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Osando sotto le stelle
Osando sotto le stelle
Osando sotto le stelle
E-book193 pagine2 ore

Osando sotto le stelle

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Info su questo ebook

Senza 24 ore di blackout...

 Tawny non avrebbe avuto il coraggio di confessare a Simon, il miglior amico del suo fidanzato, che tutti i suoi sogni erotici hanno lui come protagonista.

 Simon non avrebbe avuto l'occasione di lasciarsi andare con Tawny, per cui ha una cotta dal primo momento in cui l'ha vista, dopo averla ragguagliata sui nuovi gusti sessuali del suo promesso sposo.

Loro non avrebbero mai sperimentato il sesso migliore della loro vita, vivendo senza alcuna inibizione ogni desiderio e fantasia.

Ora rimane un unico dubbio da sciogliere: la magia che hanno appena condiviso sopravvivrà sotto i raggi del sole?
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2016
ISBN9788858954256
Osando sotto le stelle
Autore

Jennifer LaBrecque

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Osando sotto le stelle - Jennifer LaBrecque

    successivo.

    1

    Gli teneva il capo adagiato sulla spalla, ma continuava a fissare lo specchio. Non doveva distogliere lo sguardo. Ogni volta che smetteva di guardare, lui smetteva di toccarla. E il suo tocco la faceva impazzire. E poi sì, guardarsi mentre lo facevano rendeva tutto più intenso, più incandescente. Gli occhi di lui incrociarono i suoi, nel riflesso dello specchio. Gli stava seduta in grembo, con le gambe socchiuse. Risalendole adagio lungo una coscia, lui gliele aprì per poterla accarezzare intimamente. Dita lunghe e decise scivolarono nella sua calda valle invitante... Oh, sì, era bellissimo... Non doveva fermarsi... c'era quasi, sì...

    Il trillo acuto del telefono ruppe l'incantesimo, destandola da quel sogno infuocato. Tawny si allungò contrariata verso l'apparecchio. «Sì, pronto?»

    «Dormivi?» Era Elliott. La sua voce solitamente allegra suonava un tantino tirata. Come se la stesse criticando, cosa che ultimamente faceva sempre più spesso.

    Organizzando eventi per uno studio legale associato di Manhattan, Tawny non lavorava dalle nove alle cinque dal lunedì al venerdì. «Ieri sera c'è stato il cocktail per quel cliente tedesco, ricordi? Per non parlare della colazione di lavoro dei soci, stamattina alle sei: sai che piacere alzarsi alle quattro e mezza il sabato mattina? E comunque, farsi una pennichella non è un reato» puntualizzò. «Tu hai fatto tardi ieri sera?»

    Anche Elliott era costretto a fare orari pazzeschi nella sua galleria d'arte, ma in compenso cominciava ad affermarsi e poteva vantare una bella clientela. «Abbastanza» rispose, in un tono asciutto che non era da lui.

    Che diavolo gli prendeva? Ma forse era lei, rifletté Tawny: si sentiva ancora tutta accaldata, frustrata da morire. Forse avrebbe dovuto confessare al suo futuro marito che l'aveva destata nel bel mezzo di un sogno a luci rosse e aveva disperatamente bisogno che facesse un salto da lei, per aiutarla a placare il tormento che la dilaniava.

    Solo qualche tempo prima, il suo fidanzato non si sarebbe scandalizzato se gli avesse chiesto di dedicarle qualche minuto per sussurrarle qualche frase incandescente. Ora non si sognò nemmeno di proporglielo. Ultimamente, Elliott era cambiato. Non era più l'uomo accomodante e di larghe vedute che aveva conosciuto. E poi, se in un attimo di abbandono si fosse lasciata sfuggire che non era lui il partner che la portava in paradiso nelle sue fantasie?

    «Pensavo di fare un salto da te stasera, dopo aver chiuso la galleria» riprese Elliott.

    «Per me va bene. Purché porti qualcosa di pronto e ce ne stiamo tranquilli a casa.» Dopo una massacrante settimana di lavoro, Tawny non aveva più voglia di passare tutto il pomeriggio in cucina.

    «Sì, nemmeno io ho voglia di uscire. Anche perché vorrei parlarti.»

    Tawny si sollevò sul cuscino. Lei ed Elliott parlavano spesso, di tante cose, ma quel vorrei parlarti non gliela contava giusta. «Di cosa?»

