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La scelta di Lady Graham
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E-book241 pagine4 ore

La scelta di Lady Graham

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1819
Quando il padre muore, Beth si trova di fronte a una scelta: accettare di sposare il perfido Duca di Ayrebourne per far fronte ai debiti, oppure perdere la tenuta di famiglia ma conservare la propria preziosa indipendenza. A risolvere l'intricata situazione arriva Ren Graham, amico d'infanzia di Beth, che si offre di prenderla in moglie. Dal momento che Ren vive ormai da anni a Londra, si tratterebbe solo di un matrimonio di facciata che le permetterebbe di conservare la proprietà e la libertà allo stesso tempo. Dopo aver accettato di diventare Lady Graham, Beth riprende la sua vita lontana da Ren. Ma quando quest'ultimo, divenuto inaspettatamente erede della tenuta di Graham Hill, vi rinuncia proprio in favore del Duca di Ayrebourne, Beth decide che è arrivato il momento di partire per Londra e scoprire quali segreti si nascondano nel passato di suo marito.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2019
ISBN9788858995259
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    Anteprima del libro

    La scelta di Lady Graham - Eleanor Webster

    successivo.

    Prologo

    Beth sfiorò con mano leggera gli spilli che trattenevano ogni fragile farfalla. Ne avvertiva la fredda durezza, così in contrasto con le ali distese degli insetti, delicate come garza.

    L'aria era polverosa, pregna di una dolcezza stucchevole. Nonostante la cecità, avvertiva lo sguardo del duca su di sé. Venne scossa da un brivido, per quanto un bel fuoco crepitante riscaldasse la stanza.

    «Ren?» chiamò.

    «Il vostro amico è nell'altra stanza. Sta osservando la tigre che ho ucciso. Si direbbe un tipo artistico.» Le si avvicinò. «Ebbene, vi piacciono le farfalle?»

    Una dolce mescolanza di alcol e tabacco gli aleggiava nell'alito.

    «Le trovo tristi.»

    «Solo perché non potete vederle» obiettò il duca. «Se poteste vederle, ne ammirereste anche la bellezza. Le punto con gli spilli quando sono ancora vive, così che il colore delle ali resti più vivo e brillante.»

    Lei deglutì. La gola secca le rese difficile articolare una risposta.

    «Siete molto bella» decretò ancora il duca. «Possedete una bellezza insolita, una perfezione che di rado si trova in natura. C'è una simmetria perfetta nel vostro volto, nei vostri tratti. È per questo che mi piacciono le farfalle, per la loro simmetrica bellezza.»

    Beth ritrasse bruscamente le mani dalla vetrina per arretrare, ma nella fretta inciampò e sentì uno spigolo aguzzo colpirle la gamba.

    «Fate attenzione.» Il duca le sfiorò un braccio, ma lei si ritrasse ancor di più, serrandosi le braccia intorno al corpo.

    «Ren!» chiamò ancora.

    «Ci sono pareti piuttosto spesse, qui. È bello sapere che la propria residenza è costruita bene, non trovate?»

    Il respiro le si fece affannoso mentre l'agitazione le faceva sudare le mani.

    «Beth?»

    Il suono familiare dei passi di Ren le procurò un immenso sollievo, misto a una strana ondata di panico e di euforia.

    «Quella tigre imbalsamata è fantastica» dichiarò il giovane. «Mi piacerebbe vederne una viva. Vuoi toccarla?» le chiese, avvicinandosi. «Beth, ti senti bene?»

    Scuotendo il capo, lei si lasciò afferrare per le mani. Il tocco di Ren era caldo e familiare. «Vorrei... vorrei tornare a casa» balbettò ansimando.

    «Tornate pure quando volete» le fece eco il duca.

    Lei si strinse a Ren mentre uscivano dalla stanza e scendevano le scale. Lungo il viale non proferirono parola, e fu soltanto dopo aver preso la scorciatoia che tagliava attraverso il bosco ed essere tornati alla familiarità di Graham Hill, che Beth finalmente riprese fiato.

    Si sedettero nel luogo che adoravano, appoggiati al tronco massiccio della vecchia quercia, affondando le mani nel muschio bagnato. «Non torniamo più là» mormorò. «Mai più.»

