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Sposata col nemico
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E-book249 pagine2 ore

Sposata col nemico

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1815 - Le dinastie dei Wincanton e degli Stuart sono acerrime nemiche da secoli, ma, nel tentativo di salvare la propria famiglia dalla bancarotta, Aaron Wincanton decide di avvicinare durante un ballo Lady Constance Stuart con lo scopo di arrivare a suo fratello. L'incontro va oltre ogni sua più rosea aspettativa e l'attrazione che da subito crepita fra loro li porta dritti uno fra le braccia dell'altra. Colti in flagrante, la reputazione di Connie viene rovinata all'istante e i due sono costretti, contro la loro volontà, a convolare a nozze ancor prima che il sole sorga. Da principio pensano di ricorrere all'annulla¬mento. Tuttavia la passione che speri¬mentano dentro e fuori dalla camera da letto li induce a pensare che forse la loro unione è destinata a salvare non solo le proprietà dei Wincanton, ma anche i loro cuori.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2017
ISBN9788858974247
Sposata col nemico

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    Sposata col nemico - Virginia Heath

    successivo.

    1

    Londra, novembre 1815

    Come al solito, Aaron Wincanton era circondato da un nugolo di fanciulle abbagliate dal suo fascino, che ridevano come sciocche.

    Per fortuna non sono una di loro, rifletté Lady Constance Stuart mentre lo osservava dal lato opposto del salone. Mi infastidisce di più la sua impudente arroganza, la sua tendenza a fare la corte a qualunque donna, o il fatto che sia il più attraente degli invitati?, si interrogò.

    Qualsiasi fosse la ragione, non aveva mai provato per nessuno un'avversione tanto forte. Detestava quell'uomo con tutta se stessa.

    Lui fece un cenno alle sue ammiratrici, che arretrarono di un passo, e appoggiò una bottiglia di champagne sul palmo della mano.

    Aveva preso dal padre i capelli neri come la notte e il cuore cupo come il peccato.

    Con più enfasi del necessario, brandì la spada che si era procurato e sfiorò il vetro, calamitando l'attenzione dei presenti, incantati dallo scintillio della lama.

    Tagliò di netto il sughero e il collo della bottiglia, e lo champagne zampillò come una fontana sotto la quale tutti si affrettarono a tendere i bicchieri, applaudendo quel gesto temerario.

    Come se sapesse che Constance lo stava guardando, alzò gli occhi, catturò il suo sguardo e le sorrise ammiccando, con l'arroganza di chi era consapevole di non essere passato inosservato.

    Era davvero insopportabile!

    Si era fatta sorprendere a fissarlo di nuovo a bocca aperta, constatò, infastidita da Mr. Wincanton e dalla propria stupidità.

    Si impose di guardare nell'angolo del salone che fino a quel momento aveva evitato con grande abilità e vide per la terza volta il Marchese di Deal, il suo promesso sposo, lanciare un'occhiata furtiva al generoso décolleté di Penelope Rothman.

    Anche se il padre si era premurato di spiegarle che di tanto in tanto un marito poteva cercare la compagnia di altre gentildonne, lei non si rassegnava ad accettare quell'atteggiamento oltraggioso.

    Possibile che non riesca a darsi un contegno? Dovrebbe avere un po' di rispetto per me, in fondo siamo fidanzati da sole due settimane. È solo un assaggio della vita amara che mi aspetta al suo fianco?

    Nonostante il loro fosse un matrimonio combinato, Constance si era illusa che sarebbero potuti essere felici. Aveva sperato che un giorno Deal si sarebbe innamorato di lei e avrebbe saputo guardare al di là dell'aspetto duro e della corazza con cui si difendeva, scorgendo la sua bellezza, nonostante gli indomabili capelli rossi e l'altezza ben poco femminile.

    Si augurava che il suo promesso sposo avrebbe scoperto la donna, a volte troppo sensibile, che si preoccupava sempre di non essere adeguata.

    Soltanto una povera sciocca poteva custodire un sogno tanto assurdo!

    Non mi amerà mai, concluse fra sé, amareggiata.

