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Tomorrow - La rinascita (eLit): eLit
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E-book385 pagine5 ore

Tomorrow - La rinascita (eLit): eLit

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Info su questo ebook

La fine del mondo è solo l'inizio.

La civiltà è scomparsa, la California è infestata dagli zombie e le poche zone libere sono controllate dal regime totalitario dei Ricostruttori. Eppure, dopo aver trovato sua figlia, Cass si è convinta che esista ancora la possibilità di essere felice. Basta l'arrivo dell'inverno, tuttavia, a ricordarle che dopo la felicità è solo un miraggio: nonostante tutti i suoi tentativi di dissuaderlo, Smoke parte, accecato da una sete di vendetta che potrebbe annientarlo anche se riuscisse a tornare da lei. Ferita e delusa, Cass decide allora di lasciarsi tutto alle spalle e di seguire lo spregiudicato e affascinante Dor. Ma quando per caso ritrova Smoke, prigioniero dei Ricostruttori e in fin di vita, i sentimenti che prova per lui riemergono con prepotenza. E in quel momento capisce di dover scegliere se lottare contro l'oscurità che minaccia di travolgerla, o rischiare di perdere per sempre coloro che ama.





Aftertime novels:

Aftertime - il risveglio

Tomorrow - la rinascita

Horizon - l'alba di un nuovo giorno
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2016
ISBN9788858962435
Tomorrow - La rinascita (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    Tomorrow - La rinascita (eLit) - Sophie Littlefield

    successivo.

    1

    Il primo fiocco di neve Dopo fu diverso da qualunque fiocco di neve caduto Prima. Mancò poco che Cass non lo vedesse, mentre era inginocchiata tra le piante di kaysev morte, gli steli che le pungevano la pelle attraverso i pesanti leggings che indossava sotto il vestito. Aveva chiuso gli occhi, ma Randall parlava troppo, come fa la gente quando cerca di dire qualcosa di significativo riguardo a qualcuno che non conosce bene. Dopo qualche minuto Cass, presa dall'impazienza, aveva cominciato a guardarsi intorno ed ecco, a meno di un metro da lei, il fiocco di neve che scendeva volteggiando lieve, come se avesse tutto il tempo del mondo.

    Si leccò le labbra inaridite, e le parve quasi di sentire il fiocco sciogliersi sulla lingua. Fino a quel momento non si era resa conto di aver dubitato che la neve sarebbe tornata, come aveva dubitato che ratti, passeri, ghiande o falene sarebbero ricomparsi. Avrebbe voluto poterlo indicare a Ruthie, o a Smoke – era inginocchiata in mezzo a loro al posto d'onore in prima fila – ma un funerale era pur sempre un funerale, e così rimase immobile come una statua.

    Forse, al termine della cerimonia, ci sarebbero stati altri fiocchi di neve, una spruzzata, magari: il cielo grigio acciaio le sembrava imbronciato; non ci sarebbero state bufere quel giorno e la temperatura sarebbe risalita oltre lo zero entro mezzogiorno. I primi fiocchi non duravano mai a lungo.

    Accanto a lei Ruthie starnutì, e Cass la cinse con un braccio stringendola a sé. Quando era piccola a Ruthie la neve piaceva. Era ancora piccina, in effetti, tre anni e due mesi stando al calendario della Scatola. Mese e giorno erano numeri di metallo appesi a due chiodi piantati su un palo di legno, come quelli che una volta la gente metteva sulle porte e le cassette della posta, quando si viveva ancora nelle case. Ogni mattina la guardia del primo turno cambiava i numeri. Quel giorno le cifre erano 17*11. Diciassette novembre.

    Smoke le strinse la mano con le sue dita forti; Cass sentì il sangue scorrere vigoroso e sicuro sotto la pelle e ripeté la preghiera silenziosa che ormai faceva parte di lei come un mantra: grazie-grazie-grazie-per-averlo-dato-a-me. Il suo tocco, la sua vicinanza erano ciò che la rendeva intera; Smoke compensava ampiamente tutti gli uomini sbagliati che lo avevano preceduto. Cass chiuse gli occhi, mormorò la preghiera e attese che Randall finisse il suo delirante elogio funebre mentre gli altri cinque partecipanti sospiravano, irrequieti.

