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La decisione dell'istitutrice
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La decisione dell'istitutrice
E-book268 pagine3 ore

La decisione dell'istitutrice

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1823 - La dolce Sara Collins è un'istitutrice, come le sue più care amiche, Claire, Bonnie e Louisa. Il suo temperamento mite e tranquillo l'ha spinta a nascondere loro un segreto: lei avrebbe preferito di gran lunga diventare la moglie di un vicario e aiutare la comunità locale.

Nathan Grant è l'incarnazione di tutto quello che spaventa Sara e per questo non capisce come un uomo così bello, solitario e burbero possa affascinarla tanto.

Dopo una lunga riflessione Sara decide di voler sperimentare tutto ciò che la vita ha da offrirle e il suo primo pensiero va a Nathan.

Decidere di rischiare il cuore e vivere la passione precluderà per sempre a Sara la vita semplice e felice a cui aspirava o la renderà una donna diversa e più completa?
LinguaItaliano
Data di uscita19 ago 2016
ISBN9788858953921
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    Anteprima del libro

    La decisione dell'istitutrice - Ellie Macdonald

    successivo.

    1

    Inizio maggio 1823

    Quando gli occhi, scuri come il cioccolato, incontrarono i suoi, il respiro di Sara si bloccò. Trattenendo il suo sguardo, quegli occhi bellissimi si addolcirono e brillarono, mandandole brividi di calore attraverso le vene.

    Un lento sorriso si allungò sulle labbra dell'uomo, provocandone uno in risposta su quelle di lei. Respirare divenne sempre più difficile, mentre i loro sguardi restavano incatenati. Il battito del cuore di Sara accelerò.

    «Pertanto vi imploro, fratelli miei, di sforzarvi di amare il vostro vicino non semplicemente come amate voi stessi, ma come Dio vi ama.»

    Anche la sua voce le mandava brividi lungo la pelle.

    Mr. Charles Pomeroy, il nuovo vicario del villaggio di Taft, spostò lo sguardo su un altro componente della congregazione.

    «Non pensate soltanto a come voi vorreste essere trattati, ma a come Dio vi tratterebbe, in una certa situazione. Cercate di trovare coloro che necessitano di soccorso e offrite loro generosità di spirito e bontà, perché è per il modo in cui avremo trattato i bisognosi che verremo giudicati e che saremo in grado di vedere la faccia del nostro benevolo Creatore.»

    Bontà divina, i loro bambini sarebbero stati benedetti, soprattutto se avessero preso dal padre! Sara era impaziente che quel capitolo delle loro vite iniziasse. Un duro pizzicotto sul fianco la riportò di botto al presente. Riuscì a trattenere il grido istintivo, per evitare di disturbare il servizio della domenica e attirare le indesiderate attenzioni dei pettegoli del villaggio.

    Aggrottando la fronte, Sara guardò la mano che l'aveva offesa e lanciò a Louisa un'occhiata colpevole.

    «Smetti di sognare a occhi aperti» le sibilò l'amica, sottovoce.

    Sara fece per protestare, ma fu interrotta dall'alzarsi in piedi della congregazione per l'inno finale. Mrs. Yardley martellò le note sul pianoforte, e Sara sfogliò le pagine del libro degli inni per trovare il canto scelto. La sua voce limpida si unì alle altre.

    Sollevò lo sguardo al leggio, e Mr. Pomeroy le rivolse un altro sorriso. Lei arrossì e abbassò gli occhi, meritandosi stavolta una gomitata da parte di Louisa.

    «Davvero, Sara» la rimbrottò l'amica, una volta che il servizio fu terminato. «Cosa penserà la gente nel vedere uno dei membri del Circolo delle istitutrici sdilinquirsi in pubblico per il vicario?»

    «Io...» iniziò Sara.

    Claire Knightly le interruppe. «Questo non è davvero il posto, signore» le ammonì, con un sorriso incollato sulla faccia, mentre annuiva educatamente a un'anziana matrona che indossava un cappello di dimensioni straordinarie. «Vogliamo andare?» Accettò il braccio offertole dal marito e condusse il gruppo fuori dalla piccola chiesa. Sara e Louisa li seguirono, adeguatamente mortificate.

