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L’ultimo dono prima di morire
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L’ultimo dono prima di morire
E-book382 pagine6 ore

L’ultimo dono prima di morire

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Info su questo ebook

Donna Sara Suarez de Alves è una donna per bene. Religiosa, fino all’austerità. Severa, fino alla chiusura. Irreprensibile moglie e madre, ha sempre represso i suoi giovanili impeti di ribellione e ha chiamato peccati i suoi pensieri di dolcezza e seduzione. Non ha mai dubitato degli atti della corona spagnola e della Chiesa cattolica che hanno alimentato, in un Cinquecento senza pace, una spirale infinita di odio e violenze contro i loro nemici, gli ‘infedeli’. Sara sarebbe rimasta prigioniera della sua vita apparentemente perfetta, delle convenzioni che le hanno insegnato, del matrimonio che le hanno imposto, senza mai scoprire il suo bisogno di amare e di essere amata, se non avesse incrociato, quel giorno sul ponte, con i capelli ricci tormentati dal vento del porto, gli occhi di Fahdi al-Malekki. Il capo dei corsari musulmani, assetato di guerra e affamato di giustizia, ha votato la sua intera esistenza a vendicare la sua gente cacciata, uccisa e obbligata alla conversione durante la Reconquista. Tra Sara e Fadhi, uno sguardo che trafigge il cuore di entrambi. Per quanto siano orgogliosi, nonostante siano nemici.
L’ultimo dono prima di morire è la storia di quello sguardo, di due persone, di due mondi, dell’Oriente e dell’Occidente che i pregiudizi dividono, ma che l’amore può riunire, risanando l’innaturale divisione e raggiungendo la redenzione.

Arianna Frappini nasce a Gualdo Tadino (PG) nel 1997. Esordisce come poetessa con Di una vita nel 2013 con l’Aletti Editore. Nel corso degli anni, con la stessa casa editrice, pubblica diverse raccolte di poesie in volumi comprendenti altri autori: Dignità in “Mulinelli” (2014), Casa in “Marin” (2015) e Del cuore che crede in “Vortex” (2015). Attualmente studia Lettere all’Università degli Studi di Perugia e partecipa a diverse iniziative online, in particolare alla rivista “OneElpis”, nata da un movimento letterario creato tramite Facebook, scrivendo due rubriche: “Libri senza pregiudizi” su letterature poco conosciute (soprattutto araba) ed “Emozioni da lupi” sulla musica di Ermal Meta.
 
LinguaItaliano
Data di uscita28 lug 2020
ISBN9788830624412
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    Anteprima del libro

    L’ultimo dono prima di morire - Arianna Frappini

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani)

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo. Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove Voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    1

    L’incontro

    Donna Sara Suarez de Alves è in balcone. Le balze dell’ampia gonna sfiorano appena il pavimento, le mani sul petto e lo sguardo altero rivolto ai vigneti, là dove si perde il giorno, là dove la campagna diventa spiaggia. Là dove il giorno verde diviene mare azzurro. Là dove una nave dopo l’altra, a ogni ora, approda al porto, annunciata dalla sua sirena ridondante. Che risuona nei dintorni. Facendo tremare le pareti dei deboli frutteti di don Elias e riempiendo gli spazi silenziosi e infiniti tra le crepe del muro del tempo che scorre, della giovinezza che passa. La zazzera di capelli castani, legata in un’elegante acconciatura, le ricade senz’ordine sulle spalle, mentre è troppo attillata e si sente quasi soffocare nel corpetto stretto, di una taglia volutamente più piccola. La camicetta, che le copre le spalle, scende sui fianchi, in ampi volà sbarazzini. La sottoveste è discreta e si accorda perfettamente con la gonna, a balze, verde, l’ultimo acquisto della suocera a Granada¹. Le pantofole da camera, rosse, infiocchettate ed eleganti, come tutto il resto, costituiscono l’ultimo tocco di classe che serve a Sara per apparire com’è. Una signora. Una vera signora di città, cioè di campagna. Cioè dell’Andalusia, di tutta la Spagna. Per non dire dell’Europa intera. La donna di Granada s’è ritrovata nella villa sul mare di un marito capriccioso e insaziabile; quella casetta, tra i frutteti, vicino al mare, dove il clima tropicale si attenua, è l’ultima trovata di Elias, che riempie così la sua vita vuota.

