Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La vendetta del conte: Harmony History
La vendetta del conte: Harmony History
La vendetta del conte: Harmony History
E-book220 pagine3 ore

La vendetta del conte: Harmony History

Valutazione: 3 su 5 stelle

3/5

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Inghilterra/Francia, 1817
Da vent'anni il Conte di Mortenhoe sogna di tornare a Knightshaye, la casa che il padre aveva perduto al gioco quando lui era ancora bambino. Disposto a tutto pur di riaverla, il gentiluomo si impegna a pagare una cifra esorbitante, nonché a sposare la sorella dell'ultimo proprietario. Purtroppo, però, oltre a una moglie non più giovanissima e senza dote, si ritrova con una tenuta in rovina, che dispera di poter riportare all'antico splendore! Per fortuna al suo fianco c'è la dolce Marina, che prende in mano la situazione con una determinazione e una forza del tutto insospettabili, fino a diventare a poco a poco la donna che Justin aveva sempre sognato di amare.
LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2019
ISBN9788830504578
La vendetta del conte: Harmony History
Autore

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

Leggi altro di Louise Allen

Correlato a La vendetta del conte

Ebook correlati

Narrativa romantica storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La vendetta del conte

Valutazione: 3 su 5 stelle
3/5

1 valutazione0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La vendetta del conte - Louise Allen

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Bride’s Seduction

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2006 Melanie Hilton

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-457-8

    Prologo

    Londra, 6 giugno 1817

    «Con questo anello io ti sposo...»

    Marina arrossì, ma per fortuna il velo da sposa impedì che gli altri se ne accorgessero. Che cosa sto facendo? Perché non ho detto niente per impedirlo? Se solo fossi stata più forte, più decisa... Cercò di non guardare l’uomo alto e affascinante che era accanto a lei e di concentrarsi soltanto sulla cerimonia.

    «Vi dichiaro marito e moglie» disse il curato.

    Un mormorio concitato si diffuse nella chiesa di St. George. Erano tutti stupiti che Marina Winslow, la povera zitella, fosse riuscita a trovare un così buon partito?

    Justin le alzò il velo e la guardò negli occhi. Marina vide nel suo sguardo la sincerità e la gentilezza che le avevano fatto accettare la sua proposta di matrimonio. All’improvviso le sembrò che i propri timori fossero stupidi e infondati.

    Poi Justin si chinò a baciarla e di nuovo venne colta dal panico. Il timore era tornato, più forte di prima. Quello che provava quando lui la baciava era qualcosa che non aveva mai conosciuto, che la spaventava e la eccitava allo stesso tempo.

    Si vergognava di quello che stava provando e giurò a se stessa che suo marito, perché adesso Justin era suo marito, non avrebbe mai saputo quali sentimenti risvegliava in lei.

    Lui le offrì il braccio e Marina, per la prima volta, gli camminò al fianco con tutta la dignità del suo nuovo rango sociale.

    Miss Marina Winslow era diventata la Contessa di Mortenhoe. Sua madre si asciugò le lacrime senza alcun ritegno mentre la figlia le passava accanto al braccio del marito. Qualcuno le sorrideva con simpatia, altri la guardavano con curiosità o addirittura con una certa malignità.

    Marina ricambiò i sorrisi e ignorò le occhiate malevole. Chissà quanti dei presenti si chiedevano perché mai un gentiluomo ricco e affascinante come Justin Ransome, Conte di Mortenhoe, avesse sposato la scialba sorella del Barone di Winslow, la quale ormai aveva perso la speranza di trovare marito.

    Chissà perché aveva accettato di sposarlo..., si chiese ancora una volta Marina mentre uscivano dalla chiesa di St. George, in Hanover Square.

    Conosceva Justin solo da poche settimane e il conte non aveva mai finto di essersi innamorato di lei.

    Marina gettò il mazzo di fiori alle giovani invitate raccolte sul sagrato, che attendevano chiacchierando. Vide che lottavano per prenderlo al volo e scoppiò a ridere.

    Per un attimo temette di aver dimenticato troppo in fretta il suo nuovo rango, ma una rapida occhiata al marito la convinse di non aver commesso un errore così grave. Anche Justin stava ridendo divertito e non sembrava per nulla contrariato dal comportamento della moglie.

    Perché ha voluto sposare proprio me?

