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Ossessione verde smeraldo
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E-book302 pagine4 ore

Ossessione verde smeraldo

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Info su questo ebook

Con il bagaglio di esperienze professionali e umane accumulato negli anni di lavoro con LA SQUADRA, l'ispettrice Gabriella Franchi viene trasferita a Roma ed affiancata all'ispettrice-capo Miranda Rossi Del Monte, per mettere la sua capacità investigativa al servizio di un gruppo eterogeneo di agenti, provenienti da Russia, Regno Unito, Cina e Colombia. Lo scopo è intercettare e contrastare un grosso traffico internazionale di droga. L'obbiettivo viene perseguito con tenacia, ma ognuno dei protagonisti è perseguitato da una sua ossessione, che spesso fa emergere prepotentemente i problemi personali. La capacità di relazioni positive, per chi ha la fortuna o il coraggio di instaurarle, sarà di aiuto a superare gli ostacoli professionali e individuali. Per qualcuno invece, l'ossessione che lo pervade sarà fatale.

Tratteggiato con la consueta maestria, frutto di decenni di esperienza professionale dell'autrice, ogni personaggio diventa compagno di viaggio del lettore suscitando emozioni contrastanti, a volte di immediata simpatia in altri casi di sincera repulsione, ma non lasciandolo mai indifferente.
LinguaItaliano
Data di uscita8 nov 2019
ISBN9788831646451
Ossessione verde smeraldo

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    Anteprima del libro

    Ossessione verde smeraldo - Elide Ceragioli

    hai?

    Prefazione

    Da un racconto a un romanzo: un passo lungo, non scontato, ma non nuovo né unico per Elide. Più d’uno dei suoi romanzi è lo sviluppo di un racconto, spesso nato molto tempo prima, che poi, dopo essere stato sepolto per un lungo periodo, come un buon seme, ha germogliato e portato frutto. Così è successo anche per questo,

    Nel 2017 Elide scrive un racconto, "Ossessione verde smeraldo, con cui partecipa al concorso Esperienze in Giallo – Città di Fossano vincendo il segnalibro d’argento". Solo dopo un anno, mantenendo il titolo, il racconto diventa un romanzo senza esserne il primo capitolo (come succede di solito), ma parte integrante all’interno della vicenda.

    LA SQUADRA era nata a Firenze con "Non sai mai chi puoi incontrare e lì aveva ottenuto il primo successo investigativo. Si era poi dovuta confrontare, nel secondo volume, con la corruzione e la malavita organizzata, agendo tra Torino e la Sicilia in Mele marce per la squadra. Gli adepti di una setta satanica torinese e le loro azioni delittuose sono stati l’oggetto del terzo lavoro di squadra del gruppo: Le tentazioni dell’ispettore Dallolio. In Fuori dalla tela del ragno" le indagini hanno avuto il loro fulcro a Roma pur spaziando per mezza Italia e, a Firenze dove tutto era iniziato, la conclusione dell’indagine aveva portato anche all’inevitabile scioglimento della SQUADRA.

    Quello, però, che ha appassionato e affascinato molti lettori, oltre all’intreccio investigativo, è stata la vicenda privata dei sei ispettori, ognuno con suoi problemi personali e familiari, i suoi sentimenti, le sue doti e i suoi difetti, le sue ossessioni.

    Con questo nuovo romanzo ritroviamo due dei sei: Gabriella Franchi e Carlo Dallolio, che finalmente hanno unito le loro vite non solo professionalmente, ma che continuano ad essere divisi dalla distanza; lui nella sua Torino, lei a Roma dov’è stata trasferita con mansioni di respiro internazionale.

    Anche qui delinquenza e malavita si intrecciano con la vita, i sentimenti, le emozioni e le relazioni di ciascun personaggio, trattato e descritto sempre e soprattutto come persona.

    Giuseppe Cuminatto

    Capitolo 1

    Miranda Del Monte scese le scale che portavano alla metro con minor baldanza, ma più in fretta del solito.

    Era in ritardo. Assurdamente le parve che gli occupanti il vagone la guardassero con disapprovazione. Dirigeva un importante ufficio ed era pagata con soldi pubblici, avrebbe dovuto essere lei a dare il buon esempio. Solitamente lo faceva.

    Solitamente stava in piedi, reggendosi ad uno dei sostegni e tenendo stretta la borsa di pelle coi documenti, che ogni sera, immancabilmente, si portava a casa.

    Solitamente reputava corretto lasciare il posto a sedere alle persone anziane o malate.