    «È una questione troppo complicata per discuterne al telefono.»

    «Così non vale. Ora mi tieni col fiato sospeso fino a stasera.»

    «Mi dispiace. Ma è questione di poche ore, in fondo.» No, non era la sua immaginazione: Elliott aveva una voce strana, come se fosse preoccupato.

    «Va bene.»

    «Passo dal ristorante thailandese?»

    «Sì, certo. E scegli tu: sai quello che mi piace.» Abbassò la voce, usando volutamente quella frase allusiva nella speranza che lui cominciasse a flirtare.

    Ma Elliott non colse l'invito. Tossicchiò, quasi impacciato. «Va bene se prendo del pollo al curry?»

    «Perfetto» sospirò Tawny rassegnata.

    Di nuovo lui tossicchiò. Era nervoso o stava incubando qualcosa? «Pensavo di invitare anche Simon.»

    La mano di Tawny serrò convulsamente la cornetta del telefono mentre la sua temperatura interna schizzava a valori infuocati. «Simon?» Si rotolò sulla pancia. «Non credo che vorrà venire. Da quando mi ha fatto quel servizio fotografico, mi evita come la peste. D'altronde, non mi ha mai potuta digerire.»

    «Sciocchezze. È solo molto impegnato. E poi lo sai, Simon è...»

    «Ombroso. Musone. Cinico. Scontroso. Ho dimenticato qualcosa?» Sì: sexy da morire. Ma non le sembrò prudente fare una simile osservazione parlando col suo fidanzato.

    Elliott rise e Tawny tirò un sospiro di sollievo al pensiero che non gli desse fastidio l'aperta ostilità che era venuta a crearsi tra lei e il suo migliore amico.

    «Simon è fatto così» tagliò corto Elliott. «Allora? Non ti dispiace se viene anche lui?»

    Venire? Tawny si sentì percorrere da un brivido caldo a quel pensiero. Perché quel musone cinico e ombroso era, guarda caso, il protagonista delle sue fantasie erotiche.

    «Tawny, mi senti?»

    «No. Non mi dispiace se viene.» Anzi! Si eccitava anche solo a dirlo. I profondi sensi di colpa che pure provava non riuscivano a smorzare il desiderio folle che, da qualche tempo, Simon ispirava in lei praticamente ogni notte. E ora anche durante un breve pisolino pomeridiano!

    «Ci vediamo intorno alle nove, allora?»

    «D'accordo.» Tawny riappese e chiuse gli occhi. Perché Elliott voleva portare Simon? Che cosa avrebbero fatto insieme?

    Nella sua mente ancora annebbiata si accese una conturbante fantasia: loro tre insieme, in camera sua. Lei, distesa al centro del letto. E i due uomini chini sul suo corpo nudo, intenti a toccarla, a baciarla dappertutto, donandole un piacere sconfinato.

    Riaprì gli occhi, si sporse verso il comodino e ne aprì il cassetto in cerca del suo giocattolo a pile. Era l'unica soluzione per porre fine al suo tormento.

    Elliott era il suo fidanzato. Era simpatico, generoso, gioviale. Una bella persona, il più delle volte. Non era lui il protagonista dei suoi sogni erotici, che non era in grado di controllare, ma ora Tawny era sveglissima.

    Si concentrò su Elliott mentre metteva in funzione l'aggeggio. Ma il viso che vide mentre il suo corpo scosso dai singulti si proiettava verso l'orgasmo fu quello di Simon.

    «Hai una faccia da fare schifo» commentò Simon Thackeray mentre, posata la macchina fotografica sulla sedia di vinile arancione dello studio di Elliott, prendeva posto su quella di fronte.

    Biondo, di bell'aspetto, spigliato e dotato di un senso dello stile che lo faceva sembrare un fotomodello uscito dalle pagine di GQ, Elliott era capace di far girare la testa alle ragazze per strada. Una collega di università dei due amici, a suo tempo, li aveva paragonati ad Apollo e ad Ade. Erano agli antipodi, da un punto di vista fisico e caratteriale. Elliott biondissimo, carnagione chiara, solare ed espansivo; Simon bruno, introverso, perennemente accigliato.

    Quando lo aveva chiamato per chiedergli di passare dalla galleria, Elliott gli era sembrato preoccupato. Fissandolo, Simon non poté non notare che era scuro in viso. «Si può sapere che hai? È successo qualcosa?»

