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La ragazza senza paura
La ragazza senza paura
La ragazza senza paura
E-book249 pagine3 ore

La ragazza senza paura

Di BAM

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Info su questo ebook

"Sullo sfondo di una Milano dai mille volti e dalle mille realtà, si muovono storie e persone che si intrecciano tra loro intorno al mistero di un cadavere rinvenuto in periferia. C'è un gruppo di amiche che nei dopo cena inizia a farsi molte domande, una cronista di nera intenzionata a scoprire la verità, un poliziotto brillante che non vuole certo farsi rubare il mestiere, il tutto condito con molta ironia e qualche sorpresa.

Chi era quella ragazza? Cosa si nasconde dietro la sua morte? Chi poteva avercela con lei e perchè? Molte domande e poche certezze che si rincorrono tra le vie e i palazzi di una periferia triste e malinconica dalla quale non è facile scappare e chi ci prova sa di correre dei grossi rischi. Ma soprattutto capisce che per farlo sul serio, bisogna davvero essere senza paura..."
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2020
ISBN9788831686921
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    Anteprima del libro

    La ragazza senza paura - BAM

    hacker

    Uno / L’ispettore e Margherita

    La giornata non era cominciata nel migliore dei modi ma del resto cosa ci si poteva aspettare da un lunedì di metà novembre? D’accordo, Milano è una città, efficiente, dinamica, con una bella rete di servizi pubblici, per qualcuno addirittura turistica; ma il lunedì rimane tale anche sotto la Madonnina e proprio per questo, la dottoressa Margherita Vighi si stava dirigendo verso Tribunale per i minorenni che si trova in via Leopardi, con l’aria giustamente seccata per il ritardo dovuto a una fermata particolarmente lunga quanto inattesa, tra le stazioni di Lanza e Moscova.

    Il motivo? Ah, saperlo… In ogni caso arrivare in ritardo per colpa dei mezzi pubblici o peggio ancora della solita trafila da fare all’ingresso sarebbe stata una enorme seccatura. Per fortuna essendo ormai parecchi anni che entrava in quel palazzo, dicendo sempre a tutti: Qui mi conoscono meglio di mia mamma, doveva solo cercare di fare un sorriso-saluto all’ingresso e poi vedere rapidamente in quale aula si fosse ficcato il giudice onorario che doveva incontrare, giusto per evitare di aspettarlo davanti a una porta sbagliata. Perché bisogna sapere che anche al tribunale dei minori c’è una penuria costante di uffici e i giudici se li contendono come gli ombrelloni sulla spiaggia di Rimini nel giorno di Ferragosto. Un errore avrebbe comportato il rischio decisamente concreto di non riuscire ad arrivare puntuale all’appuntamento che aveva in programma. E dio solo sa quanto se la prendono i giudici del tribunale dei minori se li fai aspettare troppo e comincia a fare capolino nella loro testa, l’idea di essere sottovalutati dalle assistenti sociali.

    Certo, anche a loro capita spesso di essere in ritardo ma chissà per quale strana legge divina, quando sei in ritardo tu loro arrivano sempre in orario, quasi fossero dei treni svizzeri! Evidentemente gli dei del fato avverso oggi erano impegnati altrove (forse era lunedì anche per loro) e di tutti i contrattempi possibili non se ne manifestò nemmeno uno al punto che alle 11 aveva già finito. Il colloquio era stato positivo e adesso Margherita stava scendendo, con visibile soddisfazione, i quattro piani di scale realizzati nel lontano 1924 dall’archistar dell’epoca Piero Portaluppi, decisa a concedersi una pausa caffè nel suo locale preferito, di cui non faremo il nome perché non siamo qui per fare pubblicità.

    Stava aspettando il verde per attraversare la strada buttando distrattamente un occhio allo schermo del suo cellulare, quando un trentenne asciutto e abbastanza elegante le andò incontro con l’aria sicura e spavalda di chi, con grande cordialità, si prepara come minimo a venderti qualcosa di inutile.

    - È possibile rubarle un minuto dottoressa?

    - Di solito no, ma nel suo caso farò un’eccezione.