    «E ora Cass dirà qualche parola.»

    Era arrivato il suo turno, finalmente. Cass si alzò, nervosa ed esitante. Inspirò mentre si avvicinava al semplice altare posto accanto alla fossa scavata di fresco. La terra smossa era ammonticchiata ordinatamente. Gloria stava per riposare sotto quasi due metri di ricca terra montana della Sierra. I necrofori di Dor chiedevano un extra per scavare una fossa vecchio stile, e ormai la maggior parte della gente si accontentava di mezzo metro di terra. Cass espirò, poi inspirò di nuovo, un ritmo che aveva imparato durante le prime riunioni degli alcolisti anonimi, quando era lacerata tra la certezza paralizzante che se avesse parlato durante l'incontro avrebbe pianto e quella che, se avesse taciuto, non ci sarebbe più tornata.

    A volte il massimo che fosse riuscita a fare era stato mormorare il suo nome. Quel giorno avrebbe dovuto dire di più. E non per quelli che si erano riuniti lì. A parte Smoke e Ruthie c'erano solo Randall, che era arretrato a rispettosa distanza torcendosi un fazzoletto tra le dita, Paul, che non si perdeva mai un funerale e Greg, che aveva trascorso alcune serate con Gloria anche dopo che le era stato proibito di lavorare alle tende blu, quelle dove si poteva trovare conforto a pagamento per qualche ora.

    C'era anche Rae, la donna che le gestiva, e che forse si sentiva in colpa per aver licenziato Gloria, dal momento che se non lavorava lei non poteva comprarsi da bere. In un certo modo era stato proprio quello a ucciderla: dopo qualche giorno di sobrietà forzata, si era scolata un flacone di Idraulico Liquido trovato nel cumulo di rifiuti che andava crescendo in fondo al parcheggio dello stadio.

    Cass guardò gli altri e ricacciò indietro le lacrime. Smoke si era messo una maglietta pulita... anche se non si vedeva sotto la giacca pesante da lavoro. Ruthie portava un cappottino rosso con un cappellino dello stesso colore che un gruppo di esploratori aveva portato qualche settimana prima. Tutti gli altri indossavano gli strati di vestiti macchiati e gli stivali di tutti i giorni. Nessuno la guardò direttamente, tranne Smoke. A nessuno là sarebbe importato se Cass avesse pianto per Gloria, ma per lei era importante non essere fraintesa, non in quel momento.

    Passò le dita sulla superficie di legno del tavolino che fungeva da altare; qualcuno lo aveva recuperato durante una razzia notturna, un oggetto umile la cui caratteristica più interessante era l'essere leggero e dunque facile da trasportare. Cass pensò che, mezzo secolo prima, avrebbe potuto essere un tavolino per il telefono, quando ancora quegli apparecchi si collegavano alle prese nei muri. Ogni domenica Randall metteva una tovaglia sul tavolino e ci sistemava sopra la sua Bibbia. Il pubblico non gli mancava. Cass non gli invidiava i suoi seguaci, né invidiava questi ultimi per le poche ore di pace o conforto o qualunque cosa trovassero nelle sue parole.

    Quel giorno, tuttavia, non c'erano né tovaglia né Bibbia. Era toccato a Cass organizzare il servizio funebre: nessun altro si era offerto, e così Randall si era presentato alla loro tenda, il capello in mano, e aveva chiesto a Cass cosa sarebbe stato giusto fare secondo lei. Gloria non aveva mai parlato di Dio e Cass sentiva che non sarebbe stato giusto imporglielo.

    Chiuse gli occhi per un momento ed espirò; quando li riaprì, Ruthie la stava guardando con interesse, le labbra socchiuse, pregustando le sue parole. Per essere una bambina che non parlava, Ruthie ascoltava gli altri con grande attenzione, soprattutto sua madre.

    Sorridendo alla figlia, Cass prese il filo che le pendeva dal collo ed estrasse da sotto il vestito il ciondolo che aveva fatto il giorno prima; Ruthie fece lo stesso. Erano delle mollette da bucato, di quelle vecchio stile, di legno, legate a un filo di nylon. Cass strinse tra le dita la molletta come se fosse un oggetto prezioso e la osservò meditabonda.

