Tua a ogni costo: Harmony Destiny
Di Kate Little
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Info su questo ebook
Grant pensa che non valga la pena combattere, lui ha causato l'incidente in cui ha perso la sua fidanzata e ora si sente troppo in colpa per riscattarsi. Di certo non si aspetta di dover affrontare la caparbietà e la cocciutaggine di Rebecca che vuole a tutti costi che lui riprenda a vivere. La sua terapista è una donna intrigante e non si sa come forse riuscirà a convincerlo a camminare di nuovo, magari con lei al suo fianco.
Kate Little
Autrice e redattrice di romanzi rosa, sostiene che una buona storia d'amore fa vivere al lettore la tensione e il brivido di quando si è perdutamente innamorati.
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Anteprima del libro
Tua a ogni costo - Kate Little
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Tall, Dark & Cranky
Silhouette Desire
© 2002 Anne Canadeo
Traduzione di Rita Pierangeli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-727-1
1
«Le sue referenze sono impressionanti, signorina Calloway. Uno dei suoi datori di lavoro la definisce addirittura miracolosa» disse Matthew Berringer.
«Amo il mio lavoro e lo faccio bene» replicò Rebecca con la consueta franchezza. «Ma non arriverei al punto di definirmi miracolosa.»
«No? Be’, è un peccato, perché dubito che ci voglia qualcosa di meno di un miracolo per restituire mio fratello Grant alla sua vita di un tempo.»
Lei si accorse subito che la sua risposta aveva smorzato l’entusiasmo di Matthew Berringer, e si chiese se non avrebbe dovuto essere più diplomatica. L’avevano avvertita che la sua sincerità era a volte un difetto. Si morse il labbro inferiore. Aveva bisogno di quel lavoro, ma non intendeva ottenerlo sulla base di impressioni false o false promesse.
Sapeva quanto poteva essere gravoso, da un punto di vista fisico ed emotivo, un incarico del genere. Da quanto aveva udito sul conto del paziente, non era sicura di riuscire a riabilitarlo, tanto meno di metterlo in grado di occuparsi dei suoi affari entro la fine dell’estate, secondo l’esplicita richiesta di Matthew Berringer. Da quanto aveva letto sui rapporti medici, il problema non erano tanto le condizioni fisiche di Grant Berringer quanto il suo atteggiamento.
Neanche tutto il denaro dei Berringer poteva comprare un miracolo. E Rebecca sapeva di non essere all’altezza di lodi così sperticate.
«Signor Berringer, la preoccupazione per suo fratello è commovente. È fortunato ad avere qualcuno che ha così a cuore la sua guarigione...»
«Ho l’impressione che le sue parole mirino a qualcosa, signorina Calloway» la interruppe Matthew Berringer. «Cosa ne dice di venire al dunque?»
Colta per un attimo di sorpresa, Rebecca decise che tanta franchezza era apprezzabile. In effetti, c’era una cosa che ci teneva a precisare.
«Non può imporre a suo fratello di tornare a una vita attiva se non c’è volontà da parte sua. Può assumere un centinaio di terapisti, perfino alcuni pronti a promettere miracoli, ma nessuno può schioccare le dita e infondere a suo fratello la volontà di lottare. Deve volerlo.»
Lui la fissò con quella che a lei parve un’espressione arrabbiata. O quanto meno irritata. Poi, senza rispondere, esaminò di nuovo il suo curriculum e le lettere di referenze.
Aveva mandato tutto all’aria, si rese conto Rebecca. Non avrebbe ottenuto il lavoro. Previde che lui avrebbe ben presto sollevato la testa e l’avrebbe congedata con un sorriso e la promessa di comunicarle quanto prima la sua decisione.
Rebecca si guardò in giro. Impegnata com’era a rispondere alle domande di Matthew Berringer, non aveva fatto molto caso alla stanza. Luminosa e spaziosa, doveva essere una biblioteca o uno studio. Alle pareti c’erano scaffali di libri e i mobili erano solidi e rigorosi. C’erano numerose foto in cornice, la maggior parte di gruppi familiari.