    All'aperto, Sara strizzò gli occhi: il suo cappellino era inutile contro il sole accecante. Usando la mano come schermo, vide Mr. Pomeroy nelle vicinanze, circondato da signore di tutte le età. L'attraente giovanotto stava sorridendo gentilmente, la sua attenzione saltava da una all'altra delle signore che cercavano di catturare la sua attenzione.

    «Posso affermare, Mr. Pomeroy, che avete un vero talento per la sistemazione dei fiori» stava dicendo Mrs. Glendoe, quando il gruppo di Sara si avvicinò. «Dovete sentirvi libero di usare tutti i fiori del mio giardino, per la chiesa. Venite per il tè, domenica prossima, e mia figlia Rebecca vi aiuterà a sceglierli.» La matrona di mezza età spinse la figlia nella direzione del vicario.

    «Grazie per la vostra generosità, Mrs. Glendoe» replicò Mr. Pomeroy con la sua morbida voce profonda. Poi notò i nuovi arrivati e sorrise. «In tutta onestà, però, devo dirvi che è stata Miss Collins a sistemare i fiori. Io non ho alcun talento, al riguardo, e lei mi ha soccorso, nelle settimane passate. La sua abilità è un dono di Dio.»

    Sara arrossì. Le signore si girarono tutte a guardarla, alcune amabilmente, altre no. Lei si agitò sotto i loro sguardi, non abituata ad attirare l'attenzione.

    Louisa si fece avanti. «Noi a Ridgestone siamo sempre felici di aiutare, Mr. Pomeroy. Il Circolo delle istitutrici crede fermamente nel contribuire alla comunità.»

    «Ah sì, infatti.» Lui parve divertito dalle parole di Louisa. Il suo sguardo si spostò su Jacob. «Mr. Knightly, se posso dirvi una parola.» Si allontanò dal capannello di donne e si allontanò con Jacob, parlando a bassa voce.

    Sara sentì di nuovo su di sé gli occhi delle altre donne. Resistette alla tentazione di agitarsi, sotto quello scrutinio. Mrs. Glendoe non riusciva a nascondere la propria animosità, ma alcune delle altre donne la guardavano con gentilezza. Lei si sentì in qualche modo più a suo agio con quella consapevolezza.

    «La sistemazione dei fiori era bellissima» approvò Mrs. Yardley, la pianista. Suo marito gestiva l'emporio del villaggio con il suo aiuto, e lei accoglieva sempre Sara con un sorriso.

    «Grazie, madam» replicò con la sua voce tranquilla. «Mrs. Knightly ha fatto meraviglie nel sistemare i giardini a Ridgestone. Sembrava solo giusto condividere tanta bellezza con la chiesa e la comunità.»

    Mrs. Glendoe tirò su col naso. «Alquanto generoso, da parte vostra, offrire i fiori di qualcun altro.»

    Sara raggelò, mentre la disapprovazione della donna le cingeva un cappio attorno al collo che si stringeva a ogni istante in cui il suo sguardo severo continuava a fissarla. A un tratto persino respirare divenne difficile.

    «La mia Rebecca non farebbe mai niente del genere» continuò Mrs. Glendoe. «Trovo difficile credere che il vicario condonerebbe qualcosa di simile al furto.»

    Il petto di Sara si strinse, e lei si sentì intrappolata dalla veemenza della donna. La sua mente si svuotò di qualunque pensiero, a parte quello della fuga.

    Louisa le prese il braccio, impedendole di fuggire, poi incrociò lo sguardo carico di riprovazione di Mrs. Glendoe. «Miss Collins è un'autentica risorsa a Ridgestone e a Taft, e Mr. Pomeroy dimostra saggezza nel riconoscerne il valore.»

    Claire si unì a lei. «Per non parlare del fatto che è un'ospite gradita alla residenza.» La sua voce era pacata, ma l'acciaio sottostante era evidente. «I fiori sono a sua disposizione per essere offerti alla chiesa, e lei ha la nostra benedizione nel farlo.»