    - Grazie, rispose lo sconosciuto. Grazie per il minuto e anche per la citazione di Groucho Marx. Permetta che mi presenti: sono l’ispettore Corradi della squadra Mobile della questura di Milano. E nel dirlo le allungò con garbo il suo biglietto da visita.

    Già incontrare uno che conosce Groucho Marx non capita tutti i giorni, ma se poi si tratta addirittura di un ispettore la cosa non può assolutamente lasciare insensibili. Margherita Vighi, di cui non diremo l’età perché è ininfluente ai fini di questa storia, pensò che il minuto avrebbe anche potuto diventare lungo da morire (come cantava Ornella Vanoni in un suo brano di successo) o perlomeno dilatarsi fino a capire il motivo di quell’incontro imprevisto, ma non volendo modificare i suoi piani, decise di invitarlo al bar. Una volta seduti al tavolino, dopo aver ordinato due caffè ed esaurite rapidamente le solite divagazioni sul tempo e sul traffico, l’ispettore mise finalmente le carte in tavola.

    - Lei conosceva bene Veronica Carnevali?

    - Dovrei?

    - Se n’è occupata due anni fa.

    - Beh, diciamo che le credo sulla parola ma sa, i loro volti me li ricordo ma non è facile ricordarsi i nomi di tutte le ragazze e i ragazzi di cui mi sono dovuta occupare negli ultimi anni, però se lo dice lei…

    - Grazie per la fiducia, replicò Corradi esibendo un sorriso parzialmente professionale. E per dimostrarle che non sto barando le dirò che lei l’ha incontrata per almeno due anni durante tutto il procedimento penale che la riguardava; prima con la misura cautelare in comunità e poi con la messa alla prova in comunità.

    - Da cui immagino adesso sia scappata…, concluse mestamente.

    - No, no… Purtroppo da ieri sera si trova all’obitorio.

    E dicendolo il sorriso era scomparso di colpo mentre il viso aveva assunto un’espressione cupa che spinse Margherita a non chiedere altri dettagli sulle cause del decesso. Questo però non le impedì di avere dei dubbi da fugare e delle domande da porre, ma preferì farlo in maniera indiretta.

    - Ah! Beh, mi dispiace molto e glielo dico sinceramente, ma a questo punto mi chiedo perché lei si sia disturbato di persona per venire a darmi questa notizia...

    - In realtà non ero venuto solo per questo, disse, mentre il sorriso tornava a illuminare il volto del giovane funzionario. Io volevo chiederle se per caso ricordasse qualcosa di quei colloqui, qualcosa che possa darmi un’idea, anche piccola, per poter indirizzare le indagini.

    - Capisco… disse Margherita annuendo e piazzando un po’ a sorpresa una pausa di riflessione in perfetto stile craxiano, dopodiché rispose; Sinceramente vorrei poterle dire di più… ma così su due piedi mi creda, non ci riesco proprio. È passato parecchio tempo e come minimo dovrei andare a rileggermi tutta la documentazione che come lei saprà è strettamente riservata... E poi perché non fa una richiesta formale al mio ufficio?

    - La capisco perfettamente, replicò Corradi, cercando di trarla dall’evidente imbarazzo in cui era finita per colpa sua, e non voglio neppure forzarla a fare qualcosa di irregolare. Per i miei superiori poi, il caso è praticamente già chiuso e destinato a essere archiviato rapidamente senza perdere altro tempo. Aspettiamo solo gli esiti dell’autopsia, ma il medico legale sicuramente confermerà le prime ipotesi di morte per overdose e in assenza di altri elementi si faranno i soliti accertamenti di routine e poi si chiuderà la pratica.

    Corradi colse l’espressione dubbiosa di Margherita:

    - Lei forse penserà che questo dovrebbe far partire una caccia allo spacciatore, ma purtroppo non è così. Come detto faremo solo qualche controllo nell’ambiente, sentiremo i soliti informatori, ma io stesso ammetto di non farmi grosse illusioni. Sono venuto da lei perché volevo fare comunque un tentativo ed è per questo che le chiedo di guardare se trova qualcosa di interessante tra i suoi appunti e, se lo riterrà possibile, di farmelo sapere. Magari salta fuori un nome, una località, un indizio...

