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Defiance - La notte della rivolta (eLit): eLit
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E-book314 pagine4 ore

Defiance - La notte della rivolta (eLit): eLit

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Info su questo ebook

DEFIANCE - VOL. 1. Tru Tennyson ha lasciato il Defiance Motorcycle Club per sfuggire alla spietata cultura maschilista che contraddistingue la banda di biker tra cui è cresciuta, ma da quando il Caos si è abbattuto sulla terra, sconvolgendola con una serie di devastanti calamità naturali e lasciando i pochi superstiti a lottare per la sopravvivenza in un mondo dominato dalla violenza e dall'anarchia, tornare sembra l'unica scelta possibile. Tanto più che potrà rivedere Caspar, l'unico uomo che per lei ha sempre rappresentato un rifugio sicuro e che le ha regalato la notte più bella e passionale della sua vita. Rinunciare alla propria libertà, però, non è un prezzo che Tru è disposta a pagare, anche se farlo significa mettere a repentaglio la propria vita. Solo unendo il proprio destino a quello di Caspar può sperare di salvarsi, ma lui accetterà di rischiare la posizione che ha conquistato all'interno di Defiance per una ribelle?

LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2015
ISBN9788858940228
Defiance - La notte della rivolta (eLit): eLit
Autore

Stephanie Tyler

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Defiance - La notte della rivolta (eLit) - Stephanie Tyler

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Defiance

    Carina Press

    © 2013 Stephanie Tyler, LLC

    Traduzione di Eleonora Toselli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-022-8

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Seduto sulla sua Harley Fat Boy, Caspar aspettava che Silas uscisse dal cancello d’ingresso del quartier generale del Defiance Motorcycle Club.

    Si era fatto buio. Era difficile distinguere il giorno dalla notte ma si percepiva una leggera differenza che, nell’ultimo periodo, era diventata più visibile. Ma non sapeva se qualcun altro, oltre a lui, l’avesse notato.

    «Come ti è sembrata?» gli chiese Silas, buttando fuori una boccata di fumo e sputando poi con aria frustrata, quando Caspar rispose: «Normale».

    «Basta stronzate, Cas.»

    Nel sentire Silas usare quel soprannome, Caspar si incendiò. Avrebbe voluto strozzarlo ma, invece, si concentrò sulla voce rauca dell’amico. «Quelle ti uccideranno.»

    Silas sbuffò. Si era sorbito quella battuta fin troppe volte. Gettò a terra il mozzicone e prese un’altra sigaretta. Vista la scarsità di sole e cibo, oltre ai continui fottuti combattimenti, sia per divertirsi che per sopravvivere, era ironico che l’unica cosa sicura in quel nuovo mondo post Caos fossero le sigarette.

    Dopo che, quasi subito, Silas se ne accese un’altra, Caspar provò un moto di compassione e rispose alla domanda. «È sempre uguale. Però dimagrita.»

    Silas, invece, non era rimasto lo stesso. Sembrava più vecchio: sciupato, con profondi solchi intorno agli occhi e alla bocca. I capelli lunghi tirati indietro facevano apparire ancora più sporgenti i suoi zigomi affilati. Era stato il ricordo della sua ex fiamma a ridurlo così.

    «Ha chiesto lei di venire qui?» domandò Silas.

    «È un po’ difficile parlare con una che è svenuta» ribatté Caspar, ma entrambi sapevano che Tru era stata riconsegnata, senza pietà, dal Kill Devils MC perché aveva fatto una scelta.

    Da sempre, là le regole erano semplici: vivere e morire per il proprio MC. Comandavano gli uomini, non le donne.

    Non sapeva se Tru fosse stata stuprata, ma era quello che di solito accadeva a una donna che rifiutava l’unione.

    Quando ne avesse avuto la conferma Caspar era certo che avrebbe avuto voglia di uccidere qualcuno, ma non poteva far trapelare i propri pensieri. Così fece finta che non gliene fregasse niente, come aveva sempre fatto. Come doveva essere.

    Silas annuì. «Stalle vicino. Falle capire che può restare.»

