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Scandalose indiscrezioni: Harmony History
Scandalose indiscrezioni: Harmony History
Scandalose indiscrezioni: Harmony History
E-book238 pagine11 ore

Scandalose indiscrezioni: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1801
Lady Isobel Jervis, bandita dalla buona società in seguito a uno scandalo, si rifugia in campagna, ospite di un'amica, e qui incontra Giles Harker, un attraente architetto incaricato di ristrutturare la dimora. Giles è affascinato dalla spregiudicatezza della fanciulla, che non sembra affatto preoccupata dalle indiscrezioni che circolano sul suo conto, mentre Isobel è ammaliata dal carattere forte e determinato del giovane. E in breve, tra battibecchi e occhiate roventi, tra i due giovani sboccia un tenero sentimento. Ma la loro storia non può avere futuro, a meno che il nome di Isobel non venga riabilitato. E Giles, che vuole passare con lei il resto della vita, è deciso a provare la sua innocenza.
LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2019
ISBN9788830504554
Scandalose indiscrezioni: Harmony History
Autore

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Scandalose indiscrezioni - Louise Allen

    Immagine di copertina:

    Nicola Parrella

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Regency Rumours

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2013 Melanie Hilton

    Traduzione di Laura Maggi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-455-4

    1

    Cambridgeshire, Old North Road. 2 febbraio 1801

    La carrozza procedeva a sobbalzi, concedendo a Isobel una gradita distrazione dall’interminabile chiacchiericcio che la sua domestica non aveva interrotto dalla loro partenza da Londra. «Non è un vero e proprio esilio questo, vero, milady? Vostra madre ha detto che ve ne andrete a trascorrere un po’ di tempo in campagna per la vostra salute.»

    «Dorothy, so bene che stai cercando di risollevarmi l’umore, ma esilio è esattamente la parola giusta.» Lady Isobel Jervis osservò la ragazza con malcelata esasperazione. «Chiamarlo trascorrere un po’ di tempo in campagna equivale a stendere un velo pietoso sulla verità. I gentiluomini trascorrono del tempo in campagna quando devono sfuggire ai creditori a Londra. Sono stata scacciata, in disgrazia, e questo è un esilio. Se si trattasse di un romanzo gotico, il fatto che sia una totale e immeritata ingiustizia l’ammanterebbe di fascino. Ma non lo è.» Attraverso la pioggerella fissava i declivi che scorrevano oltre il finestrino della carrozza. In effetti, l’ingiustizia non faceva altro che accrescere la rabbia e l’infelicità.

    Già un’altra volta si era rifugiata in campagna, ma si era trattato di un’azione volontaria, giustificata ed essenziale. Stavolta era del tutto diverso.

    «Era l’indicazione per Cambridge quella che abbiamo appena passato» osservò Dorothy in tono allegro. Era stata gaia in modo esasperante da quando era scoppiato lo scandalo. Isobel era convinta che non avesse ascoltato una sola parola di quello che le aveva appena detto.

    «In tal caso non possiamo essere lontani da Wimpole Hall.» Isobel tirò fuori le mani dalla coperta foderata di pelliccia ed estrasse l’orologio dal bauletto. «Sono quasi le due. Siamo partiti da Berkeley Street poco prima delle otto e abbiamo perso un’ora per il pranzo e il cambio dei cavalli, dunque abbiamo fatto in fretta.»

    «E la pioggia è pure diminuita» aggiunse Dorothy intenzionata a trovare un’altra ragione per rallegrarsi.

    «Sì. Arriveremo con la luce del giorno e all’asciutto.» La diligenza rallentò, poi si infilò dentro i maestosi pilastri del cancello. Dal proprio sedile sulla sinistra, Isobel vide la mole di una locanda in mattoni e un’insegna ondeggiante. «L’Hardwicke Arms. Finalmente siamo arrivati.»

    Isobel prese a osservare con maggior interesse la vista dal finestrino: sarebbe stata la sua casa per i successivi due mesi.

    Il parco, punteggiato di alberi, comparve sulla sinistra. Intravide una piccola costruzione in pietra sulla cima di una collinetta, poi, dietro una leggera curva, apparve la casa.