    «Ho visto i vostri giardini, Mrs. Knightly» intervenne Mrs. Thatcher. La matrona con il cappello dalle proporzioni incredibili le aveva raggiunte. «Avete molto di cui essere orgogliosa.» Si scambiò un'occhiata con Claire e Louisa, riconoscendo la necessità di cambiare argomento.

    Claire lanciò a Mrs. Glendoe un altro sguardo duro, prima di rivolgere la sua piena attenzione a Mrs. Thatcher. «Grazie, madam. Mio marito è un vero appassionato.»

    Altre signore, cogliendo il filo della conversazione, si spostarono verso di loro, finché Mrs. Glendoe non venne tagliata fuori dal gruppo. Sbuffando, la matrona si avviò verso la sua carrozza, seguita dalla figlia.

    «Il vostro giardino rivaleggia perfino con quello di Windent Hall, almeno com'era trent'anni fa» continuò Mrs. Thatcher. «Ricordo di aver partecipato a dei ricevimenti là, quando ero una ragazza. Le fragranze e le combinazioni dei fiori erano sempre particolarmente notevoli. Non mi è ancora capitato di vedere un altro giardino così tranquillo e rilassante.»

    «Windent Hall, la tenuta che confina con Ridgestone?» chiese Louisa a Claire. «Ero convinta che fosse abbandonata.»

    «Ed è così, infatti» confermò Mrs. Thatcher. «Ormai sono almeno venticinque anni che la famiglia se n'è andata. Nessuno sa il perché, ma le voci parlavano di difficoltà finanziarie. La cosa più triste è come quei giardini siano rimasti abbandonati da allora.»

    L'innocua conversazione calmò Sara come una tazza di cioccolata calda in un giorno gelido. A poco a poco i suoi polmoni recuperarono la capacità di respirare. Lei guardò Louisa, che ancora le stringeva il braccio trattenendola accanto a sé. La sua stretta sicura era confortevole, e Sara fu grata per l'appoggio dell'amica.

    Louisa colse il suo sguardo e le strofinò discretamente il braccio. «Respira, dolcezza» sussurrò. «Dentro... fuori, dentro... fuori.»

    Sara eseguì, sentendo il cappio allentarsi, e liberò un sospiro di sollievo. Sperò che i suoi occhi mostrassero la gratitudine che provava. Louisa sorrise e le strinse il braccio, prima di tornare alla conversazione.

    «Ho sentito che la residenza non è più abbandonata» saltò su Miss Felicity Leighton. «Mamma ha detto proprio ieri che è stata venduta, e Missy Evans ha raccontato che un amministratore è andato da suo padre per chiedere di assumere lei e suo fratello per sistemare il posto. Oserei dire che possiamo aspettarci che il proprietario arrivi nelle prossime settimane.»

    «Chi l'ha comprata?» La domanda era nella mente di ogni pettegola nel gruppo.

    Miss Leighton gongolava a essere al centro dell'attenzione. «Questo non lo so per certo. Credo sia un giovane visconte che cerca di espandere le sue proprietà. Immaginate, un lord nel nostro villaggio! Molto probabilmente porterà la sua famiglia, o inviterà i suoi amici per una battuta di caccia o cose simili.» La giovane era nota per la sua ambizione di trovare un marito titolato.

    Louisa fece un sorrisetto e disse sottovoce a Sara: «Se davvero è un visconte, forse faremmo meglio ad avvertirlo di tenersi lontano».

    Sara ridacchiò, liberandosi così da quel che restava della sua ansia.

    «Claire.» La voce di Jacob interruppe la conversazione. «Sei pronta a tornare a casa? Il mio stomaco sta reclamando il suo pranzo.»

    Claire sorrise al capannello di signore. «È stato un piacere vedervi, questa mattina.»

    Louisa e Sara si congedarono, e Jacob le aiutò a salire sulla carrozza. «Miss Collins» la salutò Mr. Pomeroy, avvicinandosi al veicolo. Sara gli restituì il sorriso, felice. «Vorrei ringraziarvi di nuovo per la sistemazione dei fiori.»

