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Sogno spagnolo: Harmony Jolly
Sogno spagnolo: Harmony Jolly
Sogno spagnolo: Harmony Jolly
E-book186 pagine2 ore

Sogno spagnolo: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Il sorriso caldo e la simpatia di Wynnie basteranno a conquistare un cuore latino?


Il milionario spagnolo Xavier Ramos intende rilevare il piccolo albergo di proprietà della famiglia di Wynne Stephens per farne un hotel di lusso.
Spinto dal desiderio di onorare una promessa fatta al nonno, più che da un reale interesse economico, si trova però davanti a una realtà singolare e a una donna disposta a battersi per proteggere il suo staff anticonvenzionale. L'ospitalità con cui Wynnie accoglie Xavier e il calore e l'affetto che riesce a riversare intorno a sé sfaldano pian piano il muro che l'uomo ha innalzato per difendersi dal mondo esterno, ma per riuscire a immaginare un futuro insieme a lei gli serve del tempo.
L'importante è che non sia troppo...
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2018
ISBN9788858985021
Sogno spagnolo: Harmony Jolly
Autore

Michelle Douglas

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Sogno spagnolo - Michelle Douglas

    1

    Wynne Stephens fece un giro completo su se stessa, una mano premuta sullo stomaco serrato. L'atrio dell'Aggie's Retreat scintillava. Avrebbe dovuto sentirsi orgogliosa.

    Tuttavia, pur guardandolo con occhio positivo, era consapevole che la pulizia impeccabile non poteva camuffare i punti lisi della passatoia sulle scale, o il fatto che le doppie porte ornate che davano accesso a quello che la targa in ottone indicava come Salotto erano una così misera imitazione dello stile Vittoriano da rasentare il ridicolo.

    Il dolore che le martellava le tempie aumentò.

    A peggiorare le cose, la luce che inondava l'atrio era così Gold Coast del Queensland da creare un contrasto terribilmente stridente con l'arredamento a tema del motel.

    No... No, la luce del sole va bene.

    La luce del sole migliorava l'umore, no? E lei voleva che Xavier Mateo Ramos fosse quanto più possibile di buon umore. Perché poi non avrebbe dovuto esserlo? Aveva appena comprato il suo albergo, orgoglio e gioia della sua vita.

    «Dovrebbe già essere qui» disse Tina, in piedi dietro al banco della reception, tamburellando con le dita sul piano di legno tirato a lucido.

    Anche Wynne era in piedi. Continuava a muoversi, sistemando le brochure per i turisti nell'espositore in fondo al bancone, togliendo un inesistente granello di polvere dal piano... Non ce n'era alcun bisogno, naturalmente, ma non riusciva a stare ferma, doveva tenere le mani impegnate. Si sforzava anche di conservare un'espressione pacata, rilassata, ma aveva la nausea, e il mal di testa non le dava tregua.

    «Non ha dato un'ora precisa» osservò. Si aspettava di ricevere un messaggio, ma nelle ultime due ore non era arrivato nulla. Controllò ancora il cellulare, comunque, con lo stesso risultato.

    «È un viaggio lungo dalla Spagna. Forse lui e il suo gruppo hanno deciso di fermarsi a Sydney un giorno in più.»

    «Vorrei che ci restasse per sempre!» sbottò Wynne. Poi tentò di sorridere ma si rese conto di non essere stata convincente.

    «Ho un brutto presentimento» ribatté Tina, amica e braccio destro, lasciandosi cadere sullo sgabello. «Se tua nonna sapesse che...»

    «Non lo sa» la interruppe Wynne, col cuore stretto in una morsa. «E non lo saprà mai. Lei...»

    Le si spezzò la voce e tossicchiò per coprire la commozione. Se avesse aggiunto una sola parola temeva che sarebbe scoppiata in lacrime.

    Se nonna Aggie avesse saputo che il suo adorato motel... Be', non c'era modo di sapere cosa avrebbe fatto. Aggie era sempre stata imprevedibile in tutto, tranne che nel suo amore per l'albergo e per la nipote. Una cosa era certa, però, le si sarebbe spezzato il cuore.

