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Il finto fidanzamento
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E-book219 pagine3 ore

Il finto fidanzamento

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Info su questo ebook

Inghilterra, XIX secolo.Bloccata dal maltempo in casa di amici, Ruth Hayden si ritrova in compagnia del più noto libertino in circolazione a Londra. Resistere al suo fascino è un'impresa non da poco, anche perché dietro i modi disinvolti di Sir Clayton Powell si nascondono il dolore e l'umiliazione di un passato tradimento e Ruth, a sua volta segnata dallo scandalo, sa perfettamente che cosa significhi vivere ai margini della società. E così, cerca di mettere a tacere le voci che circolano sul conto di Clayton, annunciando il loro fidanzamento.
La reazione del gentiluomo non si farà attendere...
LinguaItaliano
Data di uscita11 giu 2018
ISBN9788858983980
Il finto fidanzamento
Autore

Mary Brendan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il finto fidanzamento - Mary Brendan

    «Sono spiacente, signore, ma devo chiedervi di andarvene.»

    La donna non ebbe risposta alla sua ferma richiesta. Il gentiluomo che aveva invitato a uscire dal piccolo salotto continuò a camminare avanti e indietro sul tappeto creando un solco nel tessuto ormai logoro.

    «Dottor Bryant!» La supplica velata di Ruth Hayden tradiva una traccia di irritazione. «Vi prego, non costringetemi a chiedervelo di nuovo.»

    L’uomo si fermò e con gesto esasperato si piantò le mani sui fianchi. «Non riesco a credere che non vogliate ascoltarmi fino in fondo, Mrs. Hayden» dichiarò con una smorfia. «Perché non mi lasciate almeno spiegare i benefici...?»

    «Non ho bisogno di ulteriori spiegazioni» lo interruppe bruscamente Ruth. «Ho capito il succo della vostra proposta ed è sufficiente per risparmiare a voi, o meglio a entrambi, l’imbarazzo di parlarne ancora. Mi rendo conto dell’onore che mi fate, ma non posso sposarvi. E ora vi auguro una buona giornata.» Ciò detto, Ruth si diresse verso la porta del soggiorno e la aprì.

    Quando il dottor Bryant si rese conto di essere stato messo alla porta, lo stupore del suo sguardo si trasformò in collera.

    Era un membro stimato della cittadina di Willowdene e non era abituato a essere trattato in quel modo. La donna che lo aveva appena respinto era invece a malapena tollerata, il che rendeva ancora più incomprensibile quella reazione alla sua proposta. Se fosse diventata sua moglie, sarebbe stata di nuovo ben accolta in società.

    Il dottore era un uomo di bell’aspetto, anche se non particolarmente raffinato, sui trentacinque anni. Aveva le spalle abbastanza larghe ed era piuttosto alto. Prima di avviarsi a grandi passi verso l’uscita, si erse in tutta la sua altezza.

    «Se una volta voi non mi aveste fatto credere di gradire le mie attenzioni, non sarei qui.» Quando vide che quell’osservazione aveva colpito nel segno, sulle sue labbra apparve un sorriso soddisfatto.

    Nel ricordare l’episodio a cui l’uomo si riferiva, Ruth sentì le guance tingersi di rosso, ma alzò il mento con aria orgogliosa e lo guardò negli occhi. «Credo che anche in quell’occasione abbiate presunto troppo» replicò gelida. «Avevo bisogno di conforto quando mio padre è mancato improvvisamente, e vi ringrazio per avermelo dato. Ora non ho altro da aggiungere.» Aprì la porta un po’ di più, ma il dottore sembrava ancora restio ad andarsene. Teneva lo sguardo fisso sul volto di Ruth come se studiasse l’oggetto del suo desiderio.

    Ruth Hayden era una donna dalla bellezza senza tempo, non conforme ai canoni estetici dell’epoca. Non aveva lineamenti delicati, e il suo incarnato non era chiaro come quello di una signora sofisticata. I folti capelli scuri erano sfuggiti all’acconciatura e alcuni riccioli lucenti le sfioravano le guance. Sotto le sopracciglia ben disegnate, gli occhi color cioccolato erano troppo diretti e sicuri per essere quelli di una donna pudica, di nobili natali. Non c’era in lei quel tratto femminile, civettuolo, che lui trovava seducente. Se era arrossita e aveva abbassato lo sguardo, lo aveva fatto perché era imbarazzata, non per malizia. Ma il suo corpo tutto curve che una volta, purtroppo per poco tempo, aveva stretto a sé contrastava con il suo atteggiamento severo. In quel momento gli occhi del dottore erano attratti dal seno formoso e dai fianchi morbidi, separati da un vitino di vespa che avrebbe voluto ardentemente cingere con le mani.