    «Nessun disturbo, signore» replicò lei, sentendo che il volto tornava ad accaldarsi.

    «Spero di poter di nuovo approfittare di voi per accompagnarmi nelle mie visite, questo mercoledì. Mi sto ancora dibattendo con i nomi e le condizioni della mia nuova congregazione.»

    «Certamente, ne sarò felice.» Il sorriso di Sara aumentò fin quasi a farle dolere le labbra.

    «Siete certa che non sia un'imposizione?» chiese lui, preoccupato. «Confido che dopo questa settimana sarò in grado di cavarmela da solo.»

    «Niente affatto» gli assicurò lei. «Mi piaceva accompagnare mio padre nelle sue visite, prima che venisse a mancare.»

    «Grazie, Miss Collins.» Mr. Pomeroy fece un lieve cenno del capo. «Verrò a Ridgestone mercoledì, allora.»

    Sara continuò a sorridergli mentre la carrozza si allontanava. L'attraente vicario sollevò la mano per salutare, agitandola, mentre il veicolo usciva dalla corte. Continuando a sorridere, lei si sistemò sul suo sedile.

    «Ti stai rendendo ridicola, Sara.»

    Il commento di Louisa attirò la sua attenzione. «Scusami?»

    «Quell'uomo ti sta usando, e invece tu continui a gettarti ai suoi piedi.»

    «Louisa...» iniziò Claire.

    L'amica ignorò l'interruzione. «La reputazione è la nostra maggiore risorsa» proseguì. «Se non è priva di macchie, non siamo niente. Anche dopo un anno, riusciamo a malapena a onorare i nostri obblighi finanziari. Non possiamo permetterci neanche la più lieve ombra sui nostri nomi.»

    «Per l'ennesima volta, permettetemi di offrire assistenza finanziaria» intervenne Jacob, sollevando una vecchia discussione. «Sarei felice di impiegare la mia fortuna per il bene della scuola.»

    Gli occhi serrati di Louisa si spostarono su di lui. Strinse la mascella e tese le labbra. «No, grazie. Ne abbiamo già discusso. Non vogliamo diventare dipendenti da un uomo.»

    «Louisa.» Claire si intromise con maggior fermezza, stavolta, e tornò all'argomento in ballo. «Una collaborazione con il vicario della chiesa può soltanto aiutarci. Certo, nessuno di noi desidera che Sara resti ferita, ma il modo in cui trascorre il suo tempo libero è una sua scelta.»

    «Sembri troppo presa da lui, Sara» osservò Louisa. «Questo non attirerà il suo interesse, anzi, accadrà il contrario.»

    «Be', non sono sicuro di essere del tutto d'accordo con questo» affermò Jacob. «Alcuni gentiluomini hanno bisogno di essere rassicurati sull'interesse di una signora, prima di fare qualcosa.»

    «Non è quella la mia preoccupazione» si difese Louisa. «Il fatto è che la sta usando. Possibile che nessuno di voi se ne accorga?»

    Sara girò la testa per osservare lo scenario che scorreva fuori del finestrino, mentre i suoi amici continuavano a parlare di lei come se non fosse presente. Louisa non capiva... nessuno di loro capiva. Dare assistenza a un vicario era qualcosa che lei conosceva bene e che era perfettamente capace di fare. Aveva amato aiutare suo padre. L'atto di aiutare coloro che avevano bisogno portava pace e motivazione nella sua vita. Vedere l'esistenza di un altro migliorare per merito dei suoi sforzi le dava un senso di realizzazione. Non aveva mai avuto dubbi, al riguardo: era destinata a essere la moglie di un vicario.

    «Guardate, cosa è quello?»

    La domanda di Jacob riportò Sara alla conversazione. Lo vide raddrizzarsi sul sedile e allungare il collo per scrutare fuori dal finestrino. Lei e Louisa ruotarono sui loro sedili per fare lo stesso e videro un gentiluomo condurre un cavallo lungo un lato della stradina. Entrambi stavano zoppicando.