    La domanda continuava a tormentarla. Perché mai uno degli uomini più ambiti e più corteggiati di Londra aveva voluto chiedere in moglie una donna così poco attraente come lei, quando avrebbe potuto compiere la sua scelta fra giovani debuttanti e belle ereditiere?

    Se lo chiese ancora una volta mentre Justin l’aiutava a salire in carrozza, anche se ormai era troppo tardi per trovare una risposta.

    Troppo tardi davvero.

    1

    Nove settimane prima

    3 aprile 1817

    Respira profondamente, si disse Justin Ransome cercando di calmarsi. Mentre guardava il palazzo in Cavendish Square dove stava per entrare pensò che quel giorno, dopo vent’anni, sarebbe riuscito a ottenere la sola cosa che desiderava da quando era bambino.

    Prima di bussare strinse ancora una volta fra le dita la goccia di cristallo che teneva nella tasca destra della giacca, il suo inseparabile portafortuna. Poi bussò al portone.

    Sentì dei passi affrettati: di certo lo stavano aspettando.

    Si fece da parte e fu una buona idea perché, quando il portone si aprì, non vide apparire il maggiordomo, come si era aspettato, ma un ragazzino che uscì di corsa, inseguito da un cane grande quasi quanto lui.

    L’enorme cane si fermò a guardare Justin, ma solo per un attimo. Invece di mettersi ad abbaiare, come lui aveva temuto, si limitò a leccargli affettuosamente gli stivali e poi riprese a inseguire il padroncino.

    «Giles! Hector! Oh, mi dispiace! Vi prego di scusare mio fratello.»

    Justin si trovò davanti una giovane donna dagli occhi grigi, vestita come se fosse pronta per uscire.

    «Chi è Giles? E chi è Hector?» le domandò lui in tono divertito.

    «Giles è il mio fratellino, Hector è il cane. Sono Miss Marina Winslow, la sorella di Charles. Mi dispiace che Hector vi abbia sporcato gli stivali, ha la brutta abitudine di leccare tutto quello che vede.»

    «Sono felice di conoscervi, Miss Winslow. Non preoccupatevi per i miei stivali, basterà una ripulita e ritorneranno come prima. Io sono Justin Ransome» si presentò il gentiluomo, accostando le labbra alla mano che lei gli aveva teso.

    «Siete il Conte di Mortenhoe? Charlie mi aveva detto di aspettare una vostra visita. Chissà dove è andato a finire Bunting, il nostro maggiordomo. Ah, eccolo che arriva! Bunting, fate accomodare Lord Mortenhoe e avvertite mio fratello del suo arrivo. Prima però dite a Kyte di vedere che cosa può fare per i suoi stivali, Hector li ha leccati.»

    «Subito, Miss Winslow. Milord, se volete accomodarvi in salotto manderò subito a chiamare il valletto personale di Lord Winslow, che provvederà a lucidarli.»

    Il maggiordomo prese in consegna il cappello, il bastone e i guanti di Justin e gli aprì la porta del salotto mentre una giovinetta graziosa scendeva lo scalone.

    Justin la salutò con un inchino e la ragazzina, che non poteva avere più di quindici anni, arrossì confusa. Era molto carina, con grandi occhi azzurri, riccioli biondi sotto il cappellino di paglia e un nasino impertinente.

    «Mia sorella Elizabeth, milord» gli spiegò Miss Winslow, che era rimasta in piedi accanto al portone. «Vieni, Lizzie, andiamo. Non voglio pensare a che cosa sarebbero capaci di combinare Giles e Hector se arrivassero ai giardini prima di noi. Arrivederci, milord, e vi prego ancora di perdonare Hector per i vostri stivali.»

    Miss Winslow se ne andò e Justin rimase colpito dalla sua serenità. Non era una bellezza, ma infondeva uno strano senso di pace con il suo sorriso tranquillo. La pace di cui lui avrebbe avuto tanto bisogno.

    Quando fu nel salotto arrivò il valletto personale di Lord Winslow. Vide i suoi stivali e soffocò a stento un grido di raccapriccio. «Farò quello che posso, milord. Li laverò con l’acqua calda e poi li asciugherò e li luciderò con un panno di pelle di camoscio. Mi auguro che possa bastare. Permettete che ve li tolga?»

    Justin non si oppose, il valletto se ne andò e, quando Lord Charles Winslow arrivò a salutarlo, lo trovò solo con le calze.

