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Una proposta stuzzicante: Harmony Collezione
Una proposta stuzzicante: Harmony Collezione
Una proposta stuzzicante: Harmony Collezione
E-book168 pagine2 ore

Una proposta stuzzicante: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Lui sa come punirla...
A Imogen O'Sullivan sembra di vivere un brutto sogno quando il carismatico milionario Raoul Cardini riappare per mandare a monte il suo fidanzamento. Ma il brutto sogno si trasforma in un vero e proprio incubo non appena lui arriva a proporle un matrimonio di convenienza.

... con una lenta e spietata seduzione!
Un tempo Imogen aveva concesso a Raoul tutto quello che aveva - corpo, cuore e anima - perdendo ogni cosa. Adesso che lui la rivuole con sé, lei sa che a muoverlo è il desiderio di vendetta, non solo la passione. Ed è per questo che dovrà resistergli.
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2018
ISBN9788858987018
Una proposta stuzzicante: Harmony Collezione
Autore

Kate Walker

Autrice inglese originaria della regione di Nottingham, ha anche diretto una libreria per bambini.

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    Anteprima del libro

    Una proposta stuzzicante - Kate Walker

    successivo.

    1

    Il percorso della navata che si compiva il giorno del proprio matrimonio veniva definito il più lungo del mondo, e quel giorno aveva l'impressione che fosse proprio così.

    Ripensando a quel detto, Imogen rabbrividì mentre osservava la navata pavimentata in pietra della piccola chiesa del villaggio, costretta a riconoscere ciò che aveva voluto tenere nascosto, anche a se stessa, nelle ultime settimane.

    Una sensazione fastidiosa che si faceva sempre più opprimente con l'avvicinarsi della data fatidica, tanto che ora, a due giorni dalle sue nozze, non si sentiva ancora pronta.

    Per la verità dubitava che sarebbe mai stata pronta.

    Sarebbe potuta andare molto peggio.

    Avrebbe potuto non avere nessuno cui rivolgersi, nessuno disposto ad aiutare lei e la sua famiglia a evitare il disastro incombente, che includeva la perdita della scuderia appartenuta alla famiglia da più di un secolo. Si profilava persino la possibilità di una condanna per suo padre.

    Non c'era nessuno a spingerla a un matrimonio che non desiderava ma che costituiva l'unica opportunità per lei e la sua famiglia di andare avanti.

    Imogen immerse le dita nella massa di capelli neri che le ricadevano sulle spalle, esercitando una certa pressione sulla cute come se così facendo potesse alleviare il caos che regnava nella sua mente.

    Era l'unico modo, cercò di convincersi. Adnan, se non altro, era un amico; avevano sempre provato una reciproca simpatia ed entrambi avevano molto da perdere senza quel matrimonio.

    Inoltre c'era un altro, possibile vantaggio. Forse, dopo il matrimonio, la stampa avrebbe smesso di definire lei e sua sorella Ciara con quell'infame soprannome. Se avesse contribuito a ripulire la reputazione di Ciara, lasciandola libera di proseguire con la propria vita, e di gettarsi alle spalle le ombre del passato, be', quello era un altro motivo per cui ne sarebbe valsa la pena.

    Le era sempre piaciuta quella piccola chiesa del villaggio. Era lì che si erano sposati i suoi genitori, lì era stata battezzata, e sua sorella dopo di lei. Le era piaciuto essere la sorella maggiore, finché sua madre non aveva deciso di fuggire con un amante molto più giovane di lei, portando Ciara con sé. Se non altro, i preparativi del matrimonio avevano riportato sua sorella alla casa di famiglia alla quale apparteneva e ora, fortunatamente, per lei sarebbe stata un punto fermo.

    Separate da una vita, solo un paio di anni prima aveva scoperto dove si trovasse sua sorella. Ciara aveva lavorato come bambinaia in Australia e attualmente si trovava a Londra. Fin dal momento in cui si erano viste Imogen aveva adorato la sorella e avrebbe fatto qualsiasi cosa per supplire alla mancanza dell'affetto familiare di cui Ciara era stata privata.

    Doveva molto a Adnan. Dopotutto sarebbero potuti essere indebitati con qualcun altro, quel qualcun altro che avrebbe dovuto sposare.

    Qualcuno come Raoul Cardini, sussurrò una vocina nel suo subconscio.

    «No...» si ritrovò a sussurrare.

    Involontariamente si scostò dal banco al quale era appoggiata, l'ondata di ricordi dolorosi che le aveva fatto cedere le gambe. Era così distratta che non udì il cigolio della pesante porta di legno e i passi leggeri che indicavano che qualcuno si stava avvicinando.