    «Roger, ferma la carrozza!» ordinò Jacob, poi balzò fuori non appena fu in grado di farlo e si avvicinò all'uomo.

    Sara allungò il collo ancora di più per guardare meglio il gentiluomo. I suoi abiti scuri erano impolverati e sgualciti e la sua cravatta era appiattita, ma la qualità elevata degli indumenti era ancora visibile. I capelli erano nascosti dal cappello, sebbene alcune ciocche giocassero attorno al colletto alla leggera brezza. Era piuttosto snello di costituzione, ma le sue spalle erano ampie e il suo petto pieno, trasudante forza.

    «Mi chiedo chi sia» rimuginò Claire.

    Sara scosse la testa. «Credo di non averlo mai visto.»

    «Probabilmente è solo un viaggiatore in difficoltà» osservò Louisa. «Non c'è niente che attiri la gente a Taft, a parte cercare aiuto per fare riparazioni.»

    Erano troppo lontane per sentire quello di cui i gentiluomini stavano discutendo. Lo straniero indicò il suo cavallo e Jacob rispose accennando alla carrozza. Per uno spaventoso momento, Sara pensò che avrebbe dovuto sopportare l'ansia di incontrare l'uomo, ma grazie al cielo lui scosse la testa, e Jacob allora indicò verso il villaggio, fornendo evidentemente indicazioni. Terminarono la conversazione con una stretta di mano, e Jacob tornò verso la carrozza. Gli occhi di Sara rimasero fissi sul gentiluomo, per una volta nella sua vita era incuriosita da uno sconosciuto. Lui si era girato verso il suo cavallo e gli stava dando dei colpetti sul collo, calmando l'animale. Era vestito in modo più ricercato di quanto fossero abituati a Taft, forse veniva da Londra o da qualche posto vicino. Che cosa stava facendo in quella piccola parte del paese?

    La carrozza oscillò, mentre Jacob entrava, distogliendo l'attenzione di Sara dallo straniero.

    «Che cosa era successo?» volle sapere Claire.

    «Il suo cavallo ha perso uno zoccolo, e lui sta andando a Taft per farlo riparare» rispose il marito.

    «Avevo ragione!» esclamò Louisa, una nota trionfante nella voce.

    «Non gli hai offerto aiuto, o un passaggio?» si stupì Claire.

    Jacob contrasse le labbra. «Ovvio che l'ho fatto, però ha rifiutato.»

    «Avresti dovuto insistere.»

    «Avrei dovuto forzare un uomo ad accettare il mio aiuto, Claire?» ribatté lui, sconcertato. «Gli ho fornito le indicazioni per raggiungere la bottega del maniscalco e anche per venire a Ridgestone, nel caso dovesse aver bisogno di noi.»

    «Ma...»

    «Vai, Roger» ordinò Jacob, troncando le obiezioni della moglie, e la carrozza si mise in movimento.

    Sara tornò a guardare lo straniero, mentre lo superavano. Lui sollevò il cappello per ringraziare e chinò leggermente la testa. Quando si raddrizzò, i suoi occhi celesti si incatenarono in quelli di Sara, sconcertandola con la loro sfumatura glaciale. Lei sentì la pelle pizzicare e i capelli sulla nuca sollevarsi come per una premonizione. Un ansito sorpreso le strinse la gola. Non si era aspettata che l'uomo incrociasse il suo sguardo in modo così intenso.

    Distolse gli occhi, spezzando la momentanea connessione con lo straniero. Attraverso una nube di polvere, lo vide girare verso Taft e riprendere il viaggio, zoppicante come il suo cavallo, mentre spariva alla sua vista.

    2

    «Adesso dillo.»

    «Mi sento ridicola.»

    «Non pensarci, limitati a dirlo.»

    «Louisa...»

    «Sara, fallo» insistette l'altra.