    «Perché? Cos'è accaduto?»

    «Niente.» Era vero, eppure in quella casa Beth aveva avuto paura, più di quanta ne avesse avuta quando era caduta dallo steccato ed era finita dentro il recinto del toro. Più di quanta ne avesse avuta quando si era persa nel bosco, o quando il suo cavallo si era imbizzarrito.

    «Il duca ti guarda in modo strano» osservò Ren.

    «Sì, me ne sono accorta.»

    «Non torneremo mai più» le assicurò lui. «Pensavo avesse più animali, ma una sola tigre non è poi una gran cosa.»

    «E le farfalle.»

    Ren si alzò. Non riusciva a restare fermo a lungo, a meno che non fosse intento a dipingere. «Dimentichiamo quel vecchio luogo tetro che fa accapponare la pelle. Non ci torneremo mai, neppure se ci fossero cento tigri. Cosa vuoi fare adesso, piuttosto? Andare a pesca o vedere se Mrs. Bridges ha impastato?»

    Beth annusò. «Mi sembra di sentire il profumo degli scones appena sfornati.»

    «Tuo fratello direbbe che è scientificamente impossibile» ribatté Ren ridendo.

    «E il tuo direbbe che comunque dovremmo andare a controllare.»

    L'amico la prese per mano per aiutarla ad alzarsi e insieme si diressero attraverso i campi verso la casa di Ren. E il calore del sole e la promessa delle prelibatezze cucinate da Mrs. Bridges fecero dimenticare a Beth il duca e le sue farfalle.

    1

    Dieci anni dopo

    «Dovresti sposarmi.»

    «Cosa? Perché mai?» Beth afferrò i braccioli lisi del divano di velluto come se volesse trovare un sostegno in un mondo impazzito. Forse aveva sentito male l'improvvisa affermazione di Ren.

    «È la soluzione migliore.»

    «La soluzione a cosa? Al fatto che hai sofferto per un amore non corrisposto durante i dieci anni della tua assenza?»

    «Ma no, certo che no!» esclamò Ren con la franchezza che gli era consueta.

    Beth si sentì quasi rassicurata. «Se è per via della morte di papà, non devi preoccuparti. Jamie e io ce la caveremo.»

    «Cosa dici? Non ve la caverete affatto, se sposerai il duca.»

    «Dunque ti è giunta voce?» Beth si accasciò. All'improvviso le mancarono le forze.

    «Le brutte notizie viaggiano in fretta.»

    «Non ho ancora... Lui mi ha chiesto di sposarlo, ma sarebbe davvero l'ultima spiaggia. Accetterò soltanto se non sarò in grado di trovare un'altra soluzione.»

    «Sarebbe una catastrofe!» sbottò Ren.

    Pensava forse che non ne fosse consapevole? Perfino in quel momento Beth aveva lo stomaco stretto in una morsa gelida di terrore, e troppo spesso le capitava di giacere sveglia nel letto, la notte, madida di sudore per la paura. «Sarebbe sempre meglio della prigione per i debitori» replicò con asprezza. «E comunque mi auguro di riuscire semplicemente a vendergli la terra.»

    «Io preferirei andare in prigione. Non comprerà mai la terra. Quell'uomo vuole la terra e te.»

    «Non vedo il motivo per cui Ayrebourne dovrebbe desiderare di sposare una donna come me.»

    Udì il brusco sussulto di Ren. «Ti sminuisci, come al solito. Il duca è un collezionista, gli piacciono le cose belle, e tu possiedi una bellezza stupefacente.»

    «Io...» Beth si sfiorò il viso. Le dicevano sempre tutti che aveva una bellezza luminosa, quasi ultraterrena, e lei si era sfiorata mille volte il viso, tracciandosi il contorno del mento e delle guance nel tentativo di scoprire qualche particolarità nei propri lineamenti. Lasciò ricadere le mani in grembo. «Come hai fatto a saperlo?» domandò.

    «Jamie.»

    «Jamie? Lo hai già visto?»