Il parquet era coperto da tappeti dai disegni tradizionali, e un’imponente scrivania di legno di quercia si trovava di fronte alle porte a vetri che davano su una terrazza coperta. Le porte erano aperte e lasciavano entrare l’aria primaverile.
Si era aspettata che Matthew si sarebbe seduto dietro la scrivania. Lui, invece, aveva preso posto su un divano in pelle di fronte a lei e le aveva offerto un caffè. Un gesto che, per quanto insignificante, era servito a metterla a proprio agio.
Si portò alle labbra la tazzina di porcellana e bevve un sorso. Il caffè era freddo, ma era un pretesto per tenersi occupata.
Nel silenzio carico di tensione, Rebecca udiva l’oceano, a pochi metri di distanza dalla terrazza. Il ritmo costante delle onde l’aiutò a rilassarsi.
Era un peccato non poter lavorare lì. La dimora dei Berringer - quella che era la residenza estiva di Grant Berringer - rientrava nella categoria di quelle sontuose case d’epoca che lei aveva ammirato sempre e solo dall’esterno. Come le aveva spiegato Matthew Berringer, era stata costruita in stile franco-normanno negli anni Venti, per un facoltoso magnate del petrolio. Le pietre erano state spedite dall’Europa, come europea era la manodopera impiegata per erigerla. La ricca e complessa architettura, con le sue torrette e i tetti spioventi di lavagna, dava all’edificio l’aspetto di un castello in miniatura, incastonato in un bosco vicino al mare.
Non soltanto Rebecca aveva bisogno di un lavoro, ma lei e Nora, la sua figlioletta di sei anni, entro la fine del mese dovevano trovare un luogo dove abitare, e un appartamento in una delle ali di quell’enorme villa rientrava nel contratto, oltre a uno stipendio generoso. Matthew Berringer le aveva già mostrato le stanze, che rasentavano un lusso per lei impensabile. Lei aveva fatto presente che, dovendo Nora tornare a scuola alla fine dell’estate, la sua assistenza non avrebbe potuto protrarsi oltre. Ma Matthew Berringer si era dichiarato disposto ad assumere un’insegnante privata per la bambina. Trascorrere l’estate in un paradiso simile sarebbe stato un sogno, ma lei aveva mandato tutto in fumo per il suo vizio di essere troppo sincera.
Tutto sommato, non era dispiaciuta. Si era limitata a dire la verità. In genere, la gente sosteneva di ammirare la sincerità. In teoria, forse, non nella realtà. E comunque, non nel suo caso.
Alla fine, Matthew Berringer la guardò. L’espressione irritata era scomparsa dal suo viso.
«So che quello che lei mi ha detto è vero, signorina Calloway. So che Grant deve trovare in se stesso la volontà di guarire. Il fatto è che continuo a illudermi di trovare qualcuno che riesca a farlo schioccando le dita.»
«La capisco, davvero. È ciò che prova chiunque veda soffrire una persona cara.»
«Ma il caso di mio fratello è diverso da quelli di cui lei si è occupata finora. Lui ha subito una perdita irreparabile. Molti usano la parola tragedia per descrivere un avvenimento triste ma non necessariamente insolito. Mio fratello, tuttavia, ha vissuto un fatto devastante che gli ha portato via tutto. E l’ha lasciato con un opprimente senso di colpa.»
Rebecca sapeva soltanto che Grant Berringer aveva avuto un incidente d’auto, che lui era al volante e che l’unico passeggero era morto sul colpo. Grant se l’era cavata con fratture multiple, la più grave delle quali al fianco e alla gamba destra.
«Perché non mi racconta i particolari dell’incidente? Cioè, tutto quello che ritiene possa contribuire alla sua guarigione. Mi aiuterebbe a valutare il caso.»
Pur provando pietà per Grant Berringer, la vita era stata così dura con lei che Rebecca non era sicura di avere le risorse necessarie per affrontare un incarico così spossante.
