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Il sogno di una lady: Harmony History
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E-book252 pagine4 ore

Il sogno di una lady: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1817
Lady Jane Colebrooke non ha mai abbandonato la speranza di vedere un giorno ricambiato il suo amore per Alexander Beauchamp, figlio del Duca di Cheriton. Per lui ha rifiutato la corte dell'unico pretendente che abbia mai avuto, sfidando così le ire della matrigna che vorrebbe vederla sposata a tutti i costi. Durante una festa da ballo, però, i suoi sogni sembrano avverarsi. Importunata da un corteggiatore, viene salvata da Alex appena in tempo. Lui non si dà pace per quello che sarebbe potuto accadere all'amica d'infanzia e le propone di sposarlo per salvaguardare la sua reputazione. Il matrimonio si celebra ma Alex, prima di lasciarsi andare all'amore che in cuor suo ha sempre provato, si trova costretto ad affrontare un fantasma del passato deciso a impossessarsi di tutto ciò che è suo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2020
ISBN9788830512184
Il sogno di una lady: Harmony History

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    Anteprima del libro

    Il sogno di una lady - Janice Preston

    successivo.

    1

    Cheriton Abbey, primi di settembre 1817

    Lady Jane Colebrooke non poté trattenere un brivido di eccitazione mentre la carrozza del padre varcava i cancelli di Cheriton Abbey, residenza nel Devonshire del loro vicino, il potente Duca di Cheriton. Olivia, figlia del duca e amica d'infanzia di Jane, le aveva detto che suo fratello Alexander sarebbe tornato a casa dopo più di quattro anni. Jane aveva sentito un tuffo al cuore al pensiero di rivederlo, anche se aveva accettato da tempo che i suoi sentimenti non fossero corrisposti.

    L'ultima volta che l'aveva visto era stato a Londra, in primavera. Alexander aveva perfino ballato con lei, ma non sembrava considerarla come donna, né tanto meno come una da corteggiare. Per lui era sempre stata la cara, vecchia Janey.

    Distolse lo sguardo dal finestrino e si sentì rimpicciolire vedendo l'espressione severa della matrigna.

    «Perché fai quella faccia, Jane? Stai andando a una festa, non a un funerale.»

    Jane si morse l'interno della guancia, decisa a non replicare. Aveva scoperto che la vita era più tollerabile se si lasciava passare sopra la testa le frecciate di Lady Stowford.

    «Spero che ti comporterai in modo civile, con Sir Denzil» continuò la matrigna. «So che è stato invitato anche lui, perché gliel'ho chiesto quando l'ho incontrato in chiesa, domenica scorsa.»

    Jane deglutì. La sua matrigna avrebbe fatto di tutto per gettarla tra le braccia di Sir Denzil Pikeford, un vicino che aveva mostrato un certo interesse per lei. Il fatto che Jane detestasse il baronetto non faceva alcuna differenza: Lady Stowford era talmente ansiosa di liberarsi della figliastra ventitreenne che aveva convinto il padre di Jane a incrementare di altre mille sterline la sua dote.

    Di una cosa Jane era certa: se mai si fosse sposata, non avrebbe accettato con docilità qualunque decisione del marito come acconsentiva alle richieste di Lady Stowford. Avrebbe difeso le proprie idee sin dall'inizio. Tuttavia era difficile cambiare le abitudini di una vita con la matrigna che l'aveva allevata da bambina e che comandava in casa come un'imperatrice.

    «Spero che non mi accuserete di essere incivile, madam

    «Jane non è mai sgarbata, mia cara» intervenne suo padre, in uno dei suoi rari tentativi di difendere la figlia avuta dal primo matrimonio.

    Jane non poteva biasimarlo, quando lei stessa sceglieva spesso di rimanere in silenzio piuttosto che provocare un alterco.

    «Sai benissimo che dev'essere più che educata, Stowford, se vogliamo che Sir Denzil si decida a farle una proposta. Hai forse dimenticato che la nostra cara Miranda avrà il suo debutto l'anno prossimo? Che vergogna, se sua sorella maggiore non fosse ancora sposata!»

    Esaminò la figliastra con aria di sufficienza mentre Miranda, la maggiore delle due sorellastre di Jane, faceva un sorrisetto.