    «Non qui. A Londra. Giocava d'azzardo.» Ren le rispose con voce atona.

    «Jamie giocava d'azzardo?» Beth serrò le mani. «Non è possibile, non gli capita mai di uscire in società.»

    «L'ho incontrato in una bisca e mi sono assicurato di allontanarlo prima che potesse combinare troppi guai.»

    «Detesta Londra, lui. Quando è accaduto?»

    «Lo scorso fine settimana.»

    «Mi aveva detto che doveva vendere due cavalli a Horbury Mews.»

    «È evidente che ha fatto una deviazione.»

    Beth cercò di riflettere in fretta, ma il panico le annebbiava la mente. Non aveva senso. Jamie era così diverso dal loro padre! Laddove il padre era sempre stato facondo, Jamie parlava a monosillabi, oppure si perdeva pedantemente nei dettagli delle sue ipotesi scientifiche.

    «Ma perché? Perché avrebbe fatto una cosa del genere? Sa bene quanti danni possa causare il gioco d'azzardo.» «Forse sperava che la sua abilità con i numeri lo aiutasse ad avere più successo di vostro padre.»

    «Se non fosse che la sua incapacità nel trattare le persone lo condurrebbe senza ombra di dubbio al disastro.»

    Per un attimo Beth tacque, quindi si alzò con un grosso sforzo, tenendo le mani sulla spalliera della poltrona per orientarsi. Non era un problema di Ren, quello. Era da anni che non lo vedeva, e non poteva certo permettergli di compiere un sacrificio tanto eroico per salvare lei o la sua famiglia.

    «Ti ringrazio per avermi detto di Jamie. Gli parlerò io.»

    «Non sempre la logica vince contro la disperazione» osservò Ren.

    «Non ha motivo di disperarsi.»

    «Lui ama te e ama questa terra. Non sopporterebbe di vederti andare in sposa al duca, così come non sopporterebbe di vendergli anche soltanto un filo d'erba. Ricordi? Aveva soltanto tre anni, e già aveva imparato a catalogare i semi.»

    «Ne aveva sette, in verità» lo corresse lei. «Aveva sette anni quando imparò a catalogare i semi. Comunque provvederò io a trovare un'altra soluzione.»

    «Io te l'ho già proposta.»

    «E quale sarebbe? Sposarti?»

    «Non sono il diavolo. Sono soltanto un parente stretto.»

    Lei si allontanò dalla poltrona e coprì i quattro passi che la separavano dalla finestra, quasi che la distanza fisica potesse aiutarla a schiarirsi le idee. Avvertiva la presenza di Ren, la sua statura, il timbro profondo della sua voce e l'odore di fieno e sapone che si sprigionava da lui, adesso misto anche all'aroma di tabacco. C'era uno strano miscuglio di familiarità e novità, in lui. Era ancora il ragazzo di un tempo, ma anche uno sconosciuto che all'improvviso era ripiombato nella sua vita.

    Le sarebbe piaciuto toccargli il viso, leggere qualcosa sui tratti del suo volto come era stata solita fare un tempo.

    «Non ti fai vivo per dieci anni e poi, all'improvviso, ricompari con una proposta di matrimonio. Come pensi che il matrimonio potrebbe aiutarci? Non ci consentirebbe di pagare i debiti di papà. Ho già chiesto a tuo fratello di comprare la terra, ma lui è povero quanto noi.»

    La risata di Ren risuonò priva di umorismo. «A differenza di mio fratello, io sono ricco come Creso. E tu non avresti niente da temere. So quanto tieni alla tua indipendenza e quanto detesti l'idea del matrimonio. Il nostro sarebbe soltanto un matrimonio di convenienza.»

    «Ma perché? Perché dovresti sposarmi? Non potresti limitarti ad acquistare la terra o a prestarci il denaro che ci serve, se sei davvero tanto ricco e tanto desideroso di salvarci?»

    Le parve che Ren si fosse stretto nelle spalle, che avesse sorriso. «Sposandoti ti fornirei un tutore.»

    «Non ne ho bisogno.»

    «Sì, invece. Non hai ancora ventun anni.»

    «Ma ho Jamie.»