    «Oh, Signore!» esclamò Dorothy.

    «È la più grande dimora della contea» dichiarò Isobel. «Pensavo si trattasse di un piccolo palazzo, da ciò che aveva detto mia madre, comunque sembra accogliente, non credi? Come Bythorn Hall, la nostra dimora.» Non era certo una semplice casa signorile, ma i mattoncini rossi le conferivano calore nonostante l’aria fredda dell’umido febbraio.

    La carrozza si accostò alla doppia scalinata sotto l’ingresso principale. Troppo veloce. Isobel lottò contro l’improvvisa ondata di ansietà. Il Conte e la Contessa di Hardwicke le avevano offerto ospitalità in nome dell’antica amicizia con i suoi genitori: Philip Yorke, il terzo conte, aveva conosciuto suo padre, il Conte di Bythorn, a Oxford.

    «Comportati bene, Dorothy» l’ammonì. «Il conte è stato nominato viceré d’Irlanda, quindi rappresenterà il sovrano.»

    «Terra straniera, ecco cos`è l’Irlanda» replicò altezzosa la cameriera.

    «Non sono d’accordo. Fa parte del nuovo Regno Unito» obiettò Isobel. «Hai apprezzato le celebrazioni d’inizio d’anno, non fingere che non sia così! Devo ammettere che mi piacerebbe visitare Dublino quando il conte e la contessa vi si recheranno, in aprile, ma temo che avranno cose ben più importanti di cui occuparsi.»

    In effetti era stato un gesto davvero gentile da parte di Lord Hardwicke e di Elizabeth, la sua arguta e intellettuale contessa, dare asilo alla figlia in disgrazia del loro vecchio amico in un momento tanto cruciale della loro esistenza. Tornava comodo ai Jervis diffondere la voce che la figlia avrebbe aiutato la contessa nei preparativi, ma Isobel era certa che avrebbe rappresentato più una distrazione che un aiuto.

    Avrebbe desiderato fuggire nella residenza di campagna della sua amica Jane Needham, nel profondo Herefordshire. Era remota, sicura ed emanava calore e affetto. Sua madre, però, era stata irremovibile: se lo scandalo obbligava sua figlia a ritirarsi da Londra, l’avrebbe fatto in pompa magna, sotto l’ala di un’eminente e aristocratica famiglia.

    Le porte si aprirono, i lacchè scesero gli scalini e Dorothy prese a raccogliere i loro scialli sparpagliati e le borsette, mentre Isobel si allacciava i nastri del cappellino e si sforzava di ritrovare la padronanza di sé.

    Era troppo tardi per tornare indietro: la porta della carrozza si aprì e un lacchè le offrì il braccio, conducendola all’interno della casa. Isobel raddrizzò le spalle, si disse che i brividi che sentiva lungo la schiena erano dovuti al gelo di febbraio e scese il predellino con il sorriso sulle labbra.

    «Mia cara Isobel! Il freddo ha disegnato delle rose sulle vostre guance. Lasciate che vi abbracci.» L’ingresso sembrava pieno di persone, ma la voce calda di Lady Hardwicke ebbe un effetto corroborante immediato, risollevandole l’umore e i nervi. «Che giornata orrenda, eppure ci avete impiegato così poco tempo!»

    L’afferrò prima che Isobel terminasse l’inchino e lei rispose di cuore all’abbraccio. «Vi ringrazio, madame. È stato un viaggio tranquillo, ma devo ammettere che è un gran sollievo trovarmi qui.»

    «Per favore non chiamatemi madame. Sono la vostra cugina Elizabeth anche se la parentela da parte di vostra madre è piuttosto alla lontana. Venite a salutare il conte. Siete amici di lunga data, non è così?»

    «Milord.» Questa volta Isobel riuscì a fare l’inchino all’uomo dai grandi occhi scuri e seri e dal viso perspicace. Philip Yorke era un uomo sulla quarantina, ma la sua espressione vivace lo faceva apparire più giovane.

    «Benvenuta a Wimpole, mia cara Isobel.» Le prese le mani, sorridente. «Quale giovane affascinante siete divenuta! Sono già passati quattro anni dall’ultima volta che vi ho vista?»