    «Hai avuto l'occasione perfetta per sposarti, proprio l'anno del tuo debutto, quando Mr. Romsley ti ha fatto la proposta. Una fortuna, per una giovane scialba come te, ma... no! Non era abbastanza per Lady Jane. Ti ho pregata di accettarlo ma, come sempre, Lady Jane sa il fatto suo! E da allora, nemmeno l'ombra di un pretendente fino a Sir Denzil. Sei troppo ostinata, te l'ho sempre detto.»

    Faceva molto caldo nella carrozza, con tutta la famiglia stipata all'interno, e Lady Stowford, rossa in viso dopo il suo sfogo, si lasciò cadere contro i cuscini, agitando il ventaglio. Jane distolse il viso, assalita da un dolore fin troppo familiare.

    Quanto era stata ingenua! Nel marzo 1813 la famiglia Beauchamp aveva partecipato alle nozze di Olivia con Lord Hugo Alastair, prima che tutti si radunassero a Londra per la Stagione. Era l'anno del debutto di Jane, e lei aveva nutrito grandi speranze, certa che Alex l'avrebbe vista finalmente come una giovane donna e non come una mocciosa che lo seguiva fedelmente, quando erano bambini.

    Alex era maggiore di due anni, ed era l'eroe della sua infanzia. Le aveva insegnato a cavalcare, e Jane lo seguiva in ogni sorta di avventura, finendo spesso per mettersi nei guai. Alex, però, l'aveva sempre protetta, prendendo su di sé la colpa, e Jane aveva sempre ammirato il suo coraggio di fronte alla collera del padre.

    All'inizio della sua prima Stagione, però, tutte le sue speranze erano crollate. A Londra, Alex l'aveva trattata proprio come faceva nel Devonshire... come un'altra sorella minore. Se negli anni l'adorazione infantile di Jane era sbocciata in amore, era evidente che Alex non la vedeva in quel modo, e chi poteva biasimarlo? La sua fama di amante esperto era leggendaria, e le mogli infelici dell'aristocrazia si contendevano le sue attenzioni. Perché mai si sarebbe dovuto interessare a una giovane scialba e insignificante come la cara, vecchia Janey?

    Nonostante quell'inizio infausto, il suo amore aveva resistito, alimentato dalla folle speranza che un giorno lui aprisse gli occhi e la vedesse come la sua anima gemella. Così Jane aveva rifiutato la proposta di Mr. Romsley. Come poteva infatti legarsi a un altro uomo, quando il suo cuore apparteneva ad Alex?

    Negli anni successivi era arrivata quasi a rimpiangere la propria decisione, perché non aveva ricevuto altre proposte e Alex non aveva più fatto ritorno nel Devonshire. Le uniche volte che l'aveva visto era stato a Londra, e ormai Jane si era rassegnata all'idea che non l'avrebbe mai considerata qualcosa di più di un'amica d'infanzia.

    Ora si sarebbe sposata volentieri, pur di avere una casa sua e sfuggire alle continue critiche della matrigna, ma di certo non avrebbe mai sposato Sir Denzil Pikeford. Vicino alla quarantina, beveva troppo, aveva i denti marci e maniere disgustose, e la sua conversazione ruotava perlopiù intorno alle sue imprese di caccia.

    Perfino restare in casa con la matrigna era preferibile a una vita con un uomo come Sir Denzil.

    La carrozza si fermò, e Jane alzò lo sguardo ai muri di pietra chiara della vecchia dimora, che era stata come una seconda casa per tutta la sua infanzia. I ricordi cominciarono ad affluire... ricordi felici di giovinezza...

    Grantham, l'austero maggiordomo del duca, li introdusse nell'ampio ingresso e da lì al vasto prato sul retro, dove un valletto offrì loro bicchieri di punch e limonata. C'era già una cinquantina di ospiti, e Jane riconobbe molti volti mentre passava in rassegna la folla, cercando...

    Il cuore le fece un balzo e cominciò a martellare. Anche se aveva accettato che il suo amore rimanesse non corrisposto, non poteva negarlo.