    «Che non ne ha ancora venti. Senza contare che Jamie non potrebbe in alcun modo ostacolare Ayrebourne. Sposare me, al contrario, renderebbe impossibile il matrimonio con il duca.» Ren fece una pausa impercettibile. «Sei la mia migliore amica, lo sai bene.»

    Beth strofinò le mani contro la superficie liscia del davanzale e al tempo stesso appoggiò la fronte alla finestra. Mille ricordi le si affacciarono alla mente, facendole bruciare gli occhi: pomeriggi interminabili in riva al ruscello, passeggiate invernali sulla neve fresca e lunghi percorsi nelle ventose giornate autunnali.

    «Un'amicizia infantile non richiede un simile livello di sacrificio. Sono anni che tu e io non ci parliamo.»

    Per un attimo lui non rispose, ma, quando lo fece, qualcosa nella sua voce le fece scorrere un brivido lungo la schiena. «Sai che tra noi questo non ha importanza.»

    Fu allora che l'avvertì: quella connessione intangibile, quella vicinanza che affondava le sue radici nei giorni lontani dell'infanzia, e che pure era cambiata. Lo sentì muoversi, avvertì l'accelerazione del suo respiro. Si morse il labbro. «Perché non hai mai scritto, né sei mai tornato a farci visita?»

    Una pausa imbarazzata, un sospiro di disagio. «Non potevo.»

    «Non ci vuole poi tanto» lo rimbeccò lei. «Respiri e parli. Oppure prendi carta e penna, o monti a cavallo.»

    «Dovrai credere alla mia parola.»

    «E adesso ti aspetti di potere tornare e sposarmi come se niente fosse, dopo tutti questi anni?»

    «Io non mi aspetto niente. Ti sto semplicemente offrendo un'alternativa preferibile al duca.» Stavolta la voce di Ren era fredda e dura.

    Beth rabbrividì. Poche cose la terrorizzavano, e il duca era tra quelle. Sposarlo l'avrebbe distrutta. Anche se fosse riuscita a evitare le nozze e lo avesse convinto ad acquistare la terra, sarebbe stata comunque una pessima soluzione, dato che avrebbe concesso al duca la scusa per trattenersi nel villaggio e nei boschi. Si strofinò le braccia per dissipare la pelle d'oca. Non le piaceva affatto l'idea che il duca entrasse in possesso della sua terra. Si sentiva già sotto osservazione, sotto controllo. E talvolta, quando passeggiava nel bosco, aveva la sensazione di sentire quella strana fragranza dolce che sembrava emanare sempre da lui.

    Il duca avrebbe utilizzato qualsiasi cosa contro di lei: il suo essere donna, la sua giovane età, la povertà, la cecità, perfino il fratello un po' strano.

    Ren le si avvicinò. Avvertì il tepore del suo respiro sul collo, la sua imponente presenza dietro di sé, la mano calda di lui sulla sua. Si sentì invadere dal tepore, e il bisogno di allontanarsi si allentò. Per un breve, folle istante, non desiderò altro che appoggiarsi a lui e lasciarsi rassicurare dalla sua forza.

    Lui era suo amico, l'aveva guidata attraverso fiumi e lungo pendii impervi.

    Con la mano afferrò la sua per fermarne il tamburellare nervoso sul davanzale. «Puoi fidarti di me.»

    Beth assentì.

    «Lasciami onorare la nostra lunga amicizia» proseguì ancora lui.

    «Eravamo buoni amici» convenne Beth.

    Ren rafforzò la stretta, facendole avvertire il calore di una nuova, titillante energia che le si stava diffondendo in tutto il corpo.

    «I migliori» confermò. «Non consegnarti al potere di quell'uomo. Permettimi di aiutarti.» La voce dell'amico si addolcì. «Non sposarlo.»

    «Non ho altre opzioni» mormorò lei.

    «Adesso sì. Adesso ce le hai.»

    2

    Diciotto mesi dopo

    Beth si diresse verso le stalle, contando i passi sopra il ticchettio regolare del bastone. Sollevò il volto verso il cielo, godendosi il calore del sole e la carezza della brezza leggera. Le piaceva la primavera, le piaceva l'odore dell'erba e della terra ricca, il fruscio delle foglie appena germogliate, così diverso da quello dei rami spogli dell'inverno. Le piaceva l'inebriante felicità legata al senso di rinnovo.