Matthew Berringer la fissò con i freddi occhi azzurri, ma distolse subito lo sguardo. Alla fine, sembrò prendere una decisione. «Cercherò di essere breve. Mio fratello era fidanzato e avrebbe dovuto sposarsi. Lui e la sua fidanzata, Courtney Benton, stavano tornando in città dopo aver trascorso il weekend nella villa di campagna di uno dei suoi clienti. Il tempo era brutto, è scoppiato un violento acquazzone e, a quanto pare, mio fratello ha perso il controllo dell’auto ed è andato a sbattere contro un muro. Courtney è morta sul colpo. Mio fratello è rimasto in coma per due settimane, e quando si è svegliato e ha saputo cos’era successo, ha perso la voglia di vivere.»
«Oh, è straziante» mormorò Rebecca. Era una delle storie più tristi che avesse mai udito. Non riusciva nemmeno a immaginare il dolore e i sensi di colpa di quel poveretto.
«A complicare la situazione, mio fratello ha anche dei vuoti di memoria. Ricorda i fatti prima che accadesse l’incidente, e cioè di aver lasciato la casa dove erano stati ospiti e cose del genere. Ma non riesce a ricordare niente di quello che è successo subito prima dell’urto. Non ricorda nemmeno se lui e Courtney avessero deciso di fermarsi per aspettare che spiovesse.»
Matthew Berringer sembrava stupito ma anche frustrato. «Secondo i dottori, c’è il rischio che non recuperi più la memoria di quel tragico evento.»
«Può darsi che abbiano ragione» acconsentì Rebecca. «È il modo in cui la mente si protegge da ricordi che sarebbero troppo dolorosi da rivivere.»
«Sì, è comprensibile.» Matthew Berringer annuì e un ricciolo dei morbidi capelli castani gli scese sulla fronte. Lui lo respinse con un gesto impaziente della mano. «Ma spesso sospetto che se Grant riuscisse a ricordare tutto ciò che è successo quella sera, per quanto angoscianti possano essere quei ricordi, sarebbe in grado di superare il dolore e di rifarsi una vita.»
«Sì, potrebbe essere un notevole aiuto. Ma è un circolo vizioso, non crede? Se ricordasse diventerebbe più forte. Ma sarà pronto a ricordare soltanto quando sarà più forte.»
«Già, non c’è soluzione.» Matthew scosse la testa e Rebecca percepì la sua tristezza. Anche lui aveva subito una perdita, quella di un fratello un tempo attivo ed energico, uno che gli era amico e compagno, perché era evidente che erano molto uniti.
Non sapendo come rispondere, Rebecca ritenne che fosse meglio tacere. A volte, il suo silenzio aiutava la gente a parlare. Aveva la sensazione che Matthew sentisse il bisogno di sfogarsi con qualcuno che lui riteneva in grado di capire non soltanto il dilemma del fratello ma anche il suo. «Come vede, se è sprofondato in un pozzo di disperazione ed è restio a tornare tra i vivi, credo che la sua sia una reazione comprensibile, dopo tutto quello che ha passato.»
«Comprensibilissima» convenne Rebecca, abbassando lo sguardo sulle mani che teneva intrecciate in grembo.
Adesso che conosceva tutta la tragica storia, capiva perché Matthew cercava un terapista che potesse essere in parte eroe e in parte santo. Ora c’era una domanda alla quale doveva rispondere: lei era la persona giusta per quel compito?
«So che la volontà di uscire da quel pozzo deve venire da lui» proseguì Matthew, «ma speravo, pregavo di riuscire a trovare il... giusto messaggero. Qualcuno che capisca questo genere di situazioni e sia disposto a scendere in quel luogo tenebroso per convincerlo a tornare tra di noi.»
La sua voce, fino a quel momento calma, era incrinata dall’emozione, e Rebecca ne fu commossa.
Era un uomo di una gentilezza e di una bontà insolite, pensò. Uno che non avrebbe mai abbandonato una persona cara. Era una qualità che lei ammirava. Tuttavia, benché fosse un bell’uomo e avesse doti eccellenti, non se ne sentiva per niente attratta.
Era buffo come funzionavano certe cose, rifletté Rebecca. Il richiamo della seduzione... o c’era o non