    Wynne trasse un profondo respiro. L'Alzheimer, in ogni caso, l'avrebbe tenuta al riparo da quel dolore.

    «Mi spiace» disse Tina, allungando una mano per darle una piccola stretta. «È stato ingiusto da parte mia.»

    Era troppo discreta per dar voce a ciò che realmente stava pensando – Sarebbe stato davvero così terribile spostare Aggie dalla struttura privata di lusso in cui è in una casa di cura meno costosa? Se l'avesse fatto, non avrebbe avuto bisogno di vendere l'albergo.

    Wynne si augurava di non dover mai più prendere una decisione così lacerante: tenere il motel che era l'eredità della sua amatissima nonna, o garantire alla nonna tutti quegli agi e quel poco di felicità che ancora poteva avere.

    Lei aveva optato per la seconda opzione. E quel giorno si sarebbe ritrovata faccia a faccia con l'uomo che aveva acquistato l'Aggie's Retreat.

    Wynne sentì che stava per svenire e si sforzò di concentrarsi sulla respirazione per contrastare il buio che minacciava di inghiottirla. Non era per se stessa che era angosciata. Il problema era che la vendita avrebbe avuto ripercussioni anche su altre persone, era questo a tormentarla. Lei avrebbe potuto ricominciare altrove senza alcuna difficoltà. Era relativamente giovane. Aveva esperienza nel campo alberghiero. Sarebbe stata dura lasciarsi alle spalle l'Aggie's Retreat ma, se fosse stato necessario, avrebbe trovato un altro posto in un batter d'occhio. Il suo staff invece...

    Gesù! Si era sentita dire più di una volta da gente del settore che lei dava lavoro a rifiuti della società. Al solo pensarci si sentì fremere. Sapeva esattamente cosa si provava a essere considerati non all'altezza. Sua madre non gliel'aveva mai detto apertamente, ma aveva veicolato il messaggio in modo forte e chiaro. Duncan non era stato altrettanto delicato. Non aveva nemmeno addolcito le parole quando le aveva detto che non era abbastanza sofisticata e raffinata per poter vivere nel suo mondo.

    Wynne deglutì a vuoto. Il suo staff aveva dimostrato un'infinità di volte di essere più che capace di svolgere il lavoro assegnato. Era in debito con ognuna di quelle persone. Ed era decisa a far sì che il loro valore venisse riconosciuto.

    Doveva solo convincere il nuovo proprietario a dar loro una possibilità. Tutto qui.

    Lanciò un'occhiata a Tina. «So che sei preoccupata per il tuo posto, ma sono certa che non hai nulla da temere.»

    Lo aveva detto con maggior sicurezza di quanta non sentisse, ma Xavier Ramos aveva firmato un contratto in cui accettava che per due anni fosse lei la direttrice dell'albergo. Il che le avrebbe dato carta bianca su assunzioni e licenziamenti. Quindi Tina non sarebbe andata da nessuna parte. E nemmeno April, o Libby, o Meg, o Justin, o Graeme.

    Tina aveva bisogno di quel lavoro. Era nel pieno di una battaglia legale con l'ex marito per la custodia del figlioletto. Quel lavoro non solo dava prova che era in grado di provvedere finanziariamente al figlio, ma anche che aveva tutto il tempo necessario da dedicare al bambino, vista la flessibilità degli orari.

    «E se decidesse di portarsi dietro qualcuno dei suoi?» chiese Tina.

    «Tipo chi? È spagnolo. Non ha gente sua. Non qui in Australia. Noi siamo i suoi

    Purtroppo, sapevano entrambe, che gli sarebbe bastato schioccare le dita e si sarebbero ritrovati tutti in mezzo a una strada. Il nuovo proprietario aveva i mezzi per gettar via in un giorno quello che lei e Tina avrebbe potuto guadagnare in dieci anni.