    Un discorso onesto, lineare, disincantato persino, ma soprattutto rispettoso del suo ruolo e questo Margherita lo apprezzò molto perché purtroppo non capitava spesso che certi meriti le venissero riconosciuti e questo, a suo insindacabile giudizio, meritava almeno un minimo di riconoscenza.

    - La ringrazio, gli disse, e le prometto che prima di giovedì le farò sapere. Ma non si faccia illusioni. Vede, noi assistenti parliamo, parliamo, parliamo… cerchiamo di aiutare i ragazzi a tirare fuori il buono che c’è in loro, a capire i motivi che li hanno spinti a commettere certi atti, ma poi come dire… non possiamo fare miracoli, anche se qualche volta ci piacerebbe molto.

    - Guardi, la ringrazio sin da ora per qualunque cosa lei mi possa dire.

    - Ah, bene… replicò con uno slancio improvviso, allora guardi, le dico subito che se potesse pagare lei il conto le sarei davvero grata perché ho appena scoperto di aver dimenticato il portafoglio in ufficio... Le dispiace?

    E nel dirlo si alzò di scatto raccogliendo borsa, accendino e sigarette per dirigersi, insalutata ospite, con un passo da mezzofondista britannico, verso la fermata della metropolitana, perché il suo ufficio, a differenza del tribunale, stava vicino al Beccaria ovvero a Bisceglie. Un posto che qualche vecchio milanese non avrebbe esitato a definire in culo al mondo. Corradi non riuscì nemmeno a replicare e la guardò passare col rosso rischiando di essere travolta da un rider in bicicletta, chiedendosi solo, in ultima analisi, se attraversare Milano per parlare con lei, fosse stata davvero una buona idea.

    In fondo era lunedì anche per lui…

    Due / Una rara patologia

    Una delle cose che Margherita detestava maggiormente era il dover fare ordine sulla sua scrivania, cosa che capitava circa ogni 30 o 40 giorni, a seconda della mole di lavoro accumulata. Il compito ingrato era poi, in definitiva, quello di ripristinare un minimo di coerenza tra le varie cartellette, i fogli sparsi, le schede e i post-it multicolori, scansando libri, riviste, cartoline nonché il materiale vario di cartoleria (gomme, penne, matite, nastro adesivo, pinzatrice ecc. ecc.) che cercava pure lui (invano) di litigarsi il poco spazio a disposizione. Dio solo sa cosa avrebbe pagato per rimandare il tutto e quando oramai si era rassegnata e aveva messo mano al primo gruppo di documenti, ecco apparire come per magia un rettangolino di carta bianca, finito chissà come in mezzo a tutto quel mare di scartoffie in cui navigavano biglietti del treno e dei mezzi pubblici, ricevute varie e scontrini della spesa. Anche le ricevute a dire il vero non si sa bene come mai fossero lì, ma questo nel complesso era un dettaglio insignificante, anche se poi questo cronico disordine contribuiva a non permetterle mai di chiedere il rimborso per le spese sostenute. Girandolo immediatamente le fu chiaro il percorso che avevano compiuto (bollette e rettangolino) ma soprattutto colse, grazie a lui, l’occasione per rimandare a tempi migliori l’ingrata incombenza. Era, manco a dirlo, il biglietto da visita dell’ispettore Corradi al quale doveva come minimo una telefonata di ringraziamento per il caffè che si era forzatamente fatta offrire e poi perché gli aveva detto che avrebbe cercato se c’era tra i suoi incartamenti qualche notizia relativa alla ragazza di cui si stava interessando. Ovviamente la cosa più complicata era ricordarsi il nome della vittima ma per fortuna non ebbe bisogno di richiamarlo per chiederglielo, si trattava di Veronica Carnevali. Veronica come una sua cara amica di Loano e Carnevali, tipico cognome mantovano uguale a quello del proprietario di una trattoria vicina a Palazzo Tè, dove era stata parecchie volte a mangiare i tortelli di zucca. Questo metodo di memorizzazione dei nomi (che avrebbe tanto voluto depositare alla SIAE) per lei era quasi un classico e mentre lo pensava aveva già recuperato il numero di riferimento per poter cercare il fascicolo cartaceo.