    Solitamente iniziava ogni nuovo giorno con l’entusiasmo che la passione per il suo lavoro le trasmetteva.

    Solitamente… ma non quel mattino. Quel mattino avrebbe voluto sedersi, accavallare le gambe, guardare fuori dal finestrino, nel vuoto, fregandosene dei bisogni altrui.

    Vacillò, mentre il treno rallentava. Si era distratta e aveva rischiato di cadere. Con delicatezza, in un gesto, che sapeva di pietà e di coraggio insieme, si sfiorò la camicetta tesa dal seno sinistro.

    Era assolutamente impossibile, ma alla dottoressa Del Monte parve di percepire, sotto la seta morbida e costosa, un piccolo rigonfiamento, un nodulino insignificante, grande come un fagiolo.

    L’aveva scoperto qualche ora prima, complice l’acqua tiepida della doccia e il bagnoschiuma, che si era attardato sul profilo irregolare del seno.

    Miranda non era sicura che fosse così, anzi pensava di essersi sbagliata. È una ghiandolina o, come si chiama, un linfonodo del cazzo che si è gonfiato. Magari è solo un foruncolo cresciuto verso l’interno e non verso l’esterno e io mi sto preoccupando per nulla.

    Sospirò, guardandosi intorno si accorse che era l’ora di scendere. Traballando instabile, a rischio di cadere, si affrettò verso le porte mentre già entravano nella stazione.

    Per la prima volta nella vita desiderò essere un’altra persona, una persona libera di dedicare energia e cure a se stessa. Se non dovessi partecipare a quella maledetta riunione internazionale, andrei immediatamente dal medico e mi toglierei questo terribile dubbio. L’ansia mi impedisce di pensare con chiarezza.

    Salì le scale circondata da sconosciuti, pendolari come lei, e si fermò per riprendere fiato davanti ad un chiostro. Solitamente avrebbe evitato di farlo, soprattutto essendo in ritardo, ma quel giorno tutto andava diversamente dal solito.

    Ordinò un caffè e, mentre aspettava che il cameriere la servisse, cercò il borsellino. Frugò, inizialmente senza neppure guardare nella borsetta che portava a tracolla, ma poi cominciò ad innervosirsi. Le sue dita incontravano solo la pelle morbida e le cuciture della borsa vuota, allora arrossendo per l’imbarazzo disse al barista: Lasci stare il caffè… mi hanno derubato... non ho soldi.

    Non si fermò ad ascoltare la risposta dell’uomo. Era qualcosa tipo «e mo’ lo bevo io?» detto con astio; lo sfogo di chi lavora per pochi spiccioli di guadagno e soffre se ne perde qualcuno, ma Miranda lo registrò con indifferenza. Uscì all’aria aperta, spinta dalla fiumana di corpi che la metro vomitava in continuazione. Respirò profondamente, tentando di controllare il tremito delle mani e più ancora quello interno, intimo, che però aveva origini diverse e non c'entrava nulla col furto subito. Nel borsellino teneva pochi euro, ma le sarebbero serviti per pagare quel maledetto caffè del quale ora sentiva un immenso bisogno. La caffeina l'avrebbe scossa, avrebbe accelerato il flusso del suo sangue e ridato lucidità ed energia al suo pensiero. Maledetta riunione!

    Rassegnata, ma con le labbra strette per contenere la rabbia impotente, si avviò in direzione del moderno palazzo che da quattro anni era il suo ufficio. Il lavoro era la catena dorata che la legava alla vita e le aveva impedito di lasciarsi andare alla deriva dopo il fallimento del suo matrimonio, che per lei era stato un trauma terribile.

    Il cellulare, che le era rimasto in mano dopo l’esplorazione frenetica e infruttuosa della borsetta, lanciò il garrulo richiamo che aveva come suoneria.

    Dottoressa, sono Franchi. Mi scusi se la disturbo, ma la stiamo aspettando…

    Gabriella era l’ispettrice che le avevano affiancato da qualche mese e per la quale aveva provato un’istintiva simpatia, pur modulata dalla rigidità del suo carattere.

    Miranda Rossi Del Monte aveva subito il tradimento e l’abbandono da parte di suo marito e aveva deciso, in modo razionale e lucido, di chiudersi in un’algida e inespugnabile fortezza, evitando di stabilire coi colleghi rapporti che non fossero esclusivamente di lavoro.

    Purtroppo Franchi, ho avuto un inconveniente. Una banalità, ma mi ha fatto ritardare rispose con voce piana, controllata, dalla quale non traspariva alcuna emozione.