    Donna Sara scuote energicamente la massa dei suoi capelli e scruta l’orizzonte. Un trottare di cavalli si perde tra i frutteti e si confonde col mare. Non le vede ancora, ma sa che quelle sono Emilia e Celia che tornano dalla cavalcata quotidiana. Ah, già, Emilia e Celia, perché donna Sara ha due figlie. Due figlie e un figlio, per dire la verità. Che hanno riempito tutta la sua giovinezza e tutta la sua maturità, tenendola impegnata, quando non aveva bisogno di avere la mente occupata. Le sue candele nei salotti eleganti di Granada, di Siviglia. Di Madrid. Non ricorda neppure l’ultima volta che è stata alla capitale, di quando don Elias, il marito, si sia degnato di accompagnarla (o di farla accompagnare, più realisticamente) a fare acquisti in città. Non sa cosa la trattenga dallo sbattere in faccia ad Elias tutta la sfacciata verità. Cioè, che la villetta, tra i frutteti e il mare, se la poteva pure risparmiare. Forse, è l’unica spiegazione plausibile per un altrimenti intollerabile silenzio: solo che Pedro, Emilia e Celia, i figli, qui, stanno bene. Hanno trovato il benessere che non hanno mai avuto a Granada, tra le campane ridondanti delle chiese e gli impegni sociali dei genitori, le interminabili cene con questo o quel proprietario terriero, con questa o quella dama, tra l’andirivieni delle carrozze, che, a qualsiasi ora del giorno, disturbano la quiete e la crescita di una famiglia che cerca solo la pace. Sia dopo una vita intera sia dopo un’infanzia grigia e noiosa, tra le mura sempre uguali di una città asfissiante, tutti i membri della famiglia Alves sognavano la campagna. Fresca, lontana dalle temperature tropicali dell’Andalusia. Dove poter gustare i frutti della terra. E, se la villa è vicina al mare, allora, gli Alves sono tutti in Paradiso. Sì, tutti gli Alves, tranne donna Sara, che, dopo una vita raffinata tra i salotti della casa paterna e quelli della casa di Elias, non si è ancora stufata di Granada e della sua vita altolocata. Le temperature tropicali non sono un problema, donna Sara tollera molto peggio il freddo, il vento che si alza e la fa rabbrividire sotto la camicetta attillata, che il caldo asfissiante di Granada. Asfissiante, poi… E le campane ridondanti della chiesa, figuriamoci… Se sua madre potesse sentire che a Elias e ai bambini disturba il rumore del campanile, le si drizzerebbero tutti i capelli.

    Donna Sara è nata tra le campane, in una famiglia religiosissima. Che rispetta i preti, ancora più dei parenti. E non vede perché debba cambiare adesso e starsene calma, quando ode le critiche eretiche di don José, il più grande rivale in affari di Elias, che non fa altro che criticare la Chiesa qua, la Chiesa là. E nei suoi discorsi artificiosi, che, alla fine, non dicono niente, inserisce qualche parola, qua e là, giusto per dimostrare al rivale che ne sa più di lui, che lui, be’, sì, ha studiato alla Sorbona. Non all’arretrata università di Madrid, si capisce. Gesuiti, Inquisizione, America, Lutero. Dice che la Riforma di Lutero parte da premesse più che giuste. Che la Chiesa stava degenerando.

    Ci manca poco pensa Sara, che diventi protestante.

    Una volta, in confidenza a don Elias, ha sentito che gli diceva che, lì, i preti (che poi neppure si chiamano così, com’è che ha detto? Reverendi) possono sposarsi! E Sol, la sua domestica di fiducia, assicura che don José diventerebbe protestante solo per farsi reverendo, cioè solo per godere di questa libertà e vantarsi con i suoi amici preti cattolici che lui ha una cosa che a loro viene preclusa. E critica il Tribunale della Santa Inquisizione. E don Elias, un incallito intellettuale allergico ai preti, se ne compiace assai.