    Caspar inarcò le sopracciglia e chiese: «Cosa le raccontiamo?».

    Silas scrollò le spalle. «Dille tutto. Conosce i patti. Se è intelligente, alla fine accetterà.»

    Non c’entrava nulla l’essere intelligenti con l’accettare l’unione. Tru era più in gamba della maggioranza delle persone e per questo era vista come un problema. Fino a quel momento, solo la posizione di suo padre all’interno del Defiance Club l’aveva salvata. L’uomo era stato un sergente, un Guardiano con cui nessuno avrebbe voluto avere a che fare. In quella società, sua figlia era rispettata più di qualsiasi altra donna.

    Caspar annuì. «Perché Roan non è qui a occuparsi della sua merda?»

    «È di pattuglia. Tocca a te, fratello.»

    Fratello. Quello sì che era il più grande scherzo del secolo, perché per tutti Caspar era il figlio illegittimo di Lance, il padre di Silas, e di conseguenza era davvero suo fratello, anche se bastardo. Caspar era stato abbandonato a dieci anni, dopo la morte della madre, ed era stato accolto nella famiglia allargata di Lance, per poi essere sballottato qua e là e spesso trattato come spazzatura. La musica era cambiata quando aveva iniziato a farsi notare per la sua stazza e le tendenze violente e criminali. Gli uomini del suo stesso club volevano confrontarsi con lui solo per dimostrare che potevano farlo, un’impresa ogni anno sempre più ardua. Quando Lance lo aveva mandato a combattere nella gabbia per guadagnare i soldi per il club, aveva fatto soldi a palate e ottenuto rispetto.

    Dopo la scomparsa di ogni fonte di luce, le sue abilità erano diventate sempre più invidiate ed era stato annoverato tra le fila più alte dell’MC di Lance, anche se non era mai stato accettato dai parenti stretti di quest’ultimo e non si era mai sentito uno di loro. Ma a Caspar andava bene così.

    Dalla parte opposta, una volta, c’erano Tru e Silas. Erano stati la coppia ai tempi del liceo: il principe e la principessa di Defiance, quando le cose erano ancora normali. Caspar non sapeva se Silas all’epoca fosse a conoscenza delle violenze che lei subiva dal padre. E tre anni e mezzo prima, quando Tru era scomparsa senza lasciare traccia, Silas era rimasto in lutto per sei mesi.

    Ora era unito a Liv.

    Da sempre l’MC usava la parola unito al posto di sposato, anche se i membri del club continuavano a seguire la trafila riconosciuta dallo stato e dalla Chiesa. Ma adesso unirsi aveva un significato molto diverso rispetto al passato: bisognava attenersi a una serie di regole piuttosto severe, decise dal club, e la violazione di un’unione non era presa alla leggera. Era stato Lance a inserire nello statuto la cerimonia dell’unione.

    Tutti riconoscevano l’importanza della lealtà all’interno dell’MC, soprattutto dopo che il complesso aveva iniziato a ospitare quasi tutti i membri del Defiance e le loro famiglie, invece di essere solo il luogo di ritrovo dell’MC. Erano necessari regole e ordine: bisognava fidarsi delle donne scelte come compagne.

    I più giovani avevano iniziato a chiamare la cerimonia semplicemente unione; per completarla, i coetanei di Caspar avevano imposto alle compagne di tatuarsi, perché amavano vedere quel genere di segni indelebili sulla pelle di una donna. Del resto l’unione era per sempre, del tipo fino a che morte non ci separi.

    L’unione era il modo migliore che aveva una donna per sopravvivere in un periodo in cui la violenza era il solo sistema che i membri dell’MC potevano usare per assicurarsi un posto nel club e tenerselo, oltre che per guadagnarsi il rispetto.

    Nell’MC, i ragazzini erano sempre cresciuti in fretta, ma quello che era successo due anni prima li aveva spinti a superare ogni limite. Il Caos, come l’avevano chiamato, si era manifestato con una serie di disastri ambientali scatenati da diverse meteore che avevano colpito la terra. Due erano cadute vicino a dei vulcani attivi dando il via a un effetto domino nell’atmosfera e a una serie di catastrofiche eruzioni. Tsunami. Terremoti. Tempo instabile. Il tutto era accaduto nel giro di una settimana, e aveva interessato l’intero pianeta.