    Lord Alexander Beauchamp, alto, con le spalle larghe e i lineamenti scolpiti di tutti gli uomini della famiglia: mascella decisa, naso aquilino, guance scavate, una bocca cesellata e un paio di occhi incredibili sotto le sopracciglia scure. Stava leggermente in disparte dalla folla insieme al fratello maggiore Dominic, Lord Avon. Si assomigliavano molto, anche se Dominic aveva i capelli neri e gli occhi grigio argento del duca e di Olivia, mentre Alex aveva i folti capelli castani e gli occhi ambrati della madre. Per carattere erano agli opposti. Dominic era sempre stato il figlio coscienzioso e responsabile, mentre Alex, a quanto Jane poteva ricordare, si era sempre ribellato al padre. Era uno dei motivi per cui non era più tornato a Cheriton Abbey per molto tempo. L'altro era il ricordo doloroso che lo assaliva ogni volta... il ricordo del giorno in cui aveva trovato la madre morta nel capanno estivo accanto al lago.

    Alex non aveva mai parlato a Jane di quel giorno. All'epoca lui aveva sette anni, e per un anno non aveva più pronunciato una parola, ma Oliva aveva raccontato tutto a Jane e le aveva parlato degli incubi di cui il fratello soffriva. Il giovane cuore di Jane si era intenerito per lui, ma non era mai stata capace di penetrare la barriera dietro cui si ritirava quando qualcuno si avvicinava troppo al ricordo di quel giorno o a ciò che aveva provato.

    Mentre Dominic parlava, lo sguardo irrequieto di Alex scrutava la folla, e Jane venne attraversata da un brivido quando i suoi occhi ambrati si posarono su di lei. Le sorrise e la chiamò con un cenno. Il rossore le salì alle guance mentre camminava verso di lui, cercando di controllare l'espressione del viso per paura che i suoi sentimenti trasparissero dallo sguardo.

    «Janey!» esclamò lui. «Che piacere vederti! Accetteresti di sfidarmi a una gara di nuoto nel lago, come facevamo un tempo?»

    «Alex!» sibilò Dominic. «Per l'amor del cielo, rifletti prima di parlare. Ti rivolgeresti in questo modo a una qualsiasi altra signora di tua conoscenza?»

    «Potrei farlo con Livvy.» Alex fece l'occhiolino a Jane. «Janey è come noi... Non le importa delle formalità, non è vero, Janey?»

    Lei scosse il capo con un sorriso forzato. Se ne avesse avuto bisogno, era l'ennesima prova che Alex non l'avrebbe mai considerata altro che una compagna di giochi. «Naturale. Dopotutto, se non mi sono ancora abituata alle tue prese in giro, Alex, non lo farò mai.»

    Lui sorrise. «Che ti avevo detto, Dom?» Le mise un braccio intorno alle spalle e la strinse brevemente a sé. «Come sta la vecchia strega?»

    Dominic alzò gli occhi al cielo. «Te lo lascio» borbottò. «Jane, per favore, cerca di evitare che il mio abominevole fratello sconvolga qualcun altro. Ha già mandato in collera Lord Wagstaff criticando le condizioni dei suoi cavalli, e io devo andare a vedere se Liberty ha bisogno di aiuto... è già un po' che è sparita.»

    Liberty era la novella sposa di Dominic. Si erano conosciuti a Londra qualche mese prima e in poco tempo si erano innamorati e sposati. Jane l'aveva incontrata a Londra, dopo il matrimonio, e pensava che fosse la donna giusta per Dominic e che potesse aiutarlo a prendere meno seriamente la vita e se stesso.

    «Mi sono persa qualcosa?» Jane si chiedeva perché Liberty potesse aver bisogno di aiuto.

    «È quel suo cagnolino» le spiegò Dominic. «Non riesce a tenere il naso fuori dai guai per più di cinque minuti.»

    «Romeo?» Era il cane che Liberty aveva salvato dalla strada qualche tempo prima.

    Dominic annuì. «Si è intrufolato di nuovo in cucina, ha rovesciato una brocca di panna e ha mangiato un panetto di burro, proprio mentre i domestici erano indaffarati con i preparativi. Liberty è andata a prenderlo e l'ha chiuso da qualche parte. Non so proprio perché abbia insistito per portarlo qui!»

    «Non ci inganni, Dom. Sei affezionato a quel cane tanto quanto lei» interloquì Alex, dando di gomito al fratello.

    L'altro serrò la mascella. «Non sono affezionato a lui» lo contraddisse. «Lo tollero a malapena.»

    «È per questo che ti sedeva in grembo, ieri sera, quando sono arrivato?» Alex sogghignò. «Gli stava accarezzando le orecchie, Janey, e mormorava paroline dolci.»

    «Sciocchezze! Non stavo facendo niente del genere. Ci vediamo più tardi.»