    Il rifiuto inequivocabile di Ruth lo aveva meravigliato e ferito nell’orgoglio. Una donna nella sua condizione avrebbe dovuto saltare di gioia di fronte all’opportunità di migliorare la propria posizione e il proprio futuro. Non solo si era rifiutata di giacere con lui, ma anche di fare da madre a suo figlio. Ian fu bruscamente strappato da quelle riflessioni da un richiamo cortese che gli ricordò che si era trattenuto più del necessario.

    «Ho molte cose da fare, esigo che ve ne andiate e vi auguro ancora una volta una buona giornata.»

    Senza aggiungere altro, Ian uscì. Nell’udire il rumore del chiavistello che veniva chiuso, Ruth chiuse gli occhi sollevata. La cameriera, apparsa sulla soglia del salotto, le chiese preoccupata: «Gradite un tè, signora?».

    Ruth le sorrise e annuì riconoscente. Evidentemente Cissie aveva capito che aveva bisogno di conforto! Non pensava che avesse origliato di proposito, ma doveva avere intuito la natura delicata della conversazione che si era svolta tra lei e il dottor Bryant. Dall’espressione cupa del dottore era probabilmente giunta alla conclusione che la sua padrona aveva rifiutato la proposta, ed era di certo curiosa di sapere come mai avesse respinto l’offerta di matrimonio di un buon partito come quello.

    Era sufficiente dare un’occhiata al salotto per capire che il tenore di vita di Mrs. Hayden era modesto. Il profumo di fresco che aleggiava nella casetta immacolata non abbelliva il misero mobilio che aveva conosciuto giorni migliori. Anche la dispensa della cucina tradiva una certa indigenza. L’ovvia conclusione era che il destino di quella vedova sarebbe migliorato radicalmente se avesse sposato un ricco vedovo.

    E il dottor Bryant lo era, almeno a detta di tutti. Aveva una bella casa, un buon reddito e la sua ricchezza era aumentata col matrimonio. Perciò era opinione comune che svolgesse la sua meritevole professione per vocazione filantropica più che per necessità.

    Appena Cissie si allontanò per preparare il tè, Ruth si lasciò cadere su una sedia. Guardò il giardino in fiore con un’espressione accigliata domandandosi perché aveva rifiutato il dottor Bryant senza curarsi troppo dei benefici a cui aveva rinunciato. Avrebbe potuto chiedergli un po’ di tempo per riflettere, una richiesta ragionevole da parte di una signora che non si aspettava certo una proposta di matrimonio.

    Era una diciottenne un po’ sgraziata quando Paul Hayden le aveva chiesto di sposarlo lasciandola di stucco. Nella sua ingenuità Ruth aveva pensato che non fosse opportuno mostrare entusiasmo, poiché si conoscevano da poco, e aveva tergiversato. A quel dolce ricordo le sue labbra si piegarono in un sorriso. In realtà, prima ancora che Paul avesse raggiunto la porta, spinta da una felicità travolgente era volata da lui per dirgli che diventare sua moglie era il suo desiderio più grande, che niente l’avrebbe resa più lieta. Lo amava troppo per farlo soffrire inutilmente a causa della sua indecisione.

    Il dottor Bryant non suscitava in lei una tale passione. Ruth l’aveva considerato il suo migliore amico fino al giorno in cui lui aveva rovinato ogni cosa chiedendole di diventare la sua amante. E ora che aveva perso la moglie, morta nel dare alla luce il loro bambino, le aveva fatto un’offerta migliore.

    Era sciocco da parte sua pretendere di essere innamorata di un uomo prima di considerare i vantaggi del matrimonio?

    «State diventando terribilmente noiosa, mia cara» osservò il gentiluomo rivolgendosi alla donna bruna nuda fra le lenzuola di seta stropicciate.

    Per niente scoraggiata dal rimprovero del suo amante, Lady Loretta Vane cancellò l’espressione imbronciata dal viso grazioso e si girò su un fianco in un bagliore di arti flessuosi e candidi. Soddisfatta della posa seducente, sollevò le lunghe ciglia per mostrare i limpidi occhi azzurri. E con sua grande soddisfazione vide lo sguardo serio dell’uomo soffermarsi sul suo seno posato su un cuscino disposto ad arte.

    «Tornate a letto» lo invitò con voce suadente. «Potrei farvi cambiare idea e mostrarvi cosa perdereste se non farete di me una donna onesta.»

    Sir Clayton Powell si chinò su di lei appoggiando le mani sul materasso accanto ai fianchi del corpo snello. Con un movimento sinuoso lei si girò sulla schiena e gli allacciò il collo con le braccia per attirarlo a sé.

    «Pensate che bei bambini avremmo» sussurrò con le labbra contro le sue. «Una bambina con i capelli biondi come i vostri e un maschietto, il vostro erede, moro come me.»

