Un marito di troppo (eLit): eLit
Di Laurie Paige
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Anteprima del libro
Un marito di troppo (eLit) - Laurie Paige
successivo.
1
Sloan Carradine diede una scorsa alla nuova lista di appuntamenti sull'agenda. Bernardo Dorelli. Accordo prematrimoniale.
«Dorelli dei Latticini Dorelli» gli ricordò la segretaria. «L'attività del signor Dorelli è molto fiorente e di lunga data.»
«Ah, sì, una questione importante» dichiarò Sloan rammentando quanto i due soci, che erano anche suoi cugini, gli avevano detto riguardo ai loro clienti.
«Se non c'è altro me ne vado.» Mary gli rivolse un'occhiata interrogativa.
«È tutto. Buona serata.»
Una volta solo, i suoi pensieri tornarono a quell'accordo prematrimoniale. Per un istante, i ricordi del passato gli si riaffacciarono alla mente. Quando aveva sei anni, la madre aveva abbandonato i propri figli per sposare un altro uomo. In quel momento era al suo quinto matrimonio.
Era stata la nonna, seria e forte come una roccia, a prendersi cura di loro mentre il padre si immergeva a capofitto nel lavoro. Ora che era diventato un uomo, Sloan aveva compreso che la madre era come una farfalla, inquieta, in perenne movimento alla ricerca di emozioni e della grande passione della sua vita.
La sua ex fidanzata gli aveva restituito l'anello ed era andata in sposa a un uomo molto più vecchio di lei, ma con molti più soldi di quanti Sloan le potesse offrire.
A ventotto anni credeva che il suo cuore si fosse spezzato per sempre. A trentatré sapeva di aver confuso il desiderio, il puro appetito fisico, con l'amore.
La nonna un tempo gli disse che l'amore è come un albero: per durare in eterno deve essere saldamente piantato e ha bisogno di tempo affinché le radici crescano in profondità. Il desiderio è una rosa che sboccia con passione e dolcezza per poi morire nel giro di una stagione.
E lui finalmente aveva capito. Non c'era posto per il desiderio in un matrimonio.
Le sue dita strinsero più forte l'agenda. I figli del suo cliente erano grandi ormai. Forse uno di loro stava per essere intrappolato da un'avventuriera, una donna più giovane che lo aveva convinto con le lusinghe a impalmarla. In qualità di suo avvocato, Sloan avrebbe redatto l'accordo prematrimoniale più rigoroso nella storia dei contratti.
Con un fiero cipiglio uscì dall'ufficio. Aveva deciso di trascorrere il finesettimana nella casa ereditata dallo zio, un uomo intelligente e generoso che di tanto in tanto lo andava a trovare nel Connecticut.
Il vecchio Nick non si era mai sposato, e alla sua morte Sloan aveva ereditato un posto nello studio legale della famiglia e una piccola fattoria con una baita. Nonostante avesse colto al volo l'occasione di trasferirsi a Denver, era ancora incerto sul futuro del ranch. Con una casa in città e gran parte del suo tempo occupato dal lavoro, un rifugio di montagna gli sembrava uno stupido capriccio in cui indulgere. Di fatto ci andava raramente anche dopo averlo ristrutturato un paio di anni prima.
Be', talvolta le persone commettevano delle sciocchezze. Ma il mestiere di Sloan consisteva nel farle riflettere attentamente prima che succedesse l'irreparabile. E questo era ciò che avrebbe detto a Bernardo Dorelli.
Sloan depositò i fiori sulla tomba di Nicholas Carradine. Riusciva a capire il motivo per cui tanti anni prima lo zio aveva lasciato la sua attività familiare trasferendosi a cercare fortuna nel West. Respirò a pieni polmoni la dolce aria primaverile che portava con sé la promessa dell'estate e lasciò vagare lo sguardo libero. Da quell'altezza riusciva a vedere Denver adagiata ai piedi delle Montagne Rocciose innevate.
Aveva scoperto che il cimitero e la chiesetta erano vicini alla fattoria, così vi si era recato a portare dei fiori su richiesta della nonna, che continuava a svolgere le funzioni di capofamiglia nella sua casa del Connecticut.
Quello era il posto più bello che avesse mai visto. Che pace e che tranquillità per l'anima...
D'un tratto, una voce acuta come le corde pizzicate di un vecchio violino lo distolse dalla sua contemplazione del paesaggio e della natura. Si girò con un moto di stizza e intravvide una ragazza che risaliva la collina in direzione del cimitero.
Maledizione.
Scala ogni montagna, cantava gracchiando come un ranocchio, con quello che un medico avrebbe definito un interessante caso di laringite. Poi si fermò un attimo sollevando il volto verso il sole con gli occhi socchiusi.
L'irritazione di Sloan svanì mentre un sorriso involontario gli affiorò sulle labbra. La felicità e l'assoluta spontaneità della ragazza erano contagiose. Più che di una ragazza si trattava di una giovane donna, la cui vitalità la cingeva con un'aura di spensieratezza incontenibile.
Lui scosse il capo pensando a quelle meditazioni poetiche. La guardò, sempre più incuriosito, mentre oltrepassava il cancello in ferro battuto e procedeva attraverso le pietre tombali. Le studiò attentamente a una a una come se stesse cercando un nome in particolare.
Era alta, con due gambe lunghe e ben proporzionate. Sloan lo sapeva perché riusciva a vedere in dettaglio ogni curva del suo corpo fasciato in un paio di fuseaux, una maglietta e una giacca.
Molti uomini erano attratti dal seno femminile, e lui non faceva di certo eccezione, benché restasse in primo luogo un tipo fedele alle gambe. E quelle che aveva davanti erano davvero splendide.