    «Siamo stati fortunati» dicevano gli scienziati nei rapporti che Defiance ascoltava alla radio amatoriale.

    Defiance si sentiva fortunata, ma i più giovani dovevano darsi da fare, e anche in fretta. Prima che si scatenassero le tempeste, avevano deriso i loro padri perché si preparavano al Giorno del Giudizio. E ora erano traumatizzati e arroganti, come bambini appena chiamati alle armi.

    Si era tornati indietro nel tempo. I collegamenti stradali non erano ancora stati ripristinati: ci sarebbe voluto troppo per riparare le infrastrutture.

    Alcune zone erano rimaste quasi indenni e altre erano state devastate del tutto. Puro caso. Lance lo definiva l’assottigliarsi del gregge. Caspar ne era disgustato ma doveva ammettere che, ora, il mondo era in mano solo ai fuorilegge e ai criminali. Erano loro ad avere ricostruito la propria società, non il governo.

    Il presidente degli Stati Uniti e la maggior parte dei capi di stato degli altri paesi erano sopravvissuti. Caspar supponeva che molti governi avessero accesso a dei rifugi sicuri. Nei bollettini che aveva ascoltato alla radio, si diceva che il presidente aveva dichiarato l’espropriazione per pubblica utilità di molte zone del paese. L’EPA e il governo avevano deciso cosa era abitabile, riparabile e cosa no. Erano stati risistemati le città portuali e i centri principali perché considerati delle priorità. Defiance aveva preferito essere lasciata al suo destino.

    L’MC aveva interrato i collegamenti elettrici e accumulato delle scorte in previsione di un evento simile. Dopo l’arrivo del Caos, avevano reclutato diversi medici dagli ospedali che non erano più operativi e li avevano portati nel complesso, al sicuro, fornendo loro del materiale sterile. Inoltre, Defiance disponeva di armi per tenere lontani gli intrusi. Dopo sei mesi, aveva di nuovo l’acqua corrente, ma se ce ne fosse stato bisogno, sarebbe stata in grado di filtrare l’acqua del mare e del fiume.

    La posizione appartata del complesso era sia una condanna che una benedizione. Ma così andavano le cose. Essere isolati era sinonimo di sopravvivenza. Essere preparati significava sopravvivenza. Defiance entrava in contatto con il mondo esterno solo quando commerciava.

    Rispetto alla maggioranza, per i membri dell’MC il passaggio verso quella nuova realtà era stato più facile. Erano dei duri, degli attaccabrighe abituati a lottare per vivere. Se costretti, non ci pensavano due volte a uccidere i nemici e persino gli amici, o a entrare in combutta con la mafia per riscuotere il pizzo dagli abitanti delle città limitrofe. Il mondo si muoveva più lentamente, ma i bisogni basilari delle persone erano rimasti sempre gli stessi: cibo, droga, sesso. Solo che Defiance aveva accettato quel dato di fatto molto prima del Caos. In quegli ultimi anni, l’MC era sopravvissuto, e anche bene.

    Anche Caspar ce l’aveva fatta, ed era a un pelo dal raggiungere i propri obiettivi. Aveva passato dodici anni d’inferno per potere arrivare là e nessuno lo avrebbe ostacolato. Nemmeno Tru.

    Tru sapeva che suo padre era morto, come sapeva che la luna sarebbe sorta durante la notte. Non importava se non poteva più vederla a causa delle esplosioni che avevano devastato il mondo, gettandolo nella confusione.

    In realtà, nel mondo dell’MC tutto era rimasto uguale, a parte il fatto che suo padre non c’era più e lei non lo avrebbe pianto.

    Ma la morte di suo padre, accaduta meno di un mese prima, stava a significare che era giunto il momento di ritornare a Defiance, un posto che lei una volta considerava casa sua. Ritornare non per il funerale: quello se l’era già perso. Non per riprendersi le sue cose: con ogni probabilità erano già state requisite e date ad altri. No, doveva ritornare a casa dopo essere fuggita più di tre anni prima perché solo così poteva salvarsi.