    Però pensa donna Sara, tirandosi fuori dalle discussioni ideologiche, è la Chiesa a reggere la Spagna. E l’Inquisizione è un importante elemento della politica spagnola, per cui la famiglia reale gode di ampio rispetto e di stima da tutta Europa, in particolare dal papa di Roma.

    Sara non è un’intellettuale allergica ai preti né un’accanita modernista. È semplicemente una donna religiosa, nata e vissuta tra croci e rosari, tra i pellegrinaggi santi e le icone sacre, nell’atmosfera mistica della preghiera e nei severi precetti imposti a una brava cristiana, a una brava donna, a una brava madre, a una brava moglie. Esattamente in quest’ordine. Perché, ultimamente, bisogna dirlo, è venuto meno un principio che è sempre stato inscindibile in tutta la sua vita, da quando, sedicenne, ha sposato Elias, ossia la fedeltà coniugale. Le è venuto un dubbietto decisamente poco ortodosso e molto umano… E Sol, la domestica che ha portato con sé dalla casa paterna, non ha fatto altro che confermarlo. Che don Elias abbandoni il letto coniugale un po’ troppo spesso, per rifugiarsi in quello, accogliente e caldo, di una dama francese, amica di don José e forse, ha aggiunto la cameriera, stando ai pettegolezzi, anche qualcos’altro. Don José e don Elias, acerrimi rivali in affari, non solo sono buoni amici quando si tratta di criticare la Chiesa e le basi del Paese, giusto per parlare di qualcosa, mentre fumano la pipa venuta dalle Americhe, ma pare che siano diventati così confidenziali da condividere addirittura l’amante, donna Lara, anzi, come ci tiene a essere chiamata, madame Lara. Per il resto, donna Sara ha messo a tacere la lingua, troppo lunga e tagliente, di Sol, limitandosi a scuotere la testa e a tenere per sé i suoi dubbi. Sua madre le ha ripetuto fino allo sfinimento che la fedeltà coniugale è un valore imprescindibile per ogni matrimonio che si rispetti. Peccato che a don Elias il valore fondamentale del matrimonio sia leggermente sfuggito. E la cosa l’ha colta così impreparata da far vacillare (e tremare alle fondamenta) non solo il suo matrimonio con Elias, ma i principi su cui si sono basate tutte le nozze della sua famiglia. E, all’improvviso, se l’è ricordato. Si è ricordata che, all’inizio, non sopportava don Elias. Che, quando suo padre glielo ha presentato, ha provato soltanto repulsione e disgusto. Allora non era in forma, era molto più vecchio di lei e appariva decisamente poco interessante. Ma cosa doveva fare? Si è adattata alle nozze decise dalla famiglia, come tutte le donne che conosce. Ha imparato a voler bene a don Elias, al punto che il suo tradimento le si è conficcato come un’intollerabile scheggia nel cuore, una spina nel fianco, che ha scatenato la peggiore parte di lei. Tutte le sue gelosie, i suoi timori, le sue paure, i suoi dubbi, tutte le vaghe sensazioni della giovinezza, come se le mancasse sempre qualcosa, hanno potuto fluire fuori. E s’è scoperta, come moglie di don Elias, una donna insoddisfatta, tradita, calpestata. E i peggiori pensieri peccaminosi le sono affiorati alla coscienza. Fantasie stuzzicanti, che non sa neppure lei da dove possano venire.

    Com’è possibile continua a chiedersi donna Sara sul terrazzo, che una cristiana come me, una donna fedele al marito, alle regole, alla Chiesa, possa pensare una cosa così ‘eretica’?

