Innamorata dell'erede ribelle: Harmony Collezione
Di Ally Blake
3/5
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Info su questo ebook
Tutto quello che lei vuole è sentirsi protetta. Tutto, in lui, parla di pericolo.
Kendall York ha faticato per ottenere ciò che ha: un lavoro gratificante, amicizie piacevoli, una vita tranquilla. Non ama correre rischi, e l'unico piccolo ge-sto fuori dagli schemi che si concede è una nuotata ogni tanto nella piscina di una locale tenuta, apparentemente disabitata. Quando all'improvviso compare il proprietario, però, Kendall intuisce che può dire addio alla serenità: le basta un solo sguardo a Hudson Bennington III, infatti, per capire di essere perduta. Erede di una fortuna, Hudson è un fotografo anticonformista, affascinante e tenebroso, la cui vita è un esaltante susseguirsi di pericoli e avventure. Proprio ciò di cui lei non ha bisogno. Eppure, quando lui le fa una proposta intrigante, risponde...
Ally Blake
Autrice australiana, ha ballato e recitato in televisione prima di dare libero sfogo alla sua innata passione per la scrittura.
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Anteprima del libro
Innamorata dell'erede ribelle - Ally Blake
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Falling for the Rebel Heir
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2008 Ally Blake
Traduzione di Daniela Alidori
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-902-4
www.harlequinmondadori.it
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1
Hud si aggiustò lo zaino sulla spalla mentre fissava la facciata di Claudel, la grande vecchia casa di fronte a lui.
L’edera ricopriva i muri esterni, i gradini di marmo dell’ingresso erano rovinati, sul tetto si scorgevano larghi spazi vuoti dove mancavano le tegole, gli scoli erano pieni di foglie morte e i delicati affreschi sulle pareti erano scoloriti.
Ma persino la trascuratezza non riusciva a fermare i ricordi delle estati assolate passate lì con la zia, quando i suoi genitori partivano per i loro viaggi avventurosi verso civiltà da scoprire e lo lasciavano lì. Si rivedeva sdraiato sull’erba fresca a leggere alla zia Fay le edizioni originali delle Cronache di Narnia.
Respirò a fondo, rimandando a più tardi le rievocazioni, ed entrò nell’immenso giardino, anch’esso in stato di totale abbandono.
Quello che un tempo era stato un prato verde e curato, con sculture di marmo degne di una galleria d’arte, adesso era infestato di erbacce. Le conifere, all’epoca potate con attenzione, avevano i rami spezzati dai temporali che pendevano inermi. Se la zia Fay fosse stata ancora viva e avesse visto quel degrado, l’avrebbe di certo insultato a morte.
Ma dopo lo shock iniziale, Hud cominciò a notare che l’aria era carica del pungente profumo dei fiori selvatici e degli aghi di pino che ammantavano il suolo. Come fotografo di Voyager Enterprises - rivista e canale televisivo che trasmetteva documentari sulla natura - aveva fotografato ogni tipo di paesaggi, dalle paludi infestate di coccodrilli agli orti botanici. Ma quel posto era così incontaminato che la gola di Hud si strinse per la commozione.
Rimosse quelle emozioni e avanzò tra i cespugli incolti, incurante degli sterpi che gli graffiavano le mani o delle spine che gli si conficcavano nei jeans.
A un certo punto, però, fu accecato da un lampo di luce. Sollevò una mano per ripararsi gli occhi e proseguì nella fitta boscaglia finché non si trovò davanti il padiglione della piscina.
Un mezzo sorriso gli piegò gli angoli della bocca mentre lontani ricordi bussavano alle porte della sua mente.
Tuffi a bomba e lunghe ore nell’acqua a fare il morto solo per osservare le nuvole che passavano sul soffitto di vetro, a domandarsi se i suoi vedevano le stesse nuvole mentre esploravano qualche posto interessante dall’altra parte del mondo.
All’epoca lui si era convinto che, una volta cresciuto, avrebbe finalmente compreso cosa c’era dietro tutta quella smania di avventura dei suoi e perché era così facile per loro lasciarlo a casa senza tanti pensieri. Purtroppo, quando era diventato abbastanza grande per capire, aveva dovuto ammettere la propria frustrazione.
E per reazione, a ventun anni, in Bosnia, era rimasto nascosto dietro un cespuglio per diciotto ore durante una sparatoria con la sola compagnia della sua macchina fotografica. O si era ritrovato da solo insieme alla sua squadra sul K2 perché la guida li aveva abbandonati. O si era svegliato all’ospedale di Londra, meno di due mesi prima, senza neppure la forza di chiedere un bicchiere d’acqua.
Appoggiò lo zaino color kaki, compagno di tanti viaggi, con dentro pochi indumenti sporchi e il passaporto, e la fidata Nikon appesa alla spalla, e guardò la buganvillea rosso brillante che sembrava avere divorato metà del lungo edificio. Poteva solo immaginare in che stato doveva essere ridotto l’interno dove non entrava nessuno da almeno dieci anni, dopo la morte della zia.