    L’ispettrice accolse le sue parole come una richiesta di scusarla e disse accomodante: Non si preoccupi, immaginavo che avesse avuto un imprevisto. Ho offerto un caffè e, se tarda, distribuisco il materiale.

    Miranda approvò l’efficienza della collega: del resto non si aspettava nulla di meno. Solitamente la considerava un dovere, ma in quella mattinata primaverile, l’insolito pareva avere la meglio e così disse, con tono gentile e familiare: Grazie, Gabriella, arriverò fra una decina di minuti. Aveva bisogno di tempo per sé ed era decisa a prenderselo.

    Chiuse la comunicazione, consultò l’orologio, cercò nella rubrica il numero del ginecologo e chiamò. Le rispose la voce impersonale della segretaria: Mi spiace, ma oggi non abbiamo disponibilità…

    Come? È molto importante e urgente! deglutì con rabbia prima di continuare: Ho scoperto di avere un nodulo al seno sinistro. Devo vedere il dottore assolutamente!

    La segretaria era evidentemente abituata a filtrare le richieste di visita, ma comprese quanto forte era l’ansia della cliente e si corresse.

    Un attimo che controllo meglio… attenda!, un breve silenzio e poi continuò: Può venire alle 16:30. L’aspettiamo.

    Miranda ringraziò, solo parzialmente soddisfatta della risposta. Consultò l'orologio e strinse le labbra perplessa. Una parte di lei anelava al momento in cui avrebbe fatto la visita e contemporaneamente un’altra parte lo rifuggiva. Temeva che portasse con sé il magma rovente e ineluttabile del dolore. Incupita e assorta nelle sue riflessioni, si avviò verso lo stabile, entrò e rispose con un cenno della testa al saluto dell’agente che controllava gli ingressi dalla guardiola. Era troppo concentrata su se stessa per perder tempo con chi le stava intorno.

    Forse dovrei fare la denuncia del furto… pensò fuggevolmente, non tanto per i soldi, quanto per senso di giustizia.

    La rabbia, improvvisa, esagerata, le era montata dentro come latte nel bollitore, schiumoso e pronto a esondare. Il destino era ingiusto con lei, che ne era vittima innocente! La sua era una vita da schifo! Aveva lavorato come una pazza per costruirsela ed era finita in niente. Prima il tradimento, lo svanire delle sue certezze, la fine dell'amore e la separazione. Le era rimasta solo la routine monotona e demotivante del lavoro che, assurdamente, molti le invidiavano, poi il nodulo canceroso ad aprirle una prospettiva di sofferenza e addirittura di morte. Maledisse i ladruncoli che infestano la metro con la stessa invadenza di uno sciame di insetti e che l'avevano privata del piccolo ma, in quel momento, assolutamente necessario, piacere di bersi un caffè!

    Dovevano essere puniti in modo esemplare! Peccato che fermarli era praticamente impossibile! Erano come le cellule tumorali, libere di girare nel suo corpo e di rubarle la vita. Rabbrividì spaventata dal decorso doloroso che aveva preso il suo pensiero e si sforzò di concentrarsi sulla riunione che l'aspettava.

    Di solito saliva a piedi le due rampe di scale fino alla sala di rappresentanza, ma quel giorno non se la sentiva. Era senza energia, ogni briciolo di forza era sparito, inghiottito dal minuscolo e malefico nodulo. Entrò nell’ascensore muovendosi il meno possibile e più lentamente che poteva. Le era venuta l’idea assurda che, se correva, le cellule del tumore (ora era assolutamente certa che fosse un carcinoma maligno) crescessero rapidamente e con una velocità maggiore.

    Passò la punta delle dita sulla stoffa e toccò con cautela il seno, cercando il rigonfiamento. Strinse le labbra mentre considerava che era comparso e cresciuto nell’arco temporale di poche ore. È spuntato oggi ed è già come un fagiolo. A questa velocità domani sarà come una noce con tutto il guscio. Me lo devono togliere subito. Ritrasse la mano mentre visualizzava, con la mente, l’escrescenza che aumentava a dismisura e inghiottiva il resto del suo corpo. Respirò profondamente, tentando di tornare fredda e razionale, consapevole che le sue erano solo fantasie dettate dalla paura.

    La viscida, vischiosa paura di morire l'aveva resa irrazionale!

    Era probabile che il nodulo avesse impiegato mesi, senza che vi badasse, prima di diventare com’era. Scosse la testa e irrigidì le spalle guardando dritto davanti a sé. Si disse che era una poliziotta e avrebbe affrontato la situazione con coraggio.