    Eretica e blasfema, peggiore dei discorsi sull’Inquisizione di don José. Sono discorsi campati in aria, fatti per impressionare i suoi amici e i suoi rivali; le fantasticherie di donna Sara, invece, sono troppo reali. Come la zizzania che cresce nel grano, come il primo ciuffo ribelle in una vita irreprensibile, forse troppo irreprensibile. Forse, la rigidità della sua educazione ha finito per incrinare la sua fede cieca. Forse ha ragione Elias, quando pretende che Emilia e Celia siano educate da un istitutore privato laico, più lontano possibile dai conventi e dagli ordini monastici. Senza eccessiva severità, che finisce per indurire l’animo delle ragazze. Senza un’eccessiva libertà, che finisce per corrompere l’animo delle ragazze e portarle sulla strada della dissolutezza morale.

    «Dissolutezza morale» dice Elias. «Non peccato».

    «A volte» dice Sol, «bisognerebbe chiamare le cose con il loro nome».

    E l’ultima di Elias si chiama ‘pugnalata’. Che si tenga pure donna Lara e tutte le sgualdrine che vuole, che si tenga il suo fascino e pure la sua villa in campagna. Sara si tiene le sue lamentele. E, quando non bastano, le sue fantasie. E, quando non bastano, be’, finora le sono sempre bastati i sogni. Anche se peccaminosi, tanto poi chiama immediatamente il suo confessore privato e si sente la coscienza a posto. Forse, è un po’ ipocrita, ma cosa importa? Fanno tutti così.

    La sirena rimbomba, facendo tremare il terreno sotto i piedi di donna Sara. Una nave enorme, spropositatamente grande, sta entrando nel porto di Granada. Le navi, le navi maledette, su un mare maledetto, infestato di pirati pronti ad assaltare tutte le navi spagnole che transitano nel loro braccio d’azione, che siano civili o militari.

    Ecco sussulta donna Sara, un altro grande merito della Chiesa che don José si impegna tanto a fare a pezzi.

    La Reconquista² sarebbe stata impensabile senza la determinazione dei monarchi spagnoli. La liberazione dell’Andalusia dagli infedeli. Verso cui persino il modernissimo protestante don José nutre una viscerale ostilità. E non potrebbe essere diversamente.

    «Vogliono spodestarci» dice don José. «Per anni si sono tenuti la nostra Spagna, la nostra Granada, che ancora conserva segni del loro passaggio, vogliono far crollare le croci e imporre il loro insulso libretto sulla monumentale Bibbia».

    «E si ricorda della Bibbia» dice giustamente Emilia, «soltanto quando si parla degli arabi».

    Tutti i torti non ne ha pensa Sara.

    La bandiera verde³ sventola sulla nave, mentre un bolide mai visto (sarà una caracca⁴, forse) attracca, lentamente, al porto di Granada. È la nave dei corsari! Donna Sara è tentata di rientrare immediatamente in casa.

    «Vogliono sostituire alle nostre prediche lineari e alle nostre preghiere semplici, versi incomprensibili, movimenti strani e un cerimoniale che non finisce mai quando si deve pregare. E si comportano come fossero in possesso della verità, perché è l’ultima delle religioni rivelate, quindi la più vera. La più vera, macché» dice don José, «la nostra deriva da quella ebraica, sono millenni che siamo presenti, in un modo o nell’altro, loro non sono altro che gli ultimi arrivati, da un millennio scarso, pretendono di conquistare il mondo. Se non fosse stato per i monarchi spagnoli, avrebbero diffuso la loro fede in tutta Europa».

    Tutta l’Europa islamica, insomma, quasi peggio che tutta l’Europa cattolica. Non critica la Chiesa in sé, soltanto il livello di degenerazione a cui è arrivata quella di Roma. E, ovviamente, ricomincia a elogiare Lutero. E poi, senza apparente connessione, torna agli arabi, che vogliono bruciare le chiese o, peggio, trasformarle in moschee.

    Donna Sara sta per precipitarsi all’interno e comportarsi da brava moglie, visto che Elias ha dimenticato i doveri di un buon marito – perché gli infedeli hanno rubato l’ultimo carico di don Elias, della sua famiglia – ma qualcosa la blocca lì.

