Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Le regole del capo: Harmony Jolly
Le regole del capo: Harmony Jolly
Le regole del capo: Harmony Jolly
E-book174 pagine2 ore

Le regole del capo: Harmony Jolly

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo? Certo! Provare per credere!

Regola N.1: Mai mischiare lavoro e piacere
Regola N.2: Solo una notte
Regola N.3: Mai voltarsi indietro
Joe McIntyre si è sempre attenuto a queste tre semplici regole nelle relazioni con le donne. Proprio per questo Imogen Lorrimer, che desidera un partner attento e amorevole, sa che il suo capo non è l'uomo giusto per lei. Perché allora non fa che desiderarlo?
Durante un viaggio di lavoro a Parigi, un bacio infrange la Regola N.1: il vero problema però si presenta durante un matrimonio in Algarve, quando rispettare le Regole N.2 e N.3 diventa sempre più difficile...
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2019
ISBN9788830501034
Le regole del capo: Harmony Jolly

Leggi altro di Nina Milne

Autori correlati

Correlato a Le regole del capo

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Le regole del capo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Le regole del capo - Nina Milne

    successivo.

    Prologo

    Caro diario,

    mi chiamo Imogen Lorrimer e la mia vita al momento non si può proprio definire stellare.

    Per prima cosa è molto probabile che il mio capo provvisorio mi licenzi. Si chiama Joe McIntyre e – giusto per confondermi ancora di più – ha iniziato ad apparirmi nei sogni.

    Nudo.

    La notte scorsa è stato il sogno migliore.

    Non voglio soffermarmi sui dettagli, ma eravamo nel suo ufficio e... Ecco, diciamo che erano coinvolte diverse posizioni... e anche diversi mobili dell'ufficio... la scrivania in vetro, la sedia girevole rossa...

    Certo che lo so che è assolutamente poco professionale e del tutto inappropriato!

    In mia difesa posso solo dire che lui è bellissimo.

    Immaginati dei capelli arruffati – castano scuro, un po' lunghetti, con dei ciuffi in aria, davvero sexy. Immaginati degli occhi color cioccolato, ma quello costoso. Un naso importante ma non troppo spiccato, un volto allungato dalla mascella scolpita e dal mento deciso. Oh... e un fisico da sballo.

    Il problema è che, per quanto io apprezzi la versione onirica di Joe McIntyre, quella reale è una macchina studiata per sterminare la nostra ditta senza alcuna pietà. Infatti è l'esperto che hanno chiamato per ristrutturare la Langley Interior Design e noi rischiamo tutti di perdere il posto.

    Ed è molto probabile che domani mi licenzi su due piedi – soprattutto considerata la cavolata che ho combinato di recente.

    No, non posso permettere che accada. Non mi posso permettere di perdere il posto di lavoro. Sarebbe davvero la ciliegina sulla torta.

    Perché al momento – per essere precisi – sono, innanzi tutto, senza casa. Quel farabutto del mio fidanzato, Steve, mi ha appena piantato dopo tre anni per tornare dalla sua ex, Simone, e mi ha buttato fuori dall'appartamento che dividevamo. E così adesso abito dalla mia migliore amica, ma, anche se amo Mel come la sorella che non ho mai avuto, per ora posso dormire solo su un letto per gli ospiti.

    Secondo – ho anche il cuore spezzato. Steve aveva tutto quello che sognavo in un uomo. Credevo davvero che fosse lui, quello giusto.

    E sono al verde. Ho buttato tutti i miei risparmi in una vacanza romantica per me e Steve. E – roba da non credere – lui adesso ci sta portando Simone. Si può essere più umiliati di così?

    Non c'è da meravigliarsi che io vagheggi quando sogno. La mia vita fa schifo.

    Quindi mi sembra proprio il momento ideale per un gelato.

    Tua Imogen

    1

    Joe McIntyre si appoggiò alla sedia ultramoderna dell'ufficio e prese il CV dalla superficie in cristallo della scrivania.

    Imogen Lorrimer. L'assistente personale di Peter Langley degli ultimi cinque anni.

    Imogen, con quei capelli corvini e quegli immensi occhi grigiazzurri.

    Un moto di irritazione gli fece tendere i nervi. Era irrilevante il suo aspetto. Mai confondere gli affari e il piacere. Quella era, sì, una regola assoluta, insieme a Solo per una notte e Mai voltarsi indietro. Tutte tratte dal Libro dei rapporti personali di Joe McIntyre. Conciso, piacevole e di facile utilizzo.

    Joe emise un sospiro mentre gli occhi gli cadevano sulle e-mail. Di nuovo Leila. Peccato che il suo manuale non gli suggerisse come comportarsi con la ex riapparsa da un passato che preferiva dimenticare.

    Non era quello però il momento di aprire quel vaso di Pandora. Il suo senso di colpa era già così radicato che aveva acconsentito ad andare al suo matrimonio, quindi non c'era proprio nessun motivo di dedicarle altro tempo riflettendo ancora su di lei. Ora doveva concentrarsi sul prossimo colloquio.