    L’ascensore si fermò al piano desiderato, sibilando lievemente, e Miranda uscì. Aveva riacquistato l'aspetto sicuro e professionale che le era consueto e chi la incontrava non avrebbe potuto certo immaginare cosa le passava nella mente.

    Gli importanti ospiti, che partecipavano al «vertice», erano già seduti attorno al tavolo di cristallo verde cupo. Aveva letto le loro schede e le pareva di conoscerli, infatti li individuò subito con facilità. La piccola, apparentemente fragile funzionaria cinese, il poliziotto colombiano, il distinto ed elegante inglese e il corpulento russo.

    Quest'ultimo stava dicendo, in un italiano stentato, con parole pronunciate in tono duro, che contrastava con il suo atteggiamento giovale: Italia grande bellezza! Mio nonno italiano, suo sangue in mio corpo. Si era battuto la mano a piatto sul petto e il gesto, che voleva essere esplicativo, dimostrava il suo orgoglio. Miranda entrò sorridendo per la manifestazione un po' puerile del collega e tutti rispettosamente si alzarono. Erano addestrati militarmente, abituati all’odore della morte, ma conservavano una certa desueta cavalleria nei confronti del sesso femminile.

    Gabriella la presentò immediatamente e lei sollecitò che continuassero, chiedendo in inglese, incredula per quell’affermazione che non si aspettava: Mi fa piacere… era emigrato?

    Igor Blaioski scosse la grossa testa con energia. Noooo. Mio nonno era un alpino.

    L’ispettrice Franchi assentì: Ho sentito parlare di alcuni nostri alpini che sono stati nascosti e salvati da famiglie di contadini e che alla fine della guerra non sono mai rientrati in Italia. Di qualcuno si diceva fosse morto nei gulag, di altri che si erano sposati e si erano rifatti una vita. In realtà non ci avevo mai creduto. Del resto stentava a trovare verosimile che nell’omone rubizzo, dai lineamenti grossolani che parevano scolpiti nel legno, scorresse veramente sangue italiano, ma era così forte l’enfasi con la quale il russo affermava la sua origine, che gli sorrise comprensiva e compiacente.

    Lui aggrottò la fronte, impermalosito dall’atteggiamento dubitativo dell’ispettrice e continuò a spiegare: Mio nonno diceva «se mi torno a casa, me copano», poi riprese in inglese: Ho la sua piastrina, ma aveva cancellato il nome e non ho mai saputo come si chiamava.

    Si aprì la camicia e mostrò, a riprova, la piccola e consunta piastra di metallo tenendola stretta fra il pollice e l'indice. Faceva una certa impressione vederlo, così grande e grosso, apparentemente duro e insensibile, eppure con un'espressione malinconica sul viso e tutti annuirono. Anche Gabriella ammise: Già, pare che alcuni soldati fossero contrari al fascismo e non sono tornati, temendo di essere fucilati. In qualche dialetto del nord si dice appunto ‘copare’.

    Igor, contento e appagato, stava per ribattere e forse continuare nelle sue rievocazioni familiari, quando la dottoressa Del Monte intervenne domandando se avevano già iniziato i lavori.

    Gabriella Franchi scosse la testa e le porse una tazzina fumante dicendole: Stavamo prendendo un caffè. I colleghi concordano che in nessuna parte del mondo, salvo da noi, è possibile gustare questa bevanda preparata bene.

    Grazie, mi sembra un buon modo per familiarizzare e avere l'energia per affrontare i numerosi impegni, rispose Miranda sorseggiando lentamente il caffè bollente per non scottarsi. Ne aveva bisogno: era stata il suo prepotente desiderio dell'ultima mezz'ora e fu grata a Gabriella di averci pensato. La guardò con simpatia e l’ispettrice ricambiò lo sguardo con un gesto d’intesa. Gli altri partecipanti alla riunione avevano assistito alla conversazione senza intervenire. Igor Blaioski però, esaurita la reminiscenza familiare e stabilite con fermezza le sue radici, si sedette, sbatté con forza un fascicolo sul ripiano del tavolo ed esordì crudamente: Sono arrivato da Mosca per qualcosa di più di una tazza di caffè! Vi siete lasciati scappare il nostro uomo!

    Aveva parlato sgarbatamente, in tono accusatorio e a voce più alta di quello che era necessario. I colleghi tacquero, aspettando che fosse la dottoressa Del Monte a rispondere, ma la donna rimase in silenzio e fu l’ispettrice Franchi ad intervenire immediatamente. Accese il monitor e diresse la loro attenzione verso le immagini che stavano comparendo.