    Fortunatamente i fascicoli erano ancora nella stanza al piano terra e non nell’altro archivio situato in soffitta, anche se a dire il vero poi era solo al quarto piano dell’edificio, ma per la polvere che ricopriva il tutto veniva ritenuto, da lei e dai colleghi, una vera soffitta. E mentre pensava a tutto questo aveva già aperto l’armadio ed estratto l’incartamento che cercava. Lo spessore contenuto del fascicolo voleva dire che non le avrebbe portato via troppo tempo. Ma lo avrebbe fatto anche se avesse avuto la mole di un best seller di Stephen King (tipo It per intenderci) e questo perché, per motivi che qualcuno della Gialappa’s Band avrebbe definito asburgici, ci teneva assolutamente a fare bella figura con l’ispettore.

    Andò quindi a prepararsi una tisana zenzero e limone, prese qualche biscotto farro e uvetta dalla vecchia scatola della Plasmon comprata in qualche mercatino della domenica e andò a sedersi sullo sgabello ergonomico che si era con fatica portata da casa in ufficio, per iniziare a guardare le carte con tutta la calma che una operazione del genere richiedeva. Passò quasi l’intero pomeriggio a leggere e rileggere ogni singolo passaggio di quei resoconti con la speranza di trovare almeno uno spunto, una nota stonata, un qualcosa insomma che avesse, anche solo vagamente, la possibilità di sembrare un indizio da portare all’attenzione di Corradi ma non riuscì a cavarne nulla. Delusa e anche un po’ spazientita decise di colpo di lasciar perdere, ma non le carte, bensì la tisana convinta che l’avesse fatta rilassare un po’ troppo. Del resto a cosa servono sennò le tisane? Ci sarebbe voluto altro per darsi una scossa, magari un bicchiere di prosecco, meglio se accompagnato da due olive verdi, una scheggia di grana, qualche verdura, dei grissini…. Insomma quella via di mezzo tra l’aperitivo e la classica cena da single che quasi tutta Milano (tranne lei e pochissimi altri) etichettava come apericena, termine che purtroppo riusciva a procurarle un senso di fastidio sia allo stomaco che alle orecchie. Ma in ufficio tutto questo non si poteva fare e quindi tornò a consultare il dossier chiedendosi perché non riuscisse a vedere nulla, come se qualcosa dovesse esserci per forza, e subito dopo, anche se non era sulla via di Damasco, ebbe una folgorazione e quel sospetto che mancasse qualcosa si trasformò di colpo in certezza.

    Ma certo! si disse. Manca lei… manca Veronica! Nelle carte c’era tutto quello che doveva esserci, ma mancava la protagonista.

    Un pensiero molto confuso, che non avrebbe saputo descrivere meglio, ma che la spinse a cercare il biglietto da visita di Corradi e a comporre il suo numero di telefono, visto che, non essendo tardi, molto probabilmente o era ancora in ufficio o al massimo era a cena. Le bastarono due squilli per avere una risposta.

    - Corradi…

    - Buonasera ispettore, sono Vighi, si ricorda? la mancanza di risposta seppure breve la spinse a proseguire. Ci siamo visti questa mattina davanti al tribunale e io… beh… mi sono fatta offrire un caffè da lei che voleva sapere da me se mi ricordavo di una ragazza che avevo incontrato...

    - Me lo ricordo benissimo dottoressa e speravo proprio che mi chiamasse se non altro perché mi deve un caffè…

    La risposta la colse di sorpresa e questa volta fu il suo interlocutore ad approfittarne:

    - Ma soprattutto perché speravo che fosse riuscita a recuperare qualcosa per me.

    - Ecco era proprio per questo che la chiamavo, anche per il caffè certo, ma soprattutto per dirle che sul dossier della ragazza non ho trovato nulla e che proprio per questo la vorrei incontrare.

    - Beh, ma se non ci sono novità, direi che il caffè glielo offro io e che la ringrazio per l’interessamento. Chiudo la pratica e se il destino poi ci farà incontrare di nuovo….