    Avrebbe potuto non tornare più, e continuare a vivere sulla costa del New Jersey, lavorando come cameriera in una tavola calda, andando a lezione, imparando a fare tatuaggi da una donna di nome Louise. Ma poi era arrivato il Caos che aveva spento ogni luce, anche quella del sole.

    Quando era ritornata l’elettricità e la gente aveva cominciato il lungo processo di ricostruzione, lei si era rifiutata di tornare a Defiance. Dopo le tempeste, era rimasta da sola per quasi nove mesi prima di rassegnarsi a chiedere aiuto a Padraic, il capo del Kill Devils MC. Era passato poco più di un anno e, durante quel periodo, Padraic non aveva forzato la loro unione solo perché il padre di lei era ancora vivo. Adesso era orfana e proprietà di nessuno, e quindi Padraic era nella posizione di rivendicare dei diritti che lei non poteva e non voleva accettare.

    Lei glielo aveva detto, e per quello era tornata a vivere e morire a Defiance. Non sapeva se l’avrebbero riconsegnata viva o morta, ma adesso era là.

    Aprì gli occhi. Si trovò a guardare un viso che avrebbe dovuto appartenere a Silas, ma che era chiaramente diverso. L’uomo di fronte a lei aveva capelli biondo platino e occhi color ghiaccio. Una cicatrice gli tagliava la guancia, dal bordo del labbro verso l’occhio sinistro.

    Avrebbe dovuto renderlo brutto. Deforme. Non era così, anche se in lui c’era qualcosa che la terrorizzava a morte.

    Così come, da sempre, si sentiva attirata dalla sua violenza. «Caspar?»

    «Sì. Come va, Tru?»

    Che si comportasse pure come se il loro ultimo incontro fosse avvenuto qualche giorno fa. «Sono stata meglio.»

    Lei riusciva a malapena a muoversi. Padraic l’aveva drogata, le aveva legato le braccia dietro la schiena per tenerla ancorata alla barra posteriore del sedile. Era stata slegata e costretta a percorrere a piedi, seguita dalle moto, le ultime due miglia che la separavano da Defiance. Poi aveva dovuto camminare per un altro miglio prima di raggiungere il club. Il tragitto a piedi era una nuova regola, che si applicava quando si riconsegnava una donna ribelle al suo MC.

    Si ricordò che vicino ai cancelli del Defiance MC, Padraic l’aveva baciata. L’aveva anche percossa, ma lei era cresciuta nella violenza e gli aveva restituito il colpo, facendogli saltare qualche dente. Si rese conto che ne teneva ancora uno nel pugno e aprendolo fece cadere a terra quella cosa insanguinata, mentre Caspar la osservava arrabbiato e forse... divertito?

    «Non è mio» disse lei.

    «Lo immaginavo. Ti ho raccolta da Paddy.»

    La maggior parte delle persone chiamava Padraic Paddy, un nome modesto per un uomo che era tutt’altro.

    Mi ha toccata?, avrebbe voluto chiedere lei. Si sentiva dolorante e sporca, ma non riusciva a ricordare nulla dopo avere colpito Padraic che, a sua volta, l’aveva picchiata così forte da farle perdere conoscenza.

    Se non l’aveva toccata, era solo per rispetto verso il padre di Tru che era considerato dagli MC della zona uno dei più grandi Guardiani di qualsiasi club.

    «Ti ha già visitata una dottoressa: per adesso è tutto a posto. Però ritornerà per guardarti di nuovo. Ha detto che hai bisogno di riposo. Ti somministrerà dei liquidi per eliminare dal tuo corpo la roba che ti ha dato Paddy.» Lui si accese una sigaretta lasciando che il fumo creasse un’aureola attorno alla sua testa.

    Riderebbe se glielo facessi notare.

