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L'ultimo segreto di Trine
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E-book252 pagine3 ore

L'ultimo segreto di Trine

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Info su questo ebook

Dall'autore delle saghe best seller " CODEX SECOLARIUM", " F-35 NEMICO VIRTUALE " e "RISONANZA MORTALE ".

Quando Christian scopre il tradimento della moglie inizia la fase più travagliata della sua vita: il mondo crolla sulle sue spalle, i giorni diventano interminabili, i ricordi di una convivenza falsa lo corrodono inesorabilmente.

Egli, sull'orlo della depressione e senza più una casa, accetta l'ospitalità del suo amico Henrick e condivide con lui alcuni tristi giorni in un appartamento di Milano.

Scorrendo tra i ricordi e le vecchie foto del suo amico scopre che la nazione da cui proviene, ovvero la Norvegia, lo affascina non poco e lentamente, ma inesorabilmente, un desiderio di libertà si accende in lui.

Per tornare alla vita Christian ha bisogno di una vacanza e sceglie la Norvegia come sua meta, Henrick è entusiasta per lui e gli indica alcuni luoghi che potrebbe visitare per divertirsi.

Christian decide di partire, atterra in Norvegia e inizia la sua vacanza, ma le cose non andranno esattamente come pianificato.

Dopo i primi giorni la sua insaziabile curiosità lo condurrà a Mandal, una tranquilla cittadina all'estremo sud della nazione, ove si vocifera che un serial killer stia mietendo vittime da alcuni anni e senza un preciso nesso logico e temporale.

Il ritrovamento di alcuni corpi e le strane coincidenze a cui Christian assiste lo pervadono a restare a Mandal più a lungo del previsto, qui farà alcuni strani incontri e si troverà proiettato in una agghiacciante realtà, una verità che non avrebbe mai immaginato possibile, nemmeno nei suoi incubi peggiori.

" Un segreto deve restare tale, per sempre."
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2020
ISBN9788831696852
L'ultimo segreto di Trine

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    Anteprima del libro

    L'ultimo segreto di Trine - Alessandro Falzani

    23

    1

    Quando sentì il caldo tepore del sole sulle guance comprese che il tempo di crogiolarsi era finito.

    Udì gli anelli della tenda scivolare nell'asse sopra la finestra, un suono quasi melodioso che sibilava nelle sue orecchie e che gli si era impresso in mente; anche se non avesse aperto gli occhi, sapeva che sul quel letto non sarebbe potuto restare. Liberò la mente e cercò di ricominciare da zero, ancora, per l'ennesima mattina.

    Christian aprì le palpebre e scorse l'ombra lunga dell'uomo che lo aveva fatto svegliare, Henrik era accanto alla finestra e teneva la mano sulla tenda che aveva appena mosso. I raggi del sole filtravano e sembravano volessero colpire i sottili granelli di polvere che fluttuavano nell'aria, Christian rimase a osservarli quasi divertito, per poi realizzare che la sua vita era ormai ridotta a qualcosa di simile a quei granelli.

    «Hei, sono due giorni che te ne stai su quel letto, non credi sia il momento di alzarsi?»

    «Lasciami in pace Henrik, non mi va di fare niente.»

    Christian mosse le lenzuola per tirarle sin sotto il mento ma la mano di Henrik fu più veloce, scoprì l'amico completamente e lo afferrò per un braccio.

    «Smettila di fare lo stronzo. Ma quando capirai che devi reagire?»

    Henrik gli aveva ripetuto quella frase chissà quante volte in quei due giorni in cui era diventato suo ospite.

    Christian sapeva che avrebbe dovuto ascoltarlo, sapeva che aveva ragione perché ci era passato prima di lui ma si rifiutava ancora di credere che gli fosse successo e che fosse stata la vittima della più comune delle fregature.

    «Dai, io devo andare al lavoro. Ho detto al capo che ti saresti preso una settimana, lui ha capito.»

    «Una settimana? E tu credi che io possa riprendermi da questa batosta in una settimana?»

    Henrik sorrise malizioso, incorniciando quel suo sguardo di ghiaccio tra le sottili rughe che si erano formate ai lati della bocca.