    - Ma no, ma no, cos’ha capito… È vero che non ho niente per lei ma non è del tutto vero… cioè non riesco a trovare nulla perché mi mancano delle informazioni; informazioni che solo lei mi può dare…

    - Non la seguo…

    - Lo so non è facile da spiegare… facciamo così, vediamoci domani, non le dico ora perché forse per lei è tardi, ma se domani le va bene allora possiamo magari….

    - Guardi, le disse interrompendola, io stasera non ho proprio niente da fare e quindi se per lei va bene va bene anche per me. Mi dica solo dove e quando così la raggiungo.

    Margherita chiuse gli occhi e ripassando rapidamente a memoria l’elenco dei ristoranti meno affollati che conosceva, alla fine gli propose una vecchia trattoria un po’ fuori mano che stava nei dintorni della Fondazione Prada. Era tranquilla, sempre poco affollata ma soprattutto, dettaglio non trascurabile, non avrebbe dovuto aprire un mutuo per pagare la cena.

    - Va bene, rispose Corradi. Posso essere lì per le nove.

    - Perfetto allora ci vediamo, e chiuse di botto la comunicazione perché due ore erano decisamente un tempo molto limitato per raccogliere i suoi appunti, passare da casa, scegliere il vestito adatto, cambiarsi, truccarsi, e riuscire ad arrivare puntuale. Qualsiasi punto Snai l’avrebbe data sfavorita assegnandole una quota di almeno 20 contro 1 ma avrebbe fatto male i suoi conti perché Margherita riuscì a superare se stessa e a entrare nel locale indossando un tailleur che ricordava molto quelli di Chanel anche se non lo era; perfettamente truccata come se fosse appena uscita dal negozio di Diego Dalla Palma, con tutta la documentazione infilata in una elegante cartelletta con diversi scomparti a soffietto e addirittura con ben due minuti di anticipo sull’orario previsto. Un vero record.

    Trattoria, interno, sera

    Anche l’ispettore Corradi non scherzava in fatto di puntualità e Margherita stava giusto accomodandosi al tavolo quando lo vide entrare. Il locale che aveva scelto era una trattoria molto semplice ma di gusto, che sopravviveva grazie a un turnover di clienti affezionati. All’ora di pranzo qualche impiegato e molta gente impegnata a lavorare negli studi circostanti (architetti, designer, creativi, fumettisti, pubblicitari…) mentre alla sera c’era un giro di persone più mature che apprezzavano soprattutto il fatto che il locale non si fosse convertito alla cucina fusion e nemmeno alle solite mode del momento (avete notato che non c’è più un ristorante cinese in giro ma solo giapponesi?). Grazie al cielo, lì continuavano a proporre dei piatti tradizionali come il risotto giallo o gli spaghetti al pomodoro e pur non allineandosi alle mode era comunque riuscita a sopravvivere senza trasformarsi in una piadineria o in una birreria per ragazzotti in cerca di emozioni alcoliche. Insomma era una specie di oasi (o di isola, scegliete voi), in cui era possibile rifugiarsi per i motivi più vari: dalla cenetta intima al colloquio di lavoro, senza correre il rischio di dover fuggire a metà serata per l’eccessivo rumore o per la presenza di persone troppo invadenti o fastidiose.

    - Dottoressa buonasera, disse Corradi accomodandosi con l’aria di uno che sembrava essere di casa. Non conoscevo questo posto ma devo darle ragione; mi sembra promettente.

    - Si fidi che lo è. Non resterà deluso e soprattutto le giuro che non scapperò via come l’ultima volta anzi, per scusarmi, lei sarà mio ospite. Va bene? Non mi dica di no altrimenti me ne vado via subito…

    Sorrisero entrambi e cominciarono a parlare dei mobili, delle tovaglie, del menù che il titolare si era affrettato a far scivolare con garbo sul tavolo e solo mentre aspettavano l’arrivo del caffè, iniziarono a parlare seriamente di tutto il resto.

    - Allora, mi spieghi meglio quello che mi ha detto al telefono…

    - Ecco, per semplificare… ho riletto tutto il fascicolo e non ho trovato tracce che possano risultare utili, ma questo è solo il mio parere personale, dovuto al fatto che conoscevo la ragazza da viva. Lei invece l’ha conosciuta da morta e allora ho pensato che forse, e dico forse perché potrebbe

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