    «Gloria e io parlammo di mollette da bucato una volta» esordì, la voce roca. «Mi raccontò di avere steso dei vestiti.»

    Greg, serio, gli occhi asciutti, annuì, come se Cass stesse raccontando una storia che lui aveva sentito decine di volte. Era improbabile. Nella maggior parte dei casi Gloria parlava a vanvera, estraeva i ricordi dalla sua mente e li srotolava senza alcun ordine temporale o di senso. Più che conversare con lei, di quando in quando si potevano scorgere i recessi trascurati della sua memoria. Non c'era nulla cui aggrapparsi.

    Si chiese quali ricordi Gloria avesse condiviso con Greg, ammesso che avessero mai parlato. Le tende blu erano antri di vergogna, all'interno delle quali gli uomini e di rado qualche donna scivolavano come ombre, barattando qualunque cosa avessero in cambio di un amplesso frettoloso, un gemito soffocato. Qualunque cosa pur di dimenticare il mondo per un momento.

    Chi lavorava nelle tende in genere non aveva altri mezzi di sostentamento. Come Gloria, troppo rovinata per uscire in esplorazione, cucinare, raccogliere cibo, riparare o costruire cose o perfino offrire conoscenze utili. Ma per Greg aveva significato qualcosa.

    «Mi raccontò di avere steso dei vestiti ad asciugare» ripeté Cass. Si schiarì la voce. «Una volta aveva qualcuno. Si chiamava Matthew.»

    Gloria aveva lunghi e folti capelli argentei. Quelli e gli occhi verdi erano gli unici resti di una bellezza ormai sfiorita. Era snella e coriacea. Si era rotta un dente e, nelle rare occasioni in cui era sobria, se ne vergognava e cercava di nasconderlo, muovendo appena le labbra per parlare. Le unghie erano scheggiate e sporche. Nei giorni precedenti la morte i suoi vestiti erano diventati sempre più logori e sudici. L'ultima volta che avevano parlato, Gloria aveva risposto alle domande di Cass con dei grugniti distratti, senza mai guardarla negli occhi. Ruthie aveva paura di lei.

    «Lo amava» concluse Cass. Una volta Gloria aveva amato. Sarebbe dovuto bastare, Cass aveva detto tutto ciò che sapeva, tutto ciò che contava, quantomeno. Gloria le aveva detto solo il suo nome, se fosse stato un amante, un marito, un amico d'infanzia, non importava.

    Si chinò sul rettangolo di terra smossa segnata dai rastrelli, ci infilò le dita e ne prese una manciata, poi si alzò e sparse lentamente la terra sulla bara.

    Arretrò mentre gli altri sfilavano accanto alla tomba; tutti si inginocchiarono e raccolsero una manciata di terra, perfino Ruthie. Le ginocchia delle sue calze si sporcarono, un'altra macchia che Cass non sarebbe riuscita a togliere. Sospirò. Ogni persona gettò la terra nella fossa e Cass si domandò quali parole stessero pensando. La sua fu addio, forse era la stessa anche per gli altri.

    Dopo avere sparso la terra, tutti rimasero intorno alla tomba. Randall si mise una mano in tasca. «Cass, forse vuoi...»

    Le porse un sacchettino di plastica aperto, al cui interno c'erano dei semi di kaysev secchi, opachi e marroni. Cass lo guardò con durezza, ma in quel caso Randall sostenne il suo sguardo con espressione di sfida. Smoke le strinse la mano e scosse il capo. Anche lui si teneva alla larga dalle funzioni della domenica. Non aveva molto a che spartire con i credenti, e quando gli capitava di andare a bere qualcosa, andava al Rocket's, non al German's dove erano soliti riunirsi i credenti.

    Cass non voleva prendere i semi; l'usanza di spargere semi di kaysev sulle tombe si basava sulla Bibbia, su quel passaggio del Vangelo secondo Matteo che parlava del seminatore. Era diventata una pratica comune, una nuova cultura della perdita, che era diventata un'abitudine radicata come se fosse stata seguita da intere generazioni. Erano passati solo sei mesi da quando gli ultimi aerei dell'aviazione avevano fatto piovere il kaysev dal cielo, ma erano bastati perché si creassero nuovi rituali. La pianta che avrebbe dovuto nutrire la popolazione aveva cominciato a nutrire anche l'immaginazione.