    Era noto che suo padre, il Conte di Redbridge, aveva aumentato la sua dote per persuadere il marchese a rinunciare a un ottimo partito come Miss Rothman.

    Com'era umiliante sapere di essere stata scelta soltanto per ragioni economiche!

    Non avrò mai la bellezza eterea e i capelli biondi di Penelope. È lei che il mio fidanzato desidera, e nessuna somma di denaro potrà spegnere il suo ardore.

    Spostò lo sguardo su Aaron Wincanton, il quale, prima di posare di nuovo gli occhi su di lei, si era soffermato a osservare il Marchese di Deal.

    A giudicare dall'espressione incolore, anche lui conosceva la sua propensione per le bionde graziose. Del resto, tutti preferivano le bionde alle rosse allampanate.

    Piangere in pubblico era fuori discussione, decise Connie, sentendo affiorare la malinconia, di conseguenza si allontanò dalle amiche della madre e andò a rifugiarsi in terrazza.

    Dopo essersi ricomposta, avrebbe risposto per le rime al suo futuro sposo, ricordandogli come si comportava un gentiluomo.

    Con il passare del tempo, forse sarebbe riuscita a sorvolare su quei peccatucci, ai quali comunque non desiderava assistere.

    Nessuno sentirà la mia mancanza, rifletté mentre osservava la festa da lontano.

    Come sempre, il suo carnet di ballo era rimasto vuoto, a eccezione del cortese invito occasionale di qualche amico di famiglia più anziano e del primo valzer danzato con il glaciale Deal.

    Avrebbe trascorso il resto della serata in compagnia delle matrone e delle fanciulle che facevano da tappezzeria.

    Fin dal suo debutto in società, avvenuto sei anni prima, durante i balli era rimasta relegata nell'angolo più distante, e Aaron Wincanton aveva contribuito a peggiorare la situazione affibbiandole un soprannome infelice ma molto azzeccato che, com'era prevedibile, era finito sulla bocca di tutti in un baleno.

    Lei lo aveva scoperto per caso, sentendo sghignazzare un gruppo di debuttanti e, da quel giorno, era stata ribattezzata l'amazzone dai capelli rossi.

    Il primo anno era stato umiliante e soltanto l'orgoglio l'aveva spinta a ignorare i bisbigli e le risatine, sforzandosi di essere riconoscente per quello sparuto gruppetto di cacciatori di dote che ancora sfidavano la fortuna.

    Sapeva di essere ridicola, sgraziata, molto più alta del normale e ben poco attraente.

    Nessun'altra debuttante aveva avuto l'ardire di crescere fino quasi a sei piedi, né aveva le estremità così lunghe che il calzolaio si era vantato di aver confezionato le babbucce più grandi di tutta Londra.

    I colori pastello la facevano apparire ancora più pallida, e svettava su qualsiasi gentildonna e sulla maggior parte dei gentiluomini.

    Sopportava le battute ridendo, anche se in realtà avrebbe voluto sferrare un pugno in faccia a tutti coloro che le chiedevano com'era il tempo lassù, o le suggerivano di dormire in una serra.

    Nel tentativo di passare inosservata, aveva provato a tenere le ginocchia piegate, ma in quella posizione era impossibile camminare e, ancor peggio, danzare. Inoltre, come aveva sottolineato divertito Henry, suo fratello minore, quella postura la faceva somigliare a una scimmia.

    Persuasa da quel commento infelice, aveva rinunciato a qualsiasi espediente.

    Essere definita una guerriera gigante era già abbastanza difficile, non voleva essere costretta a sopportare anche il confronto con un animale, né dar modo ad Aaron Wincanton di coniare un soprannome ancora più mortificante, tipo il gorilla gigante rosso.

    Il secondo anno era stata più preparata.

    Dal momento che veniva paragonata a una guerriera mitologica, si sarebbe comportata come tale, aveva stabilito, senza lasciar trasparire alcuna insicurezza riguardo alla propria femminilità.

    Aveva imparato a osservare i comportamenti con un'aria distaccata e un po' sprezzante, per lasciar intendere che non si sarebbe mai abbassata a suscitare l'interesse dei gentiluomini presenti o a far amicizia con sciocche fanciulle intente a spettegolare.