    Sara strinse le labbra e la guardò, tentando di non scoppiare a ridere. La sua amica aveva fatto un lavoro incredibile nel ricreare Mrs. Glendoe da un manichino, usando un pallone come testa e una parrucca fuori moda trovata in un baule di costumi. La palla aveva un'espressione aspra disegnata sopra, la bocca curvata in una linea arcigna. Sara guardò di nuovo Louisa, che indicava impaziente l'improvvisata Mrs. Glendoe. Claire sedeva sul sofà e sorseggiava il suo tè. Si trovavano nel loro salotto privato, godendo del tranquillo pomeriggio domenicale, prima che il trambusto della settimana iniziasse di nuovo.

    Sara trasse un profondo respiro e cominciò a parlare. «Mrs. Glendoe...»

    «Più forte» la interruppe Louisa.

    «Mrs. Glendoe» ripeté lei a voce più alta. «Io non ricordo di aver chiesto la vostra opinione.» Guardò con impazienza Louisa. «È tutto inutile. So perfettamente che non è lei, non è lo stesso.»

    «Più ti eserciti, più ti riuscirà facile quando ti troverai davvero ad affrontarla» le fece notare Claire.

    «Ma io non voglio affrontarla davvero.» Il solo pensiero le faceva stringere la gola. Sara deglutì, mandando giù un sorso di tè. La tazza tremò nella sua mano, e tintinnò mentre la rimetteva sul piattino.

    Claire sorrise. «Diventerà più facile» ripeté.

    Sbuffando, Louisa sedette e prese un pasticcino dal vassoio. «Io proprio non ti capisco. Ti piace il modo in cui ti fa sentire?»

    «Certo che no» rispose Sara.

    «Allora perché lasci che ti tratti così? Perché ti paralizzi, invece di affrontarla?» chiese Louisa, in tono insofferente. «Mi sto sforzando di comprendere, ma è difficile, visto che non vuoi dirci il perché.»

    Sara fissò il suo tè. Come poteva spiegare loro ciò che lei stessa stentava a capire? Perché reagiva in quel modo? Anche quella conversazione, nonostante sapesse che Louisa aveva le migliori intenzioni, le faceva prudere la gola. La sensazione non era dissimile da quella di uno sciame di formiche che le corresse su e giù per la gola. Era sempre stata così, con grande esasperazione di sua madre.

    Claire le prese la mano e la tirò in piedi. «Vieni qui» la esortò, conducendo Sara accanto al manichino. «Permettimi di presentarti. Sara, questa è Mrs. Glendoe.»

    «Buon pomeriggio, Mrs. Glendoe» pronunciò lei, facendo un'educata riverenza.

    Louisa le raggiunse e si inchinò a sua volta. «Buon pomeriggio a voi, miserabile vecchio pipistrello» disse con un sorriso incollato alla faccia.

    «Lou... Louisa!» ansimò Sara.

    Poi fu Claire a inchinarsi. «Mrs. Glendoe, siete davvero orribile con quel cipiglio sulla faccia» affermò, sempre con un sorriso educato. «Mi dispiace proprio di non essere riuscita a evitarvi.»

    Sara fissò le sue amiche. Erano impazzite, per caso? Non sapevano che non avrebbero dovuto rivolgersi a nessuno in quel modo? E se Mrs. Glendoe avesse scoperto quello che avevano fatto?

    Louisa fece un sorrisetto e continuò: «Quel cipiglio ci offre una spaventosa visione dei vostri denti guasti. Ditemi, vi affilate le zanne da sola o c'è qualcuno che lo fa per voi?».

    Claire rise. «E i vostri occhi... Ci vuole molto esercizio per farli dardeggiare in quel modo sulle persone?»

    Sara non riuscì a trattenere una risatina. Inorridita, si schiaffò una mano sulla bocca, gli occhi spalancati mentre fissava le sue amiche. Entrambe la guardarono con sorrisi consapevoli. Louisa le spinse via la mano. Claire le fece l'occhiolino. «Mrs. Glendoe, ditemi, com'è mangiare i vostri figli?»

    Louisa intervenne. «E se non hanno un buon sapore? C'è una confettura o una salsa che potete metterci

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