    Smoke vedeva tutto attraverso il filtro dell'ideologia ed era stato molto fermo in proposito, e Cass concordava con lui, almeno riguardo a quell'argomento. I ricordi terribili del Convento erano ancora troppo freschi, il marchio che l'eccessivo fervore religioso aveva lasciato su Ruthie troppo profondo.

    Dio non si era stabilito all'interno dello stadio dall'altra parte della strada, Cass ne era certa.

    Ma, a differenza di Smoke, non era pronta a dichiararlo del tutto assente. Ciò nonostante, Lui restava un'entità elusiva e sorniona per Cass che, al momento, preferiva tenerlo a distanza.

    Quando Cass non prese il sacchetto di plastica dalla mano di Randall, l'uomo socchiuse gli occhi, rabbuiandosi, e lo rovesciò lui stesso, lasciando cadere i semi nella terra. «Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi è colui che ode la parola» intonò, lo sguardo fisso sul viso di Cass.

    Poi indietreggiò, infilandosi il sacchetto vuoto nella tasca e spolverandosi le mani. Tutti gli altri lo seguirono, tornando lentamente verso il piccolo altare.

    «E ora concludiamo la nostra funzione per Gloria» mormorò Randall, mentre il vento portava via le sue parole, costringendo tutti gli altri ad avvicinarsi per sentire. Tutti eccetto Cass, che prese in braccio Ruthie e si spostò in fondo al piccolo gruppo, mentre Randall alzava le braccia per la benedizione finale.

    «Uomo, ricordati che sei polvere» disse chiudendo gli occhi, «e polvere ritornerai.»

    Ancora una volta, Cass pensò che Randall era un truffatore e metteva insieme pezzi di fede presi qua e là secondo le necessità.

    Ma cosa importava? Gloria era comunque morta e loro erano ancora là.

    2

    Cass si guardò alle spalle mentre seguiva gli altri fino alla Scatola. Le strade sembravano pulite, non c'erano avvistamenti di Carcasse da un paio di giorni. Randall passava tra le tombe, raddrizzando le croci e strappando erbacce.

    Non era un vero cimitero. Quell'appezzamento di terreno una volta era stato un piccolo parco in un quartiere residenziale a due isolati dalla Scatola, ma gli alberi che gli davano ombra erano morti all'inizio dell'Assedio e qualcuno si era preso la briga di abbatterli e portarli via. Alcune tombe erano indicate con croci di legno, due bastoni inchiodati più o meno rifiniti. Una più piccola era dipinta di bianco, con minuscole conchiglie incollate sui bordi, ma la maggior parte era fatta in modo grezzo e frettoloso.

    Alcune tombe, come quella di Gloria, non avevano alcun simbolo. Per il momento la terra smossa indicava il punto in cui era sepolta, ma presto si sarebbe livellata e nessuno avrebbe ricordato dove si trovasse.

    Fosse stato per Cass, avrebbe lasciato le poche piante che germogliavano in quel periodo dell'anno. Per lei il ritorno di ogni pianta Dopo era un miracolo in sé e il suo orto alla Scatola aveva un piccolo spazio delimitato con bastoncini e cordicelle per ogni specie nativa che trovava durante le sue camminate. Agazzino, lepidio, crupina... Ognuna di esse era stata creduta estinta. Ognuna, per una combinazione indecifrabile di volontà divina, resistenza e fortuna, era tornata, emergendo dalla crosta devastata della terra abbandonata.

    Una volta oltrepassato il cancello, Greg, Rae e Paul si allontanarono in direzioni diverse senza curarsi di salutare, nemmeno Ruthie. Cass non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscita a restare alla Scatola, la cui atmosfera cupa soffocava le sue speranze che quello potesse essere il posto giusto per crescere la sua bambina. Prima la gente si sforzava di essere gentile con i più piccoli, perfino con una bimba silenziosa e strana come era diventata Ruthie. Aveva ancora i capelli corti come quelli di un maschietto, perché al Convento avevano rasato a zero tutte le bambine, ma entro la primavera sarebbero stati abbastanza lunghi per un taglio più femminile. Cass, tuttavia. si rendeva conto che per Ruthie era un problema. Certo, la sopravvivenza era più importante, ma si poteva davvero pretendere qualcosa di più da una bambina?

