E adesso che fai? Abbandonato dall'incantatore di serpenti
Di Amos Resta
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Anteprima del libro
E adesso che fai? Abbandonato dall'incantatore di serpenti - Amos Resta
Sommario
Prologo
1. Ricordi Genny?
2. L’abbandono
3. Dottore, corra
4. Chimica e pischelli
5. Santino, Lupin e Cettamente
6. Spiritico santone
7. Profumi d’puorc’ a Camogli
8. Barboni e preti
9. Lugano e ciclisti
10. Berlino
11. Bamba, funerale e nuova vita
Amos Resta
E ADESSO CHE FAI?
ABBANDONATO DALL’INCANTATORE DI SERPENTI
amosresta@libero.it
Ai borseggiatori
di odio e indifferenza
Amos Resta
Prologo
«Maria scendi, Maria, scendi senza le mutande che ti devo parlare» urlava Mimmo, detto il merlo.
«Sempre lo stesso ritornello. Che nervi», hai sbraitato girandoti sotto le coperte.
«Maria scendi, Maria, ti devo dire una cosa. Maria, senza le mutande. Mariiii»
«Basta, hai rotto le palle. Tutte le mattine la stessa storia», hai ruggito mentre ti sporgevi dalla finestra.
«Minchia lo sbirro. Che paura! Mi sto pisciando addosso. Che fai? Ti metti la sirena in testa e mi acchiappi con il bastone per i vecchi? Prendi lo zaino con dentro la bombola dell’ossigeno e mi corri dietro?»
«No, faccio di meglio» hai detto in cagnesco.
«Sta’ minchia! Il ferro! Che vuoi fare? Sei pazzo?»
«Pisciati addosso»
«Cosa?» ti ha risposto Mimmo paralizzato.
«Ho detto pisciati addosso. Adesso!».
Quando hai visto una macchia scura sul Jeans di quel bullo di quartiere ti sei sentito appagato, soprattutto perché il merlo
ti aveva chiamato vecchio.
Per la prima volta avevi sentito quel termine rivolto a te e questo ti aveva ferito come una lama tagliente, infine, avevi compreso che adesso quel vocabolo ti apparteneva.
1. Ricordi Genny?
Ormai sei un uomo di una certa età e la tua vita sembra la trama di un film: Cinquanta sfumature di... Ho rivisto quello. Come si chiamava? Quello lì, il marito di quell'altra. Hanno una figlia che si chiama...cosa. Dai, come fai a non ricordartelo?
Adesso la tua labile memoria ti fa dimenticare: gli appuntamenti importanti, i nomi, i compleanni, i pin delle carte di credito, le chiavi in giro, il posto dove hai parcheggiato l’auto.
Solo l’attimo in cui la tua vita si è arenata non ti si toglie dalla testa, quello ritorna sempre in loop come una cantilena.
Rivivi ogni santo giorno il momento in cui l’incantatore di serpenti ti ha abbandonato.
Era una sera d’estate, di quelle torride e afose.
Sei arrivato a casa tutto sudato, hai aperto la porta e hai sentito la sua voce angelica e ammaliatrice che ti ha ordinato: «Ciao amore, guarda che mi devi accompagnare a fare la ceretta, etta etta». Poi l’hai vista davanti a te in mutande, reggiseno, calze autoreggenti e una camicia bianca tutta sbottonata.
Per la prima volta avresti voluto dirle: «Ma non lo vedi che sono sudato come un lottatore di Sumo? Non me ne frega niente dei tuoi peli, voglio solo sbattermi sul divano e dormire con il mio gatto obeso sulla pancia».
Invece, siccome sei cuor di leone, le hai risposto:
«Ok amore, bevo qualcosa e andiamo, presto presto».
I giorni passano e non ci pensi più, non ti rendi conto della perdita del tuo incantatore di serpenti.
Non ci ragioni fino a questa mattina, quando, ti sei svegliato, ti sei alzato e hai notato con preoccupazione che la rigidità mattutina
si è trasformata in qualcosa di flaccido e inerme.