    Non si era aspettato di trovarla lì, rifletté Raoul facendo scorrere lo sguardo lungo la navata, una figura sottile che gli dava le spalle, una mano posata sul banco. Solo il vederla così, inaspettatamente, fece riaffiorare tutta la furia repressa che aveva tenuto a bada a stento.

    L'idea originaria era stata di aspettare la cena di quella sera per mettere in atto il proprio piano di vendetta. Non aveva fatto altro che pensare allo shock improvviso nei suoi occhi, al modo in cui sarebbe cambiata la sua espressione. Sì, era certo che avrebbe cercato di mantenere il controllo, di fare qualsiasi cosa pur di non mostrare le proprie emozioni. Era in gamba in questo, ricordò pensando al gelido controllo che le aveva visto esibire nel corso delle due settimane che avevano trascorso insieme.

    Quando, due anni prima, se n'era andata, non aveva mostrato di certo alcuna emozione. E lui non aveva sospettato i segreti che erano celati dalla sua espressione, la verità che gli aveva nascosto senza un battito di ciglia. Non aveva mai neppure fatto un accenno a quel segreto che cambiava la vita, finché quel piccolo seme che sarebbe potuto essere suo figlio o sua figlia non se n'era andato, gettato via con l'aiuto della costosa clinica cui si era rivolta. Non aveva mai visto incrinarsi la sua compostezza.

    Salvo la notte in cui lei e sua sorella erano state colte dai paparazzi all'uscita di un locale notturno, sottobraccio. Lo ricordava bene, le mani che si serravano lungo i fianchi. Nessuna di loro due era parsa stabile sui tacchi vertiginosi che portavano.

    Le scandalose sorelle O'Sullivan! Era il titolo cubitale sopra la foto, e solo in quel momento Raoul aveva associato Imogen a Ciara, rendendosi conto che il cognome della bambinaia che aveva cercato di rovinare il matrimonio di sua sorella era lo stesso della donna che aveva distrutto la sua possibilità di essere padre. L'aveva riconosciuta subito, ma era rimasto sbalordito nel vederle entrambe prive di controllo, in un modo in cui non aveva mai visto la maggiore delle due sorelle.

    Salvo a letto.

    Raoul imprecò tra sé, combattendo l'ondata di calore che rischiava di sommergerlo. Aveva creduto di aver cancellato quella particolare emozione, invece pareva che fosse sufficiente la sua presenza, anche a metri di distanza, e ogni cellula ardeva come legna secca. Non poteva permettere che questo lo distraesse dal suo proposito.

    L'aspetto era un po' diverso, ma sapeva che in cuor suo era sempre la stessa. Ancora sottile ed elegante, ma ora con una massa di capelli neri che le scendevano sulle spalle. Erano molto più lunghi di un tempo, ne ricordava il taglio deciso, le ciocche morbide che catturavano i riflessi del sole. Era anche vestita in modo diverso, in maglietta e jeans, uno stile più semplice rispetto alle vistose gonne e ai prendisole che portava a Calvi e a Bonifacio. Gli sembrava anche più magra. Non aveva l'aspetto di una donna che era stata incinta. Ma, del resto, non aveva permesso a suo figlio di vivere a sufficienza per cambiarle il corpo. La sua esistenza era appena cominciata, quando era stata interrotta.

    Era sconvolgente che neppure questa sua colpa riuscisse a bloccare le proprie urgenze più basilari in risposta alla sua femminilità.

    No! Non avrebbe pensato a Raoul!

    Scuotendo il capo, Imogen cercò di spazzare via dalla mente anche le più remote tracce di ricordi che le bruciavano l'animo; ricordi che aveva cercato di seppellire.

    «Il percorso più lungo del mondo.»

    La voce risuonò improvvisa alle sue spalle, un accento che suonava strano in quel piccolo villaggio irlandese. Ma non sconosciuto. Conosceva fin troppo bene quella voce... Ma quanto avrebbe voluto sbagliarsi.

    «Non è così che si dice?»

    «Io... no...»

    Si girò talmente di scatto da aver bisogno di un appoggio. Ma non fu sul banco di legno lucido che finì la sua mano. Sentì il calore della sua pelle, la forza dei muscoli sotto la propria presa, e c'era anche l'aroma di limone e bergamotto nelle sue narici, miste a una traccia sensuale di pelle maschile muschiata.

    Un aroma che la fece balzare dal presente alla vacanza in Corsica di due anni prima. Una notte stellata, ancora tiepida dopo il calore soffocante della giornata. La sabbia sotto i piedi, il mormorio delle onde che le accarezzava le orecchie e il solido, caldo corpo dell'uomo che era appena diventato il suo primo amante, stretto a lei mentre camminavano lungo la spiaggia.

