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Una seconda occasione: Harmony Destiny
Una seconda occasione: Harmony Destiny
Una seconda occasione: Harmony Destiny
E-book172 pagine4 ore

Una seconda occasione: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Baroni dell'oro nero 5/8
Una potente famiglia di petrolieri: scandali, segreti inconfessabili ed eredità da spartire nella selvaggia Alaska

Il matrimonio dorato di Shana e Chuck Mikkelson sembra essere giunto al capolinea con la richiesta di divorzio da parte della donna. Poi però Shana perde la memoria, e con essa il ricordo degli ultimi cinque anni, e per Chuck questa è l'occasione perfetta per ricostruire il rapporto con sua moglie.
Tra i due si riaccende un'ardente passione, ma quel sentimento, per quanto irresistibile, potrebbe non essere sufficiente a convincere Shana a restare con lui, una volta riacquistata la memoria.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2019
ISBN9788830501775
Una seconda occasione: Harmony Destiny
Autore

Catherine Mann

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una seconda occasione - Catherine Mann

    successivo.

    Prologo

    Un tempo Shana aveva creduto che Chuck fosse l'amore della sua vita.

    Avrebbe scommesso che il loro matrimonio sarebbe durato per sempre.

    Quel giorno, invece, Shana Mikkelson aveva dovuto accettare il fatto che tra loro era finita.

    In quel momento desiderava solo un po' di pace, ma i suoi movimenti erano frenetici, mentre gettava i jeans del marito in una valigia aperta sul letto. Dagli indumenti si sollevò una traccia del suo odore, riempiendole il respiro come una droga cui avrebbe saputo rinunciare solo da morta.

    Il suo dolore era troppo profondo per le lacrime. O meglio, in verità non aveva più lacrime da versare; aveva rischiato di restare disidratata per quanto aveva pianto per quell'uomo. Aperto il cassetto del comò, raccolse una manciata di calze e tornò al letto per scaricarle sopra i pantaloni.

    Mantenne gli occhi fissi sui vestiti per non guardare il letto dove avevano fatto l'amore così spesso, anche se non di recente. E decisamente si guardò bene dal sollevarli sul marito, che stava riponendo i propri effetti personali nel nécessaire con un'espressione a dir poco tesa.

    Sarebbe stato fin troppo facile lasciarsi sedurre dalla sua barba lunga, o dalla tentazione di affondare le mani nei suoi capelli immancabilmente scompigliati. E questo, chissà come, lo rendeva ancora più affascinante.

    Era come il suo stato natale, l'Alaska: maestoso e selvaggio; attirava ogni sguardo, ma nessuno riusciva a trapassarlo, come un fitto bosco sul fianco di una montagna.

    I suoi passi rimbombarono sul pavimento di legno quando le si avvicinò, gli occhi verdi in tempesta: non era d'accordo, se ne andava solo perché costretto.

    Be', peggio per lui. Shana non aveva fatto altro che concedergli una chance dopo l'altra, tuttavia il tempo che lui si prendeva dal lavoro, lo recuperava ogni volta con gli interessi. Non aveva mai cambiato significativamente il suo modo di fare e, con il tempo, questo aveva stemperato il loro amore, finché non ne era rimasto niente.

    Persino il consulente matrimoniale sembrava essersi arreso, l'ultima volta che l'avevano visto insieme.

    E da allora, Chuck aveva cancellato ogni appuntamento settimanale. Adducendo impegni di lavoro, la sua giustificazione standard anche per tutte le cene romantiche che si era perso. Da tempo, ormai, Shana aveva smesso di credergli. Per lei fidarsi era sempre stato difficile, per il modo in cui il padre aveva tradito lei e la madre; probabilmente non si sarebbe mai ripresa dall'aver scoperto, improvvisamente, che il suo papà aveva una seconda famiglia segreta.

    Le prolungate assenze di Chuck l'avevano logorata.

    Shana rimosse dalla mente il doloroso passato e si concentrò sul presente. Lo straziante presente.

    Finalmente aspettavano un bambino.

    Dopo il fallimento di tutti i trattamenti per la fertilità, dopo tre aborti spontanei, incredibilmente era rimasta incinta. Era stata una sorpresa, visto che la loro vita sessuale aveva seguito la stessa parabola discendente del matrimonio.

    La comunicazione tra loro era ai minimi storici. Per informare il marito della gravidanza aveva avuto bisogno dell'ambiente controllato dello studio del consulente; tuttavia dato che Chuck, come al solito, non si era presentato, non l'aveva ancora informato.

    Quel giorno, seduta da sola davanti al professionista, aveva raggiunto il limite. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Il marito avrebbe saputo del figlio in arrivo solo nel momento in cui la separazione fosse stata ufficiale. Shana non poteva permettersi un crollo emotivo, che sarebbe stato nocivo per la salute del bambino.