    Clayton sorrise. «E il vostro fidanzato cosa ne pensa della bigamia e dei bastardi?»

    Loretta rise gettando la testa all’indietro per tentare le sue labbra con il lungo collo dalla morbida pelle lattea. «Sarebbe contrariato... ma che importa? Sapete che per voi lascerei Pomfrey domani stesso.»

    «Sì... so che lo fareste» dichiarò Clayton alzando la testa per guardarla con occhi grigi come ardesia. Poi le sfiorò la bocca con la sua in segno di distaccato saluto.

    Se fino a qualche istante prima il letto era stato la scena di un torrido amplesso amoroso, il tentativo di seduzione di Loretta Vane aveva raffreddato gli ardori di Clayton. Il suo umore era cambiato non solo a causa delle fastidiose e continue proposte di matrimonio della donna, ma perché lui non aveva nulla contro Ralph Pomfrey e non voleva farsi coinvolgere in un litigio solo perché Loretta aveva deciso di mettere le mani su un marito facoltoso.

    Quando l’imprudente Pomfrey aveva chiesto un prestito a Claude Potts, un noto chiacchierone, si era scoperto che forse non era ricco quanto la gente credeva. Addirittura correvano voci che il conto in banca di Loretta fosse più solido di quello del fidanzato, che aveva perso il suo denaro puntando su dei ronzini.

    Così era comprensibile che un individuo gradevole, di antico lignaggio, chiedesse in moglie una donna che, signora di nome, era cortigiana per natura.

    Loretta aveva ricevuto in eredità dal defunto marito, Lord John Vane, una discreta somma di denaro ma ne aveva già sperperato una buona parte. Era consapevole perciò che sposare il figlio più giovane del Conte di Elkington non solo non avrebbe migliorato le sue prospettive, ma rischiava di mettere in pericolo il poco che restava del suo gruzzolo. Non era un caso se il suo entusiasmo per il matrimonio era svanito insieme al denaro di Pomfrey.

    Preoccupata dal silenzio del suo amante, Loretta tirò Clayton per la camicia e fece scivolare la lingua sulle sue labbra per indurlo a darle un bacio vero.

    «Pomfrey è il vostro fidanzato» le ricordò Clayton tenendola per i polsi per mantenere le distanze. «Siete una bella coppia. È il marito giusto per voi.» Con quelle parole la lasciò andare, prese la giacca dalla chaise longue di velluto e la infilò.

    «Siete voi il marito giusto per me!» obiettò Loretta. Avendo capito che lui stava per andarsene senza averle dato una risposta soddisfacente, si alzò di scatto e mise i piedi giù dal letto. I lineamenti perfetti non erano più ammorbiditi dalla sensualità, ma avevano assunto un’aria caparbia.

    «Non sono il marito giusto per nessuna donna, dovete credermi» ribatté Clayton con un sorriso amaro mentre infilava il cravattone in tasca. «Volete andare all’opera domani sera?» chiese con la mano sulla maniglia della porta.

    «Sposatemi!» lo supplicò Loretta. «Siete voi che voglio. Siete sempre stato voi. Vi giuro che se non lo fate, Clayton... se non...» ripeté prendendo tempo per trovare il coraggio di pronunciare l’ultimatum.

    «Se non lo faccio?» la incalzò lui. La guardava con aria di sfida mentre tirava fuori i polsini immacolati dalle maniche della giacca. «Su, ditemi cosa progettate per punirmi.»

    «Tra di noi sarà finita» dichiarò Loretta in tono gelido alzando il mento. «Sposerò Ralph Pomfrey il prima possibile e quando sarò sua moglie non lo tradirò. Dormirò solo con mio marito.»

    Clayton scoppiò in una sonora risata. «Mi sorprendete. Intendete essere una sposa fedele? Cosa del tutto insolita per il bel mondo e sicuramente nuova per voi, mia cara. Sono certo che il vostro defunto marito si offenderebbe se sapesse che avete messo la testa a posto troppo tardi perché lui ne potesse beneficiare. Mi auguro che Pomfrey apprezzi il vostro sacrificio.»

    Ralph Pomfrey sapeva, e come lui tutta l’alta società, di avere chiesto in sposa una donna che era l’amante di Clayton da più di sei mesi. Il fatto che la sua fidanzata continuasse a dividere il letto con un altro uomo non sembrava preoccuparlo. Naturalmente era sottinteso che, quando le nozze fossero state imminenti, la relazione sarebbe finita, almeno finché Loretta non avesse compiuto il suo dovere di dare al marito un figlio legittimo ed erede.

    «Non vi divertirete quando vi manderò via» affermò Loretta, contrariata. Aveva usato il suo asso nella manica e non aveva funzionato. In quel momento desiderò averlo conservato per un’altra occasione, ma ormai era troppo tardi. «Non troverete una donna che vi soddisfi come faccio io.»