    Non c'erano più bambini paffuti come quelli delle pubblicità della Plasmon, Dopo; non c'erano bambini e basta. Fame e febbre ne avevano portati via moltissimi fin dall'inizio, e in seguito le Carcasse ne avevano reclamati anche di più. Cass sapeva bene quanto fosse difficile guardare un bambino quando il proprio se n'era andato. Ma le era stata concessa una seconda possibilità, aveva ritrovato Ruthie e intendeva prendersene cura nel modo migliore possibile. Le avrebbe messo i vestiti più belli che fosse riuscita a trovare, le avrebbe dato tutto ciò che quel mondo malconcio poteva offrire.

    Il cappottino rosso di Ruthie era il regalo di un ragazzo taciturno di nome Sam, che aveva perso un occhio nello Yemen durante le Guerre del Riso. Era passato dalla tenda di Cass e Smoke dopo un'esplorazione e aveva tirato fuori dallo zaino quell'indumento caldo e soffice con bottoni di madreperla. Non aveva voluto niente in cambio, ma aveva accettato una tazza di tè alla menta preparato con le ultime erbe coltivate da Cass nel suo orto, prima che una gelata si portasse via tutto eccetto timo e cerfoglio. Sam non parlava molto, ma adorava Ruthie. La prendeva in braccio e la faceva volare come se fosse un aeroplano, la portava sulle spalle e la lasciava arrampicare sulle sue gambe lunghe e magre. Cass sospettava che avesse avuto un fratellino o una sorellina, o forse dei nipotini. Chiunque fosse stato, se n'era andato da tempo, lasciando il ragazzo con la capacità di trattare i bambini e forse un vuoto nel cuore.

    Sotto il cappottino rosso Ruthie indossava un vestito di velluto a coste e una calzamaglia bianca. Le scarpe erano già troppo strette; stava crescendo così in fretta. Tutti gli esploratori erano stati avvertiti di tenere gli occhi aperti casomai si fossero imbattuti in un paio di scarpe numero ventiquattro, ma non c'era modo di sapere cosa avrebbero trovato, e il centro commerciale in fondo alla città era ancora infestato di Carcasse.

    Era trascorso più di un mese da quando i vestiti di Ruthie erano stati lavati. A volte qualcuno dei mercanti della Scatola aveva del detersivo, ma costava molto e, inoltre, Cass e Smoke avevano deciso di usare il più possibile i prodotti locali, in quel caso il sapone oleoso ricavato dal grasso estratto dai fagioli di kaysev. Non era terribile per lavare il corpo e i capelli, ma non andava molto bene per i vestiti. Non toglieva le macchie, né l'odore di fumo e sudore.

    Non che a qualcuno importasse. Smoke ripeteva sempre che Cass avrebbe dovuto lasciare che Ruthie indossasse pantaloni della tuta e magliette come Feo, l'unico altro bambino che vivesse nella Scatola. Ma Feo era quasi un selvaggio, un ragazzino di otto o nove anni con i denti aguzzi e i capelli lunghi che si aggirava lesto e cauto tra le tende e i banchi dei mercanti, tirando di boxe con la propria ombra. Dor lo lasciava restare solo perché era diventato una specie di mascotte per le guardie, che a ottobre lo avevano trovato in una fattoria appena fuori città insieme a una vecchia in stato di semi incoscienza.

    Cass si sentiva protettiva nei confronti di Feo, in particolar modo dopo che la donna, sua nonna, era morta durante la prima notte che avevano trascorso alla Scatola, ma non voleva che la sua Ruthie diventasse come lui.

    «Vado al rimorchio» annunciò Smoke quando raggiunsero l'incrocio nel sentiero che portava alla loro tenda. Non le parlava più dei suoi affari con Dor, dei loro incontri privati sempre più frequenti. Qualche mese dopo essere arrivato alla Scatola insieme a Cass, Smoke era diventato il braccio destro di Dor e lei immaginava che quegli incontri fossero necessari per imparare a gestire quel posto e le operazioni quotidiane delle forze di sicurezza. Smoke sapeva che a lei non andavano a genio quelle riunioni, né la sua alleanza con Dor. Un'altra coppia forse ne avrebbe parlato, ma Cass non aveva mai sollevato l'argomento e lui nemmeno.