Grazie alle raffiche di vento che le incollavano i vestiti addosso, riuscì a scorgere un fondoschiena sodo e ben tornito e un vitino altrettanto stuzzicante. Un seno generoso accresceva il suo fascino irresistibile.
I capelli neri e luminosi erano leggermente ondulati e le ricadevano sciolti fino a metà schiena. Si sorprese a pensare di affondare le mani in quelle ciocche seriche accarezzandole una a una, preferibilmente sul letto di casa sua...
Dopo un breve girovagare, l'intrusa si sedette su una lapide in marmo, accavallò le gambe e riprese a cantare spensierata. Le note di quella melodia mal interpretata si diffusero nell'aria fino ad arrivare a lui, sorprendentemente intime, irresistibili, ammalianti.
Una strana sensazione lo percorse lungo la schiena, un fremito che albergava nel profondo del suo corpo. L'aria frizzante e pungente di montagna all'improvviso sembrava più calda.
Per tutta risposta, una sensazione più forte di un fremito si fece sentire diventando palese. Sloan abbassò lo sguardo.
Ne era passato di tempo dall'ultima volta che aveva reagito in modo così violento a una donna sconosciuta e anche piuttosto giovane, forse una diciottenne. Stava diventando lascivo con il passare degli anni.
Non era affatto da lui essere attratto da una Lolita di montagna. Gli piaceva che le sue donne fossero come lo champagne: frizzanti, sofisticate e non troppo dolci.
Lui la fissò, incapace di distogliere lo sguardo, mentre lei sosteneva l'ultima triste nota della canzone. Di nuovo fu assalito da una sensazione bizzarra.
Calmi, ordinò ai suoi ormoni in subbuglio. Non era solito comportarsi così con le donne. Dopo aver riflettuto sulla sua storia passata e su sua madre, aveva deciso di non farsi più dominare dalla passione. Quel pizzico di saggezza era stato il faro della sua vita negli ultimi cinque anni. Il fatto che quella donna dalla voce stridula riuscisse a eccitarlo era segno che era stato fuori dal giro per troppo tempo. In effetti, aveva lavorato sodo da quando si era trasferito a Denver alcuni mesi prima.
Lei lanciò un'occhiata verso la collina e lo vide. Sloan notò il guizzo di sorpresa riflesso nei suoi occhi e applaudì leggermente in segno di apprezzamento per quello spettacolino.
Voleva farle sapere che era innocuo. O almeno così sperava di apparirle, considerato lo stato sempre più disagevole in cui si trovava il suo corpo. Non poteva assolutamente correre il rischio di alzarsi.
«Non sapevo di essere in compagnia» gridò la ragazza sulle difensive, una nota di irritazione nella voce. Alla stessa stregua di lui, non le andavano le intrusioni nei suoi momenti di solitudine.
«Ti avrei salutata, ma la musica era troppo bella...» La voce di Sloan risuonò stridula come quella di lei.
Gli occhi della ragazza avevano un colore indefinito da quella distanza. La carnagione era scura e un violento rossore, probabilmente dovuto alla ripida salita che collegava la chiesa al vecchio cimitero, metteva in risalto i lineamenti del volto.
Sloan pensò per un secondo ad altre cose che avrebbero potuto provocare un tale rossore... Ma accantonò subito quel pensiero.
«Soprattutto quando ansimavo arrampicandomi sulla collina» aggiunse lei sarcastica.
Sloan era contento di essere seduto. Quella voce rauca e così sexy unita ai pantaloni attillati e ai capelli arruffati erano un tantino... snervanti, per usare un termine innocuo. Appoggiò la caviglia sul ginocchio lasciando ricadere le braccia sulle cosce con aria indifferente.
A un'analisi più ravvicinata, fu sollevato nel vedere che non era poi così giovane come aveva creduto. Poteva avere venticinque anni... non era molto di più, ma era pur sempre qualcosa. E comunque che cosa importava? Non aveva intenzione di farsi coinvolgere da una civetta di montagna per quanto sexy potesse essere.
Si accigliò cercando di accantonare l'immagine di lei nel suo letto, i suoi capelli sparsi sul cuscino, gli occhi fissi su di lui... Imprecò in silenzio.
La prima impressione che si aveva di Dina era di grandezza e imponenza. Era più alta dei suoi fratelli e della maggior parte degli uomini che aveva conosciuto. La seconda era quella di una bellezza aspra: forte e vigorosa, abbronzata, con i capelli scuri e gli occhi espressivi. Lui si presentava con una fronte ampia, un naso normale e labbra decise su una mascella squadrata. Il suo sguardo era diretto e in un certo qual modo circospetto. Di fatto, appariva a disagio mentre sorrideva cambiando posizione. Avrebbe potuto anche congelarsi il suo posteriore appollaiato com'era su quel ceppo di granito.
Lei soffocò una risata. Benché fosse aprile, l'aria era pungente e durante la notte la temperatura scendeva sotto lo zero. Le Montagne Rocciose non erano certo un posto accogliente per un visitatore sbadato o ignaro delle condizioni climatiche della zona.
Poveretto. Doveva essergli sembrata una vedova in pieno lamento funebre mentre cantava guardando gli epitaffi. Non c'era da stupirsi se quell'uomo appariva un po' teso. Indicò il nord con il capo. «Vivo laggiù nella valle. Tu sei di queste parti o solo di passaggio?»
«Ho una fattoria qui vicino.»
«Elk Creek?» A un suo cenno di conferma lei continuò. «Ho sentito che qualcuno era stato visto là di recente, ma nessuno sapeva cosa ne avessero fatto gli eredi di Nicholas Carradine.»
«È di mia proprietà.»
Dina notò la sua voce gelida. Forse non gli piaceva parlare di questioni personali. Anche