    Se mi permettete vi mostro le riprese dell’aeroporto disse. L’uomo che cercate, Vassili Karpof, è ben visibile in più fotogrammi. Guardate: qui si vede quando passa il controllo e qui quando sale sull’aereo diretto a Londra. Purtroppo la segnalazione della polizia russa ci è arrivata in ritardo e dubito comunque che avremmo potuto arrestarlo senza un motivo plausibile. Il tono della sua voce era deciso, ma tranquillo, come chi sa di affermare una semplice, assoluta verità e non teme di essere smentito.

    Mattew Niver, che aveva aggrottato le sopracciglia, scosse con vigore una mano. Dottoressa, come ho già detto, il signor Karpof non è mai sceso da quell’aereo; a meno che non si sia lanciato fuori, precipitando nella Manica e oggi non costituisca cibo succulento per i pesci.

    Il russo fremeva e si alzò in piedi per dare maggior forza a quanto avrebbe detto o forse per scaricare in parte la sua rabbia. Era un uomo sui cinquanta, completamente calvo, con le spalle larghe da lottatore, ma con il ventre prominente che gli impediva di abbottonare la giacca di buon taglio.

    Vassili Karpof è un pesce piccolo, ma trovarlo ci avrebbe condotto al vero regista… come dite voi? Seguite il cane e vi porterà dal padrone. Farselo scappare è una perdita immensa e vorrei sapere a chi dare la colpa. Si era espresso in un inglese sgrammaticato, a tratti difficile da comprendere, anche perché le parole gli uscivano rapide, una dopo l’altra, attaccate. Miranda si sedette e tentò di riportare la calma nel gruppo e di smorzare il conflitto rispondendo: Quello che dice Igor è certamente vero. Le immagini che abbiamo recuperato mostrano il nostro amico che passa i controlli e sale sull’aereo… è possibile che a Londra lo aspettassero e ora sia nascosto in qualche posto, al sicuro.

    Niver aveva l’aspetto di un pacato gentiluomo di campagna, assolutamente fuori luogo in un consesso di esperti poliziotti, molti dei quali erano stati a lungo operativi sul campo e ne portavano le tracce nel corpo atletico, forte e muscoloso e nei modi rudi.

    Ribadisco che non può essere sfuggito ai nostri controlli. Nessuna telecamera lo ha inquadrato… mai. Vassili non è arrivato a Londra! Ci devono essere buchi nella vostra rete di sicurezza e il pesciolino se ne è fuggito prima di salire sull'aereo! rispose con una smorfia maligna stampata sul bel volto, guadagnandosi così lo sguardo disapprovante della dottoressa Del Monte, che riprese la parola.

    Riesamineremo con maggior attenzione le immagini e verificheremo se ciò è stato possibile, caro collega, ma se l’esperienza è madre di prudenza, vi consiglio di fare altrettanto. In fondo non è lontano il tempo in cui Mario Montesi, il noto pluriomicida, è arrivato all’aeroporto londinese e si è imbarcato per il Canada senza che nessun solerte poliziotto inglese lo fermasse. Ammettere i propri errori è sinonimo di saggezza e cercare di correggerli di intelligenza. Ovviamente lo dico prima di tutto per noi.

    La dottoressa aveva assunto un tono condiscendente, ma nello stesso tempo inflessibile e stava passando chiaramente il messaggio che dovevano rimboccarsi le maniche con determinazione e un pizzico di umiltà.

    Igor le lanciò uno sguardo d'approvazione e intervenne: Sono due anni che i nostri agenti cercano di arrestare Janus Polieski, il magnate. Ha affari in tutto il mondo e le sue attività sono come i tanti tentacoli dell’Idra, e altrettanto pericolosi. Ha sguinzagliato il suo factotum, perché cercasse altri sbocchi per i suoi investimenti. Se lo avessimo preso avremmo potuto incastrare il grande capo. Noi sappiamo come fare e quali mezzi usare.