    Cass tornò alla tenda con Ruthie. All'interno tutto era in ordine. Lei non era mai stata ordinata prima, ma lo era diventata. Lungo un lato della tenda Smoke aveva allineato una libreria a giorno con libri malconci, vasi di vetro vuoti e piccole pietre lisce. Un comò conteneva i loro vestiti. Il pavimento era coperto da un magnifico tappeto, un oggetto antico intessuto a mano che secondo Dor un tempo valeva migliaia di dollari. Era l'unico oggetto di lusso che Cass sopportasse nella loro casa. Gli altri erano semplici e pratici, tutti scelti da lei. Smoke aveva capito ancora prima di Cass che sceglierli l'avrebbe aiutata a guarire.

    Si sbottonò lentamente il parka, poi si sfilò il vestito che aveva indossato per il funerale e si mise un maglione di lana. Aveva voluto che Smoke la vedesse con quel vestito, barattato solo il giorno prima con una donna che era arrivata trascinandosi dietro una valigia piena di abiti firmati e gioielli. Le era costato una bottiglietta mignon di Absolut e tre compresse di Vicodin da 750mg. Cass non toccava una goccia d'alcool da quasi dieci mesi e all'inizio era stata restia all'idea di usare quel potente antidolorifico per i baratti, ma che le piacesse o no, alcool e droghe erano la moneta corrente della Scatola, pertanto lei e Smoke ne tenevano una riserva chiusa in una cassaforte fissata a un palo piantato nel cemento sotto il pavimento della tenda.

    Il vestito era di tessuto sintetico, tagliato di sbieco con una scollatura morbida e profonda. Era di un color acquamarina intenso che ricordava a Cass l'oceano, in particolare l'acqua a Point Reyes dove una volta aveva trascorso un fine settimana prima di restare incinta di Ruthie. Ci era andata con un amante, non ricordava quale, che l'aveva viziata con cene costose, vino e cocaina, ma la cosa che ricordava meglio era l'acqua.

    Quel vestito aveva il colore delle mattine nebbiose e dei tramonti minacciati dalla pioggia, dei relitti che galleggiavano sulle onde prima di arrivare a riva. Cass aveva voluto osservare Smoke che la guardava con indosso quel vestito, vedere i suoi occhi spalancarsi, le labbra dischiudersi per il desiderio. Il suo corpo si risvegliò al solo pensiero, anche se il momento era ormai trascorso.

    Si tolse gli orecchini che lui le aveva regalato la settimana prima e li ripose nella scatola di latta in cui teneva le cose più piccole, bigiotteria, spille da balia, bottoni e aghi. Gli orecchini, due diamanti a goccia che Prima sarebbero costati più di un'auto, arrivavano da una delle grandi ville di Festival Hill, quella che era stata la parte più ricca della città. Dopo era quasi divertente da quel punto di vista, il valore delle cose si era ribaltato. Smoke aveva barattato un coltello da caccia Kershaw con lama di tungsteno nero in cambio dei pendenti e il loro precedente proprietario se n'era andato soddisfatto.

    Dopo aver cambiato Ruthie infilandole dei vestiti morbidi e caldi, la sistemò sotto la trapunta a fare un sonnellino. Poi si versò dell'acqua da una brocca in una coppa di peltro con incise le iniziali TEC – altri oggetti provenienti dal medesimo quartiere elegante – e scartò una tortina di kaysev spalmata di burro d'arachidi. La mangiò in modo meccanico, cercando di concentrarsi su Gloria, ma i suoi pensieri scivolavano come ciottoli sul fianco di una montagna. Ruthie emise alcuni gemiti sommessi nel sonno e Cass rimase ad ascoltarla, desiderando di poterla registrare per poi riascoltarla: era l'unico modo ormai per udire la voce di sua figlia.