    «E siccome non si sono rassegnati alla Reconquista» prosegue don José, metodico, «continuano a disturbare la nostra tranquilla navigazione, attaccano i nostri mercantili. Fanno a pezzi le nostre barche, ci rubano le ricchezze, depredano tutto e persistono, con le loro scorrerie, a terrorizzare la popolazione locale. E lo fanno in nome della loro voglia di prevalere, come se tutto il mondo dovesse recitare il loro Corano e inchinarsi al loro sultano».

    Le mani di donna Sara si fanno improvvisamente sudate, come se tutto il suo corpo fosse attraversato di colpo dall’ebbrezza tipica del vino, è come se le si annebbiasse la mente, come la voce di don José che sparge informazioni, perché ha studiato alla Sorbona, si spegnesse lentamente, come la musica di un violino che va scemando, a poco a poco gli invitati scivolano nel sonno. Si sente trasportata in uno strano sonno, come se di colpo emergesse tutta la sua stanchezza per il vuoto della sua vita, come arrivasse lo sfinimento causato da Elias, dal tradimento di Elias, dai problemi economici di Elias, dalle chiacchiere di Elias, dagli amici di Elias, dall’amante di Elias, persino dalle preoccupazioni per i figli suoi e di Elias. A volte, solo di Elias. Come se quella stanchezza mettesse a tacere la sua coscienza, come se la sua mente intorpidita non fosse più capace di formulare un pensiero, le sue labbra si muovono ritmicamente come a cercare una preghiera. Come a raccomandarsi alla Santa Vergine, come a chiedere perdono in anticipo per il pensiero peccaminoso… Per lo sguardo peccaminoso… Per lo sguardo incantevole che aggancia all’orizzonte, sul bolide con la bandiera verde, che sventola nel cielo di Granada, tra i frutteti, là, sul ponte, un uomo avvolto in una tunica bianca, col turbante attorno ai capelli, le braccia sollevate in aria, quasi si fossero paralizzate così a slacciare il copricapo. Come se le sue mani, che Sara intravede appena, avessero male, come tremassero leggermente. E, al suo fianco, un bambino di cinque o sei anni, vestito allo stesso modo, i piedi nudi sul ponte, gli stessi occhi. Le sue braccia ricadono lungo i fianchi e appare la sua capigliatura foltissima. Sara non ha mai visto tanti capelli in un uomo, ricci, neri, che non trovano pace, tormentati dal vento del porto. Ha agganciato i suoi occhi neri, che l’hanno incendiata sul posto. E, alla fine, si sente il suo sguardo addosso. Il suo sguardo duro, impenetrabile, percorrerle la fronte, la zazzera di capelli, di cui si vergogna, il suo corpetto, le sue braccia, le sue mani improvvisamente aggrappate alla ringhiera, e scende lungo i suoi seni, i suoi fianchi, le sue gambe, sfiorando il pavimento e i suoi piedi. Come se la potesse spogliare solo a guardarla.

    Sara abbassa pudicamente lo sguardo, osservando un viavai di formiche, che si inseguono sotto i suoi piedi. La terra brulla e bruciata dal sole dell’Andalusia. I tronchi degli alberi di Elias, i rami degli alberi di Elias, le foglie, le foglie verdeggianti. E, di nuovo, gli occhi neri dello sconosciuto. Si aggiusta i capelli e fa un cenno al bambino accanto a lui, un gesto imperioso, semplice con la mano e il piccolo sparisce dietro la figura dell’uomo. Fa qualche passo, controlla la bandiera, fa un altro passo al sole, mentre la sua pelle ambrata brilla sotto i raggi cocenti dell’Andalusia senza pietà. Non ha traccia di sudore, non ha traccia di patire il caldo, si passa la mano sulla fronte, poi distende il braccio. È un saluto in direzione di Sara.

    La matrona sale sulla ringhiera e si siede lì, le gambe nel vuoto, la testa nel vuoto, il cuore nel vuoto, una preghiera bloccata alle labbra: «Santa Vergine… Quanto è bello!»