    «Sì, milord. Dopo che Lucas... dopo il funerale di Lord Needham.» Non appena ebbe pronunciato quelle parole, Isobel si sarebbe morsa la lingua. Vide il volto del suo ospite accigliarsi, quindi si affrettò a continuare. «È bello incontrarvi in circostanze più liete. Posso congratularmi per la vostra nomina a viceré?»

    Lui sorrise in segno di gratitudine per il suo tatto. «Vi ringrazio, mia cara. Un grande onore del quale spero solo di essere meritevole.» Dietro di lui uno dei due uomini in piedi accanto al maggiordomo si spostò leggermente. «Permettete che vi presenti gli altri ospiti.» Il conte si girò per farli avanzare. «Mr. Soane, che sta svolgendo un ottimo lavoro in casa per noi, e Mr. Harker, anche lui architetto, assiste Mr. Soane. Signori, Lady Isobel Jervis, figlia del mio vecchio amico, il Conte di Bythorn.»

    «Milady.» I due uomini si inchinarono. Mr. Soane aveva quasi cinquant’anni, era scuro di capelli, aveva il volto affilato e il suo aspetto era più distinto che attraente. Viceversa Mr. Harker era, senza alcun dubbio, l’uomo più bello su cui Isobel avesse mai posato gli occhi.

    Perfino una donna che avesse deciso di respingere il sesso maschile per sempre, avrebbe vacillato al cospetto di quell’uomo. Era semplicemente perfetto. Alto, muscoloso ed elegantemente proporzionato. I capelli, castano dorati, erano folti e ondulati, leggermente lunghi. I lineamenti erano cesellati e gli occhi verdi, pensò Isobel sconfinando senza ritegno nel poetico, possedevano una sfumatura tra il mare ombroso e il folto di una foresta.

    Era assurdo che un uomo avesse un aspetto simile, decise mentre i due mormoravano i saluti. Addirittura superfluo essere tanto attraente. Doveva avere qualcosa che non andava. Magari non era intelligente, ma in tal caso il conte non avrebbe usufruito dei suoi servigi. Forse nei rapporti sociali era inopportuno, o effeminato, o possedeva una voce stridula, o denti malconci, o una stretta di mano debole...

    «Lady Isobel» pronunciò lui con una voce che la indusse a pensare al miele e con un sorriso che rivelò una dentatura perfetta. Le prese la mano con decisione.

    Perfezione in tutto. Isobel deglutì, sconvolta dall’improvvisa attrazione che provò al vederlo. Un semplice impulso fisico, ovvio; era una donna e non certo di pietra. Ma quel sorriso perfetto non coinvolgeva gli occhi e la voce era profonda ma non calda. Che si trattasse di timidezza?

    I due architetti fecero un passo indietro mentre la contessa impartiva istruzioni al maggiordomo e il conte si informava sul viaggio. Isobel si accorse che poteva osservare il profilo di Mr. Harker in un lungo specchio appeso alla parete. Chissà cosa si provava a essere tanto belli?, si domandò. Non era un problema che l’affliggeva, dato che sapeva di essere passabilmente attraente – elegante e affascinante erano le parole di solito usate per descriverla – ma non era certo una gran bellezza. Lo studiò con occhio critico chiedendosi dove si nascondessero difetti e debolezze.

    Poi vide che quei notevoli occhi verdi erano fissi in un punto e, seguendone la direzione, si rese conto che osservavano il suo riflesso in un quadro. Stava fissando Mr. Harker nel modo più sfacciato e lui sosteneva il suo sguardo.

    Lentamente si girò in modo da averlo di fronte. Mentre i loro occhi si incontravano si sentì attraversare da un’ondata di emozione. Attrazione fisica ma anche curiosità e uno strano senso di riconoscimento. I suoi occhi celavano qualcosa di interrogativo e misterioso, una senso di tristezza che la colpì al cuore. Solitudine? Malinconia? Quel pensiero le attraversò la mente per una frazione di secondo prima che entrambi battessero le palpebre e lei tornasse con il pensiero al passo falso che aveva appena commesso. Essere sorpresa mentre fissava sfacciatamente un uomo!