    Rimase seduta tranquilla ad aspettare Smoke, a stento consapevole del percorso del sole dietro le tende sottili della finestra della tenda, delle briciole che si indurivano nel piatto, della condensa che si raccoglieva sul coperchio di plastica trasparente della brocca, finché una singola goccia cadde senza fare rumore. Ruthie dormiva, sussurrava e gemeva, gli unici suoni che emettesse, la colonna sonora dei suoi incubi, ciò che restava dei giorni trascorsi nel Convento dall'altra parte della strada di fronte alla Scatola. Ascoltarla una notte dopo l'altra era il prezzo che Cass pagava per la propria distrazione, per aver permesso che sua figlia fosse presa. L'avrebbe ascoltata ogni notte per sempre, se fosse stato necessario.

    Quando il freddo del pomeriggio si insinuò nelle mani e nei piedi di Cass trasformandosi in un dolore sordo, senza che Smoke fosse tornato, Ruthie si voltò nel letto, scostò la trapunta, e si mise a sedere senza svegliarsi.

    «Uccello» disse con chiarezza, gli occhi assonnati pieni di paura. Poi si sdraiò di nuovo, senza sapere di aver parlato.

    Cass si voltò, sbalordita, e vide Smoke sulla soglia della tenda, il volto impassibile, i pugni grondanti di sangue.

    3

    Smoke non smetteva di tremare e non parlava.

    Cass inghiottì la paura e cercò sul suo corpo ferite gravi, segni di morsi. Non avendo trovato niente, lo abbracciò e gli baciò la fronte, mormorando parole rassicuranti, e alla fine decise di condurlo vicino al fuoco. Ruthie, che non si era resa conto di aver parlato nel sonno, li seguì placida, portando con sé un drago di pezza cui si era affezionata negli ultimi tempi. Cass aveva esaminato le mani di Smoke e aveva constatato che le ferite erano superficiali, tagli precisi sulla pelle, come se gli avessero frustato i palmi. L'emorragia si era già fermata e i bordi delle lacerazioni stavano impallidendo; ripresero a sanguinare quando lui se ne dimenticò e piegò le dita, ma Cass lasciò che le stringesse la mano e cercò di ignorare l'appiccicaticcio sulla pelle.

    La buca del fuoco era circondata da una rete alta un metro e mezzo. Uno degli uomini di Dor era seduto davanti all'apertura su una sedia pieghevole, i piedi appoggiati a un ceppo, un blocco per appunti in mano. Si chiamava Utah e dava l'impressione di volere che gli si chiedesse il perché di quel nome. Cass non lo aveva mai fatto. Gli occhi di quell'uomo erano troppo famelici, i suoi capelli intrecciati e legati con lacci di cuoio, e lei era troppo esausta per ciò che era successo nell'ultimo anno della sua vita per avere tempo da dedicare a persone che avevano ancora bisogno di essere ammirate.

    «Ehi» li salutò Utah scribacchiando sul blocco. «Tutti e tre, oggi?»

    Domanda stupida, pensò Cass, ma si limitò ad annuire e a entrare, preceduta da Smoke e Ruthie, nello spazio dove la polvere era stata spazzata via quella mattina. C'erano dei ceppi per sedersi intorno alla buca del fuoco, larga un metro e mezzo e nella quale bruciavano legna da ardere e qualche ramo verde. Lei e Smoke avevano privilegi di cui gli altri visitatori della Scatola non godevano: l'acqua, i bagni e il fuoco erano gratis. Ma la loro presenza era annotata comunque sui registri, Dor era un maniaco della contabilità.

    Intorno al fuoco in quel momento c'erano poche persone; la maggior parte avrebbe aspettato il più possibile e sarebbe andata a scaldarsi subito prima di coricarsi, sperando che il corpo trattenesse il ricordo del calore abbastanza a lungo per addormentarsi e magari riuscisse a restare caldo quanto bastava per riposare un poco. Là era facile credere alla previsione di Dor, che durante l'inverno la legna da ardere sarebbe diventata il suo affare più redditizio. Se solo Cass fosse riuscita a convincere Smoke a ritirarsi sulle montagne, a trovare un posto nuovo dove essere una famiglia. Doveva pur esserci un luogo più caldo, più ospitale, dove la speranza fosse ancora viva.

    Cass condusse Smoke fino all'estremità opposta del fuoco, lontano dagli altri. Stese uno strofinaccio da cucina su un ceppo ed estrasse dalla tasca la piccola matrioska di plastica che usava quando voleva tenere Ruthie tranquilla. La bambina sorrise e aprì con cautela la prima bambola mentre Cass prendeva le mani di Smoke nelle proprie.

