Destinata allo sceicco: Harmony Destiny
Di Kristi Gold
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Info su questo ebook
La fiera e raffinata bellezza di Raina Kahlil non è cambiata nonostante gli anni trascorsi, ma è mutata di sicuro la sua mentalità, più aperta e trasgressiva. È la prima cosa che nota lo sceicco Dharr Halin quando rivede la ragazza a lui destinata come sposa dopo undici anni. Dharr ha deciso che non vuole complicazioni e non vuole più soffrire per amore, per questo è pronto a tutto pur di sposare, anche senza conoscerla, Raina, e rispettare così la sua promessa. Lei vorrebbe opporsi a quella vecchia mentalità che porta Dharr a rivendicarla come un oggetto, ma non riesce a resistere al suo magico tocco che la colma di desideri e passioni di cui ignorava l'esistenza. Lei lo vuole, ma non senza amore. L'unica soluzione: liberare il cuore di lui dai timori e dimostrargli cosa significa donarsi veramente col corpo e con la mente.
Kristi Gold
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Destinata allo sceicco - Kristi Gold
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Daring the Dynamic Sheikh
Silhouette Desire
© 2004 Kristi Goldberg
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-729-5
Prologo
Nel corso della sua carriera universitaria, lo sceicco Dharr ibn Halim aveva acquisito padronanza degli aspetti più raffinati dell’economia e, al contempo, era diventato un esperto nell’arte della seduzione. Sapeva come conquistare una donna e condurla sulle vette più elevate dell’estasi, come sfruttare l’oscurità notturna per svelare le passioni segrete della sua amante o la luce del giorno per magnificarne il piacere. Tuttavia, nell’ultimo anno, aveva appreso fin troppo bene anche quanto potesse essere devastante l’amore, una lezione amara di cui avrebbe fatto tesoro per il resto della vita.
Dharr percepiva a stento il clamore dei festeggiamenti che erano da poco iniziati al di fuori dell’appartamento condiviso con i due compagni d’università, in quegli anni a Harvard.
Non era in vena di festeggiare. Non aveva nessuna voglia di celebrare il conseguimento del diploma di laurea, perché ciò significava per lui la conclusione della permanenza in America e l’inizio delle sue responsabilità nel paese natale.
L’indomani, si sarebbe lasciato quella realtà alle spalle, compresi i suoi due più cari amici, il principe Marcel DeLoria, secondogenito di un re europeo, e Mitchel Warner, figlio di un senatore statunitense, che conoscevano entrambi molto bene come lui il peso della notorietà.
Le serate trascorse insieme in quell’appartamento erano state un piacevole diversivo per sfuggire all’attenzione dei media, oltre che un’occasione per conoscersi meglio e svelare se stessi.
Lui, però, non aveva intenzione di abbandonarsi ad alcuna confessione durante quella riunione d’addio. Aveva scelto di tenere per sé il segreto che lo angustiava, ben custodito nella sua anima, e di non condividerlo con nessuno. Era proprio tale segreto che occupava i suoi pensieri, quella sera, così come era stato nelle interminabili notti di quell’ultimo periodo. Si era innamorato di una donna che non aveva ricambiato il suo amore.
Seduto sulla sua poltrona preferita, Dharr rivolse l’attenzione ai due giovani amici. Come al solito, Mitch si era seduto a gambe incrociate per terra, la schiena appiattita contro la parete, quasi avesse una sorta di allergia ai mobili, mentre Marc occupava il suo abituale posto sul divano.
Dopo qualche minuto, Mitch sollevò la bottiglia di champagne che era sul tavolino e riempì di nuovo i loro bicchieri. «Abbiamo già brindato alla nostra laurea» proclamò. «Ora, propongo un brindisi al nostro lungo celibato.»
Dharr si protese in avanti e innalzò il bicchiere. «Approvo in pieno.»
Con lo champagne in mano, Marc rifletté un attimo prima di rilanciare: «Io suggerirei una scommessa».
Dharr e Mitch si scambiarono un’occhiata sospettosa. «Che genere di scommessa?» chiese l’americano.