    Purtroppo il pavimento non la inghiottì e Isobel, con il residuo di forza d’animo che le restava fu costretta a lottare contro il rossore che le saliva alle guance. Abbozzò un sorriso. Erano entrambi abbastanza adulti da poter sorvolare sull’incidente con tollerabile compostezza. Si aspettava di ricevere in risposta una mascolina e sciocca manifestazione di vanità o un imbarazzato cenno che confermasse che entrambi erano stati colti sul fatto. Ciò che non si aspettava era di accorgersi che quelle emozioni complesse e ammalianti che aveva osservato un attimo prima si trasformavano in inequivocabile disprezzo.

    L’espressione del viso di Mr. Harker non solo era altezzosa, ma anche fredda e noncurante. Su quella bocca ben disegnata comparve una lieve smorfia. Era indubbio che voleva farla sentire una sciocca ragazzetta che faceva gli occhi dolci a un uomo attraente.

    Ebbene, non era il suo caso. Isobel sollevò il mento e rispose al suo sguardo con gelido sdegno. Che insopportabile arroganza! Si trovava in quella casa da appena cinque minuti, si erano scambiati qualche parola e già lui aveva sviluppato un’antipatia nei suoi confronti. Chi si credeva di essere per guardarla in quel modo? Pensava forse che un bell’aspetto gli donasse una superiorità divina?

    «Vogliamo salire di sopra?»

    «Certo, madame... cugina Elizabeth» rispose Isobel con il sorriso più caldo che le riuscì. «Signori.» Fece un cenno del capo al conte e a Mr. Soane, che stavano conversando, ignorò Mr. Harker e seguì la contessa verso la scalinata.

    Quell’affronto le sembrò ingiusto. Perché mai gli uomini dovevano trattarla in quel modo? Isobel inciampò nel primo scalino e si rimproverò. Lei non aveva fatto nulla per meritarlo. Erano semplicemente incapaci di accettare che una fanciulla potesse non ritenerli perfetti sotto ogni aspetto.

    Nell’aria si percepiva un lieve sentore di pittura e di intonaco e lei si guardò attorno mentre salivano. «Mr. Soane ha compiuto un grande lavoro per noi, inclusi i cambiamenti alla scalinata» le spiegò la contessa mentre giungevano al pianerottolo del primo piano. Sembrò non notare che la sua ospite era distratta, o forse pensò che fosse stanca per il viaggio. Entrarono da una doppia porta in un vestibolo e poi in una stanza con una bella finestra con vista panoramica sul parco.

    «Questo è il vostro salotto. La vista è molto bella quando splende il sole.» Lady Hardwicke si voltò con un sorriso quasi dolente. «Questa era la parte finale di un lungo corridoio fino a quando Mr. Soane non ha trasformato nel salotto giallo quello che era il cortile interno e poi, ovviamente, ha dovuto ristrutturare le scale. Mi sembra che abbiamo vissuto per anni tra i costruttori.» Sospirò guardandosi attorno. «Avevamo appena finito di sistemare Hammels Park quando lo zio di Philly morì e lui ereditò il titolo e dovemmo incominciare tutto da capo qui, dieci anni fa.»

    «È davvero incantevole.» Richiamata da alcuni rumori provenienti dalla porta accanto, Isobel sbirciò dentro e scoprì che la sua bella camera da letto aveva una vista identica rivolta a sud.

    Dorothy fece un inchino quando entrarono e si affrettò a infilarsi in una porta sul lato opposto per disfare i bagagli. Isobel vide che le sue pantofole erano già state poste accanto al fuoco e che la sua veste da camera era stesa ai piedi del letto.

    «Catherine, Anne e Philip saranno dispiaciuti di non potervi dare il benvenuto.» La contessa prese a muoversi per la stanza, spostando un vaso di fiori sul camino e controllando i titoli dei libri posti accanto al letto. «Non pensavamo che faceste tanto in fretta ad arrivare, così sono usciti dopo pranzo per fare una visita alla loro vecchia governante a Royston.»