    «Piove?» gli domandò incuriosito, mentre si stringevano le mani.

    «No, milord. Il vostro cane» gli rispose Justin semplicemente.

    «Oh, allora capisco. Spero che Kyte stia provvedendo a rimediare al danno. Vi faccio portare un paio di pantofole, milord? No? Non c’è problema, allora possiamo accomodarci nel mio studio.»

    Una volta nello studio Justin si sedette davanti alla scrivania. Dalle ampie finestre si godeva una bella vista dei giardini di Cavendish Square, dove il piccolo Giles e il suo cane stavano giocando sotto gli occhi delle sorelle maggiori, che si erano sedute su una panchina dopo aver aperto i graziosi parasoli.

    «Brandy?» gli domandò il giovane barone.

    «Per me no, grazie.»

    Lord Winslow si riempì il bicchiere e poi si sedette davanti a lui. Justin notò che Charles somigliava molto alla sorella più giovane, Lizzie, nonostante lei fosse bionda e lui castano, come la sorella più grande. Doveva avere all’incirca ventisette anni, ma sembrava più vecchio, di certo per la sua nota abitudine di giocare e gozzovigliare fino all’alba con gli amici.

    Era considerato un uomo molto attraente e, di certo, anche Elizabeth sarebbe diventata una vera bellezza. La sorella più grande, invece, non aveva niente che la rendesse particolare, almeno per quanto riguardava l’aspetto. Di Giles non si poteva ancora dire nulla, era troppo piccolo per prevedere se sarebbe stato all’altezza del fascino del fratello.

    «Aspetteremo che Kyte vi riporti gli stivali, se permettete» gli disse Charles. «Sarebbe spiacevole essere interrotti mentre parliamo d’affari.»

    «Certamente» approvò Justin, per quanto fosse ansioso di cominciare.

    Calmati, si ripeté, anche se quello che stava per fare era troppo importante per lui.

    Fuori intanto, nel piccolo parco della piazza, Miss Winslow stava cercando di allontanare Hector che tentava di riportarle una palla caduta nel fango. Rideva mentre teneva a bada il cane e Justin provò il desiderio di sentire il suono della sua risata.

    «Giles, vieni subito a mettere il guinzaglio al cane» stava dicendo Marina fra le risate. «Come fa a infangarsi sempre in questo modo? Cerca di tenerlo fermo, per favore.»

    Giles però trovava molto divertente lottare con il cane sporco di fango e Lizzie non era da meno. Facevano più chiasso loro di Hector.

    «Comportatevi bene. Cerchiamo di sembrare una famiglia normale» li sgridò la sorella, «e non dei saltimbanchi.»

    Lizzie obbedì subito, Giles un po’ più a fatica. Quando il cane fu al guinzaglio Miss Marina si alzò dalla panchina e condusse i fratelli a fare una passeggiata fra le aiuole fiorite.

    «Chi era quel bel gentiluomo che è arrivato in casa nostra?» le chiese Lizzie mentre passeggiavano.

    «Era Lord Mortenhoe. Devi sforzarti di ricordare i nomi, Lizzie. Quando debutterai in società non farai certo bella figura, se ti dimenticherai i nomi delle persone che ti presentano» le rammentò Marina in tono materno.

    Lizzie non prese per nulla in considerazione il consiglio della sorella maggiore, che da tante stagioni aveva debuttato in società, ma non era ancora riuscita a trovare un marito. «Perché Lord Mortenhoe ha fatto visita a Charlie?» volle sapere.

    «Affari, ritengo. Cose che non ci riguardano» aggiunse Marina.

    «Che cosa significa affari? Che uno di loro deve dare del denaro all’altro? Speriamo che sia Lord Mortenhoe che deve dare del denaro a Charlie. Sarebbe una bella consolazione per la mamma.»

    «Ma che cosa dici, Lizzie!» si scandalizzò Miss Winslow.

    «So quel che dico. Qualcuno mi ha raccontato che Charlie sarebbe capace di scommettere su qualunque cosa, perfino su quale mosca si poserà per prima sul davanzale della finestra, ma perde sempre. Anche a papà piaceva scommettere e giocare a carte, però lui vinceva. Quando debutterò in società vincerò anch’io, come faceva papà. Non voglio perdere come Charlie.»