«Be’, dal momento che siamo tutti d’accordo di non essere interessati al matrimonio, perlomeno non nell’immediato futuro, io proporrei di restare fedeli a questo nostro intendimento scommettendo che saremo ancora single da qui a dieci anni.»
Dharr sapeva che sarebbe stato quasi impossibile convincere il padre della logica, oltre che della necessità, di attendere ancora dieci anni prima di costringerlo a sposarsi. «E se così non fosse?»
«Ci obbligheremo a rinunciare al nostro bene più prezioso.»
Mitch storse il viso in una smorfia. «Dovrei rinunciare al mio stallone? Sarebbe un colpo durissimo per me.»
A Dharr veniva in mente una sola cosa, il dipinto appeso alla parete sopra la testa di Mitch. Quel quadro era di sicuro quanto di più caro lui possedesse, ora che aveva perso l’amore. «Immagino che, nel mio caso, dovrei rinunciare al mio Modigliani, e devo ammettere che privarmi di quel nudo di donna mi causerebbe non poco dispiacere.»
«È proprio questo il punto!» argomentò Marc sorridendo. «La scommessa perderebbe di significato, se la posta in gioco non fosse così importante.»
«D’accordo, DeLoria» intervenne Mitch. «Cosa ti giochi tu?»
«La Corvette.»
«Rinunceresti alla tua adorata automobile?» Il tono di Mitch echeggiò lo stupore di Dharr. Marc aveva una passione smodata per quell’auto, così come l’aveva per le donne.
«So già che io non perderò la scommessa.»
«Neppure io» concordò Dharr. «Dieci anni sono un lasso di tempo adeguato prima che sia costretto a produrre un erede al trono.» E, si augurava, sufficiente per leccarsi le ferite, così da poter affrontare un eventuale matrimonio con onore, se non altro, anche se senza amore.
«Per me non ci sono problemi» disse Mitch. «Intendo scansare il matrimonio con ogni mezzo.»
Di nuovo, Dharr sollevò il calice. «Tutti d’accordo, allora?»
Mitch accostò il bicchiere al suo. «D’accordissimo.»
Marc fece altrettanto. «Che la scommessa abbia inizio.»
Sebbene Dharr fosse convinto che avrebbe sentito la mancanza degli amici, il destino gli imponeva di accettare le sue responsabilità. Se le circostanze gli avessero richiesto di onorare l’accordo matrimoniale sancito diversi anni prima, lo consolava almeno il fatto che la giovane donna per lui prescelta era cresciuta nel suo stesso contesto culturale. Lei avrebbe compreso le sue responsabilità, la sua posizione e accettato quel che avrebbe comportato essere regina, il giorno in cui lui si fosse assunto il governo del suo paese, l’Azzril.
Se non poteva avere la donna che amava, tanto valeva allora sposare Raina Kahlil. Se non altro provenivano entrambi dallo stesso mondo.
1
Era molto diversa da come la ricordava.
Schermandosi gli occhi contro il sole d’aprile, Dharr Halim si rese conto della trasformazione di Raina Kahlil da ragazza a donna mentre l’osservava attentamente dal pontile del cottage sul mare, in California, dove lei si era trasferita. Certo, erano trascorsi diversi anni da quando Raina aveva le gambe ossute e le trecce.
Mentre avanzava lungo le acque spumeggianti, Raina si muoveva con la grazia fluida delle onde dell’oceano, le gambe ancora lunghe e sottili, solo più tornite. I capelli castano chiaro le fluivano sulle spalle come un manto serico, scivolandole lungo la schiena e sfiorandole l’incavo della spina dorsale, appena al di sotto della vita. Non fornivano, però, una copertura tale da nascondere la sua pelle ambrata esposta sfacciatamente dal due pezzi che lasciava ben poco all’immaginazione.
A giudicare dal suo atteggiamento, non si era ancora accorta di lui, intenta com’era a osservare una conchiglia. Ciò concesse a Dharr del tempo in più per valutare la sua inattesa trasformazione.
Portava tre cerchi d’argento a ciascun lobo e una collana di pietre turchesi, dello stesso colore del bikini. Il costume succinto rivelava l’evidente rigonfiamento dei seni ora floridi, dove lo sguardo di Dharr indugiò, ammirato, prima di proseguire verso l’addome e l’ombelico, dove scintillava una mezzaluna d’argento. La curva dei fianchi e le cosce sode rafforzarono infine in lui la consapevolezza che, in quanto suo promesso sposo, avrebbe potuto beneficiare di quel trionfo di femminilità.