    Alex guardò Dominic allontanarsi con un sorriso malizioso, prima di riportare l'attenzione su Jane.

    «Che sensazione fa, tornare dopo tutto questo tempo?» gli chiese lei.

    Lui arricciò il labbro. «Come al solito. Appena arrivato, non vedo l'ora di ripartire.»

    «Non puoi dire sul serio, Alex. Sono anni che manchi da casa. E tutta la tua famiglia è qui... Non desideri trascorrere un po' di tempo con loro?»

    Jane vide che scrutava la folla e che il suo sguardo si faceva malinconico mentre lo posava sul duca suo padre. Sospettava che gli dispiacesse non avere con lui un rapporto facile come quello che aveva Dominic, ma che, semplicemente, non sapesse come cambiarlo: la loro relazione era sempre stata tesa, a quanto poteva ricordare. La malinconia non durò a lungo, sostituita da un'espressione più dura.

    «Dico sul serio. Questa non è più casa mia. Foxbourne lo è. Adesso, però, cambiamo argomento, Janey. Dimmi, come sta Pippin?»

    Jane sentì un nodo in gola sentendo nominare la sua amata giumenta. «È morta, Alex. L'anno scorso.»

    Il volto di Alex esprimeva sincera partecipazione. «L'anno scorso? Perché non me l'hai detto?»

    «Quando avrei potuto farlo? Non sei mai qui, e a Londra... in qualche modo è diverso.»

    «Oh, Janey, mi dispiace. Che cavallo monti, adesso?»

    I cavalli erano sempre stati una passione in comune, e Alex vi aveva dedicato la vita. Adesso aveva un allevamento a Foxbourne Manor e si era fatto una solida reputazione per la qualità dei suoi cavalli da corsa e da traino.

    «Sandy.» «Sandy?» Alex scoppiò a ridere, ma subito si fece serio. Aggrottò la fronte, studiando il viso di Jane. «Credevo stessi scherzando, ma vedo che non è così. Quel vecchio ronzino non è una cavalcatura adatta per un'amazzone del tuo livello.»

    «Papà dice che non vale la pena comprare un nuovo cavallo per me, quando Sandy è lì a far niente.»

    Lui inarcò un sopracciglio. «Tuo padre ha detto così? Adesso so che mi stai prendendo in giro. È sempre stato orgoglioso della tua abilità di cavallerizza. È stata la vecchia strega, non è così? Qual è il suo scopo?»

    Jane si sentì bruciare dall'umiliazione. Lo scopo della matrigna era renderle la vita così intollerabile da farle apparire preferibile il matrimonio con Sir Denzil. Alex, però, era l'ultima persona con cui avrebbe voluto confidarsi.

    «Vuoi che parli con tuo padre, Janey? A Foxbourne ho una puledra che sarebbe perfetta per te... gli farei un buon prezzo. Metà del suo valore.»

    Alex non era cambiato. Era sempre stato pronto a sostenerla ogni volta che veniva trattata ingiustamente. Vedere ancora quel suo atteggiamento protettivo la riempiva di calore. Anche se non l'amava, Alex le era sinceramente affezionato. Doveva accontentarsi di quello.

    «Preferirei che non gli dicessi nulla, Alex. Ne parlerebbe a Lady Stowford, e sai come lei vada in collera, se pensa che mi lamenti. Non ne vale la pena, ma apprezzo la tua offerta.»

    «Sei troppo indulgente, Janey, te l'ho sempre detto. Basta pensare a quante volte hai perdonato me!» Le fece l'occhiolino, ed entrambi sorrisero ai ricordi in comune. «Starò zitto, se preferisci. Ora devo proprio occuparmi degli ospiti. Non ne ho alcuna voglia, ma ho promesso a zia Cecily e alla mia matrigna che sarei stato socievole. Ci vediamo più tardi, spero.»

    Si allontanò a grandi passi, lasciando Jane avvilita e con un mal di testa incipiente. Si strofinò distrattamente la fronte. Il pensiero di unirsi a uno dei gruppetti rumorosi che si raccoglievano intorno al prato non l'allettava affatto. Vide che Lady Stowford stava parlando con Sir Denzil Pikeford e si affrettò ad allontanarsi, prima che potesse chiamarla. Non se la sentiva proprio di affrontare quell'individuo noioso quando era in uno stato emotivo così fragile.