    Wynne drizzò le spalle. Quell'uomo aveva accettato di assumerla come direttrice e questo le avrebbe dato la possibilità di lottare per il suo staff, di farsi ascoltare.

    Tina corrugò la fronte. «Questi magnati hanno sempre qualcuno da piazzare. Probabilmente viene da una di quelle famiglie allargate. Scommetto che ha un esercito di nipoti, zie e cugini che vogliono lavorare. Potrebbe persino esserci un ramo disgraziato della famiglia, qualcuno di scomodo che vuole allontanare e che potrebbe decidere di esiliare oltreoceano. O potrebbe volersi vendicare di qualcuno...»

    Wynne scoppiò a ridere. «Vedi troppe telenovele, Tina. Spero che arrivi presto, perché tra tutt'e due stiamo immaginando gli scenari peggiori possibili.»

    «E se decidesse di trasformare il motel in uno di quei posti stravaganti che hanno il suo marchio? Nessuno di noi sarebbe in grado di soddisfare le aspettative, se accadesse.»

    Era vero. Ma... «L'Aggie's Retreat è troppo piccolo per gli standard della catena Ramos

    «Vorrei che fossi riuscita a scoprire qualcosa in più» borbottò Tina.

    Anche Wynne avrebbe voluto saperne di più. Nonostante le innumerevoli mail e telefonate intercorse, Xavier non aveva mai fatto cenno ai suoi progetti per il motel.

    «Le cose cambieranno, è inevitabile, ma alcuni cambiamenti saranno per il meglio. Almeno tutti quei lavori di riparazione che si sono accumulati nel tempo verranno fatti.» Non avrebbe dovuto più preoccuparsi per i tubi che perdevano, le tegole rotte o i rubinetti da cambiare... che benedizione!

    Wynne indirizzò a Tina un sorrisetto birichino. «Chissà? Magari potrebbe rimodernare il motel in stile spagnolo.»

    Tina finalmente rise. «Il sogno di Aggie! Cavolo, sarebbe divertente.»

    «E non dimenticare che mi ha garantito che la nostra visione per l'albergo era allineata» seguitò lei, passandosi i palmi sudati sui calzoni neri. «Perché diavolo mi avrebbe assunto per due anni se no?»

    «Per convincerti a firmare la vendita?»

    Ma perché? Per quale ragione qualcuno col nome dei Ramos voleva il loro piccolo motel?

    Non ci aveva pensato più di tanto al momento, si era soffermata solo sul senso di sollievo e di gratitudine per la somma percepita, somma che le avrebbe permesso di continuare a provvedere alla nonna in modo adeguato.

    «Smettiamola di fare congetture su Ramos» disse, drizzando le spalle. «Presto otterremo risposta a tutti i nostri interrogativi. Oggi dobbiamo soltanto ammaliarlo con la nostra proverbiale ospitalità.»

    Tina annuì brevemente, poi le gettò un'occhiata. «Non sei un po' nervosa all'idea di incontrarlo?»

    Wynne fu lì lì per negare, ma si ritrovò a portarsi la mano sul petto nell'inutile tentativo di allentare la tensione. «Sono terrorizzata» confessò. «Credevo che il momento peggiore in questa triste vicenda fosse stato quello delle firme, ma mi rendo conto che questo non è da meno.»

    Tina la abbracciò. «Mi dispiace, cara. Sono stata insensibile.»

    «Sciocchezze. Sei nervosa quanto me, tutto qui. E altrettanto coinvolta.»

    Purtroppo, nel momento in cui Xavier Ramos avesse messo piede nel foyer lei non sarebbe più stata la proprietaria dell'albergo. Tecnicamente non lo era già, ma sarebbe diventato tutto più reale quando lui avesse preso possesso dell'Aggie's Retreat.

    «Signora Wynne! Signora Tina!» gridò Libby in quell'attimo, arrivando a precipizio dal primo piano.

    «Non correre!» la ammonirono Wynne e Tina.

    «Scusa, signora Wynne. Scusa, Tina» ribatté Libby, senza tuttavia riuscire a contenere l'eccitazione. «La signora April mi ha detto di riferirvi che una lime... limo... che una grossa macchina sta percorrendo il viale.»