    Lei era superiore. Lady Constance Stuart non batteva mai le ciglia dietro il ventaglio, non ridacchiava, non sveniva né sorrideva in modo artefatto, e sovrastava con un pizzico d'orgoglio qualsiasi gentiluomo avesse l'impudenza di essere più basso.

    Inoltre indossava colori vivaci per mettere in risalto i ricci ramati: turchese, smeraldo e, quando si sentiva particolarmente scialba, sceglieva il cremisi.

    Ogni abito era un atto di sfida. Il fatto che fosse una fanciulla da tappezzeria non significava che dovesse essere priva di personalità.

    Essendo destinata a non passare inosservata, si metteva in mostra di proposito per dimostrare di sentirsi a proprio agio, anche se in realtà, si detestava.

    Odiava i suoi indomabili capelli rossi, la pelle diafana e il corpo allampanato.

    Tutti conoscevano la sua lingua tagliente che, per fortuna, con il passare del tempo non era più stata costretta a usare così spesso per difendersi.

    Incuteva soggezione, proprio come un'amazzone, e il personaggio che si era costruita era diventato così convincente che, a volte, dimenticava quanto soffriva e quanto aborriva essere considerata un fenomeno da baraccone.

    Con la coda dell'occhio intravide il Marchese di Deal accarezzare la guancia di Miss Rothman e sussurrarle all'orecchio qualcosa che la fece arrossire.

    Era davvero troppo! Non avrebbe perdonato in silenzio quel comportamento oltraggioso.

    Con passo regale, si avvicinò a Deal, ancora intento ad adulare Penelope. «Potrei scambiare una parola con voi in privato?» lo apostrofò, trafiggendolo con lo sguardo.

    «Certo, mia cara» acconsentì lui, sconcertato dal suo tono imperioso.

    Connie si diresse di proposito verso la portafinestra che portava in terrazza. «Il vostro comportamento mi ha umiliata» dichiarò. Era andata dritta al punto, senza giri di parole, tuttavia, prima di girarsi e iniziare a parlare, si era assicurata che nessuno degli ospiti, che erano usciti malgrado l'aria fredda, potesse sentirla.

    Essendo più alta di lui, si era dovuta chinare per guardarlo negli occhi. «L'annuncio del nostro fidanzamento è molto recente, ed è irrispettoso da parte vostra continuare a corteggiare altre gentildonne in pubblico. Se diventerò vostra moglie, mi aspetto di essere trattata con rispetto.»

    «Cosa aveva di oltraggioso il mio comportamento?» si stupì lui. «Ho ballato il primo valzer con voi e ho trascorso qualche minuto in vostra compagnia. Vi siete offesa perché mi sono intrattenuto con gli amici? Agli eventi mondani le coppie sposate, o fidanzate, non stanno sempre assieme, altrimenti darebbero adito a pettegolezzi» puntualizzò, rivolgendole un sorriso accondiscendente, che metteva in risalto un'irresistibile fossetta sul mento.

    I capelli biondi e gli occhi azzurri rendevano Deal molto attraente, e lui era consapevole del proprio fascino. «La vostra gelosia mi lusinga, tuttavia è infondata» riprese lui. «Vi assicuro che io e Penelope eravamo impegnati in una conversazione innocente.»

    «Mi permetto di dissentire. Vi siete intrattenuto con lei per almeno un'ora, persino gli altri ospiti se ne sono accorti.»

    Di sicuro Aaron Wincanton lo aveva notato.

    «In futuro vi pregherei di evitare conversazioni intime con le gentildonne nubili.»

    Invece di vergognarsi del proprio atteggiamento, come Connie si augurava, il marchese si infuriò. «Non spetta a voi dirmi quello che posso o non posso fare, fareste meglio a ricordarlo» le sibilò. «Vi aspettate davvero che non frequenti altre gentildonne? Al termine di una lunga discussione, vostro padre mi ha assicurato che avevate compreso che la nostra sarà un'unione di convenienza.»

    Per Connie fu come ricevere uno schiaffo. «Non nutrite neanche un briciolo di affetto, per me?»