    Due giorni prima Imogen Lorrimer aveva catturato la sua attenzione appena entrata nella sala riunioni, dove lui aveva convocato il primo meeting con tutto lo staff della Langley. Con un cenno del capo Joe l'aveva nervosamente invitata a sedersi, ma subito dopo era rimasto bloccato dalla tonalità dei suoi occhi che gli avevano lanciato una rapida occhiata da sotto una frangetta nerissima. Per la frazione di un secondo aveva farfugliato, pietrificato da quel colore che non era né grigio né blu, ma una sfumatura a metà tra i due.

    Da allora, incontrandola in corridoio, l'aveva fissata più di una volta, mentre lei gli passava a fianco a testa bassa, chiaramente intenzionata a evitare qualsiasi contatto visivo.

    Ma era normale che la gente fosse nervosa con lui nei paraggi. Dopotutto era un professionista e tutti sapevano benissimo che aveva il potere di licenziare chiunque. Un potere di cui lui si serviva quando necessario, e in effetti quella mattina ne aveva già fatto uso. Se la Langley Interior Design avesse tratto giovamento dal licenziamento di Imogen Lorrimer, lui non avrebbe esitato. A prescindere da quanto la trovasse attraente.

    Un discreto bussare alla porta aperta del suo ufficio e Joe alzò gli occhi.

    Ulteriormente seccato nel comprendere di aver passato l'ultima mezz'ora a prepararsi all'impatto, dovette ripetersi più volte che Imogen Lorrimer non era altro che una dipendente che lui aveva il compito di valutare. Non doveva essere attratto da lei in quel modo sconcertante.

    Per un istante lei esitò sulla soglia e il cuore gli accelerò i battiti senza che potesse farci nulla.

    Era ridicolo. Con quel tailleur blu scuro, dalle linee rigide e i capelli neri raccolti in una crocchia lucente, Imogen era l'incarnazione della professionalità. Il minimo che poteva fare era fingere di esserlo anche lui, il che significava che doveva smetterla di guardarla. «Entra.» Si alzò in piedi e lei avanzò rigidamente verso di lui, emanando tensione nervosa.

    «Signor McIntyre...» lo salutò con voce stridula e ansimante.

    «Joe va bene» la interruppe, sedendosi e indicandole la sedia davanti a sé con un cenno del capo. «Siediti.»

    Un ordine di certo chiaro. Ma, a quanto pareva, non era così. Le sopracciglia gli si arcuarono per lo stupore nel vedere Imogen fremere, fissare la sedia girevole per alcuni secondi, guardare lui e poi di nuovo la sedia.

    Joe si strofinò la nuca. Come era normale aspettarsi nello studio di un architetto di interni, quell'oggetto d'arredamento era molto bello: cuoio rosso, design raffinato, comodo... non passava di certo inosservato.

    Però era pur sempre solo una sedia.

    Eppure Imogen continuava a fissarla e le sue guance avevano assunto la stessa tonalità rossa del cuoio.

    L'impazienza portò Joe a tamburellare con le dita sulla scrivania e a quel suono lei si riscosse. Ruotando sulle ballerine blu navy, lei fissò la scrivania, chiuse gli occhi come se soffrisse e poi trasse un forte respiro.

    «C'è qualche problema?» indagò lui. «La sedia ha qualcosa che non va?»

    «Certo che no. Scusa» aggiunse sedendosi e stringendosi poi le mani sul grembo.

    «Se non è la sedia, allora devo essere io» concluse lui. «Capisco che tu possa essere un pochino nervosa, ma, non preoccuparti, non mordo.»

    Lei strinse le mani sui braccioli come se fosse sulle montagne russe. «Buono a sapersi» disse guardandolo con degli occhi blu incredibili. «Mi dispiace... Io di solito non sono così nervosa. È solo che... chiaramente... Be'...» Serrò gli occhi stringendo le labbra lucide.

    Joe si sentì prendere dall'esasperazione. Quella era la donna che Peter Langley gli aveva descritto come il pilastro della società. Non c'era da stupirsi che la Langley fosse nei guai. Forse avrebbe dovuto porre fine a quel colloquio immediatamente.

    Aveva appena aperto la bocca per farlo, quando lei spalancò gli occhi, si sistemò sulla sedia e... Bang!

    Nella mente gli sfrecciò l'immagine di Imogen Lorrimer che si alzava per togliersi con una scrollatina la gonna blu, la giacca e per poi sbottonarsi lentamente i bottoni in madreperla della camicetta bianca. Quindi si scioglieva i capelli nerissimi sulle spalle, prima di rimettersi a sedere su quella dannatissima sedia rossa e incrociare le gambe.

    Un suono roco gli graffiò la gola. Ma che diavolo...? Quella scena da dove gli era arrivata? Era tempo di prendere in mano le redini di quel colloquio.