    Da parte sua Clayton pensò che l’asso nella manica fosse quell’ultima frase gettata lì all’ultimo momento, e restò fermo sulla porta a rimuginare. Senza dubbio Loretta Vane era una compagna di letto entusiasta e disinibita.

    Con sguardo da estimatore percorse il corpo nudo della giovane donna in posa provocante sul bordo del letto. Aveva un fisico attraente, dalle proporzioni perfette. Ma non erano soltanto le grazie di quel corpo che spingevano gli uomini a fare di tutto per conquistare i suoi favori, bensì la reputazione di donna dai liberi costumi che senza vergogna aveva saziato i suoi appetiti intrecciando relazioni adulterine durante il primo matrimonio.

    Se davvero Loretta intendeva restare fedele a Pomfrey dopo le nozze, la loro sarebbe stata un’unione alquanto bizzarra. Il bel mondo era composto perlopiù da persone che non si scandalizzavano davanti a una promiscuità discreta all’interno del vincolo coniugale una volta che fossero nati dei figli.

    Clayton rivolse a Loretta un mezzo sorriso beffardo, che rivelava la sua capitolazione. Mentre si avvicinava a lei, che subito si alzò con grazia dal letto per andargli incontro ondeggiando i fianchi, non gli sfuggì una luce di trionfo nei suoi occhi.

    «Come sapete che mi piacete tanto?» chiese baciando la pelle di porcellana del lungo collo. «Non ve l’ho mai detto.»

    «Le parole non sono necessarie» rispose Loretta con voce roca. «Volete che ve lo faccia dire?»

    «Pensate davvero di riuscirci?»

    «Mi piacerebbe provarci» dichiarò baciandogli un orecchio.

    «Be’, allora immagino che sarebbe scortese da parte mia non raccogliere la sfida» rispose Clayton premendo le labbra su quelle di lei che si schiusero per dare accesso alla sua lingua. Soffocò una risata quando lei, con dita esperte, slacciò i bottoni che coprivano il notevole rigonfiamento all’altezza dell’inguine.

    Col sangue che gli rombava nelle vene, Clayton prese Loretta in braccio e la depose sul letto.

    Alle sei della mattina seguente, dopo avere indossato la giacca, Clayton si avvicinò alla porta del boudoir di Loretta. Quando lei lo chiamò per nome con voce suadente, si girò e sorrise notando il suo aspetto scarmigliato.

    «So che vi ho soddisfatto» affermò Loretta con voce sensuale. «Negatelo se potete...»

    «Mi avete soddisfatto. Senza dubbio siete un’amante eccellente.»

    Con la mente ancora illanguidita dalla notte di passione, Loretta inarcò le sopracciglia al tono divertito della sua voce. «Sarei una moglie anche migliore. Pensavo davvero quello che vi ho detto.»

    Lui le rivolse un sorriso. «Anch’io» rispose e se ne andò chiudendo la porta.

    Quando uscì in strada, una mattina nebbiosa di marzo bagnava il selciato. Prese la direzione di Belgravia Place, una piazza alberata su cui affacciavano edifici eleganti, il più grande dei quali era casa sua.

    L’appartamento che John Vane aveva lasciato alla giovane vedova era vantaggiosamente situato nel cuore della città. Perciò poco tempo dopo, con la debole luce dell’alba alle spalle, Clayton saliva i gradini di pietra di casa sua due alla volta.

    Quando entrò nell’ingresso, fu sorpreso di trovare Hughes, il suo maggiordomo, che gli andò incontro come se sapesse del suo arrivo imminente. L’anziano domestico aveva servito nell’esercito da giovane e, essendo ancora in ottima forma per la sua età, camminava impettito come se marciasse in parata.

    «È arrivata una lettera urgente, Sir Clayton» annunciò al padrone porgendogli un vassoio dove era posato un biglietto. Se reputasse strano che il suo padrone rientrasse all’alba con il cravattone che sbucava da una tasca, e gli abiti in uno stato tale da procurare un colpo apoplettico al suo valletto, non lo diede a vedere.

    Clayton prese la lettera mentre gli impartiva alcuni ordini: «Preparate dell’acqua calda per un bagno, per favore, e la colazione: caffè e toast».

    «Subito, signore» rispose Hughes con un rapido cenno del capo prima di allontanarsi a passo di marcia.

    Clayton guardò con maggior attenzione la calligrafia sulla pergamena e un sorriso gli illuminò il viso. Aveva riconosciuto la scrittura del suo amico, il Visconte Tremayne, e immaginò che, poiché la lettera era urgente, Gavin fosse in arrivo a Mayfair dalla residenza nel Surrey. Si lasciò cadere sulla sua poltrona nello studio e lesse la piacevole notizia che Gavin sarebbe arrivato quello stesso

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