L’ultima volta che l’aveva incontrata, Raina era una tredicenne tutta pepe che lo aveva preso a calci e pugni per respingere le sue infantili avance. Dharr si chiese, divertito, se avrebbe reagito allo stesso modo, una volta scoperto che lui era lì per riportarla in patria.
A giudicare dal suo incedere sicuro, sospettava che il suo caratterino avesse subito ben poche modifiche, nel corso degli anni. Quando all’improvviso Raina gli scoccò un’occhiata che avrebbe incenerito qualsiasi altro uomo, lui comprese che le proprie congetture erano azzeccate.
Era preparato a fronteggiare una sua eventuale riluttanza e si era premunito di una serie di informazioni che avrebbero dovuto convincerla a tornare a casa, nonostante lei avesse deciso di ignorare la sua ultima corrispondenza. Non era affatto preparato, però, al modo in cui il proprio corpo reagiva quando pensava a come quel temperamento impetuoso potesse comportarsi sotto delle lenzuola di seta, alla luce del giorno o nel buio della notte.
Quella, però, era una fantasia a cui avrebbe dovuto resistere. Aveva preso di recente la decisione di non ottemperare al contratto matrimoniale stipulato tra le loro famiglie diversi anni prima, forte del fatto che lei aveva rigettato la loro cultura, scegliendo di stabilirsi in America. Per rispetto nei confronti di Raina e di suo padre si sarebbe quindi mantenuto a debita distanza, per quanto si rendesse conto di essere fortemente tentato di agire in modo diverso.
Senza rallentare il passo, Raina si inerpicò su per la scaletta che conduceva al pontile, scrutandolo con la stessa attenzione con cui l’aveva scrutata lui, tuttavia con un’espressione che non denotava affatto contentezza. Sorpresa, forse, ma decisamente non contentezza.
Fermandosi davanti a lui, Raina lanciò la conchiglia, ributtandola in acqua, e si puntellò le mani sui fianchi. «Che mi venga un colpo, sei proprio tu, il focoso Dharr Halim. Che cosa ci fai da queste parti? Non sarai per caso venuto fin qui per darmi il tormento come in passato, spero.»
La sua voce aveva perso traccia dell’accento arabo, sostituito da una distinta cadenza americana, infarcita, al momento, di un tocco di sarcasmo che Dharr decise di ignorare. Non poteva ignorare l’effetto della vicinanza del suo corpo, però. «Che piacere rivederti, Raina.»
«Allora, mi vuoi dire perché sei qui?»
«Ho bisogno di un motivo specifico per venirti a trovare?»
«In effetti, sì. Da quant’è che non ci vediamo, tu e io? Quindici anni, può essere?»
«Dodici, per l’esattezza. Frequentavo ancora l’università, l’ultima volta che ci siamo incontrati, ed ero tornato a casa per le vacanze, l’estate prima che tu te ne andassi dall’Azzril insieme a tua madre. Tuo padre ti aveva condotta a palazzo per una visita. Ricordo che stavi litigando con il figlio del cuoco.»
«E tu sei intervenuto in mia difesa, come al solito.» Raina accennò un sorriso che si spense rapidamente. «È stato tanto tempo fa, quindi non credi che questa tua comparsa improvvisa possa destare in me dei sospetti?»
«Ti giuro che le mie intenzioni sono onorevoli.» Anche se i suoi pensieri, al momento, non lo erano affatto. Per non avere una reazione di fronte a tanta bellezza, un uomo doveva essere cieco... o gay.
Lei si strofinò il palmo delle mani contro le braccia. «Continuiamo a parlare dentro, vuoi? Sto congelando.»
Non c’era bisogno che glielo dicesse, pensò Dharr mentre il suo sguardo si posava sui seni pieni dalle punte inturgidite per il freddo. Al contrario, lui sentiva un gran caldo.
Scostandosi, indicò il cottage. «Dopo di te.»
«Meno male che non hai detto: Prima le signore. Non ti avrei permesso