    A Imogen sfuggì un sospiro e per un secondo lui le fissò le labbra. Al diavolo. Così non andava affatto bene. Mai mescolare gli affari e il piacere era un imperativo vincolante. La sua etica professionale era sacrosanta. Il solo pensiero di mettere a repentaglio la propria reputazione e di rovinare tutto compromettendo la propria situazione finanziaria fu sufficiente a esasperarlo.

    Quell'attrazione andava annientata, anche se Imogen Lorrimer era una vera e propria tentazione. La sua libido aveva bisogno di un bagno gelato o di una notte di divertimenti... preferibilmente di quest'ultima. Una bella serata rilassante con una donna che non avesse nulla a che vedere con i clienti. Qualcuno che gli potesse regalare una notte di piacere senza strascichi.

    Nel frattempo avrebbe dovuto concentrarsi sulla questione che aveva davanti. Che cos'era che aveva detto Imogen prima di raggelarsi in quel silenzio? «È solo... chiaramente... Che cosa?» indagò.

    Imogen si prese il labbro inferiore tra i denti e lo morse forte. Con un po' di fortuna il dolore l'avrebbe riportata alla realtà. Se fosse stato logisticamente possibile prendersi a calci, l'avrebbe fatto e le dita le prudevano per il bisogno di schiaffeggiarsi.

    Basta.

    Ne aveva abbastanza di se stessa.

    Quel lavoro doveva tenerselo stretto. Per se stessa, ma anche perché, finché restava lì, era in condizione di fare tutto quello che era in suo potere per assicurarsi che quel tizio non facesse chiudere la Langley.

    Peter e Harry Langley erano stati più che generosi con lei. Il minimo che poteva fare era cercare di assicurarsi che quella macchina sterminaditte non si mettesse a distruggere la loro società.

    Invece di starsene lì, in un silenzio imbarazzante, seduta a rimuginare sull'incontro della notte prima con il Joe McIntyre frutto della propria fantasia, doveva sintonizzarsi sulla Imogen professionale che salvava le ditte.

    Si inumidì le labbra e si sforzò di sorridere.

    Gli occhi castani si fissarono nei suoi e per un istante il lampo di un qualcosa li illuminò. Una scintilla, un'idea – uno sguardo che le bruciò la pelle. Il tipo di occhiate in cui eccelleva il Joe dei suoi sogni.

    Poi svanì. Si spense quasi immediatamente, subito sostituita da un'aria seccata, amplificata da un cipiglio che gli rigò la fronte come poteva accadere soltanto al vero Joe.

    Raddrizzando le spalle, Imo si costrinse a sostenere quello sguardo esasperato. «Sono mortificata, Joe. Le ultime settimane sono state difficili e il risultato è stata una mezza crisi di nervi. Adesso sto bene e se potessimo ricominciare da capo, lo apprezzerei molto.»

    «Facciamolo» concordò lui con enfasi indicandole il suo CV. «Sei stata la segretaria personale di Peter per cinque anni, cioè da quando hai terminato il college. Lui parla benissimo di te, quindi che motivo c'è di essere tanto nervosa?»

    Okay, eccoci al punto.

    Non si poteva nascondere il fatto che aveva combinato un mezzo disastro e, dato che Joe era lì da due giorni, di certo era già venuto a saperlo. Era quindi giunto il momento di stringere i denti. «Ti avranno parlato del progetto Anderson...»

    «Sì, infatti.»

    Attieniti ai fatti, Imogen.

    «Quindi sai anche che io ho commesso un errore madornale.» Lo stomaco le si strinse mentre ripensava all'accaduto. «Ho ordinato io il tessuto sbagliato. Metri su metri. E non me ne sono resa conto. La squadra è andata avanti con il lavoro, l'ha usato e il cliente si è ritrovato in tutta la casa tendaggi e rivestimenti di un orribile color senape invece del giallo reale che gli avevamo promesso.»

    Un brivido le percorse la spina dorsale e lei spinse i piedi contro il folto tappeto per impedirsi di girarsi con la sedia, presa dallo sconforto. La parola errore non doveva rientrare nel dizionario di Imogen Lorrimer. Sbagliare era inammissibile, sua madre le aveva martellato la mente per anni con quel concetto. «È stato tremendo. Anche peggio di...» Strinse le labbra.

    Gli occhi di Joe indugiarono sulla sua bocca e lei si sentì incendiare i sensi.

    «Persino peggio di che cosa?» la incalzò.

    Bel colpo, Imogen. A quel punto Joe si stava già immaginando una serie infinita di disastri professionali tutti commessi da lei. Scosse decisa la testa. «Nulla di importante. Sul serio, non ha niente a che vedere con il lavoro. Solo un ricordo di infanzia.»

    Joe arcuò le sopracciglia, irradiando scetticismo. «Mi stai dicendo che hai un ricordo d'infanzia che sta alla pari con questo disastro professionale?»

    Non le credeva.

    «Sì» ribadì lei, soffocando un gemito al pensiero che avrebbe dovuto raccontarglielo. Non poteva rischiare che concludesse che era una completa

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1