In corsa contro il tempo: Harmony Destiny
Di Kate Little
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Info su questo ebook
Kate Little
Autrice e redattrice di romanzi rosa, sostiene che una buona storia d'amore fa vivere al lettore la tensione e il brivido di quando si è perdutamente innamorati.
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In corsa contro il tempo - Kate Little
successivo.
1
Nuvole gonfie di pioggia che correvano nel cielo. Il fragoroso brontolio di un tuono, a distanza. Il vento che faceva turbinare la polvere davanti alla casa. Una donna sulla soglia che, un bouquet da sposa in mano, spiava con ansia l'arrivo di una macchina. Un lampo che tagliava il cielo. Le lancette dell'orologio che giravano implacabili.
Sembrava la sceneggiatura di un brutto film, pensò Carey, e lei sembrava il più scontato dei suoi personaggi.
Notò le prime, rade gocce sul corrimano del portico. Le previsioni che aveva sentito alla radio quella mattina si stavano avverando: il fronte di una grossa tempesta si sarebbe abbattuto su tutto lo stato, compreso l'aeroporto che si trovava ad alcune ore di macchina.
Kyle non sarebbe arrivato in tempo, ormai, e a quel pensiero le si contrasse lo stomaco. L'auto che avrebbe noleggiato, sicuramente poco più che una carretta, sarebbe stata costretta a procedere a passo di lumaca.
Sospirò, arretrò di un paio di passi nell'ingresso alle sue spalle e posò il bouquet di roselline bianche e rosa sulla mensola.
«Carey, Kyle è arrivato?» le chiese Ophelia dal fondo del corridoio. «Il giudice è preoccupato. Ha detto che, in caso tardi ancora, con la tempesta che si sta avvicinando...»
«Lo so. Voglio aspettare altri cinque minuti.» Carey si lisciò le maniche dell'abito di chiffon bianco a roselline rosa e verde pallido. Gli unici suoi ornamenti erano un cammeo che era stato di sua madre e delle roselline di seta disposte ad arte nell'acconciatura.
Quello che indossava non era certo un abito da sposa tradizionale, ma lei non era una sposa normale. Stava per sposarsi soltanto per entrare in possesso dell'eredità di suo padre, che nel testamento aveva posto come condizione il fatto che lei avesse marito.
Ma lo sposo in questione non si vedeva, e il tempo passava, passava, passava. Implacabile...
«Chiedi al giudice se nel frattempo vuole mangiare qualcosa» disse a Ophelia. «Io vado incontro a Kyle.»
«Con questo tempo? Aspetta che ritorni Willie. Ci potrà andare lui.»
Carey sorrise. Sua madre era morta quando lei aveva sette anni e suo padre non si era mai risposato. Ophelia e Willie, che si occupavano di Whispering Oaks da venticinque anni, erano stati per lei l'unico esempio di che cosa potesse essere un vero legame d'amore fra un uomo e una donna. Nonostante fossero dispiaciuti che il suo matrimonio fosse un semplice accomodamento, se Willie non fosse dovuto andare ad aiutare gli uomini a radunare in fretta il bestiame, sparso nel pasturo, avrebbe certo sfidato qualunque tempesta, pur di aiutarla.
«Non posso aspettare che torni» ribatté prendendo dall'attaccapanni un impermeabile di tela cerata gialla da infilare sopra l'abito di chiffon; poi andò nell'ingresso subito oltre la cucina e si sfilò le scarpette di seta per mettersi gli stivali di gomma.
«Certo che, combinata in quel modo, sei davvero un bello spettacolo!» rise Ophelia mentre, poco dopo, lei usciva. «A quel poveretto del tuo sposo verrà un colpo, se per caso lo trovi!»
«Non è tipo da spaventarsi così facilmente» ribatté Carey scendendo gli scalini del portico.
Kyle, attore agli esordi con un disperato bisogno di soldi e suo vecchio amico, aveva accettato con entusiasmo, in cambio di una buona somma, di farle da marito per tutto il tempo che le fosse stato necessario per entrare in possesso dell'eredità, e cioè di Whispering Oaks, il ranch che era passato dal nonno materno a suo padre e che lei intendeva vendere il più presto possibile. Nel giro di sei mesi al massimo avrebbero divorziato, lui sarebbe ritornato a lavorare in teatro e lei sarebbe andata avanti con la propria vita. Forse avrebbe abbandonato la recitazione e sarebbe addirittura tornata a scuola per prendere finalmente il diploma...
Ophelia sapeva tutto questo, ma chissà perché si comportava come se quel matrimonio fosse il coronamento di una storia d'amore. Aveva preparato una torta degna di una diva del cinema e ordinato persino dello champagne!
Carey si voltò e le raccomandò: «Se Kyle dovesse telefonare, digli che gli sono andata incontro, ma che ritornerò entro un'ora».
Si sollevò la gonna e corse verso il suo camioncino, che aveva le chiavi sempre inserite nel cruscotto.
Salì al posto di guida e avviò il motore, che rispose al quinto tentativo. Percorse lentamente la lunga strada sterrata, perché stava incominciando a sciogliersi sotto la pioggia che ormai cadeva copiosa. Raggiunse così quella asfaltata dove girò a sinistra dicendosi che, se Kyle avesse seguito le sue istruzioni, era da quella direzione che sarebbe dovuto arrivare.
Una breve occhiata allo specchio le rimandò, più che l'immagine di una sposa, quella della perfetta compagna di un moderno Frankenstein.
Non sarebbe stato affatto male se, invece di sposarsi per finta con un vecchio amico, fosse stata sul punto di unirsi in matrimonio con qualcuno che amava e che la ricambiava, si ritrovò a pensare; ma una parte di lei rifiutava anche solo l'idea di un legame permanente. Forse perché teneva disperatamente alla libertà e all'indipendenza che con tanta fatica si era conquistata.