    Note

    ¹ Granada: città andalusa ai piedi della Sierra Nevada, alla confluenza dei fiumi Darro e Genil. Nella realtà, è abbastanza lontana dalla cosiddetta Costa Tropicale di Granada, ma nella storia, per esigenze interne al racconto, la distanza dalle spiagge viene notevolmente accorciata, fino ad immaginare la sua periferia direttamente affacciata sul mare.

    ² Reconquista: processo, iniziato nel 711 e conclusosi con la presa del sultanato di Granada nel 1492, ad opera di Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, che portò la cristianità a riconquistare la Spagna in mano agli arabi.

    ³ Bandiera verde: simbolo dell’Islam, probabilmente in ricordo dello stendardo della tribù d’origine del profeta Maometto. Il verde, inoltre, rappresenta il colore del Paradiso.

    ⁴ Caracca: veliero con tre o quattro alberi verticali e un albero inclinato, introdotto nel Mar Mediterraneo durante il XV secolo.

    2

    L’amante di don Elias

    Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

    che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,

    e ‘l vago lume oltra misura ardea

    di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;

    e ‘l viso di pietosi color’ farsi,

    non so se vero o falso, mi parea:

    i’ che l’ésca amorosa al petto avea,

    qual meraviglia se di sùbito arsi?

    Non era l’andar suo cosa mortale,

    ma d’angelica forma, e le parole

    sonavan altro, che pur voce umana.

    Uno spirto celeste, un vivo sole

    fu quel ch’i’ vidi; e se non fosse or tale,

    piaga per allentar d’arco non sana.¹

    È l’ultima poesia di Petrarca che le ha fatto recapitare, come se soltanto con le parole del grande poeta fiorentino potesse esprimere tutta la delicatezza dei suoi sentimenti. Tutta la purezza dell’amore candido e fresco che cerca di dimostrare alla francesina. Per manifestarle, chiaramente, che nessuno può renderla felice, come lui. Che nessuno può darle ciò che le regala lui. Che nessuno è in grado di farla sospirare d’amore, come ci riesce lui. Che nessun altro cavaliere la bacia come la bacia lui, che nessun uomo è davvero degno di baciare la sua pelle lattea, di passare le dita nei suoi riccioli d’oro, di incastrare il suo sguardo nei suoi occhi colore del mare e del cielo. Forse, nemmeno lui.

    È una donna, madame Lara, dalle dita rosee e delicate, incantevole come la Laura di Petrarca, come la Beatrice di Dante, così tanto che soltanto il paragone con le due donne angeliche può per lo meno renderle un po’ giustizia. Lara incarna la bellezza più vera e autentica, quella che fece infiammare d’amore talmente tanto Paride² per Elena da essere disposto a rapirla, un amore così devastante da rendere indifferenti se porta terremoti o guerre, se è la causa motrice della fine del proprio popolo.

    A volte, anche Elias vorrebbe rapirla, vorrebbe avere l’audacia di Paride e attraversare il mare con la sua Elena. A volte, vorrebbe lasciare tutto, alla fine di una vita senza tregua, vorrebbe aspettare il crepuscolo, mentre milioni di stelle si accendono nel cielo, prendere una nave, la prima nave che parte, remare a largo o veleggiare lontano, fino alle Americhe. Fino a una terra di prosperità e ricchezza, dove potrebbe ricominciare. Dove non ci sono i corsari che assaltano le sue navi, dove non c’è don José che lo rimbambisce a forza di sputare nuvolette di parole, quasi come il camino d’inverno. Dove nessuno lo conosce, dove non ha responsabilità, dove non ha commesso errori. Dove nessuno sa chi è don Elias Alves e chi è madame Lara De Vertèn e cosa sono, agli occhi di tutti (e di una Chiesa ipocrita), l’uno per l’altra. Dove potrebbe essere marito di madame Lara, dove potrebbe sottrarla al caos di Granada, come a tutti gli altri amanti che fanno la fila dietro di lui. Elias ha deciso che vuole essere unico per lei, che vuole essere l’unico uomo che accolga tra le sue braccia, che vuole essere l’unico uomo autorizzato a slacciarle il vestitino, l’unico che possa vederla nuda. Ha deciso che vuole essere il suo unico amante, non sta mettendo a repentaglio la sua vita matrimoniale e la sua reputazione per condividerla con un altro uomo. Neppure se quell’uomo è il temuto e rispettato don José, suo rivale in affari, suo compare, neanche se l’altro amante di Lara è l’uomo che gliel’ha presentata. Grazie al quale ha potuto godere di tanta soave bellezza. Elias ha deciso di essere un nuovo Paride, per essere degno della nuova Elena.