    Scivolò attraverso un cancello che immetteva nel frutteto. Al di là si stendeva il bosco, e all'altra estremità c'era il laghetto dell'Abbazia, dove i monaci allevavano i pesci per integrare la loro dieta. Sperava che l'aria fresca del lago le alleviasse il ??mal di testa e che nessuno notasse la sua assenza.

    2

    Un'ora o più di chiacchiere e punch al sidro era sufficiente per mettere alla prova la pazienza di chiunque, e Alex ne possedeva meno della media, quando si trattava di esseri umani. Con i cavalli era diverso... In quel caso, la sua pazienza non aveva limiti.

    Con un sorriso e un cenno verso la casa, si districò da una conversazione sulle pessime condizioni del tempo dell'anno passato, argomento principale tra la gente di campagna, e scivolò via, sentendo la tensione allentarsi a mano a mano che si lasciava alle spalle la folla.

    Una volta in casa, attraversò la biblioteca e uscì sulla terrazza che abbracciava l'ala est dell'Abbazia. Scese gli scalini, seguì il sentiero lastricato che tagliava in due il giardino formale, superò l'arco che si apriva nella siepe di faggio e in meno di un minuto raggiunse la sua meta: il piccolo cancello che si apriva su un boschetto di alberi ornamentali.

    Chiuse il cancello alle proprie spalle.

    Solo. Come sempre. Come gli piaceva.

    Nient'altro che alberi. Senza il bisogno di fingere o di parlare educatamente del più e del meno.

    Si appoggiò al tronco di un faggio e chiuse gli occhi. Tornare a casa era doloroso come aveva temuto. Tutta la famiglia era venuta a salutarlo. Alex aveva tollerato gli abbracci dalle zie e della sorella, ma quando il padre si era fatto avanti a braccia aperte, si era limitato a tendergli la mano, mettendo a tacere il senso di colpa di fronte alla sua espressione afflitta.

    Non sapeva spiegare l'avversione che provava nei confronti del padre, ma era innegabile. Ogni volta che si incontravano, Alex si sentiva come un gatto accarezzato contropelo e non vedeva l'ora di scappare.

    Poi la notte prima, nella sua vecchia camera da letto, erano tornati i sogni. Non così terribili come quelli della sua infanzia, ma abbastanza brutti da lasciarlo turbato al mattino e da fargli provare quella vecchia sensazione di rovina incombente.

    Tuttavia era stato bello rivedere il resto della famiglia. E la cara Janey... la sua compagna di giochi: lo scudiero e il cavaliere, il soldato e il generale, il pirata e il capitano...

    Alex si staccò dal tronco e si liberò della giacca, poi si rimboccò le maniche della camicia. Quell'estate le giornate calde e asciutte erano state rare, ma quella era una delle poche: il sole splendeva in un cielo senza nuvole e gli insetti ronzavano tutt'intorno. Alex vagò tra gli alberi, la giacca buttata su una spalla, godendosi la pace, interrotta solo da qualche risata che veniva dalla festa. Fu solo quando il sole che si rifletteva sulla superficie dell'acqua lo accecò che si rese conto di essere arrivato al lago. Si fermò, sentendo una stretta familiare alle viscere.

    Non aveva avuto intenzione di arrivare fin lì, dov'era successo il dramma. Il luogo preferito di sua madre. Eppure i piedi l'avevano condotto infallibilmente in quel posto. Il capanno estivo non c'era più, distrutto da suo padre dopo la morte della moglie. Al suo posto c'era un salice, piantato in suo ricordo.

    L'albero era cresciuto dall'ultima volta che l'aveva visto e allungava le fronde fino al suolo. Gli arbusti circostanti, piantati anch'essi dopo la morte della madre, lo lasciavano isolato in una radura delimitata da boschi e acqua.

    Alex rimase a guardare, mentre i ricordi bui uscivano inesorabilmente dal baratro del passato. Il cuore gli martellava nel petto, la nausea minacciava di soffocarlo, finché non riuscì a respingere nel profondo il terribile ricordo di quel giorno, relegandolo in un recesso della mente. Ormai aveva diciott'anni di pratica nel tenere a bada i ricordi. Erano passati diciott'anni da quando sua madre era morta... da quando era stata uccisa.

    Il sudore gli imperlava la fronte. Non sarebbe dovuto arrivare in lì, ma

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