    «Amico mio, un tradimento è roba di tutti i giorni ormai. So che ti da fastidio essere tornato a casa e aver beccato tua moglie con un altro, ma devi accettarlo, devi imparare a farlo.»

    «Tu come ci sei riuscito?»

    L'amico sospirò, «il mio caso era un po' diverso. Ci eravamo sposati sin troppo giovani e il tempo ha fatto il resto. Io non stavo più bene con lei e lei con me, più che altro era diventata una sorta di convivenza forzata. Fui io per primo a tradirla e lei fece lo stesso, e sai qual è la cosa buffa?»

    L'altro si grattò il capo, confuso e ancora assonnato, «no, non lo so. Che ci sarebbe di buffo?»

    «Che sapevamo entrambi che stavamo con un'altra persona ma ci andava bene, anzi, paradossalmente le cose sembravano andare meglio, almeno per un po'.»

    «E poi?»

    «Poi è cambiato tutto, a dire il vero sono cambiato io. Avevo trentasei anni e ho capito che era giunto il momento di fare la persona seria. E di rifarmi una vita. »

    «E tu sei partito dalla Norvegia e sei venuto in Italia per rifarti una vita... qui, in Italia!»

    Henrik si alzò sbuffando: sì, l'Italia non era proprio il posto in cui avrebbe voluto rifarsi una vita ma il destino lo aveva portato lì, e lui aveva scelto di restarci.

    «Italia o altrove che differenza fa? Io avevo bisogno di aria diversa. In Norvegia sono tutti molto freddi e schivi, cosa che non avviene qui. Sembra che la gente voglia farsi gli affari tuoi, ma ho capito che se sei circondato da veri amici allora tutto è più facile. Gli italiani sanno essere calorosi, questa è una cosa che mi piace.»

    «Già, solo che certe volte sono troppo calorosi...», sibilò Christian mentre urinava nella tazza del water. Henrik sorrise divertito e andò in cucina per mordere un cornetto che aveva appena tolto dal suo forno a microonde, poi prese la giacca e tornò da lui, in bagno.

    «Io adesso vado, vedi di riprenderti in questi giorni, conosci il capo... non è magnanimo come può sembrare.»

    Christian finì di lavarsi i denti e si osservò i capelli scompigliati nello specchio, « mi riprenderò Henrik, è solo che io l'amo davvero. L'ho sempre amata, ho fatto ogni singolo sacrificio per lei... e non credevo che...», soffocò il pianto mettendo le mani sulle palpebre.

    La mano di Henrik gli afferrò energicamente la spalla, «lo so amico mio. Non serve che mi dici nulla. Pensa solo a rimetterti in sesto e resta quanto vuoi, non frequento nessuna per il momento!»

    Il biondo norvegese gli ammiccò e lui lo mandò a quel paese con il consueto gesto del medio, poi gli sorrise e lo ringraziò semplicemente con lo sguardo.

    Nel momento in cui il suo amico uscì da quella casa sentì il vuoto piombare nuovamente in lui, uno stato di impotenza e sconfitta che non aveva mai provato prima. Per quanto ci provasse non riusciva in nessun modo a dimenticare Lucia. L'aveva conosciuta circa quattro anni fa e la magia iniziale del loro incontro sembrava potesse durare all'infinito: lui programmatore di software, lei infermiera. Si lavorava il giorno con il solo scopo di rivedersi la sera. Tutto sembrava perfetto, i fine settimana a poltrire sul divano, le notti focose a fare l'amore, le estati in riva al mare a passeggiare, e poi quella scelta di sposarsi, solo un anno fa. Lui era il tipo che credeva in quello che faceva, e il matrimonio era per lui un passo fondamentale che avrebbe completato il suo processo di crescita come uomo, e in seguito, come padre.

    Fu in quel momento che le cose iniziarono ad andare male.

    Si vestì e uscì dalla casa, Henrik gli aveva lasciato una copia delle chiavi. Prese la sua Fiat Punto parcheggiata e accese il motore. Strinse il volante mentre in folle ripensava a quel maledetto momento.