    Marciò fino all'armadio, abbracciò quattro dei suoi abiti e li sollevò dall'asta.

    «Questo dovrebbe bastarti finché non organizzeremo un'occasione in cui potrai venire a recuperare il resto delle tue cose» considerò sbattendo i vestiti in valigia.

    «Shana, mi dispiace non essere venuto all'appuntamento.» I jeans sbiaditi gli fasciavano le cosce muscolose, la maglietta a maniche lunghe era tesa sulle spalle ampie. «Devi capire che la fusione comporta una gran mole di lavoro. Ho delegato tutto quello che potevo.»

    Dato che la matriarca Mikkelson aveva sposato il patriarca Steele, le due ex compagnie petrolifere rivali si stavano fondendo nell'Alaska Oil Barons, Inc. Il lungo processo vedeva i figli di entrambe le famiglie allungare le mani sui ruoli di potere, cercare di spostare il peso della bilancia dalla loro parte, mentre gli azionisti avevano bisogno di vedere un fronte unito.

    «Eppure te ne stai chiuso nello studio tutte le sere» gli fece notare.

    Non facevano più niente insieme, tranne mangiare e dormire. Niente più giornate passate a cavallo, sulle motoslitte o in viaggio. E per quanto avrebbe voluto credere a Chuck quando diceva che si trattava solo di lavoro e che le cose sarebbero cambiate, Shana non poteva più tenere la testa nascosta nella sabbia, altrimenti sarebbe soffocata.

    «Faccio quello che posso, Shana. Le cose andranno meglio, una volta che la fusione sarà effettiva e avviata a pieno regime.»

    «È quello che continui a ripetere.» Scaricò in valigia una manciata di cravatte di seta. «Ogni scadenza che hai posto per questo magico cambiamento, però, continua a slittare in avanti. Mi sento una sciocca a crederti ancora.»

    «Dannazione, Shana! Vedrai pure quanto mi sto sforzando.» Si passò una mano tra i capelli. «Ho addirittura chiesto a quell'antisociale di mio fratello di fare le mie veci alla raccolta fondi per la preservazione ambientale. I Mikkelson non sono numerosi quanto gli Steele, e con mamma e Glenna entrambe sposate a degli Steele, la loro lealtà è divisa. La mia no: io sono un Mikkelson, punto e basta.»

    Così come il figlio di cui non sapeva ancora niente.

    L'idea di crescere il loro bambino da sola le faceva male alla testa e al cuore. Chuck avrebbe voluto far parte della vita del figlio, su questo non c'era alcun dubbio; tuttavia lei non sapeva quanto tempo sarebbe riuscito a dedicargli.

    La fiducia che aveva riposto in lui era stata erosa su tutti i fianchi.

    Rafforzando la propria determinazione, si voltò a fronteggiarlo.

    «È piuttosto chiaro quali siano le tue priorità.»

    «Questo è ingiusto, Shana. Sono circostanze eccezionali. Se mi tiro indietro, la famiglia Steele potrebbe eclissare le nostre idee e il nostro potere» ragionò sedendosi sul bordo del letto. Il loro letto. Quasi quattro anni prima, quando si erano sposati e avevano costruito la casa dei loro sogni ad Anchorage, lei l'aveva arredata in un romantico stile francese.

    Avevano passato molte ore in quella stanza a fare l'amore, a condividere i sogni. Finché il terzo aborto aveva spezzato le gambe a entrambi.

    «Allora per carità, non sarò certo io a trattenerti. Fatti avanti.» Chiuse la valigia con un click categorico e si voltò in fretta e furia.

    Troppo in fretta. La stanza prese a girare e lei si aggrappò alla sponda del letto per non cadere.

    «Shana?»

    Sbatté le palpebre per scacciare i puntini neri che le danzavano davanti agli occhi, e per stroncare la nausea provocata dal crescente mal di testa.

    Se solo Chuck se ne fosse andato in modo che lei potesse sdraiarsi e respirare un po'...

    «Per favore, vai via.» Quelle quattro parole le richiesero uno sforzo enorme, la testa le stava esplodendo.

    Perché lui camminava così piano? Vide che muoveva la bocca, ma non ne usciva alcun suono. Non aveva senso. Poi lui si inclinò da una parte.

    Solo che no.

    Tutta la stanza ruotò su se stessa perché...

    La mano le scivolò dalla sponda, mentre era lei a finire lunga e distesa sul pavimento.

    1

    Trentasei ore dopo

    In vita sua, Charles Chuck Mikkelson non aveva mai preso in considerazione l'idea di ammettere la sconfitta, né sul piano professionale, né su quello personale. E questo valeva anche per il matrimonio.

    Perciò, quando la moglie gli aveva chiesto il divorzio, non aveva fatto altro che scervellarsi ancora di più per trovare un sistema per riconquistarla.