    Caspar aveva delle cicatrici sulle nocche. Forse, adesso, ne aveva su tutto il corpo ed era di certo più imponente di prima. La violenza latente sotto la superficie ora si era scatenata. Nessuno doveva più nascondere la propria natura, poteva ostentarla in tutta tranquillità, e Caspar non faceva eccezione. Il suo corpo massiccio, avvolto in vestiti di pelle nera e jeans sdrucito, riempiva tutta la stanza e sembrava catturare l’intera aria. Lei ebbe un brivido, un’inaspettata scossa di piacere che le scese fino allo stomaco. Voleva che rimanesse. «Dov’è Silas?»

    «Non viene. Starò io con te fino a quando non arriva Roan.»

    «Roan?» sussurrò lei e Caspar annuì, in attesa che afferrasse il significato di quelle parole. Nonostante le pulsasse la testa, ci arrivò in fretta.

    «Silas sta con Liv, adesso. Quasi fin da subito.»

    Lei non riusciva a capacitarsene, era come una vecchia barca che faceva acqua da tutte le parti. Ma stranamente non le venne da piangere.

    Fu pensare a Roan a farla sentire male.

    Sapevi che non ti avrebbero permesso di ritornare senza importi l’unione, principessa. E sebbene ne fosse conscia, aveva sperato con tutto il cuore che le cose potessero andare in maniera diversa.

    «Devi essere protetta. È l’unico modo» le disse Caspar, perché doveva sapere a cosa lei stesse pensando. Come sempre.

    «Non lo farò, Cas.»

    «Non chiamarmi con quel cazzo di nome» l’aggredì lui, bloccandole il polso al letto con un gesto secco e veloce, in modo che lei non potesse toccarlo. «Non chiamarmi in nessun modo. Non avrai un’altra possibilità con me.»

    «È questo quello che pensi?»

    «Nulla può farti credere il contrario.»

    «Ti sbagli.»

    «Sbagliato o no, devi chiudere quella bocca. Non è il caso che ti cacci in altri guai, capito?»

    «Me ne frego se ci sentono. E non lo farò, non mi unirò a Roan» ripeté lei con grinta, cercando di divincolarsi, anche se invano.

    «Non hai scelta. Questione di settimane e Roan te lo chiederà. Anche Lance verrà a dirtelo.»

    Il padre di Silas era sempre stato una bestia e Tru rabbrividì al pensiero dei suoi modi bruschi. «Mi serve più tempo.»

    «Qui non hai nessun potere.»

    Non era del tutto vero: suo padre era stato l’amico più fidato di Lance, il suo braccio destro. A detta di tutti, la lealtà verso di lui non era cambiata, nemmeno dopo la sua morte. Lei sarebbe stata considerata parte del gruppo, quasi per diritto, visto che la fama del padre era sulla bocca di tutte le bande: lui e Lance erano più fratelli che amici e chiunque sapeva che se fosse stato fatto del male a Tru, Lance si sarebbe vendicato.

    Per Padraic, Tru sarebbe stata il miglior premio in assoluto, perché avrebbe portato prestigio al Kill Devils. Il suo rifiuto avrebbe potuto scatenare la guerra tra i due MC, a meno che Defiance non la mandasse via.

    «Cos’ha detto Padraic quando mi ha lasciata qui?»

    «Che dovevamo ucciderti davanti a lui» rispose Caspar senza battere ciglio. Lei ebbe un sussulto, anche perché sapeva che per una disonorata come lei non c’era solo la morte ad attenderla. Padraic avrebbe detto a dieci membri dell’MC di occuparsi di lei, mentre tutti gli altri avrebbero fatto da spettatori. Aveva già assistito una volta a un’esecuzione del genere, nel club di Padraic. La ragazza aveva smesso di gridare dopo il terzo uomo.

    «Credi davvero che la mia unione con Roan possa sistemare le cose?»

    «Non l’ho mai detto, ma non spetta a me decidere.»

    «Giochi ancora a fare la vittima bastarda?»

    «E tu vai ancora dietro a Silas?» chiese lui con il solito tono annoiato. «Volete essere il re e la regina di questo ballo? Combatti contro Liv e uccidila per onore. Fallo, prima di trascinarci tutti di nuovo nei tuoi casini.»