    Marina evitò di farle una predica a proposito delle conseguenze nefaste del gioco d’azzardo. Lizzie non avrebbe debuttato in società che di lì a due anni, c’era tutto il tempo per insegnarle a evitare simili tentazioni.

    «Lord Mortenhoe è molto bello, non è vero? Hai detto che è un conte?» le chiese ancora la sorellina.

    «È un conte e ha un bell’aspetto, sì» confermò lei.

    Tenne per sé il fatto di non aver mai visto un uomo tanto attraente. Alto, spalle larghe, lineamenti classici e una voce profonda e carezzevole al tempo stesso. Il suo cuore aveva incominciato a battere forte, quando lo aveva visto.

    «Ma la cosa più importante» aggiunse per educare bene la sorella, «è che sembra un vero gentiluomo. Questo solo deve interessare a una signora.»

    «Lo dici tu!» fu il parere sprezzante di Lizzie. «Preferirei morire, piuttosto che sposare qualcuno con i denti guasti come Mr. Percival o che abbia la faccia di un merluzzo, che sia un vero gentiluomo o meno.»

    Marina rimase sbigottita. «Non ho mai visto nessuno che abbia la faccia di un merluzzo!» obiettò.

    «No? Non ti ricordi di Sir Willoughby Cavendish?»

    Marina cercò di reprimere una risata. Santo cielo, Lizzie aveva ragione! «Una ragazzina della tua età non dovrebbe parlare così di un gentiluomo. Ed è troppo presto perché pensi a chi vorresti sposare.»

    «Un giorno dovrò sposarmi, no? Dovrà essere un uomo ricco, perché noi non abbiamo un soldo di dote. E se sarà anche bello, tanto meglio» fu il parere della sorellina.

    Il valletto di Lord Winslow tornò con gli stivali di Lord Mortenhoe lucidati a dovere e l’aiutò a infilarseli.

    «È una fortuna che il cane li abbia solo leccati, milord» gli fece notare. «Sarebbe stato un disastro, se li avesse anche graffiati.»

    Kyte li aveva lucidati così bene, pensò Justin, che il suo valletto ne sarebbe rimasto meravigliato e indispettito al tempo stesso. Shepton pensava che nessuno al mondo sapesse tirare a lucido gli stivali come lui.

    Il valletto se ne andò, quindi Lord Winslow si versò un altro bicchiere di brandy e cominciò a discutere di affari.

    «Forse vi sembrerà strano che io voglia vendere Knightshaye, una proprietà che da tanto tempo appartiene alla mia famiglia» esordì, lievemente a disagio.

    «Dato che per sette anni, cioè da quando sono diventato maggiorenne, ho chiesto invano di acquistarla prima a vostro padre e poi a voi, devo ammettere di essere abbastanza sorpreso che abbiate accettato di venderla» replicò il conte.

    «Mio padre, il defunto barone, aveva giurato che non ve l’avrebbe mai ceduta né che l’avrebbe venduta a chiunque fosse disposto poi a rivenderla a voi. Mi aveva anche ordinato di fare lo stesso, ma non riesco proprio a immaginarne la ragione.»

    «Davvero?» gli chiese Justin, cercando di non sembrare scettico.

    «Voi la conoscete? Immagino che tutto si debba far risalire a qualche vecchia ruggine fra mio padre e vostro padre. Storia antica» commentò Lord Charles con un’alzata di spalle. «Non vedo alcun motivo di prolungare nel tempo una faida di cui nessuno ricorda più la ragione.»

    «Così siete davvero deciso a venderla?»

    Justin cercò in qualche modo di dominare la felicità. Non sarebbe stato prudente rivelare quanto era eccitato all’idea di diventare il nuovo padrone di Knightshaye, doveva mantenersi assolutamente calmo.

    Guardò di nuovo verso i giardini di Cavendish Square e scorse Miss Marina Winslow che stava sorvegliando la sorella e il fratellino che giocavano con il cane. Anche se non era ancora sposata sembrava possedere la tranquilla dolcezza di una madre di famiglia.

    Justin sorrise: gli bastava guardare Miss Winslow per sentirsi rasserenato.

    «Sono costretto a venderla. A quanto pare, come mi ripetono spesso quelli più saggi di me, sto cercando una scorciatoia per l’inferno» gli rispose Lord Charles.

    Justin si riscosse dai propri pensieri e

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1