    L'amnesia, però, era una soluzione un po' estrema, anche per lui.

    Di sicuro doveva aver capito male quello che aveva detto il neurologo. Sentì lo stomaco contorcersi.

    «Vuol dire che Shana è disorientata? Confusa, su cose come l'ora o la data? Ha scordato cos'ha mangiato a cena?»

    Aveva avuto un piccolo aneurisma che l'aveva lasciata priva di conoscenza per poco meno di trentasei ore. Il giorno e mezzo più lungo della vita di Chuck. Finalmente, però, si era svegliata. Viva e vegeta.

    Lasciando la moglie con un'infermiera assunta privatamente, Chuck si era concesso di andare a mangiare un boccone alla caffetteria, ed era stato proprio in quel momento che Shana aveva deciso di tornare in sé. Richiamato, adesso si ritrovava seduto in una piccola saletta tra il neurologo – il dottor Harris – e un altro dei medici che avevano in cura Shana, che era affacciato alla finestra.

    La neve cadeva in spessi fiocchi bianchi, come se l'ambiente sterile dell'ospedale si espandesse anche all'esterno dell'edificio.

    «Shana è disorientata, sì, ma si tratta di più di questo» spiegò con calma il dottor Harris. «Deve accettare il fatto che sua moglie ha perso la memoria.»

    Amnesia. La parola gli riverberò nel cervello. «Mi sta dicendo che non sa chi è?»

    Il medico chiuse la custodia del tablet che aveva usato per mostrargli la parte del cervello interessata.

    «In realtà, ricorda il suo nome, così come altri dettagli della sua vita. La perdita di memoria riguarda gli avvenimenti più recenti.»

    «Quanto recenti?» volle sapere Chuck, un brutto presentimento che gli strisciava lungo la schiena.

    «Sa in che mese siamo, ma è rimasta indietro di cinque anni.»

    Cinque anni? Questo significava...

    «Non ricorda niente di me.»

    Tanto meno di essere sposata con lui.

    Chuck avrebbe senz'altro dimenticato volentieri alcuni momenti spiacevoli tra loro, ma l'idea di non ricordare il tempo passato con Shana?

    Inconcepibile.

    I due medici si scambiarono un'occhiata significativa prima che il secondo intervenisse. Il dottor Gibson era giovane, tuttavia era già uno specialista nel campo della fertilità. Chuck aveva apprezzato il suo intervento e l'interesse che aveva mostrato per le condizioni di Shana, anche se in quel momento non stavano provando ad avere un bambino.

    «Chuck, mi dispiace: non si ricorda di te» confermò con lo stesso tono pacato e confortante che aveva usato in occasione del fallito tentativo di fecondazione assistita e dei tre aborti che avevano dovuto superare. Nonostante il tono, però, per Chuck quelle parole furono un pugno allo stomaco.

    Era stato dolce e nel contempo amaro quando il dottor Gibson, due mesi prima, si era preso cura della sua sorellastra Naomi, che aveva partorito due gemelle in un'auto. Fingere che andasse tutto bene era stata un'ardua impresa per Chuck, e Shana non aveva voluto il suo conforto.

    «Stavamo attraversando un periodo difficile. Credi che questa perdita di memoria sia più psicologica che fisica?»

    Si era già assunto la colpa dell'aneurisma: se non avessero litigato, se le intense emozioni non le avessero fatto salire la pressione, magari non sarebbe successo nulla di tutto ciò.

    «L'aneurisma è un dato di fatto, e Shana è incredibilmente fortunata ad averlo superato senza altre complicazioni. Questo però non vuol dire che non ci siano aspetti psicologici in gioco. Il corpo e la mente lavorano in tandem.»

    Appoggiando i gomiti sulle ginocchia, Chuck si prese il viso tra le mani prima di rivolgersi al neurologo. «Come procediamo da qui? Che cosa le diciamo, e qual è la prognosi?»

    «Mi rendo conto che lei voglia delle risposte, però è troppo presto per inquadrare il lungo termine. Per ora, lo psicologo suggerisce di rispondere alle sue domande, senza aggiungere ulteriori informazioni» rispose il dottor Harris. «Abbiamo richiesto un consulto in psichiatria, verranno appena possibile.»

    «Concentriamoci sui lati positivi» aggiunse il ginecologo abbozzando un sorriso. «Shana è sveglia e fisicamente sta bene. Il battito del bambino è forte e costante. Queste sono notizie da festeggiare.»

    Chuck corrugò la fronte, sicuro di aver frainteso. Gibson probabilmente aveva confuso due pazienti dopo un turno faticoso.

    Il dottor Harris raddrizzò la schiena.

    «Il bambino?»

    «Quale bambino?» rincarò Chuck. Perché Shana non poteva essere incinta proprio in quel momento; una simile ironia della sorte sarebbe stata troppo da sopportare.

    Il dottor Gibson fece scattare

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