    Aveva sperato in un minuscolo seme d'amore che potesse germogliare, in futuro, e odiava se stessa per quell'assurdo desiderio. Quant'era sciocca!

    Il marchese la fissò come se fosse impazzita. «Il nostro è un matrimonio combinato che si basa su un accordo vantaggioso per entrambe le nostre famiglie. Pensavo che lo aveste capito. Vi sto facendo un enorme favore, sposandovi! Siete relegata in un angolo da anni, e nessuno vi vuole. Dovreste essermi grata e smetterla di dire sciocchezze. Avrete il mio nome, una casa vostra e uno o due figli che vi terranno compagnia e assicureranno la discendenza. In cambio, vostro padre avrà il mio sostegno.»

    Una casa tutta per lei? Significava che non avrebbero vissuto sotto lo stesso tetto? Il suo sogno di un matrimonio felice si era già infranto.

    «E poi?» lo incalzò, spavalda, anche se temeva di conoscere già la risposta. Deal non la desiderava, e non l'avrebbe mai desiderata.

    «E poi ognuno di noi vivrà la propria vita come meglio crede! Voi rimarrete con i bambini in campagna e potrete fare ciò che più vi aggrada, sempre con discrezione, dopo avermi dato un erede.»

    Possibile che suo padre avesse accettato un accordo simile?, si domandò Connie, nauseata. L'aveva venduta come una cavalla da riproduzione a un uomo che aveva intenzione di essere suo marito per poco. «E io dovrò tollerare il fatto che continuerete a vivere come uno scapolo in città?»

    Sul volto del marchese il disgusto lasciò il posto a un genuino divertimento. «Cos'altro vi aspettate? Che per miracolo io possa innamorarmi di voi?» ribatté, seppellendo per sempre le sue assurde speranze.

    2

    Aaron rimase a osservare il Marchese di Deal con malcelato disgusto. Si era accorto che l'espressione di Lady Stuart era cambiata in modo impercettibile mentre si precipitava fuori del salone.

    Non gli importava che stesse per sposare un libertino, tuttavia non riusciva a trattenere il fastidio per il comportamento di quell'individuo.

    Corteggiare un'altra gentildonna in presenza della propria fidanzata era a dir poco disdicevole, soprattutto se la persona in questione non reggeva il paragone.

    Visti i nostri trascorsi, non è affatto strano che Lady Constance con me sia altezzosa, sprezzante, sdegnata e critica, mentre con gli altri è inappuntabile.

    Malgrado fosse distaccata e sarcastica, il suo portamento non aveva eguali.

    L'altezza, la figura flessuosa e i capelli rossi non la facevano passare inosservata. Per non parlare poi della brillante intelligenza e della grazia innata a cui si aggiungeva un sorriso straordinario, in grado di illuminare una stanza.

    A me non sorride mai, ma, in fondo, perché dovrebbe? Il fortunato destinatario del suo sorriso deve sentirsi come se il tramonto fosse stato creato soltanto per lui.

    Eppure Deal aveva preferito umiliarla corteggiando Penelope Rothman, una delle creature più intriganti, manipolatrici e frivole che Aaron avesse mai incontrato.

    Rammentando il proposito che aveva in mente, si rivolse a Violet Garfield e si finse interessato alla conversazione. Se voleva chiedere la sua mano, doveva quantomeno mostrare curiosità per ciò di cui la giovane stava parlando ormai da un po'.

    Dopo aver trascorso due ore al ballo, si rese conto che la sua maschera stava iniziando a scivolare. Essere Aaron Wincanton stava diventando molto faticoso.

    In passato sfoderare fascino e malizia gli era riuscito facile come respirare, ma quell'esuberante, giovane gentiluomo era rimasto al fronte, in Spagna, e sarebbe stato quasi impossibile poterlo incontrare ancora.

    Il nuovo Aaron Wincanton non si divertiva a balli e feste e non gradiva i ritrovi intimi, o le riflessioni solitarie.

    Non sarebbe più stato felice, perché non meritava di provare gioia. Si sentiva quasi sempre oppresso da un peso e, nei giorni migliori, aveva l'impressione di essere inebetito.