    Wynne sentì i battiti accelerare e invidiò a Libby il suo grande sorriso innocente. Libby era una delle ragazze con la sindrome di Down che aveva assunto da un istituto del luogo. Costituivano una parte consistente dello staff che si occupava delle pulizie e del giardino. April, la governante, veniva da un programma che gestiva ex carcerati in libertà vigilata. Come pure Justin. Tina e Meg arrivavano invece da un'agenzia che trovava lavoro a donne che avevano subito abusi domestici. Rifiuti della società? Nemmeno per sogno!

    Erano la sua famiglia. Li amava.

    Eppure aveva messo la nonna prima di loro. Quella consapevolezza – il senso di colpa – la stava divorando. Doveva fare del suo meglio per loro. Più del suo meglio. Non avrebbe permesso che il nuovo proprietario li licenziasse.

    «Grazie, Libby» disse. «Ora torna di sopra e ringrazia April per averci avvisato. E non correre.»

    Sorridendo, Libby imboccò nuovamente le scale, a passo più contenuto questa volta.

    Come impedirglielo? Se vuole licenziarli, cosa posso fare per fermarlo?

    Si sarebbe fatta venire in mente qualcosa, decise Wynne. Ma forse, con un po' di fortuna, non sarebbe stato necessario.

    Insieme a Tina, seguirono con lo sguardo la grande limousine bianca che percorreva gli ultimi metri del viale costeggiato di palme e si fermava davanti all'ingresso.

    «Buona fortuna a entrambe» bisbigliò Tina. «Pregherò... pregherò per tutti noi.»

    Wynne uscì da dietro il bancone e si fermò, incerta sul da farsi. Lì in mezzo all'atrio si sentiva una stupida.

    Si guardò intorno e, come sempre, gli interni dal sapore vittoriano la fecero sorridere. Il tappeto poteva essere sbiadito e liso ma la scala di legno scintillava, come il bancone, col suo vaso di marmo pieno di gladioli freschi e lo specchio dalla cornice antica, inondato dalla luce del sole. L'Aggie's Retreat sapeva accogliere bene i suoi ospiti.

    Wynne si girò giusto mentre una figura alta si stagliava sulla soglia. Un uomo in giacca e cravatta entrò dalla porta che l'autista gli teneva aperta. Si fermò nell'atrio e si guardò intorno con occhio critico, l'aria altezzosa.

    Wynne sbatté le palpebre e... deglutì a vuoto. Santo cielo, era davvero alto. E... uhm... atletico. Gli occhi erano scuri, lo sguardo duro come l'acciaio. Venne lentamente verso di lei e mentre si avvicinava, Wynne si ritrovò a pensare che le ricordava qualcosa di primordiale e inamovibile – come una montagna. Nonostante la stazza, tuttavia, si muoveva con la grazia di una pantera. Le passò davanti agli occhi un'immagine di lui che strappava giacca e calzoni come l'Incredibile Hulk. Solo che... Solo che appariva troppo controllato per fare qualcosa di così spontaneo e ingestibile.

    Resistendo all'impulso di passarsi un dito nel colletto della camicetta, gli andò incontro col sorriso sulle labbra. Dopo tutto era il nuovo proprietario dell'Aggie's Retreat. Meritava un benvenuto regale.

    «Il signor Ramos, immagino.»

    Lui prese la sua mano tesa, senza esitazioni, e Wynne, ora che l'aveva così vicino, sentì il cuore balzarle in petto. Quell'uomo era la più sconcertante combinazione di caldo e freddo in cui si fosse mai imbattuta. A dispetto del distacco che gli brillava negli occhi, trasudava fascino mediterraneo.

    «Mi chiami Xavier.»

    Parole secche, asciutte. Un ordine più che una richiesta.

    Wynne si irrigidì, ma poi rammentò che era arrivato dalla Spagna solo due giorni prima. Probabilmente soffriva ancora per

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