    «Cugina Elizabeth.» Di getto Isobel chiuse la porta comunicante con lo spogliatoio e andò verso la donna per prenderle una mano e guardarla dritta in viso. «So che avete scritto che credete alla mia versione della storia, ma è soltanto per l’amicizia con mia madre? Dovete dirmelo sinceramente e non per gentilezza. La mamma ha insistito che non avreste mai lasciato avvicinare le vostre figlie a una giovane che avesse avuto parte in uno scandalo, ma non posso fare a meno di pensare che forse pensate che non vi sia fumo senza una qualche scintilla di fuoco. Ritenete che sia del tutto estranea a questo scandalo? Mi sento talmente a disagio al pensiero che possiate provare riserve circa un mio contatto con le ragazze.» Esitò fino a interrompersi, timorosa di farfugliare. La contessa aveva la reputazione di donna irreprensibile.

    «So che non avreste mai compiuto azioni immorali, Isobel.» La sua coscienza ebbe un fremito mentre la contessa la guidava verso le sedie accanto al fuoco. «Tuttavia vostra madre è stata talmente discreta che non ho alcuna idea di cosa sia esattamente avvenuto. Forse, se conoscessi i dettagli, potrei difendermi meglio dai pettegolezzi.»

    Isobel fissò il fuoco. «Quando Lucas morì avevo vent’anni. Rimasi in campagna per quasi un anno con la mia vecchia compagna di scuola Jane, che aveva sposato il fratellastro di Lucas. Rammenterete che annegò nello stesso incidente. Jane era incinta e la loro casa era isolata: il ritrovarci insieme è stato d’aiuto a entrambe. Io volevo restare lì, ma la mamma provava il desiderio che tornassi in società. Io ero contraria. Ero più grande delle altre ragazze, nessun uomo provava il minimo interesse nei miei confronti e io non permettevo che fosse altrimenti. Mi guadagnai la reputazione di essere gelida e altezzosa verso i gentiluomini, ma francamente non mi importava. Non volevo sposare nessuno, mi capite? La mamma pensò che dovessi ritentare quest’anno e, per mettermi a mio agio, mi mandò alla festa dagli Harrington a Long Ditton, lo scorso gennaio. Sapevo di non godere di grande popolarità, ma non avevo compreso che ciò che sarebbe stato considerato accettabile in una bellezza con una vasta fortuna, era semplicemente irritante in chi fosse dotata di un aspetto passabile e di una dote propria di una secondogenita di un conte.»

    «Oh, cara» mormorò Lady Hardwicke.

    «È senz’altro così» osservò Isobel amaramente. «Sembra che invece di essere scoraggiati dalla mia mancanza di interesse e dall’atteggiamento sprezzante, alcuni gentiluomini abbiano preso il tutto come un insulto e una sfida, e abbiano deciso di darmi una lezione. La sera della festa, molto tardi, mi trovavo in camera mia, seduta a leggere in veste da camera, quando la porta si aprì e tre di loro entrarono. Avevano bevuto e portato del vino con loro con la ferma intenzione di riscaldarmi e mostrarmi cosa mi stavo perdendo.»

    Un ceppo crollò in una nuvola di scintille. «Avrei potuto gridare, certo, e fu per questo che in seguito non riuscii a convincere tutti di non averli invitati. Scioccamente cercai di farli ragionare, di mandarli via in silenzio prima che qualcuno li scoprisse. Tutti chiesero un bacio, ma io capivo che sarebbero andati oltre. Spinsi Lord Halton e lui crollò all’indietro contro un paravento, che si ruppe con un orribile frastuono. Quando una mezza dozzina di persone fece irruzione nella mia stanza, Halton stava tracannando vino dalla bottiglia nel punto in cui era caduto, Mr. Wrenne era stravaccato sulla mia sedia e incitava Lord Andrew White, che mi teneva bloccata contro la colonna del letto a baldacchino e mi baciava, malgrado mi dibattessi. Una delle prime a entrare fu Lady Penelope Albright, fidanzata di White. Nessuno mi credette quando affermai di non aver fatto nulla per incoraggiarli, figuriamoci lasciarli entrare in camera mia. Lady Penelope venne colta da una crisi isterica, ruppe il fidanzamento ed è caduta in una tale

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