    Elliott rimase appollaiato sul bordo della sua scrivania di acciaio, con una gamba penzoloni. «È tanto che siamo amici, noi due.»

    Simon annuì. Si erano conosciuti durante un corso di fotografia alle medie, avevano scoperto di avere in comune una grande passione per l'arte e avevano stretto un'amicizia che non aveva mai vacillato. La gaia spensieratezza di Elliott aveva impedito a Simon di chiudersi in un bozzolo solitario, che lo avrebbe reso infelice. Per contro, Simon era stato il punto fermo che era sempre mancato nella vita di Elliott, la stabilità che non erano riusciti a dargli due genitori completamente fuori di testa.

    Simon forse non sarebbe mai diventato un fotografo affermato se Elliott non avesse creduto in lui e non lo avesse incoraggiato; poi però aveva ricambiato il favore fornendo all'amico innumerevoli, preziosi contatti quando aveva deciso di aprire una galleria d'arte.

    «Sei il fratello che non ho mai avuto» continuò Elliott. «Ho sempre pensato che a te avrei potuto dire tutto, anche i miei più intimi segreti.»

    Anche per Simon era stato così. Questo però finché non aveva scoperto che c'erano cose che non poteva dire nemmeno al suo migliore amico: per esempio, che era innamorato della sua fidanzata.

    «Tu non mi negherai mai la tua amicizia, vero?»

    Simon sospirò. Elliott a volte tendeva a essere melodrammatico. Se non avesse messo a frutto la sua laurea in storia dell'arte aprendo una galleria, gli avrebbe consigliato di tentare con qualche provino a Broadway. «A meno che non abbia sgozzato qualche vecchietta per strada, si intende. Anzi: forse ti resterei amico anche se ne avessi trucidata una. Perché non mi dici che c'è e non la fai finita?»

    «C'è che sono gay.»

    «Sì, bravo» sbuffò Simon, rivolgendo un'occhiata esasperata all'amico. Prima lo chiamava e si metteva a fargli quel discorsetto sull'amicizia, e ora se ne usciva con certe scempiaggini quando lui doveva correre a realizzare un importante servizio fotografico. Elliott d'altronde aveva sempre avuto uno strano senso dell'umorismo.

    Lo vide allacciarsi le mani. «Non sto scherzando, Simon. Sono omosessuale.»

    Simon cominciò pian piano a digerire quella dichiarazione. Elliott, gay!? Com'era possibile? Si frequentavano da una vita. E poi lui, col suo lavoro, bazzicava un ambiente in cui incontrava decine di omosessuali ogni giorno. Ma non aveva mai sospettato che Elliott potesse essere uno di loro.

    Tra l'altro, era fidanzato con Tawny. Ci andava a letto regolarmente. E ora veniva a dirgli che era gay!? «Ma quando... come...?»

    «Forse bisex sarebbe un termine più adatto.» Elliott si passò una mano curatissima tra i corti capelli biondi. «È che in questi ultimi tempi mi sono sentito sempre più attratto dagli uomini.» Rise, una risatina forzata. «Non da te, sta' tranquillo.»

    Non era di questo che Simon si stava preoccupando. Anche se, ripensandoci, era un sollievo sapere che il suo migliore amico non avesse intenzione di fargli una dichiarazione d'amore.

    Ricordò la prima volta che aveva visto Tawny. Proprio lì, nella galleria, fuori dall'ufficio di Elliott. Simon era passato per caso la sera in cui Tawny aveva organizzato un cocktail party per i soci di uno studio legale, che erano curiosi di vedere la personale di un noto pittore. L'aveva vista discutere animatamente col responsabile del servizio di catering. Gli era bastato uno sguardo ed era rimasto folgorato. Era corso a cercare Elliott, per farsi dire chi fosse quella ragazza, ma prima ancora di aprire bocca, aveva scoperto che l'amico l'aveva battuto sul tempo: Elliott gli aveva detto di avere appena conosciuto la donna dei suoi sogni, a cui aveva chiesto un appuntamento. Simon aveva subito capito che si trattava di quella ragazza. E non si era sbagliato.

    «Ma come, se solo sei mesi fa mi hai confessato di aver conosciuto la donna della tua vita!» esclamò.

    «Sì, è vero. Tawny era così bella e sexy, così diversa dalle altre ragazze di New York, che ho pensato che potesse aiutarmi a guarire.»