    L'uomo che, sei giorni dopo, le aveva spezzato il cuore.

    «No?»

    Ecco di nuovo quella sconvolgente voce familiare che le sussurrava all'orecchio, e lei sbatté le palpebre per diradare la nebbia rossastra che le offuscava la vista.

    Doveva essere un errore, una pazzesca allucinazione. I ricordi non voluti avevano creato un miraggio, dando corpo all'immagine dell'uomo al quale per un attimo aveva permesso di riaffiorare nella sua mente, ma che voleva disperatamente dimenticare.

    «R... Raoul...» sussurrò lei.

    Il nome le fluì dalle labbra mentre cercava di metterlo a fuoco, riuscendo solo a peggiorare la situazione. Quella figura alta e snella era una forza potente e inquietante nell'atmosfera silenziosa della piccola chiesa.

    «Mia cara Imogen.»

    Era dolce, gentile. Ma lei sapeva che la gentilezza era una menzogna. Non c'era tenerezza in quell'uomo, e avrebbe dovuto capirlo fin dall'inizio. Se l'avesse fatto, se ne sarebbe andata con il cuore e il corpo intatti. Il suo bambino non sarebbe mai stato concepito... o forse questa era la cosa peggiore che sarebbe potuta capitarle. Sapere di avere dentro di sé il bambino di Raoul, anche per breve tempo, le aveva dato una così grande gioia, una così piena felicità, che non avrebbe mai desiderato che non fosse successo. Anche se tutto quanto si era concluso in modo tanto crudele.

    «Non sono la tua cara!» sbottò scostandosi di scatto. «Né adesso né mai! E non avrei mai voluto esserlo.»

    «Ovvio.» Il tono era sarcastico.

    Lui si mosse lentamente, spostandosi dalla luce diretta a un punto in cui il sole che filtrava dalle vetrate multicolori rendeva il suo viso un mosaico di rosso e blu, un lieve tocco d'oro che gli addolciva gli zigomi. La pelle era più tesa su quegli zigomi, e aveva delle piccole rughe intorno agli occhi, ma questo piccolo segno del trascorrere del tempo aggiungeva solo fascino ai suoi tratti splendidi. I colori della vetrata agivano come un caleidoscopio sulla camicia bianca che indossava, le maniche rimboccate sugli avambracci muscolosi. L'ambiente in penombra della chiesa celava la tonalità dorata della sua pelle, d'altra parte Imogen non aveva bisogno di vederla per ricordare.

    Conosceva l'aspetto di quelle braccia baciate dal sole della Corsica; conosceva fin troppo bene la sensazione di averle intorno alla sua vita, premuta contro di lui, la sua pelle esposta nel bikini azzurro che era stata così coraggiosa da indossare esponendosi al calore del sole. E al calore del suo sguardo di apprezzamento. Sapeva com'era posare il capo sul suo petto muscoloso, conosceva il potere dei suoi muscoli, l'aroma della sua pelle, quando il battito del proprio cuore lentamente rallentava mentre scivolava nel sonno, esausta dopo una notte d'amore.

    Lo sapeva fin troppo bene, e non voleva ricordare.

    «Perdonami se non ti credo.»

    «Devi, invece! È la verità.»

    La risposta fu una smorfia cinica.

    «Non è quello che dicevi un tempo.»

    Il tono era quasi gentile, ma il gelo nello sguardo la ammoniva che sarebbe stata una sciocca a credere che in lui ci fosse qualcosa di gentile.

    «Ciò che ho detto un tempo ora non ha alcun significato.»

    A quel punto Imogen trasse un profondo respiro, cercando di controllarsi. Aveva l'impressione di essere stata trascinata nel passato, inghiottita da pericolose sabbie mobili che lentamente la soffocavano. Innamorata alla follia, aveva detto che non voleva che la storia finisse, che voleva restare con lui. Non si era aspettata che lui la lasciasse, accusandola di essere un'avida cacciatrice di dote... o perlomeno così si era giustificato.

    «Erano le sciocche ammissioni di un'adolescente ingenua. Avevo preso troppo sole, bevuto troppo vino... o qualcosa del genere.»

    D'altra parte non si era mai ubriacata quando era con lui... non ne aveva mai sentito il bisogno. Era sufficiente la sua presenza per farle girare la testa. Comunque non le era mai piaciuto particolarmente il vino e non aveva mai ecceduto, salvo quell'unica, pazzesca serata che aveva trascorso con Ciara poco dopo che si erano ritrovate. Stavano entrambe lottando contro l'oscurità che era piombata sulle loro vite, e come risultato la gioia di essere insieme aveva dato loro alla testa più velocemente che

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