    Lucia aspettava un bambino ma al sesto mese di gravidanza lo perse, e mentre lei soffriva in preda ad una grave emorragia di sangue, lui aveva scelto di andare al lavoro, sicuro che quel dolore non fosse altro che una delle sue solite fisse da donna incinta.

    Ingranò la prima mordendosi le labbra, si avviò verso il fondo della strada; conosceva quel tragitto a memoria, perché per tre anni lo aveva fatto quasi ogni giorno. Henrik era diventato presto il suo migliore amico e per farlo ambientare a Milano non fu facile. Christian lo aiutò con piacere, lo invitò spesso a casa sua, Lucia preparava sempre pizza e spaghetti che quel tontolone delle nevi divorava senza vergogna.

    Trovò lo spazio per sorridere a quei bei ricordi, ma i suoi pensieri divennero neri quando ricordò che giunto in ospedale gli dissero che per il bimbo non c'era stato nulla da fare. Quel giorno di tre anni fa il mondo era crollato sulle sue spalle e Lucia si era chiusa in un dolore ermetico che lui non era stato più in grado di aprire.

    Svoltando a destra poteva vedere già il comignolo di casa sua, o meglio, sua e di Lucia, dato che il mutuo era stato cointestato. Avevano scelto di pagare casa insieme ma adesso si ritrovava con il culo per strada; Lucia si era accollata il mutuo rimanente, pur di non averlo più tra i piedi.

    Più che a causa sua, doveva esserci stato lo zampino del riccone che se la stava portando a letto, un uomo di mezza età che Christian aveva beccato nel suo letto e che non aveva mai visto prima, ma a giudicare dalla Maserati sotto casa sua, non ci mise molto a capire che la sua ex donna era stata convinta a farlo sloggiare in cambio di un sonoro conguaglio economico.

    Bestemmiò pensando anche ai due anni di rate che se ne erano andati a puttane.

    Quella mattina la ferita era ancora troppo fresca e il dolore troppo vivido perché potesse cercare di parlarle e se ne rese conto quando vide il grosso cartone posto proprio fuori dal portone: egli si avvicinò dopo aver parcheggiato la macchina a un centinaio di metri di distanza.

    Rovistando tra roba di poco conto trovò anche le foto del loro matrimonio: la foto più bella e più grande a cui lui teneva tantissimo aveva il vetro infranto.

    Christian strinse la cornice tra le mani, avrebbe tanto voluto urlare al vento, tornare indietro sino a quel giorno per starle vicina, per dirle che non era stata colpa sua e che avrebbero potuto riprovare ad avere un altro figlio; ma lui non disse mai nulla, ne fu più capace di starle vicino.

    Una lacrima cadde sulla foto, lui l'asciugò ponendo l'indice sul viso sorridente e splendente di lei, salì silenziosamente i gradini sino al portone e tenendosi basso si portò verso la finestra della camera da letto. Lucia dormiva ancora: la gamba scoperta e un lenzuolo bianco che ne nascondeva solo in parte le natiche.

    Era bellissima, lo era come mai prima di allora, e inconsciamente adesso se ne era accorto.

    Il bastardo uscì dal bagno e lui lo fissò tra le fenditure delle persiane, era andato a pisciare e poi si era adagiato di nuovo accanto a lei; le palpava il seno e con l'altra mano scomparve tra le gambe di Lucia.

    Christian non resistette oltre, frenò il suo istinto e scese le scale, tornò alla macchina e poi a casa del suo amico Henrik.

    Aveva deciso che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto Lucia, pensare che quello schifoso aveva preso il suo posto lo faceva impazzire, e soprattutto immaginare che la storia stesse andando avanti da chissà quanto tempo gli faceva provare un senso di schifo inspiegabile. Lui aveva sbagliato quel giorno, ma lei aveva fatto un errore ben più grande.

    Un figlio si poteva sempre provare ad avere, con amore e fiducia lui ci avrebbe riprovato, ma da un tradimento così non se ne usciva con una semplice ferita: era un marchio indelebile che Christian Cadei si sarebbe portato nell'anima, per sempre.