    Notò che Violet lo stava guardando, in attesa di una risposta e, siccome non aveva sentito neanche una parola di ciò che aveva detto e temeva di offenderla, si rifugiò nell'adulazione. «Quando sono al vostro fianco, non vorrei altro che i minuti fossero ore e che le ore fossero giorni» mormorò.

    In effetti il tempo sembrava non passare mai.

    Come si era immaginato, quella frase a effetto, seppur banale, aveva funzionato, e la sua interlocutrice aveva ripreso a chiacchierare con entusiasmo, lasciandogli soltanto l'onere di ascoltare e annuire.

    Ciononostante, qualche secondo più tardi, la sua mente stava vagando di nuovo altrove e iniziò a sentirsi a disagio. Aveva sperato di riuscire a convincere se stesso che poteva essere felice con quella fanciulla molto graziosa, che lo annoiava come pochi. Purtroppo vantava una dote molto cospicua, e i mendicanti come lui non erano in condizione di scegliere.

    La tenuta aveva bisogno di soldi in fretta, e suo padre desiderava un nipote finché era ancora in vita.

    Prima di formulare la sua proposta di matrimonio aveva bisogno di un po' di tranquillità e di un pizzico di coraggio che solo l'alcol poteva infondergli.

    Si defilò dalla conversazione e uscì a cercare qualcosa di più forte del ratafià, da bere da solo.

    In fondo a un corridoio buio intravide una biblioteca, dove c'erano soltanto una bottiglia di liquore e una donna con i capelli rossi seduta sul divano a fissare il caminetto.

    Per un attimo pensò di andarsene, perché l'ultima cosa di cui aveva bisogno era una strigliata da parte di Lady Constance Stuart.

    In realtà, tramite lei, sperava di incontrare Henry, suo fratello, al quale intendeva proporre di mettere fine all'assurda faida che rischiava di portare la sua famiglia alla rovina.

    Era molto scosso e aveva bisogno di riprendere fiato per imporre a se stesso di diventare di nuovo Aaron Wincanton.

    Tuttavia, qualcosa nel modo in cui stava seduta, con le spalle curve, lo indusse a restare. Forse a entrambi serviva un po' di compagnia.

    «Siete stata molto astuta a trovare un posto in cui nessuno ci avrebbe disturbati» esordì per provocarla.

    «Siete come un cattivo odore che mi accompagna ovunque io vada» ritorse Connie, dissimulando il proprio turbamento con la consueta freddezza.

    La sua espressione si era indurita, anche se quando si era voltata di scatto a guardarlo, Aaron aveva avuto l'impressione che avesse gli occhi lucidi.

    Lei si alzò e gli lanciò un'occhiataccia. «Per una volta, speravo che mi avreste lasciata in pace.»

    «E perdermi il divertimento? Vi assicuro che sono sempre ansioso di incontrarvi. Sono abituato a essere ammirato, e trovo stimolante il vostro disprezzo.»

    «Quindi mi considerate un passatempo? Vostro padre è al corrente del fatto che avete l'abitudine di conversare con una Stuart?»

    «Così come il vostro sa che rivolgete la parola a un ignobile Wincanton, immagino.» Aaron ammiccò con insolenza, perché era consapevole che nessun altro osava corteggiarla, e rimase a guardare la sua espressione infastidita.

    «Io, però, non cerco la vostra compagnia, ecco la differenza» ribatté lei. «Potrei giungere alla fine dei miei giorni senza scambiare un'altra parola con voi. Pertanto deduco che mi troviate attraente, o che mi consideriate una sfida particolare. Vi dà fastidio che io sia immune al vostro fascino? Il mio palese disgusto ferisce il vostro fragile amor proprio?»

    Lo fulminò con lo sguardo, riuscendo soltanto a incoraggiarlo. Quando si arrabbiava, i suoi occhi verdi sembravano due smeraldi e, alla luce del caminetto, la sua chioma diventava color rame.

    Uno spettacolo meraviglioso che avrebbe fatto fuggire a gambe levate qualsiasi altro uomo, ma non Aaron.

    Dopo aver combattuto contro Napoleone, sarebbe sopravvissuto alla schermaglia

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