    «Allora?» sussurrò, chinandosi verso di lui tanto da sentire il suo respiro sulla pelle, pronta a soffrire con lui.

    «Ho rotto la rete di recinzione» disse Smoke, fissandosi le mani come se avesse appena notato i tagli. «Fuori dal rimorchio di Dor. Robaccia da due soldi, alluminio...»

    Cass si raffigurò nella mente il rimorchio che Dor utilizzava come ufficio e, da quando aveva cominciato a fare più freddo, anche come casa. Alcuni gradini portavano alla porta, che si trovava a un metro da terra dal momento che il rimorchio era appoggiato su quattro blocchi di cemento. La recinzione che lo circondava era sottile, in effetti, ma per romperla ci sarebbe voluta ugualmente molta forza. E rabbia.

    «Perché? Cosa ti ha detto?»

    Solo Dor, fondatore e leader della Scatola, mercante dalle labbra cucite e garante della pace, aveva il potere di cambiare il corso delle vite delle persone là dentro. Smoke la guardò con aria cupa, le labbra sensuali serrate per l'emozione.

    «La scuola è bruciata» rispose piano. «Sono stati i Ricostruttori. Sono arrivati a Silva e hanno appiccato il fuoco. Hanno lasciato a donne e bambini la scelta tra andare con loro o morire. Gli uomini, tutti... andati.»

    Cass si sentì fermare il cuore. La scuola, quaranta miglia a valle rispetto alla Scatola, verso le montagne, era il primo rifugio dove fosse arrivata dopo essersi svegliata in un prato avvolta dal proprio fetore, coperta di croste e ferite, senza ricordare come fosse giunta fin lì. Aveva creduto che sarebbe morta alla scuola, invece aveva incontrato Smoke ed era vissuta.

    «Andati?» chiese, muovendo le labbra a fatica.

    «Hanno tagliato loro la gola per risparmiare i proiettili. Poi li hanno bruciati con l'edificio. Cass... Nora è rimasta. Si è rifiutata di andare con loro. Ed è morta.»

    Il foro nel cuore di Cass si allargò e il freddo cominciò a penetrarvi.

    Nora un tempo era l'amante di Smoke. Prima dell'arrivo di Cass. Aveva capelli scuri che le sfioravano le spalle, e lineamenti eleganti nonostante le guance scavate. Nora aveva detestato Cass a prima vista e avrebbe voluto che fosse rimandata all'esterno a morire per le condizioni in cui si trovava quando era arrivata alla scuola. E adesso era morta.

    «L'hanno uccisa...»

    «Si è battuta.» Finalmente una scintilla di rabbia lampeggiò negli occhi di Smoke. «Ne ha portato uno con sé, così ha detto Dor.»

    Dor. Sammi... Che ne era stato della ragazzina? La figlia di Dor, quattordicenne, cui Cass si era sentita subito legata, benché fossero state insieme solo per breve tempo.

    «Dicono che Sammi è sopravvissuta» disse Smoke, come leggendole nel pensiero. «Quanto meno, una ragazzina della sua età e che somiglia a lei pare essere ancora viva. Ma non sua madre. È successo due giorni fa, probabilmente la stanno portando a Colima.»

    «I superstiti... Sono tutti prigionieri?»

    «Così mi ha detto Dor» rispose Smoke piatto. «I Ricostruttori hanno mandato un messaggio qui. Il loro uomo è arrivato oggi. È di questo che abbiamo parlato.»

    La scuola non c'era più. La piccola comunità di rifugiati distrutta, annientata, data alle fiamme, i superstiti trascinati via come bestiame rubato. Gli uomini... Cass rabbrividì pensando ai loro corpi impilati e bruciati.

    Si era fermata alla scuola solo un giorno, abbastanza perché la giudicassero e la lasciassero andare, abbastanza perché Smoke decidesse di aiutarla a ritrovare Ruthie. Sarebbe dovuto tornare indietro, da Nora, ma non era successo. Era andato con lei ed erano diventati... Quel che erano. Amanti, forse una coppia. Certo più di quanto Cass avesse mai sperato. Aveva dormito tra le braccia di Smoke quasi ogni

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