    Rifece il tragitto e rimuginò a denti stretti in auto, l'immagine di quei due a letto aveva il sapore di una tremenda sconfitta, di una potente umiliazione e la consapevolezza che nulla lo avrebbe riavvicinato a lei. Ma prima che le cose andassero in malora in modo irreversibile c'era ancora una spada di Damocle che pendeva sulla testa del giovane, qualcosa che le doveva dire, assolutamente.

    Ritornato in casa decise che per un po' avrebbe approfittato della compagnia di Henrik, in fin dei conti lui gli aveva chiaramente fatto capire che non andava a letto con nessuna, quindi non si fece problemi e si sedette nuovamente in cucina. Percepiva tutto come se fosse distante, come se il mondo in cui era vissuto sino a quel momento non fosse altro che una pura finzione; era strano, ma dopo alcuni minuti di riflessione iniziava a sentirsi già diverso. Aveva perso la donna della sua vita, ma in fin dei conti era successo anche al suo amico e ora se la spassava alla grande. Henrik aveva avuto un paio di storie focose nell'ultimo anno ma Christian sapeva che era stato legato a una ragazza norvegese sino a circa due anni prima.

    Poi, improvvisamente, la loro relazione era finita, ma di questo, Henrik, non volle mai parlargli. Ebbene, a guardarlo non sembrava certo uno che se la stava facendo sotto o che si stava commiserando per le occasioni perse, lui era un bell'uomo dai tratti nordici e sapeva che avrebbe potuto rifarsi una vita in ogni momento. Quella era una sicurezza che Christian invidiava e che non sentiva sua, almeno non per adesso.

    Perdere Lucia, così, da coglione e senza potersi riscattare lo stava tenendo bloccato e sapeva già come sarebbe andata a finire se non si fosse rimesso subito in carreggiata: letto e patatine, licenziamento dal lavoro, senza un soldo e disperato.

    «Scordatela!», ringhiò a denti stretti.

    Doveva reagire, soprattutto per dimostrare a Lucia che si era sbagliata: lui non dipendeva da lei, a maggior ragione visto che si era fatta abbindolare da un vecchio a cui probabilmente nemmeno tirava più. Quella donna aveva rovinato tutto per soldi, solo e maledettamente per soldi.

    Si guardò intorno, si concentrò sui rumori in strada: i clacson, le voci, i motori... la vita era lì fuori e non rinchiuso in se stesso.

    Il passato non poteva cambiarlo ma da una sconfitta ci si doveva rialzare, questo aveva imparato in tanti anni di batoste e ora più che mai era giunto il momento di metterlo in pratica.

    Impiegò il resto della mattinata a studiare l'ambiente, non aveva altro a fare e ogni scusa era buona per deviare il suo pensiero su altro. C'erano molte foto della famiglia di Henrik, ma soprattutto alcuni bellissimi paesaggi. Parevano quadri disegnati ad arte, opere che infondevano tranquillità.

    «Che posto meraviglioso...», disse a bassa voce scrutando le piccole case in legno e il panorama mozzafiato delle foto. Vide battelli sull'acqua e case che sembravano essere costruite proprio sul fiume. Sorrise, immaginò come dovesse essere vivere in un posto simile. Sommerso da congetture e sogni passò circa un paio d'ore mischiando negli occhi i colori vividi e brillanti di quelle foto, e più le guardava, più si sentiva in pace, tranquillo, rilassato. Nella sua mente stava maturando una decisione, pensò che da quando era entrato in azienda non si era mai preso un solo giorno di ferie, ed erano ormai sei anni. Tenne il pensiero sospeso dentro di sé e tornò in bagno a farsi una doccia.

    Avrebbe usato il resto del giorno per uscire e fare due passi e poi, in serata, avrebbe parlato con Henrik della sua idea.

    ***

    Dopo cena i due amici si sedettero sul divano, Henrik parlò di come era andata la giornata e dei problemi incontrati nella programmazione del nuovo software gestionale a cui stava lavorando per un nuovo cliente; Christian aveva la testa altrove ma non mancò di dargli un paio di suggerimenti utili al fine di risolvere i problemi che stava incontrando. Egli era un ottimo programmatore di software, uno dei migliori dell'azienda e Henrik poteva contare su di lui per ogni tipo di problema.