No, decisamente non era pronta per il matrimonio. Non ancora. Forse non lo sarebbe stata mai, anche se le piacevano i bambini e ogni tanto provava un certo desiderio di maternità. Del resto non era necessario sposarsi, per avere dei bambini. Il mondo era pieno di donne che allevavano dei figli da sole. Una volta venduto il ranch, con il denaro che ne avrebbe ricavato avrebbe potuto fare tutto quello che voleva, ridisegnare la mappa del proprio futuro...
Mentre rifletteva, il suo sguardo scrutava la strada al di là del parabrezza bagnato di pioggia, in cerca di un segno di Kyle. Doveva trovarlo e portarlo al ranch al più presto. Non appena la mezzanotte fosse scoccata annunciando il giorno del suo trentesimo compleanno, se fosse stata ancora nubile avrebbe perso tutto. Se la macchina di Kyle era rimasta in panne da qualche parte in un luogo troppo lontano, oppure il suo aereo fosse stato costretto ad atterrare in un altro aeroporto a causa del maltempo, avrebbe potuto dire addio ai suoi progetti. Chi diavolo avrebbe potuto trovare, all'ultimo momento, disposto a sposarla per qualche mese?
Fece un respiro profondo e si disse che non doveva drammatizzare.
Fuori la pioggia cadeva sempre più fitta e violenta, e la visibilità era diminuita notevolmente. Non che ci fosse molto da vedere, del resto. Quella era una strada poco trafficata anche con il bel tempo, e quella mattina poi... solamente dei pazzi si sarebbero messi in viaggio con una tempesta in arrivo!
All'improvviso vide la sagoma scura di un veicolo fermo sul lato opposto della strada e rallentò.
La macchina di Kyle!, pensò speranzosa, poi un lampo illuminò la scena e lei si rese drammaticamente conto che non poteva essere lui. Il veicolo in panne era un camioncino nero, con una bandana fradicia di pioggia che pendeva dall'antenna radio...
Accidenti!, imprecò fra sé. Non era proprio il momento di fare il buon samaritano, quello! Se non avesse trovato Kyle in tempo utile, tutti i suoi progetti sarebbero finiti giù nella tazza del water...
Quando arrivò all'altezza del camioncino ebbe un flash del viso di un bambino che la fissava dal finestrino con un'aria spaventata.
Si fermò del tutto, aprì la portiera e fu investita da una folata di pioggia. Come scese a terra i suoi stivali affondarono fino alla caviglia nell'acqua di una buca, poi la portiera del camioncino si aprì e si ritrovò a fissare un uomo dall'espressione serissima e impassibile, con i capelli scuri, i lineamenti decisi e due occhi neri e penetranti.
«Grazie per essersi fermata» la salutò con una voce bassa e calda.
«Non c'è di che. Salite pure sul mio camioncino. Vi porto al mio ranch. Si trova a poche miglia da qui.»
Si accorse che lo sconosciuto, dal bel viso intenso, la stava osservando, sconcertato. In effetti, doveva avere un'aria piuttosto strana, con quei fiori nei capelli e la lunga gonna di chiffon a roselline verdi e rosa che sporgeva tutta inzaccherata dall'incerata gialla...
Alle sue spalle comparve il viso del bambino e lei gli sorrise. Per un attimo si era dimenticata della sua presenza.
«Questa signora è venuta ad aiutarci, Luke?» chiese sottovoce all'uomo.
«Sì, campione. Te lo avevo detto che qualcuno sarebbe venuto ad aiutarci, no?» gli rispose l'uomo. «A Tyler i lampi non piacciono molto» disse poi a Carey.
«Capisco. Bene, eccomi qua. La vostra squadra di soccorso.» Carey sorrise di nuovo al bambino. «Quando avevo la tua età i fulmini non piacevano nemmeno a me, ma mia madre mi diceva che erano semplicemente gli angeli che giocavano a bowling.»
Tyler rise.
«Già, è buffo» convenne lei con una risatina, poi guardò Luke e rimase per un attimo ipnotizzata dal suo mezzo sorriso. Non era il sorriso compiaciuto e deciso che, di solito, le rivolgevano gli uomini, ma una cosa del tutto diversa. Nelle guance gli si erano formate due fossette, i denti spiccavano candidi nell'abbronzatura del viso, gli occhi scuri brillavano...
Quel sorriso le arrivò dritto al cuore.
Un sorriso di gratitudine perché si era fermata, pensò, e infatti subito dopo l'espressione dello sconosciuto ritornò seria.
«Ti aiuto a scendere dall'altra parte» disse con tono protettivo al bambino. «Qui c'è una brutta buca. E non dimenticare il cappello.»
«Vi aspetto sul camioncino.» Carey girò sui tacchi e risalì al posto di guida. La sua reazione a quell'uomo era stata assurda. Doveva essere colpa di quella giornata storta, in cui si stava giocando tutto il suo futuro, si disse.
Luke e Tyler si avvicinarono alla portiera del passeggero. Lui la aprì e fece salire il piccolo. «Devo fare una cosa sul mio camioncino. Torno subito» le disse.
Lei annuì.
Il bambino si presentò. «Mi chiamo Tyler.»
«E io Carey. Carey Winslow. Quanti anni hai?»
«Quattro. Quasi cinque.»
Carey sorrise e non seppe che altro dire. Un tuono scoppiò poco lontano da loro e si accorse che Tyler si era irrigidito. «Ti piacciono i cavalli?» gli chiese.
«Sì, credo di sì. Non ne ho visti molti. E non ne ho mai