    C’era cattiveria nella sua espressione e Gabriella Franchi, che lo osservava con attenzione, ebbe l’impressione che pensasse con piacere alla tortura che avrebbe potuto infliggere. L’ispettrice intervenne con la consueta competenza: Il nostro paese è pieno di possibilità per un uomo ricco come il signor Polieski. Purtroppo è abbastanza facile riciclare il denaro, ripulendolo e rimettendolo in circolazione come provenisse da fonti lecite. Abbiamo condotto un’indagine congiunta con la Guardia di Finanza e individuato alcuni acquisti ‘sospetti’ da parte di società russe. È possibile che l’attuale proprietario di una tenuta toscana, attiva nella produzione del Chianti Classico sia il vostro Janus, ovviamente ben mascherato da prestanome compiacenti. Tutto però è assolutamente indimostrabile senza l'aiuto reciproco. Aveva voluto precisarlo per non rischiare di costruire un inutile castello di carte da gioco, destinato a crollare al primo alito di vento.

    Solares, il giovane poliziotto colombiano, aveva ascoltato senza intervenire fino a quel momento. Padroneggiava la lingua inglese un po’ meno rispetto agli altri e temeva di non aver compreso completamente quanto veniva detto.

    Aveva accettato l’incarico con l’idea di farsi un viaggio in Europa a spese del governo. Un viaggetto di tutto riposo, una sorta di vacanza estemporanea, un diversivo rispetto alle imprese alle quali si era abituato fin dal tempo della scuola di polizia e che l’avevano sfiancato. Aveva operato su affari di droga e guerre fra bande, dove i morti ammazzati non si contavano, venendo a contatto con abissi di miseria infinita e ricchezze impensabili. Il suo lavoro era stato un’altalena dalla quale aveva avuto, più volte, desiderio di scendere. Gli pareva che i suoi colleghi europei simulassero un coraggio che in realtà non avevano. Per quanto sanguinari e malvagi, nessun componente della mafia russa o siciliana, poteva competere col livello di crudeltà dei suoi connazionali. Il cartello colombiano sovrastava tutti e non aveva rivali, se non forse fra le nuove leve dei calabresi. Di quelli si diceva che erano determinati e duri, pronti ad uccidere persino i propri familiari o a morire, se veniva ordinato loro dal boss.

    Bisognava aver vissuto in una catapecchia di cartone e lamiera, arroventata dal sole o infradiciata dalla pioggia. Bisognava aver camminato a piedi nudi nel fango infestato di parassiti che entrano sotto la pelle e vi si moltiplicano e nonostante questo rinunciare ai facili guadagni che la corruzione comportava, rischiando la vita per continuare ad essere onesti, ora dopo ora, giorno dopo giorno, per potersi chiamare veri poliziotti. Solares sapeva, con assoluta certezza, che nessuno dei presenti alla riunione aveva idea di cosa significasse essere nato e cresciuto nel paese dei cartelli e portare dentro di sé le cicatrici profonde che provoca l'aver dovuto rinnegare le proprie radici, lottando contro la paura, la solitudine, l’angoscia e la minaccia costante della morte. Che ne sapevano di cosa significava nuotare costantemente contro corrente? Essere costretti talvolta ad ingoiare liquame putrido, tappandosi il naso per resistere al fetore del Male, o a veder morire i propri colleghi ammazzati senza poter far nulla, anzi ringraziando vigliaccamente Dio di non essere al loro posto! Aveva accettato di partecipare all'incontro con poco entusiasmo, convinto che non potesse incidere sui livelli di criminalità del suo paese, e se ne stava sempre più convincendo.

    Immerso nelle sue considerazioni, il colombiano si era distratto e aveva guardato fuori dalla grande finestra il cielo terso nel quale si stagliava, lontano, la sagoma di una maestosa cupola. Improvvisamente ricordò che aveva promesso a sua madre di andare a pregare sulla tomba di un papa, che i suoi genitori veneravano come un santo. Come cavolo si chiamava? Passò in rassegna i nomi italiani che conosceva, ma non riuscì ad individuare quello giusto. Scosse le spalle e il suo gesto fu male interpretato dai colleghi.

    La dottoressa Del Monte lo interrogò: Signor Solares, i capi dei cartelli sono maestri nel riciclaggio delle immense fortune di denaro sporco, che guadagnano coi traffici di sostanze stupefacenti e voi colombiani avete una grande esperienza nell'individuarli e smascherarli ma ...

    Mia Wang, l’ispettrice cinese che era rimasta un po' a lato del gruppo, seminascosta dal corpulento russo, intervenne prima che la collega finisse la frase. Aveva una voce piana, calma, come di chi è abituato a controllare le proprie emozioni. Il suo viso era una sorta di maschera inespressiva, per cui difficilmente le si poteva attribuire un’età definita. Gabriella considerò che, per essere arrivata ai vertici dell’agenzia investigativa cinese, dovesse avere

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