Sei andato in bagno e hai provato a consolarti ripetendoti: «Vabbè, può succedere, anche al giocatore più forte del mondo è capitato di sbagliare un goal a porta vuota».
Intanto il tempo scivola e inesorabilmente noti con sgomento misto a terrore che quella durezza
è scomparsa definitivamente.
Come è stato possibile?
Allora resti a guardare il soffitto, ripensando a quando eri giovane, ricordando i tempi in cui eri un tenente delle famose Teste di bronzo.
Ti riaffiora alla mente come se fosse adesso l’unica missione che hai fallito: quella dei fratelli Todari.
Dovevate liberare un negozio di abbigliamento occupato da delle donne che minacciavano di far saltare tutto.
I tuoi uomini prima di uscire avevano riso di quella missione. Alcuni avevano detto che quelle battone per liberare gli ostaggi avrebbero chiesto delle gonne di Gucci o delle scarpe di Prada.
Tu non eri sereno, sentivi per la prima volta che stavate andando incontro a qualcosa di brutto, avevi una triste sensazione, come quando tuo padre se ne era andato.
Quando siete arrivati davanti al negozio hai visto una fila di poliziotti con le armi spianate che presidiavano l’ingresso della boutique.
Un uomo pallido con le mani nei capelli ti ha fatto capire che doveva essere lui il proprietario dell’attività.
Con uno scatto nervoso si è avvicinato a te tutto trafelato.
Dopo le presentazioni gli hai chiesto il numero di telefono del negozio. Poi hai fatto partire la telefonata e hai sentito una voce fastidiosissima che ti ha detto: «Con chi cazzo sto parlando? Forse con qualche fottuto poliziotto di merda?»
Non ti sei scomposto e con un suono tranquillo e rilassato hai risposto: «Sono il tenente Toralto, capo delle Teste di bronzo, cosa posso fare per liberare gli ostaggi?».
Il tuo udito allenato ti ha fatto percepire un rantolo che certificava il ferimento di qualche ostaggio e questo iniziava a farti incazzare veramente.
«Mi chiamo Genny, Genny la pazza. Sentimi bene stronzo. Ho già rovinato una commessa. Voglio prima di sera dieci milioni di euro e soprattutto i fratelli Todari qui fra due ore. Esigo un aereo pronto per il decollo all’aeroporto di Linate. Una volta arrivati sull’aereo comunicherò al capitano la destinazione. Sono stata chiara o ti devo ammazzare qualcuno per farti comprendere le mie buone intenzioni?».
Quelle parole non promettevano niente di buono, ma soprattutto ti chiedevi chi fossero i fratelli Todari. Comunque, il timbro di voce di quella squilibrata ti ricordava quello della tua compagna quando s’incazzava perché non alzavi la tavoletta del cesso.
Hai preso un grosso sospiro e poi hai risposto cercando di scandire bene le parole, ovattandole con tutta la calma che avevi in corpo: «Senti Genny, se non mi vieni incontro non posso aiutarti. Lascia libera la commessa ferita, così capisco che posso fidarmi di te. Devi concedermi qualcosa da presentare ai miei superiori».
Per un interminabile minuto non hai sentito nessun suono provenire dal cellulare, poi hai visto un agente che indicava l’ingresso del negozio. Subito dopo hai percepito un ghigno uscire dal telefono e quella voce stridula che ti diceva: «Faccio come dici, ma se non avrò i soldi, i fratelli Todari e l’aereo prima di sera procurati la prima bara».
La commessa sequestrata è uscita dal negozio trasportata da una crisi di nervi.
Giunta davanti ai tuoi occhi ha iniziato ad urlare:
«Guardate come mi ha tagliato i capelli, mi ha fatto pure bionda. Le bionde sono sceme. Dovete ucciderla. Uccidete Genny».