    «Elias, a che cosa pensi?» Le mani di Lara percorrono il suo corpo. «A che cosa pensi, mio caro?» Gli mordicchia un orecchio e avvicina la sua bocca assetata alla sua: «Elias». Gli spalanca le gambe e lo stringe a sé. «Che cosa fa eclissare i tuoi occhi tanto limpidi e tersi?»

    Non le risponde, l’afferra per la vita e si abbandona a lei. Un effluvio di piacere… La tiene per i fianchi, la stringe a sé, si abbandona alle sue carezze e ai suoi baci, mentre le lecca il ventre.

    «Nulla, cara!» urla Elias al colmo dell’eccitazione. «Niente, perché i miei pensieri si annegano nel tuo corpo…» E dopo un attimo, chiudendo gli occhi, mormora il più grande dei suoi desideri, la frase che scatena le sue più viscerali paure: «Tu sei solo mia!»

    Ha paura di perderla, ha paura di essere scoperto. Ha paura che Sara, la sua legittima sposa, possa sbattergli la verità in faccia e obbligarlo a rinunciare a Lara, per l’onore dei suoi figli, per la reputazione della loro famiglia e della loro casata. E la sua legittima sposa non è una matrona qualunque. È donna Sara Suarez de Alves, figlia di uno degli uomini d’affari più influenti dell’Andalusia, don Juan Suarez, e di una matrona più che rispettabile, donna Maria Dolores Márquez de Suarez, una donna che, se non si fosse sposata con lui in tenera età, si sarebbe fatta suora, insomma, che preferirebbe essere sepolta viva piuttosto che tradita dal marito. Avrebbe buoni motivi per allontanarlo da madame Lara: ha due figlie che, tra qualche anno, saranno le più ambite di tutta l’Andalusia, e un figlio, il piccolo Pedro, che, tra poco, sarà il suo erede negli affari di famiglia. Tre figli e quasi vent’anni di convivenza sono elementi sufficienti per riportare il traviato don Elias sulla ‘retta via’.

    Storce le labbra, pensando agli scrupoli religiosi della moglie: una monaca di clausura, come sua madre, se non fosse per le nozze di entrambe. Lui si gratta solo a pensare alle convenzioni religiose e agli scrupoli. Perché ciò che fa con madame Lara non lo sente come un peccato né come segno di dissolutezza morale. Se fosse così, poi, dovrebbe essere divorato dai rimorsi, dovrebbe struggersi di pentimento e castigarsi per aver osato conoscere il Paradiso in Terra, ma, siccome non avverte tutto ciò, Elias si gode solo il momento. E alle fiamme dell’Inferno non pensa. Non ha paura del fuoco dell’Inferno, piuttosto di quello che gli annebbia i pensieri e i sensi.

    Lara gli dà un colpetto al mento e intreccia le sue gambe alle sue, gli bacia il basso ventre, il pube, avvolge il suo membro con le mani e glielo bacia, facendogli provare un piacere inaudito. Una cosa sconcia, trasalisce Elias, una cosa che non avrebbe mai chiesto alla moglie. Ciò che fa con Lara non potrebbe mai farlo con Sara. Perché donna Sara Suarez de Alves è una donna per bene, è una matrona rispettata e rispettabile, è una madre di famiglia. Con la propria moglie, non ci si diverte. Con la propria legittima sposa, ci si fanno i figli e basta, si cerca il suo calore, soltanto quando si ha bisogno di appagare il proprio bisogno di discendenza. Con Lara, invece, Elias scatena la parte di sé che ha sempre tenuto nascosta ovunque.