    Più di ogni altra cosa, però, le piaceva la facilità di movimento che le era consentita quando il tempo migliorava. La vita di campagna ad Allington era terribilmente noiosa e solitaria.

    L'adorata cognata era morta. Jamie era sempre taciturno. Edmund era partito. Ren non si faceva mai vivo. E la cameriera non faceva che parlare di nastri e merletti.

    Per un istante fugace, ripensò agli inverni della sua infanzia, alle lunghe passeggiate con Ren, coronate da interi pomeriggi trascorsi accanto al fuoco in una stanza profumata di pane alla cannella. A volte Edmund leggeva, mentre Ren dipingeva e Jamie studiava trattati di botanica.

    Nel riconoscere i passi del fratello lungo il viale, si affrettò a scacciare i ricordi del passato e sollevò la mano in segno di saluto.

    «I campi sono pronti per la semina» le comunicò Jamie senza preamboli. A giudicare dal tono di voce, sembrava soddisfatto.

    «Hai deciso di provare nuove coltivazioni?»

    «Una nuova varietà di fagioli. Saranno più sodi.»

    «Nei nostri campi o anche in quelli di Edmund?»

    Jamie grugnì un assenso. «Dubito che tuo marito se ne occuperebbe.»

    «Si trova a Londra» obiettò lei, pacata. «E tra l'altro ha lasciato un amministratore a gestire gli affari al suo posto.»

    Edmund, altrimenti noto come Lord Graham, era il fratello di Ren. Il fratello di suo marito... Marito. Persino dopo diciotto mesi Beth faceva fatica ad accettare quella parola. E non c'era da stupirsi, visto che le capitava di conversare più spesso con il fabbro del villaggio che con suo marito.

    «Ho deciso anche di provare una nuova varietà di piselli» la informò Jamie.

    Beth assentì. «Per caso disponiamo di scorte in eccedenza?» si informò. «Sono stata alla tenuta del duca, ieri. La gente là muore di fame, così ho chiesto ad Arnold di portare del grano.»

    Non le sfuggì il sussulto di Jamie. «Sai che non dovresti andare laggiù.»

    «Ero con Arnold. Senza contare che il duca non c'è. Non è passato in visita nemmeno una volta, da quando ho rifiutato la sua proposta di nozze.»

    «Questo è l'aspetto migliore del tuo matrimonio, ma devi sapere che il duca passa spesso dalla tenuta. Una volta l'ho visto anche sulle nostre terre. Mi ha detto che gli era sfuggito uno dei levrieri.»

    Beth fu scossa da un brivido di apprensione. Come al solito, quando era agitata, le mani presero a sudarle e una morsa ferrea le serrò il petto, impedendole di respirare. Le costò un grosso sforzo soffocare quella sensazione. «L'importante è dar da mangiare alla sua gente.»

    «Se la passano davvero tanto male?»

    «Temo proprio di sì.» Beth serrò le dita intorno all'impugnatura del bastone, ripensando alla visita del giorno precedente. Ricordava ancora gli sforzi disperati di una madre per placare il figlioletto affamato, la sensazione di scoramento che lei stessa aveva provato nello stringere la manina scarna del piccino. «Il trattamento che il duca riserva ai suoi tenutari è notevolmente peggiorato. Si direbbe quasi una specie di punizione.»

    «Una punizione?»

    «Sì, perché non l'ho sposato.»

    «Non ne sono certo responsabili i suoi tenutari.»

    «No, ma talvolta la mente umana sfida qualsiasi principio logico o scientifico.»

    Jamie tacque, evidentemente confuso. «Manderò anche dei tuberi» sentenziò infine. «Ci stai andando adesso?»

    «No, ci andrà Arnold più tardi.»

    «Manderemo tutto il possibile» la rassicurò a quel punto Jamie con il consueto pragmatismo.

    Era fatto così, lui: metodico, scientifico, gentile, ma privo

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