La donna rilasciata presentava un vestito sbrandellato e un taglio di capelli improponibile. Camminava a fatica, e quando una poliziotta le ha preso il braccio la povera signora si è lasciata cadere per terra.
Le forze l’avevano sorretta fino al momento del bisogno, poi l’avevano abbandonata.
Ci sono voluti venti minuti per far riprendere la giovane commessa.
Quando ti hanno detto che potevi parlarle, hai iniziato ad interrogarla sul numero di persone sequestrate, sulle armi che aveva Genny e sui sequestratori.
Dopo pochi minuti avevi tutto chiaro: tre donne armate tenevano in ostaggio cinque signore di una certa età.
Il tempo passava e in un sequestro il tempo è il peggior nemico, non deve passare inutilmente.
«Se perdi minuti, i minuti poi ti portano il conto. In un rapimento il conto sono la perdita di vite», continuavi a ripeterti le frasi che ti aveva insegnato il tuo caro colonnello.
Genny, Genny la pazza, chi sei? Avevi chiesto di cercare tutte le informazioni e ancora non sapevi nulla su quella squilibrata.
Poi l’incazzatura ha preso il sopravvento, allora hai afferrato il telefono e hai iniziato a sbraitare con tutti quelli che avevano la sfortuna di risponderti.
«Cercatemi ‘sti fratelli Todari. Adesso!», urlavi in continuazione.
«Tenente, li abbiamo trovati, sono dei ballerini cubani. Fanno gli adii al nubilato. Si spogliano per le donne», ti ha rivelato tutto contento il maresciallo Sputafiero.
«Fammi capire? Quelle vogliono che gli mandiamo dei ballerini?»
«Sì tenente, ma non normali ballerini, sono cubani», ti ha risposto il tuo sottoposto ballando la rumba.
Dopo circa dieci minuti di frenetiche telefonate sei riuscito a scoprire che Genny era una marocchina nata in Italia e che aveva precedenti penali per abuso di tinte, pratica illegale di parrucchiera e traffico di shatush.
Sentivi che quelle informazioni non ti bastavano, avevi bisogno di saperne di più.
Perché una finta parrucchiera rischiava il carcere a vita per un sequestro? Dove aveva trovato le armi? Chi appoggiava quelle donne?
Il sole cominciava a consumarti e l’estate si stava spegnendo senza vacanze.
Se avessi chiesto ferie adesso a smazzarsi quel casino ci sarebbe stato il Tenente Ruocco.
Hai sentito il cellulare richiamare la tua attenzione, poi la testa ha iniziato a pulsarti come i suoni di una musica techno.
Lo schermo riportava la scritta numero segreto e questo ti ha fatto capire che il generale voleva informazioni dettagliate.
Hai preso fiato e hai risposto un incerto e flebile pronto.
La voce ferma del tuo superiore ti ha fatto provare un brivido di terrore quando ti ha comandato: «Sono il generale Trastullo, tenente, mi aggiorni sul sequestro, in modo pre-ci-so. Ci siamo capiti?»
Hai cercato un punto fisso su cui posizionare lo sguardo prima di rispondere, poi hai bofonchiato:
«Buonasera generale. Tre donne armate nel negozio di abbigliamento in via Manzoni chiedono dieci milioni di euro e un aereo a Linate. Cinque persone sotto sequestro. Donne di una certa età. La commessa è stata rilasciata. Presenta un nuovo taglio di capelli e una tinta bionda».
Hai evitato di riferire la richiesta dei fratelli Todari.
Poi hai percepito dal rumore di una sedia che il generale si stava alzando in piedi. Subito dopo lo hai sentito sbraitare: «Minchia tenente, delle donnicciole vi tengono sotto scacco, fate irruzione e portatemi qui i loro reggiseni».
Quella frase ti ha fatto capire che quell'uomo in tutta la sua carriera non era mai stato operativo. Tutti i militari sanno che qualsiasi persona armata è pericolosa allo stesso modo di un consumato terrorista. Il Vietnam con i bambini soldato aveva