    Nell’alta società e, persino, nel luogo che dovrebbe essere il più segreto, come il letto coniugale. Nel lignaggio da cui viene, nulla è privato, neppure andare a letto con la propria moglie. È uno dei tanti obblighi del matrimonio, della vita cristiana e pia. Mai prima, mai con altre donne. Quando sta con Lara, Elias trova l’appagamento al suo bisogno di essere amato, saziato, vezzeggiato, viziato. Trovano spazio e sfogo i bisogni più istintivi e fisici di un uomo che incomincia ad essere in là con gli anni e che ha abbondantemente fatto il suo dovere di procreare, ma anche i suoi bisogni più spirituali, di condividere con Lara, oltre che il letto, anche la cultura e l’amore per la poesia e per l’arte. E così, le fa recapitare sempre una nuova poesia di Petrarca, di Dante o di altri poeti. La prima volta che ha iniziato questo rituale le ha inviato la canzone di Guinizzelli, Al cor gentil rempaira sempre amor, come non riuscisse a trovare parole proprie per esprimersi. Come dovesse fidarsi di Guido, Dante e Francesco (ormai li chiama per nome) per dare voce all’amore cieco che gli arde dentro, alla freccia che Lara gli ha scagliato addosso, con i suoi occhi dardeggianti, profondi come il mare, alti come il cielo, molto più in là del Paradiso. Probabilmente, gli sarà precluso nella prossima vita, quasi sicuramente, vorticherà insieme a Paolo e Francesca³ nel vento dei lussuriosi, però almeno avrà conosciuto la beatitudine angelica in questo mondo. Tra le braccia di Lara. Sia quando si concede il piacere supremo sia quando rimane steso accanto a lei a leggere poesie, a contemplare quadri, a dimenticare tutta la vita. A sentirla recitare versi di poeti provenzali. Ad ascoltarla raccontare i miti dell’antica Grecia. La loro storia preferita è quella di Paride ed Elena. Sua madre, donna Emilia Salvide de Alves, aveva la biblioteca più fornita di tutta Granada! È stato nei libri di sua madre che Elias ha forgiato il suo spirito greco ed elegante, raffinato e meravigliosamente stilnovistico. Donna Emilia ha avuto soltanto due figli, nella sua lunga vita, la sua primogenita, Milagros, e il suo preferito, il maschio di casa, Elias. Mentre educava la figlia ad essere una brava moglie e una buona madre, Emilia trasmetteva tutta la sua cultura e la sua raffinatezza poetica al figlio.

    «A te» diceva sua madre, «che ti è permesso coltivarle. Costruendo insieme un uomo forte e raffinato».

    «Forse non tanto forte» sospirava don Ramon Alves, «forse un po’ troppo molle».

    Elias abbraccia Lara, stringendola forte e lasciando che la sua pelle color della crema lo esalti. Non pensa più ai rimproveri di suo padre né alla biblioteca della madre. Ora, non pensa neppure più alla sua rivalità con don José per gli affari e per il letto di Lara né agli scrupoli religiosi della famiglia Suarez. Non pensa neppure che, a casa, ci sono Emilia e Celia, tornate dalla cavalcata quotidiana, che gli fanno il racconto della loro giornata, né che c’è Pedro, un figlio da tirare su, cercando di compiere l’impresa che, evidentemente, non è riuscita a donna Emilia e a don Ramon, ovvero quella di conciliare lo spirito romantico con la forza di carattere. Non vede come potrebbe farcela lui, figlio di due genitori non ancora pronti a educare un maschio, segnati fin dentro l’anima dalla morte del gemello di Elias; non vede come potrebbe riuscire a rimediare all’errore fatto dalla natura. Che, forse, è vero, come ha sentito dire a suo padre, è sopravvissuto il bambino sbagliato. Sua madre lo ha amato, sua sorella lo ha viziato. Suo padre lo ha preparato, la sua famiglia gli ha imposto la donna con cui passare il resto della sua vita. Perché, dalle nozze ai figli, gli hanno deciso tutto gli altri. Per tutta la durata

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