un gentiluomo alto ed elegante, o alla sensazione del suo braccio muscoloso sotto le dita, lasciò che il silenzio si prolungasse per i cinque minuti che impiegarono a raggiungere l'albergo.

    A quel punto Mr. Dunton prese il cesto dalle mani di Tim e si fermò di fronte al banco della reception, dove il proprietario stava parlando all'impiegato. «Mr. Winstanley, volete mostrare a Mrs. Harcourt il nostro salotto privato, mentre vado a prendere mia sorella?»

    Ben fatto, signore, pensò Sara, seguendo il proprietario e il suo cesto in un piacevole salotto con una finestra a bovindo affacciata sul lungomare. Molto corretto aver usato Mr. Winstanley per confermare le vostre credenziali come gentiluomo rispettabile accompagnato da una sorella. Eppure c'è qualcosa che non mi convince, in voi, Mr. Dunton.

    Qualsiasi cosa fosse, però, non diminuiva il suo fascino virile, anche se stuzzicava la sua curiosità. Era evidente che anche lui era altrettanto consapevole della sua femminilità, ed entrambi cercavano di non darlo a vedere.

    Sedette al tavolo, prese l'album da schizzi e una matita dal cesto e cominciò a disegnare la scena che si vedeva dalla finestra, concentrandosi su una rapida e divertente scenetta di due signore che si erano fermate a chiacchierare di fianco all'asta della bandiera. Una era corpulenta, l'altra magra, ed entrambe tenevano al guinzaglio dei buffi cagnolini. Quando la porta si aprì, Sara si alzò e lasciò l'album aperto sul tavolo.

    La giovane donna che entrò nella stanza, seguita da Mr. Dunton, era evidentemente la sorella, con gli stessi capelli castani e gli occhi nocciola, ma con un naso più diritto e un mento meno volitivo. Era altrettanto evidente che era molto giovane, che era stata poco bene e che era imbronciata.

    «Marg... Mrs. Harcourt, vi presento mia sorella Marguerite.» Mr. Dunton increspò la fronte per il suo passo falso, e la sorella gli rivolse uno sguardo tagliente. «Marguerite, questa è Mrs. Harcourt. Oggi sono passato nel suo negozio, e lei è stata così gentile da portarti qualcosa che potrebbe interessarti.»

    Miss Dunton abbozzò un rapido inchino e sedette al lato opposto del piccolo tavolo rotondo davanti alla finestra a bovindo.

    Interessante, considerò Sara tra sé. Dunton aveva cominciato a presentare lei per prima, come se la sorella fosse di rango più elevato. Poi si era ripreso e aveva presentato la donna più giovane a quella più matura e sposata. Ciò significava due cose: in primo luogo la stava trattando come una gentildonna anziché come una negoziante, e in secondo luogo fratello e sorella erano realmente di rango più elevato di una rispettabile donna sposata, anche se lui ignorava chi fosse suo marito.

    Se non siete in possesso di un titolo, mio bel signore, mi mangio il cappellino nuovo, con tanto di piume.

    Allora, cosa ci faceva a Sandbay, e che cosa c'era che non andava in sua sorella?

    Sara sfoggiò un sorriso professionale e un tono di voce allegro e cordiale. «Buongiorno, Miss Dunton. Il mio negozio fornisce tutto quanto può intrattenere piacevolmente le signore.» Vedendo che le sue parole erano state accolte da uno sguardo spento, provò un approccio più diretto. «Tengo di tutto, dai martelli per staccare i fossili dalle rocce alle reti per esplorare i bacini rocciosi.»

    Finalmente era riuscita a produrre una scintilla di reazione da parte della giovane donna. «Martelli?»

    «Oltre a materiali artistici, scatole di legno, cornici e altri oggetti da decorare con conchiglie o arabeschi. Tessuti e filati da ricamo e per lavori a maglia, vaschette d'acqua per composizioni di alghe, libri e riviste...» Sara indicò il cesto con un cenno del capo. «Forse volete dare un'occhiata. Se volete scusarmi, nel frattempo finirò lo schizzo di quelle due signore là fuori. Formano un quadretto così divertente.»

    Dietro la sedia, fece un gesto della mano verso la porta, sperando che Mr. Dunton cogliesse l'accenno. Qualche istante dopo, mentre riprendeva album e matita, sentì la porta che si apriva e si richiudeva e tenne il capo chino sul disegno. Ora che Mr. Dunton era uscito, poteva tirare il fiato. La sua presenza sembrava riempire tutto lo spazio, anche quando lei non poteva vederlo. Cercò di calmarsi, rammentando a se stessa che non era per lui che si trovava lì.

    2

    Con la coda dell'occhio Sara vide Marguerite esitare, prima di cominciare a esplorare il cesto. «Perché dovreste colpire le rocce con un martello?» Aprì un barattolo pieno di piccole conchiglie e le lasciò scorrere sul palmo. «E che cos'è un fossile?»

    Continuando a disegnare, Sara glielo spiegò, poi accennò casualmente a quanto fosse gratificante e liberatorio aggirarsi ai piedi delle scogliere e colpire con forza un materiale resistente. «Non credo proprio che le giovani donne abbiano molte opportunità di colpire qualcosa, non vi pare?»

    «Riconosco che ne ho spesso voglia.» Marguerite prese il martello e lo soppesò nella mano, come se avesse in mente un bersaglio. Nonostante la sua apparente fragilità, lo maneggiava senza sforzo. «I bacini rocciosi non sono pieni di cose viscide?»

    «Sono pieni di splendide cose, alcune delle quali, sì, sono un

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