Con un sospiro si diresse verso il retro dell’edificio e stranamente trovò la porta socchiusa e un po’ storta sui cardini arrugginiti, come se fosse stata forzata.
Con l’istinto, educato da anni passati a strisciare nel buio, superò la soglia in punta di piedi e lì si bloccò.
L’interno era perfettamente pulito. Le piastrelle verdi a mosaico intorno al perimetro brillavano e le panchine di marmo bianco erano prive di macchie. L’acqua della piscina era oltremodo limpida contro il fondo di cemento dipinto di nero.
Un rumore improvviso interruppe le sue considerazioni; un leggero sciabordio contro il bordo. E di colpo ebbe la sensazione che qualcosa stesse per rompere quella superficie scura e perfettamente piatta. Trattenne il respiro e scrutò il buio in silenzio mentre...
Una sirena emerse dalle profondità.
Da quel momento in poi tutto sembrò rallentare, il suo respiro, il battito del cuore, la polvere che galleggiava nell’aria mentre quella splendida ninfa fendeva l’acqua e si allontanava da lui, lasciandosi dietro una scia di onde.
Le gocce scivolavano dai capelli castani e correvano giù lungo le braccia giovani e magre. E mentre saliva i gradini, l’acqua rimase aggrappata alle sue forme slanciate prima che la crudele legge di gravità la reclamasse agli abissi cui apparteneva.
Hud sentì il dovere di distogliere lo sguardo, come se fosse troppo cinico e troppo stanco per una simile visione. Ma la curiosità superò ogni reticenza e gli occhi rimasero fissi sul didietro della bella sconosciuta.
La schiena era quasi del tutto coperta dalla chioma fluente e ondulata che lasciava visibile una piccola porzione di pelle, per il resto nascosta dal costume. Nero e intero, ma molto più sexy di un bikini.
Il cuore di Hud accelerò il ritmo fino a rintronargli nelle orecchie.
La sirena si diresse a piedi nudi verso una panchina per prendere una salvietta color pesca e, tenendosi in equilibrio su un piede, si chinò per asciugarsi una gamba. Lunga, magra e slanciata. Un rivolo di sudore si materializzò sulla guancia di Hud.
Quando ripeté l’azione con l’altra, con movimenti lenti e rilassati, lui chiuse gli occhi e deglutì per dare sollievo alla gola arsa.
Poi lei si strofinò i capelli dai riflessi dorati, resi ancora più intensi dalla luce che entrava dai pannelli di vetro, e Hud riuscì solo a pensare che quello era un momento che doveva essere catturato da un obiettivo e conservato per l’eternità.
Era così rapito dalla bellezza di quella visione che si accorse che lei stava cominciando a girarsi quando ormai era tardi.
La ragazza lo vide. E strillò.
Lui non se la sentì di biasimarla. Non si radeva da almeno due settimane, indossava vestiti più adatti all’inverno londinese che ai trenta gradi di Melbourne.
Anche lei, però, non era così innocente: aveva violato la sua proprietà e, vista la pulizia della piscina, sembrava che lo facesse da parecchio.
D’istinto, Kendall usò l’asciugamano per coprirsi le gambe nude mentre il suo urlo risuonava tra le alte vetrate.
Sfortunatamente non bastò a spingere l’intruso a darsela a gambe. Anzi; lui continuò a fissarla imperterrito. Alto, bruno di carnagione e molto virile.
Mentre i suoi occhi la scrutavano da capo a piedi, lei si rese conto che stringere quell’asciugamano come una ragazzina pudica non sarebbe servito a niente. Quindi si girò di lato e se lo avvolse intorno al corpo. Poi trasse un lungo respiro prima di rivolgersi a lui.
«Esca subito di qui o mi metto a gridare con tutto il fiato che ho in gola. La avverto che questa volta si precipiterà qui tutta la città.»
«Non urli ancora, la prego» la supplicò l’uomo, la bocca piegata in un accenno di sorriso. Non alzò la voce, ma non ce n’era bisogno. Era abbastanza profonda da attraversare l’ampia sala con facilità. «Una perforazione di timpano è sufficiente per oggi.»
«Allora, se vuole salvare l’altro timpano, le consiglio di uscire subito da qui» gli intimò Kendall. «Se si è perso, posso indicarle la strada.»
«Non mi sono perso» ribatté lui.
«Bene, allora non sa dove si trova. Questa è una proprietà privata.»
Lui si limitò a sorridere ancora, facendole supporre che ne fosse già al corrente. Lo sapevano tutti a Saffron. Claudel apparteneva ai discendenti di Lady Fay Bennington. E poiché lì si conoscevano tutti, Kendall era sicura che quel tizio non c’entrasse niente con la famiglia.
Alto, con le spalle larghe, la carnagione abbronzata e gli occhi vivaci,