    «Ok amico...domani farò le modifiche alle stringhe di codice come mi hai suggerito. Non ti ho voluto disturbare al telefono oggi, pensavo stessi ancora male e invece ti trovo piacevolmente bene. Sembra che tu stia meglio, o sbaglio?»

    «No Henrik, non sbagli e io non voglio mentirti. Sto cercando di reagire in fretta e di rimettermi in piazza.»

    «Rimetterti dove?»

    «Rimettermi in piazza. È un modo di dire. Tra ieri e oggi ho capito una cosa molto importante, e cioè che io non voglio stare solo.»

    Christian si soffermò, come se volesse dare risalto a quella frase. La barba trasandata di pochi giorni gli conferiva un aspetto più maturo a dispetto dei suoi trentadue anni, fissò il pavimento e poi tornò con lo sguardo sul suo amico.

    «Credo di capire ciò che intendi, Christian. Direi che sei in quel momento in cui un amico non può colmare quel buco allo stomaco che senti, quella sorta di... di voglia di aggrapparsi a qualcosa di diverso, che non sai spiegare.»

    Christian lo fissò sbarrando leggermente gli occhi, «hai fatto centro, è così. Sento che vorrei confidarmi con qualcuno, mi manca già una figura femminile, ma non è per quello che pensi...»

    Henrik prese una sigaretta e ne offrì una all'amico, che fumava saltuariamente. L'uomo l'accese e socchiuse gli occhi inspirando a fondo, osservando l'altro che invece faceva piccoli tiri, come un pivello alle prime armi.

    «Invece ti capisco bene. Non è solo sesso, tu vuoi dimostrare che Lucia ha sbagliato e stai cercando una donna con cui ricominciare e con cui non commettere gli stessi errori.»

    Christian tenne la sigaretta sospesa sul labbro, «hai fatto centro di nuovo. Io voglio una famiglia, è quello che ho sempre desiderato e sai che ti dico? Che ora la voglio più di prima. Forse farò un peccato a dirlo, ma se quel figlio non è arrivato ci sarà stato un motivo ben più grande... magari il Signore ci ha visto lungo.»

    Sorrisero insieme mentre aliti di fumo inebriavano la stanza, Henrik si stiracchiò accanto a lui e accavallò le gambe, «lascia perdere il Signore, amico mio. Avere un figlio è una cosa seria e io non ho nessun problema a dirti che non mi sento ancora pronto, anche se sto per compiere quarant'anni, quindi posso dirti che ammiro il tuo coraggio.»

    «Ma come fai a non sentire il bisogno di dare la vita? Tenere tra le mani un piccolo batuffolo che piange è la cosa più bella, non credi?»

    Henrik fece un gesto di stizza, Christian intuì che la conversazione stava viaggiando verso binari non idonei. Il biondo spense nervosamente la cicca nel posacenere e si alzò, «io me ne vado a letto.»

    «Scusami Henrik, ma ho l'impressione di aver detto qualcosa che ti ha offeso, è così?»

    L'altro si voltò con una chiara luce di disapprovazione negli occhi, «no, non mi hai offeso, ma non tutti abbiamo le stesse priorità nella vita. A te può piacere dare la vita, a me basta quella che ho. Che c'è di male a non volere figli?»

    «Nulla, nulla!», si giustificò Christian alzandosi di fronte a lui, «era solo il mio punto di vista.»

    «Appunto, tienitelo per te. Adesso se non ti dispiace andrei a dormire, quando manchi tu al lavoro è tutto un po' più pesante. »

    Christian lesse tra le righe di quella frase un apprezzamento, forse un modo che Henrik aveva trovato per scusarsi del suo modo di fare non proprio garbato.

    «Ok, immagino tu sia stanco, ma prima volevo chiederti una cosa soltanto... che non c'entra con il nostro discorso di stasera.»

    «Sentiamo...», fece il nordico sollevano le sopracciglia.

    Christian si avvicinò titubante a una delle foto sul muro in corridoio, vi puntò l'indice e si rivolse al suo amico.

    «Questo posto dove si trova?»

    Henrik restò dapprima impassibile, poi qualcosa lo fece scattare

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