    Cioè, Tawny doveva servirgli come cura.

    Alzatosi in piedi, Simon andò alla finestra che si affacciava sulla strada brulicante di gente. Come srotolando un rullino di negativi, rivide davanti a sé delle istantanee, momenti rimastigli impressi nella memoria. Aveva sperato che frequentando Tawny, conoscendola meglio, l'attrazione che provava per lei sarebbe svanita. Invece era stato il contrario: a ogni incontro si era sentito sempre più colpito dal suo carattere allegro, dalla sua intelligenza, dalla sua spigliatezza e dal suo coraggio, che ammirava più della sua avvenenza fisica.

    Ma si era costretto a restare in disparte. Timoroso di tradirsi con uno sguardo incauto, con una battuta troppo audace, si era nascosto dietro commenti sarcastici e atteggiamenti sprezzanti. Prima o poi gli sarebbe passata, si era detto, specie dopo che Elliott aveva chiesto a Tawny di sposarlo.

    Poi c'era stato il servizio fotografico. Il giorno in cui, su richiesta di Elliott, aveva fotografato Tawny. E a quel punto Simon aveva dovuto arrendersi all'evidenza: era innamorato perdutamente di lei. Quell'unico pomeriggio che avevano trascorso insieme, aveva visto qualcosa di così dolce, di così adorabile e sfuggente in Tawny che salutarla, alla fine di quella esperienza, gli aveva procurato quasi un dolore fisico.

    E ora Elliott veniva a dirgli che si era messo con lei perché sperava di guarire dalla sua omosessualità! Si girò verso l'amico. «E chiedere a Tawny di sposarti faceva parte della cura o a quel punto credevi di essere guarito? No, dico, spiegamelo, perché non capisco: faceva tutto parte del tuo programma di riabilitazione?»

    «Sì, bravo, infierisci! Fare queste battutine sarcastiche ti fa sentire meglio, immagino.»

    «Non molto.» Simon lottò contro l'impulso di prendere l'amico per il bavero e di appiccicarlo contro il muro. «Insomma, le hai chiesto di sposarti pur sapendo che ti piacevano gli uomini?»

    Elliott ebbe il buongusto di arrossire. «Veramente mi piace molto anche lei. E credevo che tuffandomi in una relazione seria con una bella ragazza mi sarei tolto certi pensieri dalla mente. Invece...» Non terminò la frase. Scese dalla scrivania e cominciò a camminare avanti e indietro, con aria colpevole.

    «Invece non è stato così. Hai continuato a sentirti attratto dagli uomini.» La voce di Simon si fece più tagliente mentre affiorava in lui un atroce sospetto. «E hai tradito Tawny. Dico bene?»

    Elliott non lo guardava in faccia. «È successo solo una volta: ieri sera. Hai conosciuto Richard, l'artista che stiamo esponendo adesso con la sua personale. Ieri ho notato che mi stava fissando: l'ho sorpreso un paio di volte a guardarmi in un certo modo. Dopo la chiusura, ci siamo trattenuti fino a tardi. Abbiamo aperto una bottiglia di vino e... sai com'è, da cosa nasce cosa.»

    Conoscendo Elliott e la sua spiccata tendenza a drammatizzare, Simon si augurò che l'alcol gli avesse annebbiato le idee, distorcendole e spingendolo a trarre conclusioni affrettate. «In altre parole, avevate alzato un po' il gomito. Eravate ubriachi.»

    «No, sarebbe troppo facile dare la colpa all'alcol. Forse ero un po' brillo, ma soprattutto ero curioso. Mi sono detto: Proviamo. Così almeno mi sarei tolto il dubbio.» Elliott si strofinò la fronte. «E mi è piaciuto. Insomma, credo di essere innamorato di Richard.»

    Simon soffocò un'ondata di disgusto, che forse non avrebbe provato se Elliott gli avesse appena confessato di aver tradito la fidanzata con un'altra donna. Perché, poi? Non sarebbe dovuto essere diverso. Alzò una mano. «Risparmiami i particolari.»

    «Non avevo intenzione di raccontarteli. Sono cose private. Ma pensavo che il mio migliore amico dovesse sapere questa cosa.» Elliott sospirò. «E ora devo dirla anche a Tawny.»

    «Certo, lei ha il sacrosanto diritto di sapere!» esplose Simon, pensando a tutti i rischi

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