    Lei gli voleva rispondere che non lo aveva mai trascinato in nulla, ma avrebbe mentito. Doveva chiedergli della notte in cui lei se ne era andata da Defiance, ma non sapeva chi altro poteva sentirli.

    Ma Cas capì. Come sempre.

    «Non l’ho detto a Silas.» Il tono di Caspar era basso e roco, un velo che l’accarezzava. «E mai lo farò.»

    E mai lo farò. «E se io lo volessi?»

    Lui contrasse il viso. «Invece di venire da me, sei andata da Paddy. Non importa più un cazzo, Tru.»

    Lei gli fissò il collo e il tatuaggio che rappresentava il simbolo dell’MC e che gli arrivava fino al lobo dell’orecchio, un disegno complesso e stranamente fine, così in contrasto con la violenza bruta del club.

    D’altronde, era stata la donna di Lance a disegnarlo e, da sempre, era lei il vero capo di quella banda. Adesso, Trixie era quella che faceva applicare il codice dell’unione con più rigore di tutti. Nell’MC si viveva e moriva in base all’ordinamento. Agli occhi del mondo esterno poteva sembrare che regnassero la violenza e l’anarchia, ma in realtà tutti erano comandati a bacchetta dal presidente del club... e dalla donna che stava dietro di lui.

    Trixie aveva potere e non si era mai lasciata trattare come le altre donne dell’MC, sia prima che dopo il Caos. Tru doveva seguire quell’esempio. «Tu con chi ti sei unito, Caspar?»

    Lui strinse i denti e lei capì che la risposta era nessuno.

    Caspar si alzò, calciando la sedia verso il muro e, prima di chiudere la porta, le disse: «Non sarò il tuo ripiego da quattro soldi, Tru».

    «Non lo sei mai stato» sussurrò lei verso la porta chiusa.

    Al buio, Tru non riusciva a vedere molto. In qualsiasi posto l’avessero condotta, si trovava lontana dall’area principale del complesso perché era in grado di percepire solo il lieve brontolio delle moto che andavano e venivano.

    «Ci hai portato un bel po’ di merda ripresentandoti qui.» La voce di Trixie rimbombò nell’oscurità. Un attimo dopo, si accese una luce. Era così preziosa, eppure veniva sprecata per lei.

    La stanza in cui si trovava aveva un tocco femminile: in un angolo c’erano dei fiori freschi, le lenzuola erano stirate e pulite, la coperta era azzurrina e orlata di pizzo. Sembrava uscita da un’epoca passata e stonava con il resto dell’ambiente che, invece, era spartano e disordinato.

    Trixie non era cambiata. Per essere una donna era alta e robusta, ma carina, con lunghi capelli scuri che le ricadevano in boccoli sulle spalle e tatuaggi sparsi sulle braccia, simboli d’onore.

    «Lo so.»

    «La doccia ti sta aspettando: ho preparato un po’ d’acqua calda.»

    Sapeva perché Trix la stava trattando con i guanti, anche se, agli occhi del club, Tru aveva commesso uno dei crimini peggiori abbandonando la sua eredità. Se fosse stata un uomo, l’avrebbero uccisa a vista.

    Era sempre stato così. Bisognava lottare con le unghie per ottenere quello che si voleva.

    Nell’intimità del bagno, si spogliò e, facendosi luce con una candela, osservò allo specchio i lievi ematomi sul braccio dovuti alla caduta. Ecco cosa avevano iniziato a fare le donne sole per racimolare denaro: preparavano e vendevano candele alle persone del luogo. Grosse candele orrende ma che duravano giorni. Non avevano più nulla di romantico. Il buio, una volta, era perfetto per celare tutto, soprattutto i sentimenti.

    Stava bene: la dottoressa l’aveva dimessa e Trixie, di certo, l’aveva informata sul passato clinico di Tru. Padraic non le aveva fatto del male, non fisicamente. Il lavoro sporco l’avrebbe lasciato a qualcun altro.

    Mentre si insaponava e lavava i capelli, si chiese se le cose potessero risolversi. Quando finì, si sentì di nuovo una persona, sicura

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